capitolo 8 - Docenti.unina

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CAPITOLO 8
Concludiamo l’analisi e la misura delle grandezze in alternata occupandoci delle misure di
potenza e delle misure di impedenza.
8.1 Misura di potenza in alternata.
Per la misura della potenza attiva in corrente alternata si usano i wattmetri, i quali danno, per
lettura diretta, il prodotto P=VIcos φ. Il tipo più diffuso di wattmetro è quello elettrodinamico
costituito da una bobina amperometrica fissa (suddivisa in due sezioni uguali) ed una bobina
voltmetrica mobile, che può ruotare (attorno ad un asse) nel campo magnetico prodotto dalla bobina
fissa. Solidale con la bobina mobile è l’indice dello strumento. La bobina mobile è montata su perni
ed è provvista di molle antagoniste che forniscono la coppia resistente. Se nelle due sezioni F1 ed F2
della bobina fissa (uguali e connesse in serie) e nella bobina mobile M si mandano due correnti
continue aventi il verso indicato in figura 8.1 si producono due flussi φ f e φ m che reagiscono tra
loro.
Precisamente, la bobina fissa produce un flusso φ f avente
la direzione dell’asse geometrico della bobina stessa ed il
verso indicato in figura 8.1, mentre la mobile bobina ne
produce uno, φ m , avente la direzione dell’asse geometrico
della bobina mobile ed il verso indicato nella stessa figura. I
due flussi reagiscono tra loro e tendono a disporsi paralleli ed
equiversi ruotando dell’angolo α; perciò φ m tende a ruotare
in senso orario trascinando la bobina mobile. A tale moto si
oppone la coppia resistente prodotta dalle molle antagoniste
Figura 9.1
(che hanno anche la funzione di addurre la corrente alla
bobina mobile). La coppia motrice risultante dalla interazione tra i due flussi risulta proporzionale
al prodotto delle due correnti If ed Im che circolano nei due equipaggi fisso e mobile. Se
l’equipaggio fisso è collegato in serie col carico, di cui si vuole misurare la potenza assorbita, esso è
percorso da tutta la corrente assorbita dal carico. Se, d’altra parte, la bobina mobile è collegata in
parallelo al carico ed in serie ad un resistore-zavorra di elevato valore (in modo da ridurre al
minimo la corrente Im che l’attraversa), tale corrente Im risulta uguale al rapporto tra tensione V
applicata al carico e resistenza Rm di tutto il circuito derivato (bobina mobile più resistore zavorra)
per cui:
Im =
V
.
Rm
Pertanto la coppia motrice risulta (nel caso considerato di corrente continua):
Cm ∝ I f I m ∝ I f V .
Rm
Avendo Rm, per un determinato strumento, un valore costante, risulta che
Cm ∝ IfV
cioè: la coppia motrice è proporzionale alla potenza assorbita dal carico.
È evidente che, se nei due equipaggi si iniettano due correnti sinusoidali im e if, aventi la stessa
frequenza ed in fase tra loro, le polarità indicate in figura 8.1 si invertono, contemporaneamente, in
entrambi gli equipaggi, e quindi la bobina mobile è ancora sollecitata a ruotare nello stesso verso di
prima (verso orario). Però la coppia motrice, essendo sempre proporzionale al prodotto delle due
correnti im ed if, non ha più un valore costante, ma variabile da istante ad istante come mostra la
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figura 8.2 in cui la si riportano gli andamenti delle correnti im ed if, insieme a quello della coppia
motrice (istantanea e media).
Figura 9.2
Risulta quindi che tale coppia ha un andamento sinusoidale che varia tra zero ed un massimo senza
invertirsi mai (cioè la curva rappresentativa di tale valore non scende mai al di sotto dell’asse delle ascisse) e,
perciò, ha lo stesso verso che avrebbe se la corrente fosse continua in entrambi gli equipaggi. La
bobina mobile, non potendo seguire queste rapide variazioni di coppia (le quali, come si vede in
figura 8.2, hanno frequenza doppia di quella delle correnti im ed if ), ruota di un angolo
proporzionale al valore medio della coppia motrice (in fig. 8.2 il valore medio della coppia è pari a
metà del valore massimo della coppia stessa).
