Il concetto di nulla In filosofia. Il concetto di nulla è tra i più controversi nell’arco della storia del pensiero umano. La difficoltà di una definizione deriva dalla difficoltà della comprensione stessa dell’idea a cui fa riferimento. D tenere presente è anche la diversità tra le culture che lo hanno preso in considerazione, quella occidentale, cui facciamo riferimento, e quella orientale. A) In occidente esso possiede principalmente due accezioni. 1) La prima ontologica, in cui il nulla assume il significato di non-essere (come opposizione assoluta all’essere), ossia l’assenza o privazione assoluta di ogni positività ed è stata posta da Parmenide. In base a questa accezione il nulla non può essere espresso, ma neppure pensato. È il totalmente altro dall’essere. Soltanto di quest’ultimo possiamo dire che sia e come sia. 2) L’altra, logica, posta da Platone, il quale, nel Sofista (241 b - 242 d), mostra in che modo si possa correttamente ammettere la realtà del non essere. Egli infatti distingue tra opposizione e alterità. “Quando diciamo il non –essere, noi non diciamo un che di contrario all’essere, ma soltanto un diverso”. Egli insomma pensava il nulla come nonessere dell'essere di qualcuno, quindi come alterità, diversità del “ciò che è”. Alcuni esistenzialisti e filosofi postmoderni confermano che Nulla è in realtà l’assenza o la mancanza di qualcosa, piuttosto che di tutto. È possibile sostenere che anche la sola pensabilità dell’idea di nulla conduca facilmente all’errore logico noto come reificazione (= il considerare come concreto evento reale ciò che è un semplice costrutto ipotetico, un’astrazione). Nella filosofia medievale, nella mistica negativa, il nulla è stato considerato in senso teologico con due accezioni opposte: come il “non-divino”(come sarà più tardi per Cartesio) e come “essenza profonda del divino” (per es. in Scoto Eriugena, in Meister Eckhart e in Jakob Böhme). Come “non-divino” e quindi “non-spirituale”, il nulla è stato spesso identificato con la materia, e questo in Plotino in Agostino. In età moderna Kant ha distinto significativamente il concetto di nulla, in un nulla dell’essere fenomenico e in un nulla dell’essere noumenico. Nell’Analitica Trascendentale Kant distingue il nulla come ens rationis (concetto vuoto, senza oggetto), come nihil privativum (oggetto vuoto di un concetto), come ens immaginarium (intuizione vuota senza oggetto) e come nihil negativum (oggetto vuoto senza concetto). In Hegel, partendo dall'assunto che “dal nulla non può venire niente”, il nulla diventa pura negazione logica ma con valenza ontologica, poiché il positivo e il negativo hanno come comune base astratta proprio il nulla (Scienza della Logica, I, I, 1). B) nella cultura Orientale, il concetto di nulla è fondamentale; nella religione induista, e soprattutto nel Buddismo, è presente nei termini peculiari di Nirvana. Nirvāna significa sia estinzione (da nir + √va, cessazione del soffio) che libertà dal desiderio (nir + vana). La dottrina del nirvana, nel Buddhismo solitamente non viene definita con termini positivi, ma negativi: dato che il nirvana è al di là del pensiero razionale e del linguaggio, non è possibile affermare quello che è ma, piuttosto, quello che non è. Centrale nel pensiero delle Upanishad, il nirvana è anche una delle “nobili verità” insegnate dal Buddha e consiste nella cessazione totale del dolore, sperimentabile già nella vita empirica e raggiungibile con l’annullamento di ogni desiderio. Dopo aver estirpato da se ogni bisogno, il mistico buddista arriva alla condizione di vacuità (Shunyata), ossia l’esperienza del nulla. In Schopenhauer. Il nulla per Schopenhauer è l’esito finale delle tecniche di privazione sensoriale e di macerazione dell’anima. Il nulla “è ciò che rimane dopo la soppressione completa della volontà di vivere”, una quiete totale cui si perviene esercitando la nolontà, dal verbo latino nolo (non voglio). Questa è un atto di ribellione alla Volontà (Wille) che ci spinge a vivere e a desiderare di vivere. Tale completa negazione è l’unico modo per opporsi alla Volontà, irrazionale e senza scopo e quindi per uscire dalla dimensione del dolore che il vivere stesso porta inevitabilmente con sé. Significa rinunciare alla vita, sino ad estirpare l’insano e irrazionale desiderio di vivere per raggiungere una condizione di assenza, una nullificazione della persona tramite il silenzio, il digiuno, la castità, per arrivare appunto a una forma di ascesi laica, un’estasi senza dio = il Nirvana. Al nulla si perviene con la completa negazione della volontà di vivere, che porta con sé anche la negazione del