PANORAMA GIURIDICO GLI EFFETTI DEGLI EVENTI DELL’11 SETTEMBRE 2001 SULLA LEGGE PENALE MILITARE ITALIANA DOTT. BARTOLOMEO COSTANTINI* Fonti normative a) D.L. 1° dicembre 2001, n. 421, convertito nella legge 31 gennaio 2002, n. 6; b) D.L. 28 dicembre 2001, n. 451, convertito nella legge 27 febbraio 2002, n. 15 * 34 Procuratore Militare della Repubblica di Verona L’applicazione del codice penale militare di guerra (c.p.m.g.) ai militari italiani partecipanti all’operazione “Enduring Freedom” Come è noto l’art. 9 c.p.m.g. sancisce l’assoggettamento alla legge penale militare di guerra, anche in tempo di pace, dei militari appartenenti ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari. PANORAMA GIURIDICO E’ altrettanto noto che, in occasione delle operazioni militari armate all’estero disposte in questi ultimi decenni, il legislatore italiano è sempre intervenuto introducendo espresse deroghe all’art. 9 c.p.m.g., nel senso di escludere l’applicabilità del codice militare di guerra e di disporre l’applicabilità del codice penale militare di pace ai militari che partecipavano a tali missioni. La deroga era indubbiamente coerente con il peculiare carattere di tali operazioni, difficilmente assimilabili a veri e propri interventi bellici, che quindi male avrebbero tollerato l’integrale applicabilità di un codice nato per esigenze tutt’affatto diverse. La situazione è evidentemente cambiata per effetto degli attentati, o atti di guerra che dir si voglia, dell’11 settembre 2001. Per consentire la partecipazione italiana alla campagna per il ripristino ed il mantenimento della legalità internazionale denominata “Enduring Freedom”, il governo è, infatti, rapidamente intervenuto emanando due decreti legge, distinti dai numeri 421 e 451/2001, decreti che, opportunamente integrati con le relative leggi di conversione, hanno apportato significative modifiche alla legge penale militare. Anzitutto, con l’art. 8 del D.L. 1° dicembre 2001, n. 421 si è disposta l’applicazione del codice penale militare di guerra ai militari appartenenti al corpo di spedizione che partecipa all’Enduring Freedom. Il mutamento di regime giuridico penale è stato reso possibile non soltanto dalla particolare tensione emotiva conseguita ai terribili fatti dell’11 settembre 2001, ma sicuramente anche per un diverso atteggiamento sia della politica che dell’opinione pubblica verso i problemi militari e i relativi strumenti di disciplina penale, apparendo superate le istanze abrogative della giurisdizione penale militare avanzate in questi ultimi anni da più parti, anche di diversa connotazione politica1. Gli effetti immediati di tale disposizione, con specifico riferimento ai militari partecipanti all’operazione Enduring Freedom, possono così riassumersi: • la possibilità di addebitare a tali militari i reati previsti dal codice penale militare di • • • • • guerra; l’inasprimento generalizzato delle pene per i reati previsti dal codice penale militare di pace commessi in tempo di guerra, disposto dall’art. 47 comma 1 c.p.m.g.; ma soprattutto – ed era forse lo scopo prioritariamente perseguito dal legislatore – l’applicabilità ai militari partecipanti all’operazione all’estero delle norme che sanciscono le violazioni delle leggi e degli usi della guerra (artt. 165 – 230 c.p.m.g.). Giova aggiungere che tali violazioni, ancorché previste in via diretta come commissibili dai militari italiani a danno dei “privati nemici”, in forza dell’art. 13 c.p.m.g. sono addebitabili anche ai militari appartenenti alle forze armate “nemiche” per fatti commessi a danno dei militari italiani (art. 13 c.p.m.g.) o appartenenti agli Stati alleati (art. 15 c.p.m.g.). Tuttavia, uno strumento concepito e strutturato per esigenze belliche come il codice penale militare di guerra, soprattutto perché emanato nel 1941, evidentemente non era applicabile nella sua integralità al corpo di spedizione Enduring Freedom. Pertanto, con l’art. 9 dello stesso D.L. 421/01 si è disposto che, con riferimento ai reati militari commessi dai partecipanti al corpo di spedizione: non si applicano le disposizioni sulla procedura penale militare di guerra (libro IV