Il gradino di potenziale. Cerchiamo adesso di applicare quanto visto sull’equazione di Schröedinger per gli stati stazionari ad alcuni casi semplici e particolarmente significativi. Per chiarezza e semplicità focalizziamo l’attenzione su sistemi unidimensionali conservativi, in cui cioè il potenziale dipende solo da una coordinata spaziale. Un sistema di questo genere, in realtà altro non è che un sistema tridimensionale in cui la particella è libera in due delle direzioni dello spazio e soggetta ad un potenziale V nell’altra. In questo caso la funzione d’onda dell’equazione di Schröedinger si può sempre scrivere come un prodotto di tre funzioni d’onda ognuna delle quali dipendente da una sola coordinata. Così facendo l’equazione diviene separabile, e supponendo che il potenziale sia diverso da zero solo lungo l’asse x, con ovvio significato dei termini si trova facilmente : 2m [E x − V (x )]X = 0 h2 2m Y ' '+ 2 E yY = 0 h 2m Z ' '+ 2 E z Z = 0 h X ' '+ p y2 = 2mE y p z2 = 2mE z Che appunto significa che la particella è libera (e soggetta solo ad energia cinetica) lungo y e lungo z, mentre le soluzioni della prima equazione che descrivono la particella lungo l’asse x dipendono dalla forma del potenziale e vanno determinate. Supponiamo che una particella si muova in linea retta ed incontri una barriera di potenziale definita come segue: ⎧0⇒ x<0 V⎨ ⎩V0 ⇒ x > 0 Osservando la discontinuità del potenziale si può intuire che conviene risolvere l’equazione di Schröedinger in due regioni separatamente, cioè quando il potenziale è nullo e quando è pari a V0. Nel punto di discontinuità del potenziale è necessario imporre che la funzione d’onda sia continua insieme alla sua derivata prima. Si può scrivere: d 2φ1 2 + φ1 = 0 k 0 2 dx d 2φ2 + k 2φ2 = 0 2 dx Le equazioni così ottenute ammettono gli integrali: 2mE h 2m (E − V0 ) k2 = h k02 = φ1 ( x ) = A exp(ik0 x ) + B exp(− ik 0 x ) φ2 (x ) = C exp(ikx ) + D exp(− ikx ) Si devono adesso determinare le costanti A,B,C,D. Dalla condizione di continuità delle finzioni d’onda in zero si ottiene: φ1 (0 ) = φ2 (0 ) A+ B = C + D k 0 ( A − B ) = k (C − D ) φ1' (0 ) = φ2' (0 ) Si possono scrivere B e C in funzione di A e di D : B =C+D− A C= k0 (A − B) + D k ⎛ k0 − k ⎞ ⎛ 2k ⎞ k0 ⎜ ⎟ ⎟⎟ D B = ( A − B ) + 2D − A ⇒ B = ⎜ A + ⎜⎜ ⎟ k ⎝ k0 + k ⎠ ⎝ k0 + k ⎠ L’integrale generale dell’equazione di Schröedinger , quindi , si può scrivere come : φ ( x ) = Aφ1 (x ) + Dφ2 ( x ) k0 − k 2k 0 C= A− D k0 + k k0 + k Si devono adesso determinare le costanti A e D il cui valore si ottiene osservando che devono valere le relazioni: ⎧ ⎛ k0 − k ⎞ ⎟⎟ exp(− ik 0 x ) ⎜⎜ ( ) + ik x exp ⎪ 0 + k k ⎪ ⎠ ⎝ 0 φ1 ( x) = ⎨ ⎛ 2k ⎞ ⎪ ⎟⎟ exp(ikx ) ⎜⎜ ⎪⎩ + k k ⎠ ⎝ 0 x<0 x>0 ⎧ ⎛ 2k ⎞ ⎟⎟ exp(− ik0 x ) ⎜⎜ ⎪ + k k ⎪ ⎠ ⎝ 0 φ2 ( x ) = ⎨ ⎪exp(− ik x ) − ⎛⎜ k0 − k ⎞⎟ exp(ik x ) 0 0 ⎜k +k ⎟ ⎪⎩ ⎠ ⎝ 0 Qualunque valore di E, purché positivo è un autovalore dell’equazione di Schröedinger , lo spettro, quindi è continuo. La situazione, però, è molto diversa a seconda che E >V0 o E < V0. Possiamo fissare l’attenzione sulla funzione φ1 poiché φ2 conduce ad analoghe conclusioni. Analizziamo quindi i due casi: E>V0 Introduciamo per comodità i coefficienti di riflessione R e di trasmissione T con le posizioni: R= k0 − k k0 + k T= 2k 0 k0 + k ⎧exp(ik 0 x ) + Re xp(− ik 0 x ) T exp(ikx ) ⎩ In questo modo la funzione d’onda si può ridurre alla forma: φ1 = ⎨ x<0 x>0 La funzione d’onda nella regione x<0 è un’onda progressiva di ampiezza unitaria e di un’onda regressiva di ampiezza R, mentre nella regione x>0 è solo un’onda progressiva. Quanto sopra si può interpretare dicendo che la funzione d’onda rappresenta una particella che incide sul gradino provenendo da sinistra ed ha probabilità di essere riflessa pari al modulo quadro di R e probabilità di essere trasmessa pari la modulo quadro di T. Il fenomeno è molto simile a ciò che avviene in ottica quando si tratta un’interfaccia fra due mezzi con diverso indice di rifrazione. Se la funzione d’onda è normalizzata al numero di particelle N invece che ad 1, i moduli quadri di R e T sono proporzionali al numero di particelle riflesse e trasmesse. Esaminando la φ2 si vede che essa rappresenta una particella che incide sul gradino da destra ed è linearmente indipendente da φ2, ma appartiene alla stessa E, quindi gli autostati sono doppiamente degeneri. 