Apologiadi Socrate - Federazione Trentina della Cooperazione

Apologia di Socrate
uando ci si occupa di Socrate
si scopre e si impara sempre
q u a l c o s a di
nuovo. E non a
caso il teatro moderno e il cinema lo hanno analizzato e
raccontato come se fosse un
protagonista dei nostri tempi,
sempre più strabici ma almeno costretti a rileggere la storia e il pensiero filosofico. Come anche — detto con le debite cautele — il pensiero giuridico.
Ora — ed è un progetto
davvero attrattivo e di prestigio — tocca a uno spettacolo
teatrale organizzato dall'Ordine degli avvocati di Trento
con la collaborazione della
Cooperazione trentina e delle
Casse rurali trentine.
Regia e interpretazione di
Christian Poggioni, scenografia e costumi di Aurélie Borromans e accompagnamento
musicale di Adriano Sangine-
to. Appuntamento questa
mattina alle 10.30 per gli studenti e alle 18 per la cittadinanza presso la sala della Cooperazione in via Segantini a
Trento, con ingresso libero.
In scena L'Apologia di Socrate, testo giovanile di Platone. Scritto tra il 399 e il 388
a.C, è considerata la più credibile fonte di informazioni
sul processo a Socrate, oltre a
quella in cui la figura del vecchio filosofo è probabilmente
meno rimaneggiata dall'autore. Socrate infatti non scrisse
mai nulla: tutto quel che sappiamo sul suo conto lo dobbiamo a Senofonte, Platone,
al commediografo Aristofane
e in parte ad Aristotele, che
però non lo conobbe direttamente.
Si fa presto a dire testo attuale. Ma in questo caso è assolutamente così. Tanto che
lo stesso svolgimento drammaturgico del testo è esemplare. Socrate, vittima di una
congiura politica, è accusato
di corrompere i giovani e di
empietà. Per questo è condannato a morte ed è chiamato a difendersi davanti a oltre
cinquecento giudici. Alla fine
del processo il filosofo rivolge
ai suoi accusatori un ultimo e
definitivo messaggio: «Se credete, col condannare a morte
uomini, di impedire a qualcuno di rimproverarvi perché
non vivete in modo retto, voi
non pensate bene; a un uomo
giusto, infatti, non può capitare nessun male, né invita né
in morte». L'evento cui si riferisce l'Apologia è l'autodifesa
che Socrate pronunciò davanti ai giudici di Atene nel 399
a.C. Platone ne fu testimone
oculare.
È questo di Platone il cosiddetto dialogo politico per ec_ _ceRenza, noich é ved e di fron-
te un uomo e la comunità, la
città in cui vive, nel drammatico confronto sul senso del
vivere personale e politico.
L'Apologia introduce il pubblico nella dialettica socratica, a volte drammatica, sovente ironica.
«L'interpretazione scenica
— sottolineano le note di regia — tende a ricostruire, nel
rapporto tra Socrate e i suoi
accusatori e i giudici ateniesi,
un contrasto drammatico tra
attore e pubblico, chiamando
la platea a diventare interlocutore e a rispondere alle domande e alle provocazioni del
maestro, ora accusato, ora
condannato, ora calunniato.
La parola si fa voce, gesto,
azione, per risuonare nell'aria
che noi, qui e oggi, respiriamo, non meno inaudita che
nell'aria malsana di quella
Atene». Come l'epilogo, negativo, confermerà.
Giancarlo Riccio
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