del c.p.m.g.). Si è così evitato il rischio di assoggettare gli autori di fatti penali militari a norme incompatibili con la disciplina del vigente codice di procedura penale, nella misura in cui riducono le garanzie di difesa; non si applicano le disposizioni concernenti l’ordinamento giudiziario militare di guerra (parte II dell’Ordinamento giudiziario militare del 1941). Ne consegue che gli organi giurisdizionali preposti alla cognizione dei reati sono quelli dell’ordinamento giudiziario militare di pace: tribunali militari, corte militare di appello, corte di Cassazione e relativi uffici del pubblico ministero. la competenza territoriale appartiene al tribunale militare di Roma. Una disposizione analoga, va precisato, già è in vigore per i reati militari commessi all’estero in tempo di pace, attribuiti alla cognizione dell’ufficio (1) A solo titolo di esempio si pensi al disegno di legge costituzionale n. 1270/94 presentato dal senatore a vita Francesco COSSIGA. 35 PANORAMA GIURIDICO romano dall’art. 9 della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante modifica dell’ordinamento giudiziario militare di pace; del tutto nuova invece è tale disposizione quanto ai reati commessi in navigazione, per i quali l’art. 273 c.p.m.p. fissa criteri di attribuzione della competenza di applicazione non sempre agevole; • si estendono i casi di arresto obbligatorio in flagranza di cui all’art. 380 del codice di procedura penale ad una serie di reati militari, previsti dal codice sia di pace che di guerra, specificamente individuati in relazione alla loro gravità intrinseca (ad esempio, la disobbedienza aggravata o la diserzione), per i quali la misura della pena edittale massima non consentirebbe l’arresto; • gli interrogatori di garanzia dell’arrestato in flagranza, del fermato e della persona assoggettata alla misura cautelare della custodia in carcere sono eseguiti senza spostare gli indagati dal territorio estero e valendosi dell’ausilio di mezzi videotelematici o audiovisivi. A garanzia dell’indagato è stata comunque prevista la possibilità di replicare gli interrogatori una volta che l’autore del reato sia rientrato in territorio nazionale. Merita un cenno particolare la previsione, sancita dall’art. 9 del D.L. 421, che “l’imputato” (l’espressione deve certamente ritenersi riferibile anche all’indagato) si faccia assistere da un ufficiale presente nel luogo dell’interrogatorio. Le riforme del c.p.m.g. introdotte con la legge di conversione n. 6/2002 Con la legge 31 gennaio 2002 n. 6, di conversione del D.L. 421/2001, sono state introdotte importanti modifiche al codice penale militare di guerra, che trascendono l’immediato riferimento al solo corpo di operazione afgano, tali da adeguare il testo normativo alle Convenzioni internazionali sul diritto bellico e da tutelare meglio sia gli interessi dei militari operanti sia gli interessi che possono essere lesi dalle operazioni militari. L’integrale sostituzione dell’art. 9 c.p.m.g. Il primo comma dell’art. 9 c.p.m.g. è stato aggiornato per adeguarlo alla peculiarità delle 36 Operazione ISAF - Carabinieri addestrano il corpo delle guardie Afgano nuove operazioni multinazionali nel quadro delle operazioni ONU. Molto importante è la modifica del secondo comma del citato art. 9, che assoggetta alla legge penale militare di guerra, ma, giova sottolineare, “limitatamente ai fatti connessi con le operazioni di cui al primo comma”, anche “il personale militare di comando e controllo e di supporto del corpo di spedizione che resta nel territorio nazionale o che si trova nel territorio di altri paesi, dal momento in cui è ad esso comunicata l’assegnazione a dette funzioni, per i fatti commessi a causa o in occasione del servizio”. Cosicché, tenendo conto anche della modifica dell’art. 47 c.p.m.g. di cui si dirà appresso, costituirà reato militare, ad esempio, la condotta del militare appartenente al personale di comando, controllo o supporto del corpo di spedizione all’estero, rimasto sul territorio nazionale, che commetta falsa testimonianza o favoreggiamento con riferimento ad un procedimento in cui sia stato coinvolto un militare