5 FOCUS ON Diagnosi e trattamento dell'osteoclastoma Una patologia non comune in campo ortopedico, il cui approccio chirurgico è molto operatore dipendente aspetto rotondeggiante simil-ovalare, fino a sfociare in costrutti di difficile definizione pluricompartimentali, mantenedo comunque non un carattere infiltrativo ma altresì di tipo espansivo. I l tumore a cellule giganti dell’osso può essere definito come una neoplasia centrale dell’osso: questo tipo di neoplasia ossea ad aggressività locale non presenta alcune cellule giganti plurinucleate che "contornano" la base della neoplasia; tutt’altro, sono proprio le cellule giganti a costituire il nucleo della neoplasia. Con carattere di aggressività locale, anche se poco prevedibile, ha una scarsa progressione di malignità: raramente infatti sono riscontrate le sue trasformazioni in fibrosarcoma piuttosto che in osteoclastoma. Fattore che ancora oggi si ritiene favorente la trasformazione neoplastica è la röntgenterapia. Per quanto riguarda la sede di elezione, l'osteoclastoma si sviluppa nella quasi tota- lità dei casi a una estremità meta-epifisaria di un osso lungo, con predilezione assoluta per il femore distale e la tibia prossimale. Tuttavia sono riportate in letteratura praticamente tutte le sedi scheletriche del corpo umano. Non dimostrando una predilezione per il sesso maschile o femminile, trova invece un picco centrale di frequenza rispetto all’età, tra i 20 e i 40 anni, anche se è possibile osservare dei rari casi prima dei 15 anni, quando le cartilagini di accrescimento sono ancora aperte. La diagnosi Oltre alle caratteristiche patologiche della lesione, che devono ricondurre l’occhio del clinico a un'analisi IL SARCOMA DI EWING Scoperto agli inizi del 1900 da James Ewing durante i suoi studi riguardanti l’applicazione dei raggi X nella diagnosi e nel trattamento dei tumori ossei, questa forma di neoplasia maligna che porta il nome del suo scopritore può essere grossolanamente inserita nel gruppo dei tumori a cellule rotonde. Localizzato per più di 1/3 del totale a livello delle ossa lunghe degli arti inferiori, trova manifestazioni anche a livello del bacino (circa il 17%) e delle ossa lunghe degli arti superiori (18%). Nel 1984 è stato il primo sarcoma ad essere cariotipizzato, valutando successivamente le cause genetiche (traslocazioni) capaci di indurre e stimolare la crescita cellulare di questo tumore. Al giorno d’oggi la moderna ingegneria genetica ci permette di localizzare le precise sedi di traslocazione e quindi di definire le proteine fonti dell’accrescimento cellulare. In funzione dei riarrangiamenti specifici genetici è possibile valutare quale prognosi può essere più o meno favorevole e conseguentemente identificare la possibilità di utilizzare protocolli chemioterapici pre e post chirurgici. L’atto chirurgico resta comunque spesso necessario, attraverso mani esperte, per consentire l’asportazione quando e se possibile - della neoplasia. Lorenzo Castellani, Matteo Laccisaglia accurata del caso, il primo sintomo che quasi sempre viene posto all’attenzione del curante è il dolore. Generalmente, soprattutto nelle sedi di elezione, la sintomatologia è riferita all’articolazione più vicina, anche se molto raramente ne può infiltrare la capsula articolare. Accanto alla sintomatologia dolorosa, in sede elettiva (ossa piccole con scarso pannicolo adiposo rappresentato) il secondo sintomo maggiormente evidente è una tumefazione locale. A una accorta valutazione radiografica - e meglio ancora in TC -, possono essere visibili micro interruzioni della corticale con spandimento del tessuto patologico anche nei tessuti molli limitrofi. Il quadro complessivo che ne deriva rende il TCG una formazione tumorale che spesso può essere riconosciuta mediante la clinica e l’imaging, ancor prima di una biopsia di conferma. La lesione radiograficamente si evidenzia come eccentrica rispetto all’asse maggiore dell’osso, limitrofa alle grandi articolazioni, di dimensioni di circa 2/3 del totale del ginocchio (femore distale e tibia prossimale), di aspetto radiotrasparente e all’interno della quale sono spesso visibili i residui di una trabecolatura ossea. L’espansione quasi sempre non predilige una univoca direzione, adattandosi alla fisiologia del corpo umano e usurpandone spazi e funzionalità. Con intense capacità osteolitiche, tipiche dell’immagine descritta, l’osteoclastoma facilmente "divora" sia la matrice ossea che le componenti dei tessuti molli, creandosi un nuovo spazio dove annidarsi, crescendo e sostituendo i tessuti fisiologici. All'interno della cavità osteolitica non si osservano calcificazioni in quello che inizialmente può creare un Il trattamento chirurgico Una volta valutato correttamente il caso clinico, dopo aver stabilito tutti i parametri in esame e quindi studiato attraverso l’imaging sia l’osso che le componenti limitrofe, completando la stadiazione con un esame scintigrafico che permetta l’analisi completa della struttura ossea del paziente, è necessario prevedere il corretto iter chirurgico terapeutico. Partendo dal