Opere eseguite nella proprietà esclusiva

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LE OPERE ESEGUITE DAL SINGOLO CONDOMINO NELLA SUA PROPRIETA’
E I POTERI DELL’AMMINISTRATORE
La generale definizione che normalmente viene fornita della proprietà esclusiva potrebbe
portare a ritenere che il condomino abbia diritto di godere e di disporre del proprio bene in
modo pieno, cioè, in termini più semplici, che ciascuno in casa sua possa fare quello che vuole.
Non è vero perché, soprattutto nel condominio, il diritto di ciascun proprietario trova sempre
limite sia nel pari diritto di tutti gli altri condomini di pacificamente usufruire di godere delle
parti comuni condominiali e sia del proprietario dell’appartamento accanto di non vedersi
danneggiata la propria unità immobiliari dai lavori eseguiti in quello di altri. La legge infatti è
sufficientemente chiara nel prevedere che ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di
sua proprietà esclusiva, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni
dell’edificio. Nel condominio le parti di proprietà esclusiva e quelle comuni costituiscono un
tutt’uno e può quindi capitare che il condomino, nell’eseguire lavori nella sua proprietà, vada a
danneggiare, oltre che le unità immobiliare limitrofe per la cui tutela il singolo proprietario
trova individuale rimedio, anche le parti comuni condominiali. Trova allora piena
giustificazione l’intervento del legislatore laddove, nel dettare in definitiva una garanzia per le
parti comuni verso i danni provocati dal condomino, va a consacrare il principio secondo cui nel
condominio il singolo proprietario non può fare un uso indiscriminato del suo bene in danno
degli altri, ma deve soggiacere alle regole di buon vicinato e di correttezza che devono
caratterizzare, o almeno dovrebbero, il vivere in condominio: il godimento della cosa propria, in
poche parole, non deve recare pregiudizio ad altri. Il fenomeno è disciplinato anche dal
principio della solidarietà, nel senso che il condomino, anche quando utilizza il bene di sua
proprietà esclusiva, è tenuto al rispetto della qualità della cosa comune. Quanto al danno, esso
si identifica in quello che colpisce il bene comune nella sua materialità oppure ne riduce il suo
godimento o il suo valore. Può anche derivare dall’uso che viene fatto della proprietà esclusiva,
perché illecito o comunque contrario al regolamento. E così, la libertà del condomino di
eseguire opere o trasformazioni nella propria unità immobiliare trova limite nel rispetto del
decoro architettonico dell’edificio, delle distanze legali, dell’uguale godimento delle parti
comuni da parte degli altri condomini e, ancor più importante, della stabilità e della sicurezza
dell’edificio. Sono queste le regole che devono essere rispettate nell’uso della propria unità
immobiliare sita nell’edificio condominiale, senza con ciò eliminare il diritto del proprietario
di utilizzare il proprio bene di proprietà esclusiva nel modo che più ritiene opportuno e di
eseguire in esso opere che gli consentano il miglior godimento ed un più comodo uso del bene
stesso. La casistica, assai numerosa, non fornisce per il vero indicazioni univoche, dovendosi
sempre fare riferimento alla fattispecie concreta. Deve ad esempio ritenersi vietata la divisione
orizzontale di un appartamento se le opere in esso eseguite, pur non andando a pregiudicare la
funzione portante dei muri comuni perché limitate
alla demolizione di pareti divisorie, siano idonee a minacciare la stabilità dell’edificio in
conseguenza del fatto che in altri appartamenti del medesimo edificio siano state apportate,
magari in tempi di gran lunga più remoti, pari modifiche che hanno esaurito il margine di
sicurezza di staticità del fabbricato. Lo spostare una qualsivoglia parete interna di una unità
immobiliare condominiale senza esaminare lo schema costruttivo dell’intero stabile costituisce
grave negligenza da parte del singolo condomino, a nulla rilevando il fatto che l’esecuzione
dell’intervento sia stato al tempo affidata ad un appaltatore che l’abbia a sua volta eseguito in
totale autonomia. Il regolamento di condominio di natura contrattuale può addirittura vietare
l’esecuzione di opere all’interno della proprietà esclusiva se non preventivamente autorizzate
dall’assemblea, qualora queste siano anche solo potenzialmente in grado di minare la stabilità
dell’edificio e la sicurezza degli altri condomini.
Non v’è dubbio che in tutti i casi in cui l’opera eseguita dal singolo condomino nella sua unità
immobiliare vada a pregiudicare un bene o un servizio comune l’amministratore del
condominio ha l’obbligo di intervenire, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione da
parte dell’assemblea. la legge gli affida il compito di curare l’osservanza del regolamento,
nonché di vigilare sull’edificio sia all’interno che all’esterno, compiti questi che si traducono in
poteri di reazioni legali anche verso i condomini nel caso in cui si verifichino abusi
pregiudizievoli sia nell’utilizzazione delle cose comuni, ma anche nell’uso dei singoli
appartamenti. Previo permesso da parte del condomino, egli ha dunque diritto di entrare nelle
proprietà esclusive per verificare la stabilità del fabbricato e la funzionalità degli impianti,
qualora abbia fondato motivo di temere che queste abbiano subito pregiudizio dalle opere
eseguite dal condomino nella sua unità immobiliare.
Attenzione infine alle opere che possono danneggiare gli immobili di proprietà esclusiva di altri
condomini oppure parti comuni dell’edificio concesse in uso solo ad uno di essi. La disciplina
condominiale in questi casi resta estranea, dovendo trovare applicazione tra le parti di proprietà
esclusiva le regole generali sui limiti di proprietà nei rapporti di vicinato, con particolare
riferimento alle immissioni intollerabili, agli atti emulativi e alle distanze. L’amministratore
quindi non c’entra perché egli si deve occupare soltanto della parti e dei servizi comuni. Il che
non giustifica il fatto che esista nella realtà concreta tutto un insieme di rapporti, pesi e
limitazioni tra le parti esclusive e quelle comuni che devono in qualche modo trovare migliore
inquadramento nel nostro ordinamento proprio per evitare l’insorgere di contenziosi tra i
condomini. E sembra davvero che il legislatore si sia accorto di tale esigenza, avendo previsto
specifici interventi in tal senso nel progetto di riforma del condominio fermatosi però proprio al
termine della precedente legislatura.
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