del corpo di spedizione per un reato commesso all’estero. L’estensione soggettiva di cui al citato secondo comma appare sicuramente ragionevole. L’attuale assetto organizzativo delle F.A. consente infatti il compimento di attività di comando o logistica fuori dal territorio nazionale o comunque fuori dal territorio teatro dell’operazione militare. Sarebbe irragionevole quindi discriminare lo stato giuridico di tali militari, impegnati in attività che deve dirsi PANORAMA GIURIDICO anch’essa bellica, rispetto a coloro che sono impegnati sul campo di guerra vero e proprio. Un problema interpretativo potrebbe sorgere con riferimento alla competenza a giudicare i reati commessi dai militari del personale di comando, controllo e supporto che siano rimasti sul territorio nazionale. Ci si potrebbe chiedere, in particolare, se essa appartenga al Tribunale militare di Roma o a quello competente secondo le ordinarie regole di riparto per provincia dettato dal D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 199. Sembra preferibile l’opinione che essa rimanga devoluta ai tribunali militari nazionali nella cui circoscrizione i fatti siano stati commessi, apparendo a tal fine decisivo il rilievo che non sussistono in tali ipotesi quelle specialissime ragioni di opportunità e convenienza che hanno suggerito la attribuzione al tribunale militare di Roma dei reati commessi all’estero dai militari partecipanti all’operazione Enduring Freedom. Si è già rilevato, ma va anche qui ribadito, che l’applicabilità del codice di guerra implica automaticamente la tutela dei militari italiani, nonché dei militari appartenenti agli Stati alleati nell’operazione multinazionale, rispetto alle condotte costituenti crimini di guerra commessi ai loro danni da parte dei militari “nemici”, reati che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 15 c.p.m.g., sono assoggettate alla cognizione dei tribunali militari italiani. Assume uno speciale rilievo, a tal proposito, la riformulazione del secondo comma dell’art. 15 c.p.m.g., operata dalla legge 31 gennaio 2002 n. 6, per cui la tutela penale dei militari e delle forze armato dello Stato italiano viene estesa ai militari ed alle forze armate degli altri Stati associati nelle operazioni belliche o partecipanti alle stesse spedizioni o campagne. L’adeguamento del codice di guerra agli obblighi del diritto umanitario bellico, attuato con la sostituzione dell’art. 165 c.p.m.g.. Ormai da qualche decennio le Forze Armate italiane sono sempre più impegnate in operazioni che non di rado assumono le caratteristiche proprie dei conflitti armati. Per evitare che, in queste situazioni, l’uso della violenza non trasmodi nell’offesa ingiustificata di valori della persona umana, le conven- zioni internazionali intervenute nel corso del tempo e ratificate dall’Italia obbligano gli Stati aderenti a sanzionare penalmente le condotte lesive di quei valori. Ma fino alle legge n. 6 del 2002, tali obblighi erano rimasti inadempiuti, essendosi limitata l’Italia a ratificare le Convenzioni di Ginevra del 1949 ed i Protocolli Aggiuntivi del 1977, senza peraltro adottare norme di adeguamento della legislazione nazionale. In particolare la piena applicazione del diritto umanitario era ostacolata dal disposto dell’art. 165 c.p.m.g., disposizione di apertura del Titolo IV del Codice penale militare di guerra dedicato alla repressione dei “reati contro le leggi e gli usi della guerra” (artt. 165-230), alla cui lettura rimandiamo il cortese lettore. Oggi, per effetto della sostituzione dell’art. 165 c.p.m.g. introdotta con la citata legge 6/2002, in ogni caso di conflitto armato saranno applicabili le norme poste a tutela dei principi di diritto umanitario accolti nelle convenzioni internazionali e contenute nelle norme incriminatrici di cui agli articoli da 167 a 230 del codice penale militare di guerra. Il regime giuridico conseguente può così essere sintetizzato: le norme in parola si applicano: • non più su disposizione del comandante supremo; • non più subordinatamente alla condizione della reciprocità; • prescindendo dalla dichiarazione dello stato di guerra; • ma solo alla