La crisi dei debiti sovrani in Europa

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La crisi dei debiti sovrani
in Europa
Prof. Andrea Fumagalli
Università di Pavia
utilizzando i dati elaborati dal Prof. Carluccio Bianchi,
Università di Pavia
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Una crisi che viene da lontano
La crisi attuale è la conseguenza diretta dei
provvedimenti di politica economica presi per
affrontare la crisi dei mutui subprime del 20072008.
Come è noto, bolla immobiliare, bassi tassi di
interesse iniziali, cartolarizzazioni spregiudicate,
diffusione di un sistema bancario ombra con
crescita abnorme della leva finanziaria, assenza
di regolamentazione, conflitti di interesse interni
alle agenzie di rating hanno portato ad una
esplosione dei mutui subprime, cui è seguito poi
il loro dissesto, estesosi all’intero sistema
bancario- finanziario.
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La diffusione della crisi
In seguito al dissesto dei mutui subprime, il
valore dei titoli cartolarizzati si è pressoché
annullato, le banche sono entrate in crisi di
liquidità, il mercato interbancario si è
vaporizzato, le Borse sono crollate, alcune
banche o istituzioni finanziarie sono fallite (LB) o
sono state nazionalizzate o salvate con
interventi ad hoc delle autorità di Governo.
La crisi dagli Stati Uniti si è diffusa al mondo
intero attraverso il sistema delle interdipendenze
finanziarie e reali.
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La diffusione della crisi
In particolari la crisi, inizialmente solo finanziaria,
è diventata reale in seguito all’operare dei
classici meccanismi di trasmissione:
- credit crunch, effetti ricchezza, effetti sulle
aspettative di famiglie e imprese, maggiore
avversione al rischio e preferenza per la
liquidità, moltiplicatore del reddito, commercio
internazionale
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Contagio dell’economia reale
Il PIL mondiale è caduto per la prima volta dal II dopoguerra.
Queste le variazioni del 2009 nei vari paesi OCSE:
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
USA
-8,0
-10,0
-12,0
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In questa difficilissima situazione, tendenzialmente
peggiore di quella del 1929, le autorità di governo sono
intervenute anzitutto per evitare che la crisi di liquidità
portasse al fallimento delle banche e delle istituzioni
finanziarie.
L’obiettivo primario è stato quindi quello di
salvaguardare l’esistenza del sistema finanziario
stesso, motore del processo di accumulazione
nell’era del capitalismo cognitivo.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In particolare i primi interventi a sostegno dei mercati
finanziari sono stati effettuati dalle Banche Centrali con
politiche di riduzione dei tassi d’interesse, espansioni
monetarie (anche non convenzionali) senza precedenti
7
6
Tasso USA
5
4
3
2
Tasso UME
1
0
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
11
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
La politica monetaria ha contribuito a stabilizzare il
sistema finanziario e creditizio. Essa però non è stata
sufficiente, perché le banche hanno trattenuto presso di
sé tutta la liquidità immessa nel sistema.
La politica monetaria, inoltre, come è ampiamente noto,
nelle recessioni non è in grado di stimolare la domanda
di beni.
Così, soprattutto quando il livello della crisi si è
aggravato nel settembre 2008, è stato necessario anche
un forte intervento da parte dei Governi.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
L’intervento dei Governi è stato di dimensioni
senza precedenti per l’ammontare dei fondi
stanziati.
Di conseguenza i deficit e i debiti pubblici si sono
fortemente ampliati, per l’operare sia
(soprattutto) degli stabilizzatori automatici, sia
anche (laddove la situazione iniziale delle
finanze pubbliche lo permetteva) di interventi
discrezionali.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
L’audizione effettuata sulla Federal Reserve Bank dal Gao
(Government Accountability Office) degli Stati uniti, reso pubblico
alla fine di luglio 2010, rivela che: la Federal Reserve Bank ha dato,
tra dicembre 2007 e giugno 2010, a banche e imprese americane e
non, prestiti per circa 16 mila miliardi di dollari senza interesse e a
condizioni di rimborso del tutto fluide.
