appunti sostitutivi del cap. 6

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Prof. Monti – Storia V – a.s. 2016-2017 – Rivoluzione d’ottobre e nascita dell’URSS
La Rivoluzione d’ottobre e
la nascita dell’URSS
(in sostituzione del capitolo 6)
1.
LO SCENARIO
Le vicende che portano alla trasformazione dell’impero zarista nell’URSS (Unione delle
Repubbliche socialiste sovietiche) indicano un tema prettamente novecentesco.
Se nell’800 la guerra fra Stati aveva, infatti, alla base essenzialmente l’espansione geo-politica
come mezzo per l’espansione economica (un po’ come era avvenuto anche nelle guerre fra la metà
del ’600 e la metà del ‘700), con la Prima guerra mondiale irrompe invece la questione
ideologica. Ci si schiera, cioè, anche a causa della propria adesione a un certo corpus di idee.
Come abbiamo già detto, è in Russia che le gravi tensioni sociali causate dalla guerra sfociano
in una vera e propria rivoluzione, la celebre rivoluzione d'ottobre.
Essa ebbe certamente cause pratiche – la difficoltà del mantenimento di un immenso esercito (12
milioni di soldati!), la crisi dell’industria (che aveva, in Russia, livelli produttivi assai bassi),
infrastrutture inadeguate, profonde diseguaglianze economiche e sociali, una burocrazia statale
corrotta e inefficiente... – ma grande importanza ebbe anche la diffusione dell’ideologia
socialista.
Pensate ai contadini che, trasferitisi al fronte, escono dall’isolamento delle campagne e arrivano a
conoscere le idee degli intellettuali rivoluzionari; pensate gli operai che scoprono di potersi
interessare alla politica. Anche la borghesia capitalista si mobilitò, ma le sue dimensioni in
Russia non erano tali da poterle permettere di controllare il moto rivoluzionario.
L’inizio della rivoluzione rese evidente il fatto che ogni partito rappresentava tanto idee e
programmi, quanto interessi di classe.
Le simpatie degli operai si dividevano fra i due tronconi in cui, nel 1912, il partito
socialdemocratico si era diviso: i menscevichi (che proponevano una rivoluzione sociale per
superare il feudalesimo e l'assolutismo verso istituzioni parlamentari democratiche) e bolscevichi di
Lenin (più radicali, miravano alla “dittatura” del proletariato).
Le istanze dei contadini (al motto di “terra a chi la lavora!”), invece, erano raccolte dai
socialrivoluzionari.
La borghesia era politicamente rappresentata dal partito dei cadetti.
Come già abbiamo accennato: nel febbraio del 1917 (marzo per il calendario gregoriano) vi fu una
estesa ribellione di operai e soldati a Pietrogrado, la capitale degli Zar, che condusse alla
abdicazione di Nicola II.
Rientrato in patria nell'aprile 1917, Lenin diffuse un documento costituito da dieci punti
programmatici – le cosiddette tesi d'aprile – rovesciando la teoria marxista ortodossa (dichiarando,
cioè, la rivoluzione socialista possibile in Russia, paese agricolo, idea che Marx avrebbe negato) e
lanciando come parole d'ordine "pace" e "terra".
Fra il 24 e il 25 ottobre (6-7 novembre) il Palazzo d’Inverno – sede del governo provvisorio di
Alexander Kerenskij, il quarto governo provvisorio dall’inizio della crisi – venne occupato dai
bolscevichi di Lenin (che ha l’appoggio di altri importanti personaggi: Stalin e Trockij).
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Nella stessa giornata del 25 ottobre, si riunì il Congresso dei Soviet, formato dai
rappresentanti di tutti i Soviet, che legittimò la nuova situazione politica.
Lenin colse assai bene la relazione fra guerra e rivoluzione: egli comprese che la Prima guerra
mondiale non era semplicemente una guerra fra Stati causata da ragioni economiche, ma che essa
portava con sé delle grandi opportunità di rivolgimento sociale.
Ma facciamo un passo indietro: a contendersi la successione al regime degli zar, dopo
l'abdicazione di Nicola II, rimanevano da una parte il governo provvisorio e, dall’altra, i
soviet.
Il primo, all’inizio ampiamente sostenuto, avrebbe dovuto condurre la Russia verso un governo
democratico di stampo occidentale. Venne così nominata un’assemblea costituente, venne proposta
la giornata lavorativa di 8 ore, vi fu la confisca dei grandi latifondi... Cosa non funzionò? La scelta
fatale del governo provvisorio fu quella di continuare la guerra: Lenin, a questo punto, rifiutò ogni
possibile compromesso.