Se le due correnti im ed if, pur avendo la stessa frequenza, risultassero sfasate fra loro di 90°
(come in figura 8.3), la curva che rappresenta la coppia sarebbe ancora una sinusoide di frequenza
doppia rispetto a quella delle correnti im ed if, ma avrebbe un valore medio nullo (l’ampiezza delle
semionde positive sarebbero eguali a quelle delle semionde negative).
Se lo sfasamento tra im ed if fosse di un valore compreso fra 0° e 90°, il valore istantaneo della
coppia assumerebbe un andamento analogo a quello graficamente indicato in figura 8.4, in cui si
Figura 9.3
vede che la coppia istantanea ha un valore medio positivo il cui valore dipende, oltre che dal valore
delle correnti im ed if .anche dal loro sfasamento:
Cm ∝ If Im cos φ
76
Figura 9.4
V
essendo Rm la resistenza
Rm
resistore-zavorra, trascurando la
(Im ed If sono i valori efficaci di im e if) e siccome Im è data da
globale del circuito dell’equipaggio mobile (bobina
piccolissima induttanza della bobina mobile) ne risulta che:
Cm ∝
più
V
If cosϕ.
Rm
Siccome Rm è una costante (per un determinato wattmetro) si può anche scrivere:
Cm ∝ VIf cosϕ
la quale non è altro che l’espressione della potenza media in regime sinusoidale.
L’inserzione del wattmetro nel circuito di misura viene effettata secondo quanto mostrato in
figura 8.5. In tale misura si può vedere che sono inseriti anche un voltmetro ed un amperometro. Il
motivo di tale inserzione dipende dal fatto che il wattmetro, in corrente alternata indica il valore
Figura 9.5
della potenza attiva fornita dal prodotto VIcos φ e, quindi, non permette di valutare separatamente i
valori di tensione e corrente. Per questo motivo potrebbe capitare che uno dei due circuiti risulti,
durante una misurazione, sovraccaricato (sottoposto ad un valore maggiore di quanto non consenta
la sua portata) anche se la potenza rientra nei limiti della portata del wattmetro. Onde evitare
l’insorgenza di possibili sovraccarichi sia sul circuito amperometrico che su quello voltmetrico,
nelle misure di potenza in corrente alternata è indispensabile inserire sempre, oltre al wattmetro, un
amperometro ed un voltmetro.
8.2 Misura della potenza in regime sinusoidale (monofase) e determinazione del
cosϕ (fattore di potenza).
Si è già detto che, dovendo inserire un wattmetro in un circuito di misura operante in corrente
alternata, è sempre assolutamente necessario inserirvi anche un amperometro ed un voltmetro onde
controllare che la portata amperometrica e quella voltmetrica del wattmetro non vengano
oltrepassate durante la misura. Pertanto, il circuito per la misura di potenza in regime sinusoidale
monofase, ad esempio della potenza assorbita da un utilizzatore U, si dispone come in figura 8.5.
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Qualora si conosca, almeno approssimativamente, il valore della corrente assorbita dal carico
(sottoposto alla tensione e alla frequenza di lavoro), si sceglie un wattmetro avente portata
amperometrica leggermente superiore a tale corrente. Se, viceversa, non si conosce l’ordine di
grandezza della corrente è necessario eseguire una prova preliminare con un amperometro di portata
adeguata in modo da ottenere un valore, sia pure grossolano, della corrente assorbita dal carico. In
generale l’amperometro e il voltmetro rappresentati in figura 8.5, si possono montare
indifferentemente a monte o a valle del wattmetro salvo a detrarre, dalla potenza indicata dal
wattmetro, gli autoconsumi degli strumenti come si è già spiegato precedentemente.
La tensione di forzamento è in genere nota (spesso coincide con la tensione della rete di
alimentazione) e, quindi la portata voltmetrica del wattmetro va scelta di conseguenza. Qualora non
fosse questo il caso, è necessario misurala preventivamente per evitare problemi di sovraccarico sul
circuito volumetrico del wattmetro.