presupposto ormai ben chiaro da diversi anni che il tumore a cellule giganti mostri un decorso imprevedibile, per quanto riguarda il suo trattamento chirurgico e terapeutico sono riscontrate diverse certezze. Dalle scarsissime capacità metastatiche polmonari, presenta comunque un’evidenza di recidiva locale a due-tre anni dalla sua asportazione, se non avvenuta in maniera accurata nei minimi dettagli. In letteratura sono comunque descritte possibili trasformazioni sarcomatose, sia spontaneamente che dopo recidiva locale non radio trattata, sia in aree limitrofe alla sede di elezione del tumore primario in seguito asportato e successivamente radiotrattato. Oggi è possibile per alcuni centri specialistici approcciarsi alla chirurgia con modalità diretta. Questo significa un solo tempo chirurgico, all’interno del quale si esegue sia l’esame istologico al microtomo congelatore (che permette di confermare quasi al 100% la diagnosi di partenza) e successivamente di approcciarsi alla sede di malattia con la tecnica migliore: sia essa un semplice curettage (ausilio di adiuvanti come fenolo e COMUNICARE SALUTE E MALATTIA “La comunicazione della salute. Un manuale” a cura della Fondazione Zoé (edizioni Cortina, Milano) è da pochi mesi in libreria. Si tratta di un lungo percorso attraverso la complessità della salute e della malattia: fascino e inquietudine di due prospettive contrastanti. 55 studiosi, appartenenti a discipline diverse, hanno condiviso il tentativo di offrire una riflessione sulla comunicazione della salute che possa raggiungere non solo i professionisti e gli studiosi, ma anche tutti coloro che sono coinvolti in una relazione terapeutica. Il manuale si articola in 9 sezioni. La prima, Antropologia ed etica, affronta i principali problemi di antropologia filosofica e di etica che fanno da sfondo alla comunicazione della salute. Ne viene un piccolo trattato di bioetica, sensibile alle attese più recenti di medici e pazienti. La seconda, La salute nella società dei consumi, sensibilizza i lettori al crescente rilievo che il tema della salute assume nella nostra società. Sottolinea come l’operare dei professionisti e delle istituzioni sanitarie si svolga oggi entro un contesto che rende le persone sempre più sensibili e informate, ricche di aspettative crescenti e iper-consapevoli dei propri diritti. La terza sezione, La comunicazione e la riconfigurazione del rapporto medicopaziente, discorre del mutato rapporto tra medico e paziente come passaggio dal vecchio paternalismo alle forme più moderne di alleanza terapeutica. La quarta sezione, La qualità nella comunicazione: logiche, tecniche, strumenti, sottolinea che, al di là delle varie situazioni, il medico poco disponibile ad ascoltare i dubbi, le angosce e le convinzioni del malato difficilmente potrà chiedere e ottenere accettazione e collaborazione in un piano di cura. Denuncia il fatto che i giovani medici non vengono preparati, durante i loro anni di alcol – cauterizzazione – azoto liquido/crioterapia) con zeppaggio da osso autologo o sostituti dell’osso, piuttosto che una resezione del segmento osseo interessato (quando possibile sostituirlo con mezzi protesici e/o armature dell’osso tramite placche viti, spaziatori in cemento acrilico ecc ecc); come ultima soluzione, generalmente riservata solo alle trasformazioni sarcomatose, vi è l’amputazione dell’arto interessato. Indipendentemente dal trattamento definitivo di scelta, quello che è auspicabile è sicuramente un inquadramento veloce del paziente e della sua patologia, porsi le domande più corrette e porre i reperti radiografici e di stadiazione in diagnosi differenziale tra loro per acquistare una maggior certezza nella diagnosi. Tutto questo non può in alcun modo prescindere dalla manualità e dalla bravura chirurgica dello specialista che si appresta ad affrontare una patologia non così comune in campo ortopedico. Lorenzo Castellani Matteo Laccisaglia studi, a trattare gli aspetti relazionali ed emotivi del colloquio col paziente. La quinta sezione, La comunicazione della salute durante il ciclo della vita, studia la comunicazione della salute e della malattia nelle diverse “età” della vita. La sesta sezione, La comunicazione di passaggio, è una trattazione della comunicazione all’interno del sistema-ospedale. La settima sezione, Deontologia e diritto nella comunicazione medico-paziente, affronta una serie di questioni che sono diventate centrali nel dibattito contemporaneo intorno alla salute: sono le questioni legate alla pratica del “consenso informato”. L’ottava sezione, Il racconto del farmaco, narra la storia del farmaco e viene trattato il tema dell’educazione all’uso del farmaco. La nona e ultima sezione, La notizia medico-scientifica e i media, si occupa dell’impatto sui media delle notizie medico-scientifiche e di come il tema della salute oggi non sia solo informazione, ma anche intrattenimento. Sembra da tutti condiviso il desiderio di un nuovo giornalismo che eviti inutili allarmismi o dannose illusioni e che veicoli un’informazione equilibrata e scientificamente corretta.