Lenin, in effetti, riteneva che il movimento rivoluzionario dei bolscevichi avesse davvero la
possibilità di imporsi. Da una parte, la vecchia classe dominante non poteva più restare tale senza
mutare forma di governo, dall’altra c'era il malcontento delle classi meno abbienti, la mobilitazione
delle masse, la presa di coscienza dello sfruttamento subito...
Lenin disse, e sono parole celebri, che per attuare la rivoluzione occorre che “gli strati
inferiori non vogliano” e “gli strati superiori non possano” più vivere come in passato.
La crisi strutturale del capitalismo s’incontra con la voglia di rivoluzione delle masse.
In questo modo, Lenin riteneva che davvero potesse nascere una alternativa al capitalismo
dell’occidente: è proprio quanto accadde.
Ciò che ebbe iniziò fra il 6 e il 7 ottobre del 1917 si sarebbe concluso oltre settant’anni dopo, nel
1991, con il definitivo crollo dell'URSS.
2.
NASCITA DELL’URSS E GUERRA CIVILE
Il Congresso dei soviet approvò immediatamente due decreti: sulla pace (da concludersi subito!)
e sulla terra (la grande proprietà fondiaria viene abolita senza indennizzo).
Di poco successivo, un terzo decreto che consegnava il controllo delle fabbriche agli operai.
L’Assemblea costituente, già prevista dal precedente governo provvisorio, viene eletta a suffragio
universale: i bolscevichi, però, ottengono pochi seggi (solo 175 su 707) e Lenin, deciso a non
lasciare il potere, la scioglie immediatamente.
È questo atto, con la cessione di tutti i poteri ai Soviet, che segna di fatto la nascita dell’Unione
Sovietica.
Il compito che si presentava a Lenin non era certo semplice: nel novembre 1917 il suo partito
contava circa 70.000 iscritti, una inezia di fronte a un immenso Paese di 150 milioni di abitanti,
ricchissimo di risorse, ma anche di gravi problemi.
La risposta di Lenin fu una forte accentuazione dei tratti autoritari del suo governo: le utopie
antimilitariste, pacifiste, furono lasciate da parte a favore di un atteggiamento più duro e
pragmatico. Gà nel dicembre del '17 nasce la Ceka, la polizia politica, insieme a un Tribunale
rivoluzionario centrale col compito di processare tutti i dissidenti politici.
Abbiamo già fatto cenno alle durissime condizioni della pace firmata con la Germania (trattato
di Brest-Litovsk) e non ci ritorniamo.
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Questi ultimi due avvenimenti (scioglimento dell'assemblea costituente e le condizioni di pace),
portarono all’inizio di una guerra civile.
Numerosi membri del partito socialista-rivoluzionario e di quello menscevico si unirono alle forze
controrivoluzionarie formando le cosiddette armate bianche (sostenute da Francia, Inghilterra,
USA e Giappone!).
Lev Trotzkij ebbe da Lenin il compito di riorganizzare l’esercito, che assunse il nome di Armata
Rossa, con lo scopo di contrastare il nemico interno.
Questa guerra civile, che mirava all’annientamento del nemico, divenne una carneficina (due
milioni di morti nei combattimenti, altri due milioni per le epidemie!).
Fra 1921 e 1922, inoltre, varie carestie portano alla morte di altri 5 milioni di persone. Due milioni
di russi, infine, presero la via dell’emigrazione.
Nelle zone controllate dai controrivoluzionari, la violenza si scatenò anche contro gli ebrei, con i
pogrom (parola che, in russo, significa “distruzione”). Ove dominavano i bolscevichi, invece, il
“terrore rosso” comportò poteri straordinari per la polizia e campi di concentramento per i
dissidenti.
3.
COMUNISMO DI GUERRA E NEP
Alla fine l’Armata Rossa, inaspettatamente, ebbe la meglio, ma nel complesso la Russia (che
nel 1920 dovette anche affrontare uno scontro armato con la Polonia che era insoddisfatta dei
confini stabiliti al termine della Prima guerra mondiale) si trovava sull’orlo del collasso.
Già nel 1918, Lenin aveva varato uno stretto controllo statale su tutti i settori dell’economia
(chiamato “comunismo di guerra”), dall’industria all’agricoltura, e decisa la soppressione di tutti
i partiti oltre alla sottomissione di Soviet e sindacati al partito bolscevico.
I contadini dovevano consegnare il raccolto allo Stato, il quale pagava pochissimo. Il potere
economico si concentrava nelle sole mani dello Stato, mentre l’economia di mercato veniva
smantellata.
Le speranze della popolazione, di fatto, erano state ampiamente deluse.
