STAGE 08/07/2002-26/07/2002 RISCOPRIAMO IL NUCLEO ATOMICO CON L’ESPERIMENTO DI RUTHERFORD E PUBBLICHIAMO I RISULTATI SU WEB PREMESSA Ventiquattro secoli dopo il pensiero di Democrito, chimici e fisici, per strade diverse, cominciavano a considerare seriamente l’ipotesi della corpuscolarità della materia. Negli ultimi decenni dell’Ottocento il concetto di atomo aveva conquistato quasi tutti gli scienziati e inoltre cominciavano ad essere studiati fenomeni che facevano pensare ad un’ulteriore suddivisibilità dell’atomo. Erano soprattutto le esperienze di scarica nel vuoto e di elettrochimica che suggerivano l’ipotesi che gli atomi di qualunque elemento chimico fossero costituiti tutti delle stesse particelle, portanti cariche positive e negative. Il primo modello atomico di maggior successo fu quello di J.J.Thomson (1856-1926) che consisteva in una sfera contenete al suo interno le cariche positive e negative distribuite in modo uniforme (modello a panettone). Le contraddizioni che presentava questo modello furono risolte da Ernest Rutherford. ERNEST RUTHERFORD 1871-1937 Ernest Rutherford nacque il 30 agosto 1871 a Nelson in Nuova Zelanda ma la sua famiglia emigrò dall’Inghilterra prima della sua nascita. Fu un buon studente e vinse una borsa di studio per l’università. Dopo il college vinse un’altra borsa di studio che gli permise di studiare alla Cambridge University in Inghilterra. Lì incontrò J.J.Thomson che lo incoraggiò a studiare i raggi x scoperti da poco. Questo fu l’inizio di una lunga, produttiva e influente carriera nella fisica atomica. Rutherford coniò i termini per molti dei principi base della fisica come i raggi alfa, beta e gamma, il protone, il neutrone, il decadimento. Molti dei giganti della fisica del Novecento studiarono con lui, inclusi Niels Bhor, James Chadwick e Robert Oppenheimer. Presto scoprì che tutti gli elementi radioattivi allora conosciuti emettevano due tipi di radiazioni: alfa e beta di carica rispettivamente positiva e negativa. Dimostrò che ogni elemento radioattivo diminuisce in radioattività secondo un tempo unico e regolare (decadimento) diventando alla fine stabile. Nel 1901 e 1902 lavorò con Frederick Soddy dimostrando che, espellendo una parte dell’atomo ad alta velocità, gli atomi di un elemento radioattivo si trasformano in un altro. Molti scienziati dell’epoca disprezzarono l’idea definendola alchimia. Essi seguivano ancora la vecchia idea che l’atomo fosse indivisibile e privo di carica. Ma verso il 1904 le pubblicazioni e i successi di Rutherford guadagnarono attenzione. Egli fu un instancabile ricercatore: nel corso di sette anni pubblicò ottanta articoli. Nel 1907 andò all’università di Manchester e con Hans Geiger realizzò un centro per lo studio delle radiazioni. Nel 1909 iniziò gli esperimenti che avrebbero cambiato la fisica. Scoprì il nucleo atomico e sviluppò un modello dell’atomo simile al sistema solare. Come i pianeti gli elettroni orbitavano intorno al sole-nucleo. Successivamente il modello fu sviluppato con la teoria quantistica di Niels Bhor. Per i suoi lavori con le radiazioni e il nucleo atomico, Rutherford ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1908. Durante la Prima Guerra Mondiale, lasciò le sue ricerche per aiutare la Rutherford con un collaboratore Marina Inglese con i problemi riguardanti la rivelazione dei sottomarini, nel suo laboratorio ma presto tornò in laboratorio. Riuscì a produrre la disintegrazione di un atomo non radioattivo rimuovendo una singola particella. La particella aveva una carica positiva, così doveva venire dal nucleo; chiamò quindi la nuova particella protone. Con questo esperimento egli fu il primo uomo a creare una reazione nucleare, sebbene debole. Nel 1919 egli diventò il direttore del Laboratorio di Cavendish. Fu da esempio a molti ricercatori non solo per i suoi successi scientifici ma anche per il suo carattere socievole e disponibile. Con il passare degli anni diventò sempre più un supervisore e sempre meno un direttore delle ricerche. Nel 1931 fu nominato primo Barone di Nelson e ciò gli permise di prendere parte alla House of Lords. Egli fu un coraggioso anti – nazista, e nel 1933 lavorò come presidente della Academic Assistance Council, costruita per aiutare i profughi