(Apologia di Socrate 32a-d) Apologia di Socrate MaturitaÁ 2010 \Egv+ ga*r, v# a>ndreQ \Auhnai& oi, a>llhn me+ n a$rxh+n oy$demi* an 32.b. pv*pote h#rja e$ n t|& po*lei, e$ boy*leysa de* " kai+ e> tyxen h<mv&n h< fylh+ \Antioxi+ Q prytaney*oysa o%te y<mei& Q toy+Q de* ka strathgoy+Q toy+Q oy$k a$nelome* noyQ toy+Q e$ k th&Q naymaxi* aQ e$ boyley*sasue a<uro*oyQ kri* nein, parano*mvQ, v<Q e$ n t{& y<ste* r{ xro*n{ pa&sin y<mi& n e> dojen. to*t\ e$gv+ mo*noQ tv&n pryta*nevn h$nantiv*uhn y<mi& n mhde+ n poiei& n para+ toy+Q no*moyQ kai+ e$ nanti* a e$ chfisa*mhn " kai+ e< toi* mvn o>ntvn e$ ndeikny*nai me kai+ a$pa*gein tv&n r<hto*rvn, kai+ y<mv&n keleyo*ntvn kai+ bov*ntvn, meta+ toy& 32.c. no*moy kai+ toy& dikai* oy {>mhn ma&llo*n me dei& n diakindyney*ein h/ meu\ y<mv&n gene*suai mh+ di* kaia boyleyome*nvn, fobhue*nta desmo+n h/ ua*naton. Kai+ tay&ta me+ n h#n e> ti dhmokratoyme*nhQ th&Q po*levQ " e$ peidh+ de+ o$ligarxi* a e$ ge*neto, oi< tria*konta ay# metapemca*menoi* me pe* mpton ay$to+n ei$ Q th+n uo*lon prose*tajan a$gagei& n e$ k Salami& noQ Le* onta to+n Salami* nion i% na a$poua*noi, oi}a dh+ kai+ a>lloiQ e$ kei& noi polloi& Q polla+ prose* tatton, boylo*menoi v<Q plei* stoyQ a$naplh&sai ai$ tiv&n. to*te me* ntoi e$ gv+ 32.d. oy$ lo*g{ a$ll\ e> rg{ ay# e$ nedeija*mhn o%ti e$ moi+ uana*toy me+ n me*lei, ei$ mh+ a$groiko*teron h#n ei$ pei& n, oy$d\ o<tioy&n, toy& de+ mhde+ n a>dikon mhd\ a$no*sion e$ rga*zesuai, toy*toy de+ to+ pa&n me* lei. e$ me+ ga+r e$ kei* nh h< a$rxh+ oy$k e$ je* plhjen, oy%tvQ i$ sxyra+ oy#sa, v%ste a>diko*n ti e$ rga*sasuai, a$ll\ e$ peidh+ e$ k th&Q uo*loy e$ jh*luomen, oi< me+ n te*ttareQ {>xonto ei$ Q Salami& na kai+ h>gagon Le* onta, e$ gv+ de+ {$xo*mhn a$piv+n oi> kade. Platone 1 Socrate e la politica Personalmente io, cittadini ateniesi, non ho mai rivestito alcuna altra 32.b. carica pubblica in cittaÁ, se non quella di membro del Consiglio. E il caso volle che toccasse il turno di esercitare la pritania alla tribuÁ Antiochide, la nostra tribuÁ, proprio quando deliberaste ± in maniera illegittima, come eÁ parso chiaro a tutti voi in seÁguito ± di sottoporre a giudizio tutti insieme i dieci strateghi che non avevano raccolto i sopravvissuti della battaglia navale. In quella circostanza, fui il solo tra i pritani ad oppormi a voi, perche non si commettesse alcuna azione contraria alla legge, e votai contro: e benche ci fossero oratori pronti a denunciarmi e a trascinarmi in tribunale, mentre voi li incitavate e strillavate, io pensavo che 32.c. fosse mio dovere espormi al massimo pericolo, pur di rispettare la legge e la giustizia, piuttosto che stare dalla vostra parte ± per paura della prigione o della condanna a morte ± mentre prendevate decisioni ingiuste. E questi fatti accadevano quando ancora la cittaÁ era retta da un ordinamento democratico; ma quando poi fu instaurata l'oligarchia, i Trenta mi convocarono di nuovo insieme ad altri quattro presso la Rotonda e ci ordinarono di prelevare da Salamina Leonte di Salamina perche fosse condannato a morte: di ordini simili i Trenta ne davano molti a tante altre persone, con l'intenzione di macchiarle ± nel maggior numero possibile ± delle loro colpe. Anche in quel caso, tuttavia, 32.d. io diedi prova una volta di piuÁ (non a parole, ma con i fatti) che della morte ± se l'espressione non eÁ troppo rozza da dire ± a me non importa un bel niente: che non si compiano azioni