0<E<V0 In questo caso la particella ha energia minore del gradino di potenziale, la situazione è del tutto ignota alla fisica classica e conduce alla descrizione dell’effetto tunnel. Poiché E<V0 k è immaginario puro e quindi si può scrivere: hk = [2m(E − V0 )] 2 = ihκ 1 Quindi nella regione due, quando x>0 la funzione d’onda non è più un’onda progressiva ma un esponenziale smorzato, in altri termini non v’è propagazione della particella. Il coefficiente di riflessione R in questo caso è : R= k 0 − iκ k 0 + iκ Calcolando il modulo quadro di R si trova : R =1 2 Quindi tutte le particelle vengono riflesse dalla barriera di potenziale. Tuttavia né la funzione d’onda né il suo modulo quadro sono nulle nella regione x>0, quindi è diversa da zero la probabilità di trovare una particella in questa regione. Il fenomeno, noto come effetto tunnel o filtrazione quantica, è stato effettivamente osservato e rappresenta il principio di funzionamento di un noto microscopio. E’ interessante osservare che utilizzando il principio di indeterminazione si può facilmente giustificare l’effetto senza per questo invocare la violazione del principio di conservazione dell’energia. Infatti per osservare la particella dentro la barriera è necessario “illuminarla” con fotoni la cui lunghezza d’onda sia dell’ordine di grandezza delle sue dimensioni. Supponiamo di voler determinare la posizione della particella all’interno del gradino entro una distanza l dall’origine. Avremo una indeterminazione su x pari ad l, quindi: Δp ≈ h l Una indeterminazione su p indica anche una indeterminazione su E dell’ordine di : 2 ( Δp ) ΔE ≈ 2m Supponiamo adesso che κl ≈ 1 In questo modo si trova : l= Quindi: 2 ( Δp ) ΔE = ≈ (V0 − E ) h 2m(V0 − E ) Δp ≈ 2m(V0 − E ) 2m Il risultato ottenuto rappresenta l’indeterminazione indotta su E dal processo di misura e mette in evidenza che questo è dell’ordine della differenza fra E e V, quindi una quantità considerevole e comunque sufficiente a produrre la penetrazione della particella senza per questo invocare la violazione del principio di conservazione dell’energia. Osserviamo che se la particella venisse da destra non si otterrebbe alcuna soluzione che rappresenta un moto reale. In effetti φ2 diviene illimitata per x->infinito, quindi non può essere un’autofunzione. La barriera di potenziale Il caso della barriera di potenziale si studia in modo molto simile a quello, già visto, del gradino di potenziale, si tratta di una particella che si muove in una regione dello spazio in cui è presente un potenziale descritto come segue: ⎧0 ⎪ V ( x) = ⎨V0 ⎪0 ⎩ x<0 0< x<a x>a L’equazione di Schröedinger si può risolvere nelle tre regioni determinate dalle caratteristiche del potenziale applicando le condizioni di continuità alle autofunzioni ed alle loro derivate prime in x=0 ed in x=a. Si può osservare che poiché una particella può incidere sulla barriera sia da destra che da sinistra tutti gli stati saranno doppiamente degeneri per qualunque valore di E. Come già visto nel caso della barriera di potenziale, studiamo solo una delle due possibili autofunzioni: x<0 ⎧exp(ik 0 x) + Re xp(−ik 0 x) ⎪ ϕ1 ( x) = ⎨ A exp(ikx) + B exp(−ikx) 0 < x < a ⎪ T exp(ik 0 x) x>a ⎩ 1+ R = A + B Con le condizioni: ik 0 (1 − R) = ik ( A − B) T exp(ik 0 a) = A exp(ika) + b exp(−ika) ik 0T exp(ik 0 a) = ik[ A exp(ika) − B exp(−ika)] Definendo adesso l’indice di rifrazione della barriera come : k ⎛ V0 ⎞ μ= = ⎜1 − ⎟ k0 ⎝ E⎠ 1/ 2 e con la posizione : z = (1 + μ 2 ) sin(ka) + 2iμ cos(ka) si ottengono le relazioni: ( ) ⎡ 1− μ2 ⎤ R=⎢ ⎥ sin( ka ) z ⎣ ⎦ ⎡ 2iμ ⎤ T =⎢ ⎥ exp( −ik 0 a ) ⎣ z ⎦ A= [i(1 + μ )] exp(−ika) B=− z [i(1 − μ )] exp(ika) z con questi