Tedeschi. D’altra parte non aiutò il chimico Fritz Haber che, durante la Prima Guerra Mondiale, aveva contribuito a costruire delle armi chimiche. Rutherford morì a Cambridge il 19 ottobre 1937, due anni prima della scoperta della fissione atomica. L’ESPERIMENTO DI RUTHERFORD Rutherford per realizzare il suo esperimento utilizzò una sorgente di particelle α, una lamina d’oro ed un rivelatore costituito da uno schermo fluorescente. Facendo passare il fascio di particelle emesso dalla sorgente attraverso la lamina d’oro notò che la maggior parte del fascio emergente conservava l’apertura di quello incidente e solo alcune particelle venivano deviate. In base al modello atomico di Thomson il fascio emergente avrebbe dovuto essere più aperto a causa delle deflessioni, dovute alla materia carica positivamente diffusa in tutto il volume dell’atomo, che le particelle α (anch’esse cariche positivamente) potevano subire. Questo fatto portò Rutherford ad ipotizzare che l’intera carica positiva atomica doveva essere situata in una piccola zona dell’atomo detta nucleo mentre la maggior parte del volume atomico doveva essere semplicemente vuoto. Gli elettroni erano situati quindi alla periferia dell’atomo. In base ai risultati ottenuti dai suoi esperimenti, Rutherford sostituì al modello di Thomson un modello planetario dell’atomo in cui il nucleo aveva un diametro 100 000 volte più piccolo di quello atomico e gli elettroni ruotavano in orbite circolari od ellittiche intorno al nucleo. Apparato di Rutherford per il suo esperimento L’ESPERIMENTO AI LNL PREPARAZIONE : Per realizzare l’esperimento viene impiegata una camera di forma circolare di metallo nella quale sono posti: una sorgente di Americio che emette particelle a, collimatore di alluminio, un bersaglio costituito da una sottile lamina d’oro spessa 3.62 x 10 -6 m e due rivelatori al silicio. Una pompa collegata ad uno dei quattro fori presenti nella camera ha la funzione di creare il vuoto all’interno della stessa. Sebbene per l’esperimento non sia necessario creare una grande depressione, per evitare la formazione di plasma ionico dovuto alla presenza di voltaggio in un gas rarefatto si porta la depressione totale a circa 10-2 millibar. Collegati alla pompa vi sono due indicatori la cui funzione è quella di segnalare il valore della pressione in ogni istante. Per creare il vuoto occorre azionare una valvola sulla pompa ed altrettanto occorre fare per riportare il sistema nelle condizioni iniziali. I rivelatori al silicio sono entrambi collegati ad un alimentatore esterno che fornisce loro una tensione di quaranta volt. Uno è posto di fronte al bersaglio mentre l’altro è collocato in una posizione variabile per confrontare i segnali presi da angolazioni diverse (nello schema è raffigurato in due posizioni alla sinistra della sorgente). REALIZZAZIONE: Una volta incontrata la lamina d’oro, le particelle a, a seconda dell’angolo di deflessione subito, possono incontrare uno dei due rivelatori. La particella a, attraversando un semiconduttore di tipo n-p come il silicio, produce all’interno del rivelatore una variazione di tensione ristabilita da un alimentatore. Questa differenza di voltaggio è un segnale analogico che, passando attraverso un preamplificatore e un amplificatore, può essere osservato da un oscilloscopio sotto forma di una “gaussiana”. Oscilloscopio Interno della camera Segnale proveniente dal rivelatore dopo amplificazi one ed integrazione “Gaussiana” Esterno della camera Sorgente di particelle a in Americio Bersaglio d’oro Rivelatore al silicio SCHEMA DEL SISTEMA LEGENDA A: sorgente di particelle a B: collimatore C: lamina d’oro (bersaglio) D1: rivelatore fisso D2: rivelatore spostato di 120° D3: rivelatore spostato di 30° E: cavi collegati al preamplificatore F: tubo della pompa G: valvola per rompere il vuoto H: manometro (indicatore di pressione) I: collegamento al secondo rilevatore di pressione ACQUISIZIONE DATI Per l’acquisizione dei dati si deve trasformare il segnale analogico del rivelatore in segnale digitale comprensibile ad un calcolatore. Per fare ciò l’impulso proveniente dal rivelatore mediante dei cavi giunge ad un preamplificatore la cui funzione principale è rendere compatibile il segnale di uscita del rivelatore con il