ingiuste o empie, questo sõÁ, eÁ invece tutto cioÁ che mi sta a cuore. PercioÁ quel governo, pur essendo cosõÁ potente, non mi intimorõÁ al punto da farmi commettere qualche ingiustizia: quando uscimmo dalla Rotonda, mentre gli altri quattro si recavano a Salamina a prelevare Leonte, io invece me ne andai e tornai a casa. 1 Note di commento di Socrate, opera giovanile di Platone, composta probabilmente prima 387 a.C., rielabora i tre discorsi che Socrate tenne in propria difesa durante L'delApologia il processo a lui intentato nel 399 a.C., che si concluse con la condanna a morte del filosofo. Le accuse formali erano di empietaÁ e di corruzione dei giovani; Socrate pagava in realtaÁ il clima incerto e drammatico instauratosi ad Atene in seguito alla fine della guerra del Peloponneso. Nel passo riportato, che appartiene al primo discorso, precedente la prima votazione del tribunale, Socrate afferma l'indipendenza dal potere politico che ha sempre caratterizzato la sua condotta pubblica. 32.b. e$boy*leysa de*: il consiglio(boylh*), formato da cinquecento membri, cinquanta per ognuna delle dieci tribuÁ attiche, era presieduto a turno dai membri di una delle tribuÁ. La funzione della presidenza assumeva il nome di pritania. _ e>tyxen... prytaney*oysa: e> tyxen, aoristo tematico di tygxa*nv, eÁ costruito con il participio predicativo. _ toy+Q oy$k a$nelome*noyQ toy+Q e$k th&Q naymaxi* aQ: in seguito alla vittoria nella battaglia navale combattuta presso le isole Arginuse (406 a.C.), i dieci strateghi ateniesi non raccolsero i naufraghi e i caduti; processati collettivamente (a<uro*oyQ) in violazione delle leggi (parano*mvQ), furono condannati a morte. ± a$nelome*noyQ: participio aoristo di a$naire* v. _ tv&n pryta*nevn: genitivo partitivo dipendente da e$ gv+ mo*noQ. _ e<toi* mvn o>ntvn... tv&n r< hto*rvn, kai+ y<mv&n keleyo*ntvn kai+ bov*ntvn: genitivi assoluti, con valore rispettivamente concessivo e temporale. 32.c. fobhue*nta: participio congiunto (aoristo passivo con valore medio di fobe* v) con valore causale, in caso accusativo riferito a me, soggetto dell'infinitiva dei& n. ± o$ligarxi* a... oi< tria*konta: si fa riferimento al regime oligarchico dei Trenta Tiranni, che mantenne il potere ad Atene per alcuni mesi dell'anno 404 a.C. Sede del loro governo era la cosiddetta Rotonda (uo*loQ), in precedenza sede dei pritani. Leonte di Salamina, citato da Socrate piuÁ sotto, era forse un ex stratega ateniese. MATURITAÁ 2010 (Traduzione e commento a cura di Gianluca CaneÁ e Fabio Nanni) 2 Apologia di Socrate MaturitaÁ 2010 L'Attica del V secolo aveva un tipo di governo che si era sviluppato nel tempo aggiungendo al sistema timocratico, basato sulle classi di reddito, istituito da Solone, nuovi istituti e magistrature sempre piuÁ aperte alla maggioranza dei cittadini poveri e attente alle loro istanze. Rimasero sempre i nove arconti, eletti dalle tribuÁ tra i cittadini che avevano il reddito piuÁ alto, i pentacosiomedimni, che raccoglievano nelle loro terre almeno 500 moggi di cereali (circa 260 ettolitri), e fino al 461 il controllo dell'attivitaÁ dei magistrati era esercitato dall'assemblea degli ex arconti, l'Areopago. Tuttavia i poteri degli arconti furono progressivamente ridotti e trasferiti a magistrature di nuova istituzione, giaÁ a partire dalla riforma costituzionale di Clistene (509 a.C.), non in un unico atto ma progressivamente. La gestione