condizione fattuale dell’insorgere di un conflitto armato. Con la successiva legge 27 febbraio 2002 n. 15, di conversione del D.L. 451/2001, aggiungendo un secondo comma al già novellato art. 165 c.p.m.g., si è specificato che per conflitto armato deve intendersi quello “in cui una almeno delle parti fa uso militarmente organizzato e prolungato delle armi nei confronti di un’altra per lo svolgimento di operazioni belliche”. Come ha osservato il Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello nella relazione all’apertura dell’anno giudiziario 2003, l’introduzione della nozione di conflitto armato, avvenuta col novellato art. 165 comma 2 c.p.m.g., quale presupposto per l’applicazione, in tempo di pace, di normative contemplate dal codice di guerra, può essere consi- 37 PANORAMA GIURIDICO prevista per gli atti di vioderata come un primo passo lenza commessi dai militaverso il superamento degli ri italiani contro i “privati schematismi derivanti dalla nemici”, crimini previsti suggestione dell’alternativa dall’art. 185 c.p.m.g. – rigida pace-guerra sulla nonché, per il disposto quale si fonda l’attuale dell’art. 13 c.p.m.g., da duplicità dei codici: un’alcostoro a danno dello ternativa che sembra aver Stato italiano o di un cittaperso significato nell’attuale dino italiano, ovvero di realtà storica, contrassegnauno Stato alleato o di un ta, per quanto riguarda il suo cittadino – elevandola nostro paese, dall’impegno da due a cinque anni. in una serie di operazioni E’ stato poi introdotto militari limitate che coinun nuovo art. 184-bis volgono interessi meritevoli c.p.m.g. che ha creato il di una particolare tutela reato di “cattura di ostagpenale, ma non impongono gi”. radicali rivolgimenti ordinaEd infine, con il nuovo mentali. art. 185-bis c.p.m.g. è Allo stesso Procuratore stato creato un nuovo generale si deve l’altra osserdelitto (“Altre offese contro vazione che una legislazione persone protette dalle conispirata all’idea del fenomevenzioni internazionali”), no bellico come evenienza che prevede e punisce assolutamente eccezionale e Operazione Enduring Freedom - Nave Etna della severamente i casi di torcoinvolgente l’intera nazio- Marina Militare Italiana tura, altri trattamenti inune sarebbe inadeguata per eccesso nelle situazioni in cui sono ormai ordi- mani, trasferimenti illegali e altre condotte vienariamente impegnate le forze armate; ma, allo tate dalle convenzioni internazionali, inclusi gli stesso tempo, in relazione a tali situazioni, l’e- sperimenti biologici o i trattamenti medici non sperienza insegna che è inadeguata per difetto giustificati dallo stato di salute, in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persola vigente legislazione del tempo di pace. E’ stato inoltre aggiunto un comma 3 al ne protette dalle medesime convenzioni intercitato art. 165 c.p.m.g., specificandosi che le nazionali. disposizioni in parola si applicano “alle operazioni militari armate svolte all’estero dalle forze La nuova definizione di reato militare ai fini del codice penale militare di guerra armate italiane”. Talune dolorose vicende di un recente pasL’inasprimento di talune pene e la creazione di nuovi reati riconducibili alla tipologia dei sato, fortunatamente rimaste isolate, avevano evidenziato inconvenienti in punto di represcrimini di guerra sione delle violazioni delle “leggi ed usi della Sempre al fine di adeguare la legge naziona- guerra” (artt. 165 – 230 c.p.m.g.) commesse da le italiana alle convenzioni internazionali, sono militari nel corso delle missioni all’estero, per state emanate altre disposizioni con la citata l’irragionevole distribuzione della competenza legge 6/2002 che si presentano particolarmen- tra giudice ordinario e giudice militare determinata dal vigente testo dell’art. 264 c.p.m.p. te importanti. E’ stata anzitutto inasprita la pena massima come novellato nel 19562. (2) Il testo originario di tale norma attribuiva carattere di reato militare a molte ipotesi criminose previste dalla legge penale ordinaria in presenza di certi elementi di militarità della fattispecie. Sostituita tale norma nel 1956, ai tribunali militari spetta oggi solo la cognizione dei reati espressamente previsti dai codici penali militari (così ad esempio le lesioni volontarie ma non quelle colpose; sì il peculato ma non la corruzione; e via elencando). 