Sul fronte internazionale, intanto, tutte le associazioni operaie guardavano a questi
avvenimenti come a un successo: si stava dimostrando che, di fatto, la rivoluzione socialista
poteva essere attuata!
Non a caso, nel 1919 nacque a Mosca la Terza Internazionale (Comintern) con l’obiettivo di
giungere alla rivoluzione socialista mondiale. Tutti i partiti aderenti avrebbero dovuto assumere il
nome di Partito comunista.
Il rigore del comunismo di guerra portò a una nuova ondata di scioperi e insurrezioni, che
raggiunsero l’apice nel 1921. Per favorire la ripresa economica, fu varata la cosiddetta NEP:
"nuova politica economica".
Essa introduceva una parziale liberalizzazione di produzione e commercio, anche se manteneva
per lo Stato il controllo della grande industria e del commercio con l’estero.
La NEP, in effetti, era una sorta di marcia indietro rispetto al comunismo di guerra: il consenso
dei cittadini era irrinunciabile e, per riottenerlo, occorreva ridare fiato all’iniziativa privata. I
contadini potevano ora vendere direttamente i loro prodotti, era consentita la gestione di piccole
imprese (fino a 20 operai) e venivano diminuite le tasse.
Il popolo contadino, ora sazio di terra, restò comunque estraneo ed ostile al nuovo potere.
Nelle campagna, con la NEP, riaffiorarono anche le disuguaglianze sociali: c'erano pochi contadini
ricchi (5%, i cosiddetti kulaki), una maggioranza di contadini "medi" (57%) e la massa dei contadini
poveri (38%).
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L’URSS, Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, nacque ufficialmente nel dicembre
1922 attraverso un trattato federativo (trattato che univa Russia, Ucraina, Bielorussia,
Azerbaigian, Armenia, Georgia).
Nell’aprile del 1922 Josip Djugasvili (detto Stalin, 1879-1953) venne eletto segretario generale
del partito, subentrando a Lenin. È in questo momento che il potere comunista trova un assetto
stabile. Lenin muore nel 1924.
La Costituzione del 1923 dava all’Unione alcune competenze – politica e commercio esteri, difesa,
pianificazione economica, assistenza sociale – e altre alle singole Repubbliche, cui era consentita la
scissione dall’Unione.
La legislazione competeva al Soviet supremo, composto dai rappresentanti di tutti i Soviet, che
eleggeva un comitato esecutivo retto da un presidente.
Vi furono anche alcune riforme civili: istruzione per i giovani (obbligatoria sino ai 15 anni) e
ridimensionamento del ruolo della Chiesa Ortodossa nella società.
Il matrimonio religioso venne sostituito da quello civile, venne sancita l’assoluta uguaglianza fra i
sessi e l’aborto fu legalizzato.
Lo stesso Lenin, in più occasioni, sostenne l’emancipazione femminile.
La propaganda di partito lavorò a pieno ritmo per mostrare a tutti che, in Russia, stava
nascendo un mondo alternativo, e migliore, di quello costituito dall’Occidente capitalista.
4.
DA LENIN A STALIN
Fino a che era rimasto in salute, con la sua forza e il suo prestigio Lenin aveva impedito che i
contrasti presenti nel gruppo dirigente si trasformassero in scontri aperti.
Prima con la malattia, e poi con la morte di Lenin i contrasti esplosero.
Lo scontro più rilevante fu quello che oppose Stalin a Trotzkij.
Quest'ultimo, criticava l'eccessivo autoritarismo del Partito, che fra l'altro stava causando
l'isolamento internazionale dell'URSS, insieme alla eccessiva centralizzazione e burocratizzazione
del potere. A suo avviso, l'Unione Sovietica avrebbe dovuto da una parte accelerare il processo di
industrializzazione e, dall'altro, favorire l'estendersi della rivoluzione ai paesi occidentali: si trattava
della cosiddetta rivoluzione permanente.
Al contrario, Stalin sosteneva che per il momento occorreva accettare l'idea del "socialismo in un
solo Paese" e che l'URSS era abbastanza forte da controbattere l'opposizione dell'Occidente.
La posizione di Stalin aveva il vantaggio di adattarsi meglio alla effettiva situazione e, di fatto,
Trotzkij venne marginalizzato.
Nel 1927, i leader dell'opposizione a Stalin vennero prima allontanati dal partito e poi perseguitati e
incarcerarti. Trotzkij stesso venne prima deportato in una località dell'Asia centrale e
successivamente espulso dall'URSS.
Cominciava così una nuova fase, quella del potere personale e sempre più dispotico di Stalin. È con
lui, però, che l'URSS sarebbe diventata una grande potenza industriale e militare.
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