della politica interna ed estera fu trasferita alla BouleÁ, alle Pritanie e all'assemblea popolare, l'Ecclesia; le funzioni giudiziarie, come la gestione della guerra furono delegate progressivamente agli strateghi eletti dalle assemblee senza riguardo al reddito e non piuÁ all'arconte polemarco. A Maratona il comando delle truppe spettoÁ al polemarco Milziade, ma quando nel 442 un corpo di spedizione fu inviato contro Samo esso era comandato dagli strateghi Pericle e Sofocle, e non sappiamo di nessun polemarco impegnato in azioni di guerra durante la guerra del Peloponneso. Quando Socrate fu accusato di empietaÁ per aver introdotto divinitaÁ nuove, l'istruttoria del processo fu compiuta dall'arconte re, che tradizionalmente gestiva i rapporti dello stato con la religione, come sappiamo dall'Eutidemo platonico, ma il processo fu tenuto davanti al tribunale popolare dell'Eliea, che lo condannoÁ. Nel 461 l'Areopago fu privato della funzione di controllo dell'attivitaÁ dei magistrati e ricevette il mandato di giudicare i delitti di sangue: nei tumulti che ne seguirono il capo del partito popolare fu ucciso da ignoti, ma la trasformazione costituzionale non fu modificata. Tre anni dopo il poeta Eschilo mise in scena le Eumenidi, che rappresentavano il processo del matricida Oreste davanti all'Areopago e la sua assoluzione, e celebravano la funzione che quel tribunale aveva ricevuto direttamente da Atena e sarebbe stata per sempre gloria di esso e garanzia per la cittaÁ. L'arconte eponimo dava il suo nome all'anno e sceglieva tra i testi a lui presentati le tre tragedie e le cinque commedie che sarebbero state rappresentate nel festival annuo in onore di Dioniso, una funzione non certo trascurabile ma lontana dalla gestione diretta della politica. Una polis come Atene ebbe dunque, nel momento del suo pieno sviluppo costituzionale, una assemblea popolare, Ecclesia, cui partecipavano tutti i cittadini di pieno diritto, maschi adulti; un consiglio, BouleÁ, formato di cinquecento buleuti sorteggiati in ognuna delle dieci tribuÁ e diviso in dieci sezioni corrispondenti ad esse, ognuna delle quali costituiva una PritanõÁa e governava trenta giorni all'anno la cittaÁ, e i tribunali, il piuÁ importante dei quali era l'Eliea, tribunale popolare diviso in dieci sezioni, in ognuna delle quali erano iscritti seicento giudici, e poteva deliberare quando ne erano presenti cinquecento (vedi anche p. 4). L'assemblea popolare decideva delle massime questioni, pace o guerra, delle alleanze, degli ordinamenti della cittaÁ, su un ordine del giorno elaborato dai pritani: a questi ultimi spettava il governo effettivo della cittaÁ, mentre il consiglio aveva la funzione di ratificare le loro decisioni. Platone Per approfondire Le strutture costituzionali dello stato ateniese 3 Per approfondire Tribunali e processi ad Atene MATURITAÁ 2010 L'amministrazione della giustizia ad Atene, nel V secolo, era una commistione tra un antico diritto di tipo tribale, in cui la punizione del colpevole di una violenza era affare della persona o della famiglia offesa, e la progressiva affermazione del diritto cittadino, secondo il quale chi commetteva un delitto era responsabile di fronte alla cittaÁ. L'istituzione di un tribunale cittadino aveva sostituito il processo pubblico alla vendetta privata, ma molti residui dell'antica procedura permanevano. Anzitutto a nessun magistrato toccava l'iniziativa