CHIGIANA - UNICO SETT. 2008
23-06-2008
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stinato il contrabbasso; e, in genere, ha orchestrato molto diversamente la “traccia”, ricorrendo, ad esempio, a frequenti interventi di
un pianoforte-guida, che Bowen aveva utilizzato con minore larghezza.
La partitura si apre con un preludio-notturno che suggerisce il
clima di sonno in cui si colloca l’azione, ma con un sapore tra l’inquieto e il malinconico che non ha molto d’incanto infantile, con
quelle note alterate che modificano, pungenti, la linea melodica del
flauto; ed anche il canto magico della Fata che dà inizio al “gioco”,
danzante e misterioso, pur mantenendo un andamento piuttosto
regolare da Lied, ha un’espressività trattenuta, quasi amarognola,
che rimanda a certi canti del “maestro” Busoni. Poi, con il cambio
di scena, comincia a scorrere una fitta serie di episodi, molto differenziati sul piano ritmico e per soluzioni melodiche, ma tutti saldati
fra loro: una fascia strumentale su cui s’innestano gli interventi
mimati che illustrano lo svolgimento dell’azione e che rivela già
nel giovanissimo Weill la tendenza all’eclettismo linguistico (ritmi
di danza – valzer, fox-trot, quasi una tarantella, can-can, gavotta –
e di marcia) anche se lo spirito della canzone da cabaret non ha
ancora conquistato appieno il giovane compositore. Forte è la presenza della musica tedesca moderna: Weill è stato allievo anche di
Humperdinck, e Hindemith con la sua “Nuova obbiettività” è un
suggerimento esemplare, non facilmente eludibile, con il gusto
aspro per le dissonanze, e per certa quadratura neoclassica; il fantasma di Wagner e il cromatismo del suo Tristano non entrano nel
bagaglio linguistico di Zaubernacht, sostanzialmente ancora tonale,
pur con molte libertà, in cui – semmai – si può cogliere l’eco della
forte pulsazione ritmica di autori quali Prokof’ev (il suo pianismo
percussivo) e Stravinskij.
Con questo largo patrimonio di vocaboli, che possono dar voce
a una nativa, spiccata propensione per la gestualità che sarà del
Weill più maturo, e che fanno di Zaubernacht un documento-chiave
assai più che una curiosità, non c’è azione del balletto (rilevata
nelle didascalie della partitura: scalpitare del Cavallo a dondolo,
risveglio del Bambino, pianto della Bimba, il Cavallo che si abbevera, la caduta del Bambino sul pavimento, i movimenti del Burattino, la Bambola malata, le capriole dell’Orso, gli inchini) che non
riceva da Weill una gustosa sottolineatura, una traduzione ritmica
pungente; né personaggio (il Medico Cinese con le sue cure, il dondolante Misirizzi, il Soldatino, la Strega, Hänsel e Gretel) che non
sia felicemente ritratto. Vivacissima la corsa fra i Bambini e l’Orso,
e la contesa fra Soldatino e l’oscillante Misirizzi, dolente e buffonesca insieme quella sorta di marcia funebre con cui il Medico
Cinese interviene sull’Orso ammalato, garbato il recupero settecentesco della Gavotta (Stravinskij e Pulcinella docent) con cui entrano