38 PANORAMA GIURIDICO Episodi anche gravi erano rimasti di fatto impuniti o avevano trovato serie difficoltà di accertamento e punizione. Si pensi agli episodi delle violenze in Somalia contro cittadini somali o alla caduta dell’elicottero in Kosovo, fatti riconducibili, all’epoca, ad ipotesi delittuose comuni e quindi attribuiti alla competenza del giudice ordinario, per di più punibili solo a richiesta del Ministro della Giustizia e a condizione che l’imputato si trovasse in Italia. Proprio per porre rimedio a questo fenomeno, e più in generale per assicurare una più efficace repressione della devianza penale in tempo di guerra, con l’art. 2 della citata legge n. 6/2002 è stato modificato l’art. 47 C.p.m.g., estendendosi la nozione di reato militare ad una serie di violazioni individuate sulla base di precisi criteri di collegamento alla militarità delle situazioni coinvolte, peraltro solo ai fini dello stesso codice militare di guerra, e quindi attualmente nei limiti in cui questo risulti applicabile anche ai fatti commessi in tempo di pace. Appare utile elencare i reati che sono stati “militarizzati”, per usare un’espressione consueta fino alla citata riforma del 1956: • violazioni della legge penale commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e previste come delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241-313 c.p.), la pubblica amministrazione (artt. 314-360 c.p.), l’amministrazione della giustizia (artt. 361401 c.p.), l’ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.), l’incolumità pubblica (artt. 422-452 c.p.), la fede pubblica (artt. 453-498 c.p.), la moralità pubblica e il buon costume (artt. 519-544 c.p.), la persona (artt. 575-623-bis c.p.), il patrimonio (artt. 624-649 c.p.); • violazioni della legge penale commesse in luogo militare o a causa del servizio militare in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trova nei luoghi di operazioni all’estero; • violazioni della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi e di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope commessa da militari in luogo militare. In sostanza, le innovazioni introdotte riconducono alla nozione di reato militare ogni fatto penalmente rilevante che comporti la lesione di interessi militari. E’ appena il caso di aggiungere che la trasformazione in reato militare di ipotesi delittuose comuni amplia automaticamente la sfera delle attribuzioni dei comandanti di corpo quali ufficiali di polizia giudiziaria militare. Allo stato attuale comunque la modifica dell’art. 47 c.p.m.g. – ovviamente disposta dal legislatore in via generale ed astratta - è concretamente applicabile soltanto: • ai militari partecipanti alla operazione “Enduring Freedom” e, per effetto del D.L. 451/2001 convertito nella legge n.15/2002, alla connessa operazione “I.S.A.F.”; • ai militari del contingente inviato in Iraq, nell’ambito delle iniziative promosse dagli Stati Uniti e dal Regno Unito (artt. 6 e 16 del decreto legge 10 luglio 2003, convertito nella legge 1° agosto 2003, n. 219). L’abolizione del potere di bando e di altre norme incostituzionali previste dal c.p.m.g. Di particolare rilievo appare l’abrogazione, operata con la legge n. 6/2002, degli articoli 17, 18, 19 e 20 c.p.m.g., concernenti il potere conferito ai comandanti militari di emanare bandi in materia attinente alla legge, alla procedura penale militare di guerra e agli ordinamenti giudiziari militari. Si trattava infatti di norme fortemente sospette di illegittimità costituzionale, per la loro natura di fonti non contemplate dalla Costituzione e tuttavia produttive di norme aventi valore di legge materiale e, come tali, capaci di innovare anche in materie riservate alla legge in senso stretto. Ugualmente importante appare l’abrogazione di altre disposizioni del c.p.m.g.: gli articoli 87 (“Denigrazione della guerra”), 155 (“Diserzione o dichiarazione di diserzione, dichiarata dal comandante”) e 183 (che