di un'azione giudiziaria, anche in caso di omicidio, ma era necessario che un parente del morto iniziasse la causa; nel caso di un atto lesivo di interesse comune, come poteva essere l'empietaÁ, che suscitava il risentimento degli deÁi contro tutta la comunitaÁ cittadina, chiunque volesse poteva promuovere l'azione giudiziaria. In questo senso si distinguevano processi privati (di* kai) ± un processo per ferimento o per omicidio rientrava tra questi± eprocessi pubblici (grafai* ,cosõÁ detti perche l'accusatore doveva presentare l'atto d'accusa per iscritto), come quelli per empietaÁ. In Atene erano in funzione diversi tribunali, a seconda della qualitaÁ del delitto e delle circostanze in cui era stato commesso. L'antico tribunale dell'Areopago, composto dagli ex arconti, un tempo aveva esercitato il controllo sull'attivitaÁ dei magistrati: quando i democratici nel 462 trasferirono questi poteri all'Eliea, espressione dell'assemblea popolare, all'Areopago rimase il giudizio su assassinio volontario e ferimento con intenzione omicida. Altri tre tribunali giudicavano reati meno gravi: il Palladio giudicava i casi di omicidio involontario e di istigazione all'omicidio, il Delfinio giudicava i casi che l'arconte re avesse riconosciuto di ``omicidio legittimo'' (ad esempio il caso di chi avesse sorpreso un uomo in flagrante adulterio con la propria moglie), quello di 4 Freatto, sulla riva del mare, giudicava quelli che, esiliati per omicidio involontario, ne avessero commesso un altro con premeditazione (in questo caso l'accusato pronunciava la sua difesa da una barca, davanti ai giudici seduti sulla riva). Tutti gli altri reati erano competenza del popolo, che li giudicava mediante il tribunale dell'Eliea: seimila cittadini che avessero raggiunto i sessant'anni, e per questo fossero cancellati dalle liste militari, erano assegnati per sorteggio a questo tribunale, diviso in dieci sezioni, una per tribuÁ; ognuna delle sezioni era presieduta da un magistrato che valutava le questioni di diritto per proporle ai giudici popolari, ai quali toccava decidere dopo aver udito le due parti. Per invogliare i cittadini a iscriversi nelle liste dei giudici e a partecipare ai processi, venne stabilita una indennitaÁ di due oboli, alzata a tre nel 425. Tuttavia ne i ricchi ne i contadini aspiravano a questa indennitaÁ: erano gli abitanti della cittaÁ, soprattutto i piuÁ poveri, che trovavano in essa un'integrazione ai loro redditi esigui. La seduta iniziava di buon mattino. Per ognuna delle dieci sezioni partecipavano i primi cinquecento giudici che si presentavano. Dopo un sacrificio e una preghiera, l'araldo annunciava le cause che sarebbero state giudicate in quel giorno. Quindi, veniva data la parola successivamente all'attore e al convenuto, che avevano poi il diritto di replica: la durata dei discorsi era misurata dalla clessidra. Dopo le repliche, i giudici votavano inserendo un sassolino in una delle due urne davanti alle quali passavano. In caso di assoluzione,ilprocessoeraconcluso;incasodicondanna sela penanon era giaÁ stabilita,i giudicipotevanoscegliere tra la pena proposta dall'accusatore e quella scelta dall'accusato, come avvenne nel processo di Socrate. Infine, dato che chiunque poteva mettere in moto un processo per rancori personali, era stabilito che, se l'accusatore non otteneva almeno un quinto dei voti, avrebbe dovuto pagare una consistente multa.