Propedeutica Filosofica II [FT0166] Schopenhauer, la negazione della volontà 27 April 2017 Schopenhauer: vedere il mondo come rappresentazione riconduce veglia e sogno a una stessa matrice strutturale, a rappresentazioni della nostra mente Kant: intelletto origine dell’esperienza il fenomeno si presenta nella relazione tra soggetto e oggetto; il mondo degli oggetti non ha una realtà indipendente, ma è una costruzione per gettare uno sguardo al di là del reame fenomenico, è necessario superare il razionale acquisendo consapevolezza della doppia natura del nostro corpo – volontà in quanto sentire, rappresentazione in quanto oggetto tra oggetti – ci muoviamo verso l’oltrepassamento del mondo come rappresentazione il mondo è ragionevole, è comprensibile razionalmente – esso è infatti governato dal principio di ragione queste sono tuttavia niente più che verità costruite dall’uomo, facendo parte del regno della rappresentazione; Schopenhauer inaugura l’abbattimento del sapere incontrovertibile, dell’episteme, ben prima di Nietzsche Severino: Schopenhauer per primo tra i moderni comprende che al dolore non c’è ragione, né rimedio | l’episteme su di esso non ha potere non vi può essere un superamento del dolore, solo una sua accettazione e comprensione (in quale modo tale concezione non è già presente in Hegel?) l’origine del nostro dolore è la stessa origine del mondo – la volontà redimere il mondo dal male coincide dunque con la negazione del carattere affermativo della volontà volontà che dice no a se stessa come esempio di coscienza in contraddizione con se stessa alla Hegel? – no, qui il dire di no a se stessa della volontà è per il soggetto governato dal principio di ragione un qualcosa che proviene come dall’esterno (cfr. il paragone con la grazia cristiana, par.70 de Il mondo come volontà e rappresentazione) affermazione e soppressione della volontà appaiono come contrapposte soltanto per il soggetto, per la volontà individuata, mentre per la volontà in sé non si pone contraddizione – e tuttavia questa sembra una lettura ancora hegeliana che potrebbe non avere nulla a che fare con ciò che Schopenhauer vuole dire: una contraddizione come processo, e una sua mediazione nello Spirito. l’ascesi è un pretesto, ciò che rende capace l’individuo di negare la volontà anziché affermarla [MVR, par.68] la negazione della volontà, inoltre e principalmente, ha a che fare con la conoscenza [MVR, par.71] la conoscenza è punto di partenza (rappresentazione), ma è anche punto di arrivo eppure è un tipo di conoscenza che non è inscrivibile nel dicibile, un eterno negativo passaggio al nulla, all’inconsistenza del mondo fenomenico, in seguito al riconoscimento della natura ulteriore della negazione della volontà, che ci sia qualcosa oltre la volontà stessa | conoscenza eppure la negazione della volontà, se si dà nella volontà individuata, dovrebbe essere soggetta alle stesse leggi della necessità; pertanto sembrerebbe, come sottolinea il par. sulla grazia, che la negazione avvenga dall’esterno, sia appunto una grazia: la negazione della volontà non appartiene al soggetto. Perché dovrebbe dunque essere propedeutica una pratica ascetica, dal momento che non sembra far altro che affermare una forma della volontà stessa, essendo soggetta alle leggi della necessità per il soggetto stesso? L’ascesi, di fatto, non è una pratica che l'individuo fa per raggiungere un qualche scopo, è piuttosto una manifestazione della volontà mentre è in apparente (ovvero, apparente per l’oggettivazione della volontà) processo di negazione di se stessa. Eppure, dall’altra parte, guardare ai movimenti della volontà in generale come assolutamente libera lascia spazio a una lettura della negazione come un semplice cambiamento nei movimenti della volontà per quanto riguarda una delle sue oggettivazioni. conoscenza come quietivo della volontà e dimensione etica: la volontà si conosce nella propria essenza, nella propria unità, e cambia automaticamente la propria propensione ad affermarsi a dispetto degli altri, diviene un’azione giusta in prima battuta, ed eventualmente etica. l’interpretazione del mondo avviene in modo tale che quest’ultimo sia il più possibile conforme ai bisogni di ognuno, ma esso è in principio interpretabile in maniere differenti (Nietzsche) La "divina Indifferenza" in Montale, morte della visione teleologica del mondo by Alessandro Veneri www.kumarproject.com