resto del sistema di acquisizione. Il preamplificatore è anche necessario per diminuire ogni sorgente di rumore che può disturbare il segnale. L’anello successivo della catena di acquisizione è l’amplificatore che, selezionando i segnali che interessano lo studio del ricercatore, ne adatta l’intensità affinché possano essere meglio convertiti dall’ADC (analog to digital converter). Una volta giunto il segnale di trigger (che fa partire il processo di conversione) e l’impulso proveniente dall’amplificatore, l’ADC apre una finestra (gate, la cui durata in microsec. è decisa dall’operatore) all’interno della quale il convertitore individua l’ampiezza del picco del segnale e la tiene in memoria fino alla conversione vera e propria. Durante l’elaborazione del dato il convertitore normalmente non accetta altri segnali provenienti dall’amplificatore. Dopo la conversione il segnale digitalizzato (dato) è pronto per essere acquisito dalla CPU situata nello stesso crate degli ADC. I dati poi giungono ad una seconda macchina per l’analisi. Preamplificatore Crate Da sinistra: CPU e ADC Amplificatori(sopra) e Alimentatore(sotto) Sistema completo INTERPRETAZIONE DATI Una volta giunti alla CPU, i vari segnali provenienti dai rivelatori possono essere osservati graficamente sotto forma di istogrammi tramite un apposito programma. Sull’asse delle ascisse è riportata una scala corrispondente ai numeri di bit dei convertitori e proporzionale all’energia delle particelle a misurata in keV mentre i valori letti sull’asse delle ordinate indicano il numero di particelle che posseggono una determinata energia. Tenendo fermo il rivelatore posto di fronte alla sorgente e posizionando l’altro in modo che sia spostato di 30° e di 120° rispetto al bersaglio (vedere schema), si ottengono degli istogrammi diversi che, confrontati fra loro, permettono di studiare i vari angoli di deflessione delle particelle a. Istogramma 1: rivelatore di fronte al bersaglio Istogramma 2: rivelatore spostato di 120 ° Istogramma 3: rivelatore spostato di 30° Dopo acquisizioni durate circa cinque ore dal confronto degli istogrammi 1, 2 , 3 è possibile notare come il numero di particelle che attraversano la lamina d’oro è circa ottomila volte maggiore del numero di particelle deviate. Si osserva inoltre che gli istogrammi 2 e 3 differiscono leggermente per quanto riguarda il numero di particelle rilevate. Questo evidenzia il fatto che le particelle che interagiscono con il nucleo d’oro tendono ad essere deviate maggiormente con angoli non troppo elevati. Il grande numero di conteggi presente nella parte sinistra di ogni istogramma è causato da delle interferenze elettromagnetiche chiamate “rumore” dovute all’utilizzo di cavi elettrici per l’acquisizione dati. Il “rumore” causa in certi esperimenti notevoli problematiche perché rende assai difficile l’interpretazione dei dati. In altri invece (come in questo caso) può non essere di grande disturbo perché interessa livelli energetici estranei al fenomeno da osservare. Due rivelatori all’interno della camera SCHEMA DELLA SEQUENZA PER LA RACCOLTA DATI PARTICELLE α ALIMENTATORE RIVELATORE PREAMPLIFICATORE AMPLIFICATORE OSCILLOSCOPIO ANALOG-DIGITAL CONVERTER CPU CONCLUSIONI Questa esperienza ci ha permesso di ripetere un esperimento, realizzato per la prima volta nel 1910, con delle apparecchiature moderne consentendo di acquisire delle informazioni più dettagliate sulla struttura dell’atomo ottenendo dei risultati analoghi a quelli di Rutherford confermando in pieno le nostre aspettative. Nonostante le varie difficoltà incontrate nella costruzione degli apparati la preparazione e l’esperienza dei tutor hanno permesso di risolvere ogni problema in breve tempo. Lo stage inoltre ci ha consentito di osservare in prima persona il funzionamento di uno dei più importanti laboratori di fisica nucleare italiani e di capire in cosa consiste il lavoro del fisico nucleare e dell’equipe che lo segue. Laboratori Nazionali di Legnaro 24/07/2002 Relatori: Tutor: Gianpaolo Dimasi Andres Gadea Tommaso Ongarello Nicola Toniolo Loredana Salmistraro Luigi Zangrando Con la collaborazione di: Michalis Axiotis APPENDICE FOTOGRAFICA Foto di gruppo Tommaso è perplesso, Gianpaolo osserva… …e Loredana risolve Momento di svago!!!