Citigroup (Usa): 2.500 miliardi di dollari (una volta e un quarto la
ricchezza prodotta in un anno dall'Italia e quasi sei volte quella del
Belgio), Morgan Stanley (Usa): 2.040 miliardi di dollari, Merrill Lynch
(Usa): 1.949 miliardi di dollari, Bank of America (Usa): 1.344 miliardi
di dollari, Barclays Plc (Regno unito): 868 miliardi di dollari, Bear
Sterns(Usa): 853 miliardi di dollari, Goldman Sachs(Usa) : 814
miliardi di dollari, Royal Bank of Scotland (Uk): 541 miliardi di dollari,
JP Morgan Chase(Usa): 391 miliardi di dollari, Deutsche Bank (D):
354 miliardi di dollari,UBS (Svi) 287 miliardi di dollari, Credit Suisse
(Svi): 262 miliardi di dollari, Lehman Brothers(Usa): 183 miliardi di
dollari, Bank of Scotland (Uk): 181 miliardi di dollari, Bnp Paribas (F):
175 miliardi di dollari.
.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
La politica monetaria ha contribuito a stabilizzare il
sistema finanziario e creditizio. Essa però non è stata
sufficiente, perché le banche hanno trattenuto presso di
sé tutta la liquidità immessa nel sistema.
La politica monetaria, inoltre, come è ampiamente noto,
nelle recessioni non è in grado di stimolare la domanda
di beni.
Così, soprattutto quando il livello della crisi si è
aggravato nel settembre 2008, è stato necessario anche
un forte intervento da parte dei Governi.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
I grafici seguenti mostrano l’impatto della crisi
sui conti pubblici e la crescita negli Stati Uniti …
Deficit
Debito
120,0
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-2,0
100,0
-4,0
80,0
-6,0
60,0
-8,0
40,0
-10,0
20,0
-12,0
0,0
2007
-14,0
2008
2009
Crescita
4,0
3,0
2,0
Rating: AA+
1,0
0,0
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
in Giappone …
Deficit
Debito
0,0
-1,0
250,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
200,0
-2,0
-3,0
150,0
-4,0
-5,0
100,0
-6,0
-7,0
50,0
-8,0
-9,0
0,0
-10,0
2007
2008
2009
Crescita
6,0
4,0
2,0
0,0
Rating: AA-
2007
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
nell’Eurozona …
Deficit
Debito
120,0
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-1,0
100,0
-2,0
80,0
-3,0
60,0
-4,0
40,0
-5,0
20,0
-6,0
0,0
2007
-7,0
2008
2009
Crescita
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
La situazione all’interno dell’eurozona è tuttavia
piuttosto variegata, con una netta divaricazione tra
la Germania, il cui debito pubblico è stabilizzato dal
2010 (all’84%), pur in presenza di un lieve deficit
(circa 1% del Pil), e gli altri paesi, soprattutto
periferici (ma anche la Francia), dove la dinamica
del debito pubblico rimane piuttosto elevata.
Critica appare soprattutto la situazione dei cosiddetti
PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna)
dove la situazione dei conti pubblici è problematica.
Ricordiamo che vale:
debito/Pil)=d=deficit/Pil – crescita nominale x d =
= disavanzo primario + (i – gn)d
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
La crisi dei debiti sovrani nei PIIGS può essere fatta
risalire all’inizio del 2010, quando si scoprì che il
Governo Greco aveva mentito sistematicamente
sullo stato dei conti pubblici per soddisfare i
parametri europei e che aveva effettuato con GS e
JP Morgan operazioni finanziarie spregiudicate e
illegittime per nascondere l’entità dell’indebitamento
(swap in valuta non contabilizzati come prestiti).
Il suo deficit effettivo passava dal 6% al 13% del Pil.
Il suo debito 2009 veniva rivalutato al 127% del Pil,
con una percentuale del 70% detenuta all’estero.
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
Si determinava quindi una crisi di fiducia rispetto
alla possibilità del Governo greco di rimanere
solvente. Ad aprile le agenzie di rating abbassavano
il merito di credito dei titoli greci al livello di titoli
spazzatura. I tassi di interesse e lo spread rispetto
ai Bund tedeschi schizzavano verso l’alto.