sanzionava in misura talmente mite “l’esecuzione immediata dei colpevoli di spionaggio e di reati contro le leggi e gli usi della guerra” da finire per costituire una sorta di immunità per gli autori di condotte ormai contrarie ad elementari principi di civiltà giuridica). Si trattava certamente di norme contrastanti con vari principi costituzionali e 39 PANORAMA GIURIDICO l’abrogazione appare altamente opportuna. Sempre al fine di eliminare disposizioni non più conformi al regime democratico della Repubblica, con la legge 18 marzo 2003, n. 42 è stata disposta l’abrogazione di alcuni articoli del codice penale militare di guerra, e precisamente degli articoli 5 (Applicazione delle legge penale militare di guerra in caso di urgente e assoluta necessità), 10 (Operazioni militari per motivi di ordine pubblico), 76 (Divulgazione di notizie diverse da quelle ufficiali), 80 (Pubblicazione di critiche o di scritti polemici) e 86 (Fatti diretti a indurre alla sospensione o alla cessazione delle ostilità). Operazione ISAF - C130J dell’Aeronautica Militare Italiana Le carenze della legislazione sostanziale di pace ed i criteri di riforma Preso atto della adozione di provvedimenti che hanno adeguato il sistema normativo alle mutate caratteristiche dei nostri interventi militari, va peraltro rilevato che un altro passo deve essere fatto, per eliminare le gravi incongruenze che inficiano l’attività degli organi giudiziari militari. Va considerato che il codice penale militare di guerra e quello di pace, come anche l’ordinamento giudiziario militare, sono stati redatti nel 1941 in un contesto socio politico evidentemente molto diverso da quello attuale. Appare necessario andare oltre e provvedere: • ad un più razionale riparto di giurisdizione, apportando anche al codice di pace una modifica analoga a quella dell’art. 47 c.p.m.g. che valga ad estendere la nozione di reato militare anche in tempo di pace; • ad un’accorta opera di depenalizzazione o di ridefinizione dei “reati bagatellari” e di quelli di mera condotta (ad esempio, la violata consegna); • alla introduzione di misure o sanzioni diverse dalla detenzione. Anche qui mutuando le espressioni usate dal Procuratore generale militare di appello nella relazione all’apertura dell’anno giudiziario militare 2003, l’attuale legislazione non tutela gli interessi delle nuove forze armate ed impone ai giudici militari il compito di applicare leggi che sarebbe desiderabile fossero diverse, per essere utili alla società e, allo stesso tempo, di verificare continuamente che la loro 40 concreta applicazione non si discosti troppo dalle regole del diritto penale ordinario e dalla Costituzione. E’ auspicabile che a tale opera di riforma provveda il legislatore accogliendo i suggerimenti della commissione di studio istituita dal Ministro della Difesa e di cui sono stati chiamati a far parte anche diversi magistrati militari, fra cui il Procuratore generale militare di cassazione dottor Giuseppe Scandurra con le funzioni di presidente della commissione. La commissione ha terminato i lavori rimettendo al Ministro un testo molto articolato, in forma di schema di disegno di legge per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra e l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare. Portato all’attenzione del Consiglio dei Ministri, lo schema è stato approvato il 31 luglio 2003 e poi presentato al Senato il 17 settembre 2003. Cenni biografici Il dottor Bartolomeo Costantini è nato ad Adelfia (Bari) nel 1938. Laureato in giurisprudenza nel 1962 presso l’Università di Bari, ha prestato servizio militare quale Sottotenente di complemento nel Servizio di Commissariato dell’Esercito. Dopo un servizio direttivo in altra amministrazione, è enrato nella magistratura militare nel luglio 1968, da allora prestando servizio negli uffici del pubblico ministero militare di Verona, con funzioni di sostituto procuratore presso il tribunale, di sostituto procuratore generale presso la corte d’appello e dal 22 febbraio 1996 con le funzioni di procuratore capo presso il tribunale. Dal 1993 al luglio 1997 ha fatto parte del Consiglio della magistratura militare.