L’inserzione nel circuito del voltmetro e dell’amperometro permette anche di misurare il cosϕ
(fattore di potenza) del carico. Infatti si ha:
cosϕ =
P
VI
essendo P espresso in watt, V in volt ed I in ampere. In questo caso, la determinazione del cosϕ
dipende dai valori misurati con tre strumenti diversi e, se la tensione o la corrente non fossero
particolarmente stabili, le letture dei 3 strumenti dovrebbero avvenire contemporaneamente (quindi
con l’impiego di 3 operatori). Questo problema diventa ancora più delicato quando il cosϕ del
carico è prossimo all’unità perché, in tal caso, anche piccole incertezze possono condurre a risultati
non accettabili (ad esempio si potrebbe pervenire ad una misura del cosϕ maggiore di 1!).
8.3 Generalità sulle misure di capacità; campioni di capacità.
In questa lezione ci occupiamo dei metodi più semplici e più comuni per misurare le capacità il
cui valore è compreso tra qualche frazione e qualche centinaia di µF. La misura di capacità non
comprese in tale intervallo non saranno trattati in questo corso.
Prima di proseguire diamo qualche cenno sui campioni di capacità. Un condensatore campione
deve avere tre requisiti essenziali:
1)
2)
3)
un valore di capacità ben definito e costante, per quanto possibile indipendente dalle
condizioni ambientali (temperatura) e di funzionamento (frequenza,tensione);
assenza di assorbimento di potenza attiva, in modo da realizzare la perfetta quadratura tra
tensione e corrente;
il valore deve essere calcolabile dalle dimensioni geometriche.
Il dielettrico utilizzato, che influenza le suddette proprietà, può essere mica, quarzo o polistirolo
per capacità di valore superiore ai nanofarad e tensioni contenute in qualche centinaio di volt,
oppure può essere un dielettrico gassoso (per esempio aria), negli altri casi.
Un problema che solitamente si incontra nella misura di piccole
capacità, è legato al fatto che le armature di un condensatore presentano
sempre capacità parassite rispetto agli oggetti circostanti. Queste capacità,
dell’ordine di qualche pF, alterano il valore della capacità misurabile fra gli
elettrodi principali, facendo sì che essa dipenda anche dal potenziale di tali
oggetti.
Figura 9.6
Tale inconveniente si supera utilizzando uno schermo metallico che
circonda completamente le armature del condensatore, ed una opportuna connessione che porta il
potenziale dello schermo (morsetto 3) al potenziale del punto 2.
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8.4 Metodo voltamperometrico per la misura di capacità.
Il metodo voltamperometrico fa uso di tre strumenti: amperometro, voltmetro e frequenzimetro.
Il circuito si realizza come in figura 9.7. La prova si effettua alla frequenza alla quale il
condensatore dovrà funzionare in esercizio, frequenza che va misurata.
Col variatore di tensione VT, si aumenta
gradatamente la tensione fino a poter eseguire una
lettura sull’amperometro A, senza però sorpassare
la tensione di isolamento per cui il condensatore è
stato costruito. La capacità Cx sarà data da:
CX =
I
2πf V
Figura 9.7
essendo I e V i valori efficaci di corrente e
tensione misurati. Perché la misura sia significativa, il variatore di tensione deve garantire una
tensione di prova perfettamente sinusoidale. Il frequenzimetro sarà opportunamente montato a
monte del variatore VT onde funzionare a tensione costante. Sarà anche opportuno usare un
voltmetro ad altissima resistenza interna. Si eseguono almeno tre misure, a diverse tensioni di
prova, e poi si prende come risultato della misura di CX quello risultante dalla media aritmetica
delle tre letture.
La precisione di questo metodo è in genere scarsa (il valore di CX dipende dalle letture eseguite
su tre strumenti). Il vantaggio del metodo volt-amperometrico è legato alla sua semplicità e viene
comunemente usato per condensatori di capacità elevata (per esempio per i condensatori di
rifasamento degli impianti industriali) in modo che si possano avere correnti di valore facilmente
misurabili usando amperometri non particolarmente sensibili (operando con frequenza di lavoro di
50Hz e alla tensione nominale di 220V occorre una capacità di 14µF per avere nel circuito una
corrente di 1A).