Il Governo iniziava a prendere misure di austerità e
chiedeva sostegno alla Commissione Europea e al
FMI per evitare il default.
Il totale dei finanziamenti concordati ammontava a
110 miliardi di euro, divisi in varie tranche temporali,
per avere le quali, tuttavia, la Grecia si impegnava a
drastiche misure di risanamento fiscale.
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La crisi della Grecia
La situazione della Grecia può essere facilmente
illustrata con l’aiuto dei soliti grafici
Debito
Deficit
200
0,0
-2,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
180
160
-4,0
140
-6,0
120
-8,0
100
-10,0
80
60
-12,0
40
-14,0
20
-16,0
0
2007
-18,0
2008
2009
Crescita
4,0
2,0
0,0
Rating: CCC
2007
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
La crisi fiscale e la possibilità di default della Grecia
(2,5% del Pil Uem) determinavano quindi immediati
effetti di contagio nei paesi dell’Eurozona con la
situazione delle finanze e del debito pubblico
peggiori e le prospettive di crescita più basse.
Entravano in crisi nell’ordine Irlanda (1,7%),
Portogallo (1,9%), Spagna (11,5%) e Italia (17%).
I premi per il rischio di insolvenza salivano ovunque
nei cosiddetti PIIGS e tutti i paesi erano costretti ad
adottare misure di risanamento fiscale per
rassicurare i mercati.
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La dinamica degli spread dei PIIGS
rispetto alla Germania
30,00
25,00
20,00
15,00
10,00
5,00
0,00
Irlanda
Grecia
Spagna
Italia
Portogallo
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La crisi dei debiti sovrani
Nei paesi a maggior rischio di default, oltre a salire i
tassi di interesse, sono aumentati i premi pagati dai
detentori di titoli di Stato per assicurarsi contro la
possibile insolvenza tramite lo strumento dei CDS.
Sulla base di tali premi è possibile ricavare
implicitamente la probabilità che i mercati finanziari
assegnano all’insolvenza di ciascuno Stato sovrano.
G
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Probabilità di default implicite nei CDS a 5 anni
100,0
90,0
80,0
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
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Crisi dei debiti sovrani e delle banche
L’innalzamento dei tassi di interesse ha determinato
una caduta del valore dei titoli di Stato.
Gran parte di questi titoli sono detenuti da banche, il
cui attivo perde valore; di conseguenza anche il loro
rischio di insolvenza sale; le loro quotazioni di Borsa
scendono.
La crisi, nata dalle banche, è passata agli Stati
sovrani, ed ora ritorna anche alle banche, le quali
hanno bisogno di ricapitalizzare, ma hanno difficoltà
a trovare finanziamenti, dato che anche gli Stati
stanno riducendo i loro deficit.
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La crisi dei debiti sovrani
Vi sono tutti gli elementi per innescare una nuova
recessione (double dip), determinata dalla
combinazione di:
a) politiche fiscali restrittive ovunque, volte a ridurre rischio
di insolvenza
b) restrizioni del credito bancario, determinate da
innalzamento dei tassi di interesse e crisi di liquidità
delle banche, a seguito della caduta del valore dei titoli
di Stato posseduti
c) riduzione delle quotazioni di Borsa, soprattutto delle
azioni bancarie, e della ricchezza finanziaria delle
famiglie (azioni più titoli di Stato), per cui si devono
ricostituire i risparmi riducendo i consumi
d) crisi di fiducia e maggiore avversione al rischio
e) interdipendenze finanziarie e reali a livello mondiale
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Il problema italiano
In Europa vi è ora un serio rischio di dissoluzione
dell’Unione Monetaria.
Dall’estate 2011, dopo i problemi manifestati dai paesi
periferici, ora al centro dell’interesse è l’evoluzione
dell’economia italiana.
