CHIGIANA - UNICO SETT. 2008 23-06-2008 15:51 Pagina 107 107 stinato il contrabbasso; e, in genere, ha orchestrato molto diversamente la “traccia”, ricorrendo, ad esempio, a frequenti interventi di un pianoforte-guida, che Bowen aveva utilizzato con minore larghezza. La partitura si apre con un preludio-notturno che suggerisce il clima di sonno in cui si colloca l’azione, ma con un sapore tra l’inquieto e il malinconico che non ha molto d’incanto infantile, con quelle note alterate che modificano, pungenti, la linea melodica del flauto; ed anche il canto magico della Fata che dà inizio al “gioco”, danzante e misterioso, pur mantenendo un andamento piuttosto regolare da Lied, ha un’espressività trattenuta, quasi amarognola, che rimanda a certi canti del “maestro” Busoni. Poi, con il cambio di scena, comincia a scorrere una fitta serie di episodi, molto differenziati sul piano ritmico e per soluzioni melodiche, ma tutti saldati fra loro: una fascia strumentale su cui s’innestano gli interventi mimati che illustrano lo svolgimento dell’azione e che rivela già nel giovanissimo Weill la tendenza all’eclettismo linguistico (ritmi di danza – valzer, fox-trot, quasi una tarantella, can-can, gavotta – e di marcia) anche se lo spirito della canzone da cabaret non ha ancora conquistato appieno il giovane compositore. Forte è la presenza della musica tedesca moderna: Weill è stato allievo anche di Humperdinck, e Hindemith con la sua “Nuova obbiettività” è un suggerimento esemplare, non facilmente eludibile, con il gusto aspro per le dissonanze, e per certa quadratura neoclassica; il fantasma di Wagner e il cromatismo del suo Tristano non entrano nel bagaglio linguistico di Zaubernacht, sostanzialmente ancora tonale, pur con molte libertà, in cui – semmai – si può cogliere l’eco della forte pulsazione ritmica di autori quali Prokof’ev (il suo pianismo percussivo) e Stravinskij. Con questo largo patrimonio di vocaboli, che possono dar voce a una nativa, spiccata propensione per la gestualità che sarà del Weill più maturo, e che fanno di Zaubernacht un documento-chiave assai più che una curiosità, non c’è azione del balletto (rilevata nelle didascalie della partitura: scalpitare del Cavallo a dondolo, risveglio del Bambino, pianto della Bimba, il Cavallo che si abbevera, la caduta del Bambino sul pavimento, i movimenti del Burattino, la Bambola malata, le capriole dell’Orso, gli inchini) che non riceva da Weill una gustosa sottolineatura, una traduzione ritmica pungente; né personaggio (il Medico Cinese con le sue cure, il dondolante Misirizzi, il Soldatino, la Strega, Hänsel e Gretel) che non sia felicemente ritratto. Vivacissima la corsa fra i Bambini e l’Orso, e la contesa fra Soldatino e l’oscillante Misirizzi, dolente e buffonesca insieme quella sorta di marcia funebre con cui il Medico Cinese interviene sull’Orso ammalato, garbato il recupero settecentesco della Gavotta (Stravinskij e Pulcinella docent) con cui entrano