8.5 Metodo voltamperometrico per la misura di induttanza.
I1 metodo voltamperometrico, come l’analogo metodo per misurare le capacità, richiede solo
strumenti di tipo industriale. Se l’induttore non ha nucleo di ferro, bastano, per la misura, un
voltmetro, un amperometro ed un frequenzimetro disposti come in figura 8.8. Occorre, però,
conoscere preventivamente la resistenza ohmica R di LX (determinata per esempio anch’essa col
metodo voltamperometrico in continua).
Figura 9.8
Dal rapporto tra le letture eseguite sul voltmetro e sull’amperometro si deduce il modulo
dell’impedenza Z dell’induttore:
Z=
V
I
e, quindi, ricordando che (se l’induttore è privo di nucleo di ferro) risulta:
Z = R 2 + ( 2 pfL X ) 2
,
79
si ha:
Z2 = R 2 + ( 2pfL X ) 2
da cui:
2
LX =
 V
2
  −R
2
2
Z −R
 I
=
2pf
2pf
È opportuno che la corrente sia tale da permettere una buona lettura sugli strumenti (senza mai
sorpassare la corrente normale d’esercizio della LX per non scaldarla).
Per non deformare la curva della tensione, si regolerà la tensione di prova mediante un variatore
di tensione. Siccome il valore di LX dipende dalle letture eseguite su tre strumenti (oltre che dal
valore di R determinato con altra prova) è necessario usare strumenti di precisione onde avere
risultati attendibili. Come al solito è bene eseguire almeno 3 prove con tre diversi valori della
tensione ed assumere, come risultato della misura di LX, il valore medio ricavato dalle tre prove.
Se, viceversa, l’induttore è avvolto su nucleo ferromagnetico il metodo si può ancora applicare,
sostituendo però, nella formula risolutiva, ad R il valore Re, detto resistenza equivalente, ricavato da
una misura wattmetrica. Occorre, quindi, un quarto strumento e cioè un wattmetro da inserire come
Figura 9.9
in figura 8.9.
Se la misura della potenza assorbita venisse effettuata con corrente continua, il wattmetro
indicherebbe una potenza pari a RI2 , essendo R la resistenza ohmica di LX; se, invece, la misura
viene effettuata in corrente alternata intervengono le perdite nel ferro del nucleo (dovute all’isteresi
ed alle correnti parassite) e quindi, a parità di corrente I, il wattmetro segna una potenza più elevata,
come se R fosse aumentata e divenuta eguale ad Re, cioè il wattmetro segna, se la corrente è
alternata, una potenza
P = ReI2 .
Dalla lettura di P, eseguita sul wattmetro (alla frequenza di lavoro), si ricava la resistenza
P
equivalente Re = 2 e tale valore va sostituito ad R nella formula risolutiva (già vista per gli
I
induttori senza nucleo di ferro). Sarà, cioè, se il nucleo è di ferro:
LX =
Z2 − R 2e
2πf
È evidente che, per tener conto in modo corretto della non linearità dovuta all’effetto di
saturazione del nucleo di ferro (dipendente dal valore assunto dalla corrente I), la misura deve
essere eseguita alla stessa intensità di corrente che attraversa la LX nel funzionamento normale (se
ad esempio si sta misurando l’induttanza dell’avvolgimento di una macchina elettrica, il valore della
corrente di prova deve essere uguale alla corrente di targa della macchina). Poiché in tali condizioni
il cosϕ è basso, è opportuno eseguire la prova con wattmetro speciale adatto per basso cosϕ e
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sottrarre, dalla lettura eseguita sul wattmetro, la potenza assorbita dalla bobina voltmetrica del
V2
wattmetro (pari a
essendo Rv la resistenza di tale circuito voltmetrico). Inoltre è necessario
Rv
sottrarre anche la potenza assorbita dal voltmetro (bobina voltmetrica del wattmetro e voltmetro
inseriti a valle). La misura va eseguita rapidamente per evitare che la LX si scaldi e, quindi, possa
variare la sua resistenza ohmica.
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