La situazione attuale dell’economia italiana è opposta
a quella del 1995-97 (ingresso nell’Uem): allora vi fu
un circolo virtuoso di riduzione del deficit, dei tassi di
interesse, e quindi dei deficit. Oggi è in atto un circolo
vizioso opposto: il deficit non è sotto controllo, ciò fa
aumentare i tassi di interesse, che a loro volta
spingono il deficit verso l’alto. Ogni aumento di un
punto dei tassi di interesse, a regime (circa 7 anni),
determina un incremento del deficit dell’1,2% del Pil,
pari a circa 20 miliardi di euro.
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Il problema italiano
Ma perché l’Italia è ora l’epicentro della crisi?
a) Contagio Grecia (ormai in default, seppure parziale e
“volontario”; “haircut” concordato 50-60%)
b) Paese “grande” (17% Uem) con elevato rapporto debito
pubblico – reddito
c) Ruolo della credibilità (e tempistica) delle misure di
risanamento per ristabilire la fiducia dei mercati e sfida Stati
vs. speculazione
d) Ruolo e credibilità delle istituzioni europee nell’affrontare la
crisi – mancanza di politica fiscale europea e diversità di
vedute su possibili interventi (Bce, Eurobond, Fondo salvaStati, ecc.)
e) Contagio da Grecia a Spagna-Italia a tutto sistema Uem: se
cade l’Italia cade l’Uem (vedi recente aumento tassi sui
Bund, ora superiori ai Gilt a 10 anni)
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Il problema italiano
Perché, nonostante il deficit basso (3,6% nel 2011, 2% circa nel
2012), lo spread aumenta?
1) Poca affidabilità alcune misure di entrate fiscali
2) Effetti negativi delle misure sulla crescita reale
3) L’aumento della disoccupazione e cella precarietà e la
riduzione della crescita fanno aumentare G e crescere i
rapporti deficit/Pil e debito/Pil
4) La riduzione simultanea dei deficit di tutti i paesi avanzati ha
effetti amplificati su tutte le economie
5) Tutto ciò fa sì che il previsto annullamento del deficit nel 2013
non avverrà (stima 0,8-1%), con la necessità di prendere
nuove misure e la conseguenza di provocare un ulteriore calo
di fiducia, un innalzamento dei tassi di interesse e dello
spread con i Bund tedeschi
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Il problema italiano
Debito
Deficit
125
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-1,0
120
115
-2,0
110
-3,0
105
-4,0
100
95
-5,0
90
2007
-6,0
2008
2009
Crescita
3,0
2,0
1,0
0,0
Rating: A
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
-6,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
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Un’Europa a due velocità
Si determina una netta divergenza tra l’evoluzione della
Germania e quella dei paesi periferici.
1) In Germania si verificano entrate di capitali alla
ricerca di un “porto sicuro”, per cui i tassi di
interesse si riducono, gli investimenti aumentano e
così le esportazioni, grazie all’euro debole
2) Altrove i tassi aumentano e gli investimenti si
riducono; la forza delle esportazioni tedesche non
indebolisce l’euro a sufficienza; inoltre la ridotta
domanda interna tedesca implica basse
esportazioni e bassa crescita nella periferia
dell’Uem
3) Vi sono poi effetti sulla crescita potenziale: il reddito
sale in Germania e stimola il progresso tecnico; ciò
aumenta il reddito potenziale; altrove succede il
contrario
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La situazione attuale è molto rischiosa, per cui la
prosecuzione del processo di crescita in atto in
Europa non è garantita, nonostante lo stimolo
derivante dalla buona performance di crescita dei
paesi emergenti.
Il nodo della crisi è ora nei paesi avanzati ed in
particolare nell’area dell’euro, a causa dei problemi
di affidabilità dei paesi periferici.
Tutti gli Stati hanno adottato misure fiscali restrittive,
peggiorando le prospettive di crescita. Il rischio è
che la combinazione di strette fiscali, restrizioni
creditizie determinate dalle difficoltà delle banche,
riduzione dei consumi da parte delle famiglie, in
seguito alle perdite di ricchezza e all’incertezza sul
futuro, generi una nuova recessione. Per l’Italia
ormai si prevede una variazione negativa del Pil nel
2012.
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