parametri si determina completamente l’autofunzione. Si osservi che l’indice di rifrazione μ è il rapporto fra l’energia cinetica della particella fuori nella barriera e fuori, in questo senso il suo significato è del tutto analogo a quello dell’indice di rifrazione come è definito in ottica. μ è reale se E> V0, immaginario puro nel caso opposto. Trattiamo i due casi separatamente: E>V0 μ è reale come anche k e k0. L’intensità dell’onda trasmessa attraverso la barriera è data da : T 2 {[ = (2 μ ) 1 + μ 2 ] sin 2 2 2 } ( ka ) + ( 2 μ ) cos ( ka ) 2 2 −1 Il valore minimo di |T|2 si ottiene per E=V0 ed è pari a : T 2 ⎡ ⎛ k0 a ⎞2 ⎤ = ⎢1 + ⎜ ⎟ ⎥ 2 ⎠ ⎥⎦ ⎢⎣ ⎝ −1 Man mano che E cresce |T|2 aumenta e raggiunge l’unità quando ⎡ π 2h 2 ⎤ E = V0 ⎢1 + 2 ⎥ 2 mV a 0 ⎦ ⎣ Al crescere di E, |T|2 oscilla mantenendosi sempre minore di uno a cui tende asintoticamente per E− > ∞ Queste oscillazioni sono dovute ai termini periodici presenti nella |T|2 e sono analoghe a quello che si vede nell’ottica classica quando la luce attraversa due superfici a facce piane e parallele poste a distanza, in questo caso la trasmissione è massima quando si verifica la condizione: ka = nπ cioè quando a contiene un numero intero di lunghezze d’onda. 0>E>V0 In questo caso k è immaginario, e μ diventa complesso, ponendo k = iκ per l’intensità dell’onda trasmessa si può scrivere : 2 2 2 ⎤ k 2 ⎛ 2k0 ⎞ ⎡⎛ k0 ⎞ ⎛ ⎞ 2 0 T =⎜ ⎟ ⎢⎜⎜1 − 2 ⎟⎟ sinh (κa) + 4⎜ ⎟ cosh(κa)⎥ ⎥⎦ ⎝ κ ⎠ ⎢⎣⎝ κ ⎠ ⎝κ ⎠ 2 −1 Questa funzione non è più una funzione oscillante ma uniformemente crescente fino a raccordarsi con continuità con il valore che |T|2 assume per E=V0. Il fatto che la trasmissione attraverso la barriera non sia mai nulla è un altra evidenza del fenomeno già osservato nel caso del gradino di potenziale In quest’ultimo caso, tuttavia, non era possibile misurare la trasmissione della particella attraverso il gradino perchè ciò avrebbe comportato la perturbazione del gradino stesso. Nel presente caso, invece , la misura è possibile e può essere efficacemente utilizzata in diversi casi partici (diodo tunnel, microscopio ad effetto tunnel.) Microscopio ad effetto tunnel Nel 1986 Gert Binnig and Heinrich Rohrer hanno ottenuto il premio nobel per aver realizzato un nuovo tipo di microscopio che basa il suo funzionamento proprio sull’effetto tunnel. Per capire il funzionamento di questi microscopi, si deve considerare il semplice modello descritto in figura in cui una punta metallica viene avvicinata a distanze di qualche centinaio di Angstron o anche meno alla superficie di un campione conduttore. In queste condizioni fra la punta e la superficie del campione esiste una barriera di potenziale e, secondo la meccanica classica, nessun elettrone potrebbe lasciare la punta per raggiungere il campione. Alla luce di quanto visto a proposito dell’effetto tunnel, sappiamo che invece esiste una corrente di tunnel che può essere misurata con una adeguato trattamento del segnale e quindi utilizzando un sensibilissimo preamplificatore. Tale corrente (in genere dell’ordine dei nanoamper o anche meno), si ottiene applicando poche decine di millivolt al sistema punta campione e dipende in modo esponenziale dalla distanza relativa dei due oggetti. Se, un adeguato sistema di controllo, (attuatore piezoelettrico) tiene costante la corrente che fluisce attraverso questo “circuito quantistico” e poi si provvede ad effettuare una scansione a rastrello sulla superficie del campione movendo ad esempio la punta, è chiaro che il parametro che controlla l’attuatore (in genere una tensione) diviene proporzionale alla topografia del campione stesso. Quindi registrando punto per punto queste variazioni si ottiene l’immagine della superficie del campione con risoluzione che può anche essere atomica. Evidentemente perchè si possa ottenere una tale risoluzione è necessario che il sistema di controllo sia adeguato e che la sonda (nel caso di specie la punta) abbia dimensioni almeno uguali a quelle di ciò di cui si vuole vedere la forma.