mondo come oggettivazione di questa volontà. Schopenhauer ha studiato la filosofia orientale. Raggiungere il “nulla” è per la sapienza indiana uno stato della mente e non una categoria come quella del non-essere di Parmenide. Tuttavia, nella concezione indiana il Nirvana appare ancora come qualcosa di positivo: un tutto (l’universo) in cui l'individuo perde la sua individualità dissolvendosi nel tutto universale, come l’acqua di una brocca versata nell’oceano. In quanto tale, per Schopenhauer il Nirvana degli indiani è ancora un’illusione. Il nulla deve essere qualcosa di assolutamente negativo, senza alcun riempimento sostitutivo del vuoto a cui essa porta. Modello più appropriato sono per Schopenhauer le vite dei santi cristiani. Il loro obiettivo era il liberarsi dal condizionamento della volontà. Tuttavia anche nella tradizione cristiana il vuoto lasciato dalla negazione del mondo si riempie positivamente dalla comunione tra il santo e la divinità personale. Attraverso l’ascesi, il mistico cristiano giunge alla visione di Dio, quindi alla totale affermazione di Dio. Quello di Schopenhauer è invece un misticismo ateo, che rifiuta il mondo per giungere alla negatività pura, in cui non ci si riversa nell’universo e neppure ci si congiunge con alcun dio. Degli asceti cristiani, Schopenhauer accetta le tecniche, purché scollegate dai presupposti religiosi e inquadrate nel più rigido ateismo possono funzionare, perché sono in grado di allontanare la psiche del soggetto dalla normalità quotidiana, inducendolo, per un breve periodo, a dimenticare di esistere. Con la libera negazione, con la soppressione della volontà, vengono soppressi tutti quei fenomeni e quel perenne premere e spingere senza meta e senza posa, per tutti i gradi dell’oggettità [= il mondo, espressione della Volontà], nel quale e mediante il quale il mondo consiste; […] soppresso con la Volontà tutto intero il suo fenomeno, poi finalmente anche le forme universali di quello, tempo e spazio; e da ultimo ancora la più semplice forma fondamentale di esso, soggetto e oggetto. Non più Volontà: non più rappresentazione, non più mondo. Davanti a noi non resta invero che il nulla. Se questo nulla ci fa paura è perché siamo pieni di Volontà di vivere, ne siamo prigionieri: quel che si ribella contro codesto dissolvimento nel nulla, la nosra natura, è anch’essa nient’altro che volontà di vivere. Volontà di vivere siamo noi stessi, volontà di vivere è il nostro mondo. L’aver noi tanto orrore del nulla, non è se non un’altra manifestazione del come avidamente vogliamo la vita, e niente siamo se non questa volontà, e niente conosciamo se non Lei. Considerando i pochi che sono riusciti nell’impresa di superare il mondo, coloro in cui la volontà, giunta alla piena coscienza di sé, se medesima ritrovò in tutte le cose e liberamente si rinnegò, allora possiamo contemplare in essi il raggiungimento della pace, quella pace, che sta più in alto della ragione, quell’assoluta calma d’animo pari alla calma del mare, quel profondo riposo, che alcuni pittori, Raffaello e Correggio, sono riusciti a dipingere nel volto dei loro santi, quello è il vero Vangelo. E quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà, per tutti coloro che sono ancora pieni della volontà è il nulla. Ma viceversa, per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee è il nulla. Ecco il ribaltamento prospettico di Schopenhauer. Il nulla, l’assenza totale di mondo, il vuoto in quanto assenza totale di desiderio del mondo è il punto di vista da cui guardare il pieno, il fenomeno, il mondo stesso, che in questa prospettiva si fa nulla, diviene il vero e solo nulla commisurabile. Il vero nulla è questo mondo, un cieco, assurdo prodotto di una cieca assurda volontà che il mondo tiene prigioniero. In Matematica, il nulla non ha un significato tecnico. Il termine “nulla” è un termine informale per indicare un insieme vuoto. È detto che un insieme contiene “nulla” se e solo se esso è un insieme vuoto, in questo caso la sua cardinalità (= dimensione) è zero. In fisica la parola nulla non è impiegata se non come sinonimo di vuoto. Una regione dello spazio è chiamata un vuoto se non contiene alcuna materia (ma può contenere campi). È in concreto impossibile costruire una “regione di spazio” che contenga “nessuna materia” o campo, dal momento che la gravità non può essere bloccata e tutti gli oggetti, non allo zero assoluto, si irradiano elettromagneticamente. Tuttavia, anche supponendo che una tale regione esistesse, essa non sarebbe più un nulla, poiché ha delle proprietà e un’esistenza misurabile come parte del vuoto quanto-meccanico.