Indice pag. Articolo 1117. Parti comuni dell’edificio 1 Articolo 1117-bis. Ambito di applicabilità 5 Articolo 1117-ter. Modificazioni delle destinazioni d’uso 7 Articolo 117-quater. Tutela delle destinazioni d’uso 9 Articolo 1118. Diritti dei partecipanti sulle cose comuni 12 Articolo 1119. Indivisibilità 15 Articolo 1120. Innovazioni 19 Articolo 1122. Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune 24 Articolo 1124. Manutenzione e ricostruzione delle scale 31 Articolo 1129. Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore 40 Articolo 1130. Attribuzioni dell’amministratore 73 Articolo 1130 bis. Rendiconto condominiale 91 Articolo 1131. Rappresentanza 106 Articolo 1134. Gestione di iniziativa individuale 124 Articolo 1135. Attribuzioni dell’assemblea dei condomini 126 Articolo 1136. Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni 128 Articolo 1137. Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea 133 Articolo 1138. Regolamento di condominio 134 Disposizioni di att. c.c. Articolo 63 137 Articolo 64 139 La riforma del condominio VI pag. Articolo 66 140 Articolo 67 142 Articolo 68 144 Articolo 69 146 Articolo 70 148 Articolo 71 Abrogato 149 Articolo 71 bis 149 Articolo 71 ter 150 Articolo 71 quater 151 Articoli residuali modificati dalla legge Articolo 26 152 Articolo 27 152 Articolo 28 152 Articolo 29 152 Articolo 30 153 Articolo 31 153 Articolo 32 153 Riferimenti normativi 154 Normativa di riferimento on-line contenente il Disegno di legge A.S. n. 71-335-399-1119-1283-B “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici” Articolo 1120 Innovazioni «1. I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. 2. Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino (1138)». Dopo il 1° comma dell’art. 1120 c.c. sono inseriti i seguenti: «I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio e per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni». Commento Riguardo al concetto di innovazione il Branca definisce le innovazioni come le modificazioni materiali delle cose comuni, anche se di queste mutino solo 20 La riforma del condominio l’aspetto esteriore, o le modificazioni immateriali che delle cose comuni mutino la destinazione economica. Il Gaiotti ritiene, invece, necessaria perché si possa parlare di innovazione una profonda alterazione della cosa, non essendo sufficiente il mutamento dell’aspetto esteriore. Il Salis ritiene che devono qualificarsi innovazioni tutti gli atti di modifica o le aggiunzioni alle cose comuni, la cui liceità è subordinata dalla legge all’approvazione della maggioranza dei condomini atti distinti dalle modifiche e aggiunzioni che ogni condomino può fare nell’esercizio del suo diritto di uso delle cose comuni. Il fine perseguito dall’art. 1120 è quello di agevolare i proprietari dell’edificio nell’introduzione delle modifiche o esecuzione di nuove opere che permettono un uso migliore, più comodo e più redditizio, degli appartamenti di cui ciascuno è proprietario, ed è quello di impedire al tempo stesso l’esecuzione di opere o modifiche, che pur importando un vantaggio per alcuni dei proprietari (anche se costituenti la maggioranza, siano suscettibili di arrecare danno e notevole incomodo nel godimento delle parti o servizi comuni anche ad uno solo di essi (Trib. 12 gennaio 1952, n. 1489)). Invero le innovazioni (il cui concetto tecnico risente del significato etimologico) designano le nuove opere, le modificazioni, materiali o funzionali, dirette al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle parti comuni nell’interesse di tutti i condomini, che possono essere deliberate dall’assemblea con la maggioranza dei partecipanti al condominio e dei due terzi del valore dell’edificio (art. 1120, 1° comma, e art. 1136, 5° comma, c.c.) o che alla stessa assemblea sono vietate (art. 1120, 2° comma). Gli elementi essenziali sono due: il primo oggettivo, consistente nella trasformazione materiale della “res” o nel mutamento della destinazione; il secondo soggettivo, configurato dall’interesse della maggioranza qualificata dei partecipanti. Esse non consistono, soltanto, nella modifica materiale o nel mutamento di destinazione delle cose: spesso si concretano nella costruzione “ex novo” di opere configurate specialmente dalla installazione di nuovi impianti (ascensore, riscaldamento, citofono, ecc.) che determinano un miglioramento considerevole per il godimento di tutte le unità immobiliari. Vero è che, secondo un indirizzo giurisprudenziale, i limiti ai poteri dell’assemblea risultano rigorosissimi, per cui sono vietate le nuove opere – che pure determinano un miglioramento, un uso più comodo o un maggior rendimento delle parti comuni a vantaggio di tutti – se semplicemente pregiudicano il godimento di alcuno dei partecipanti: se comportano, cioè, il deterioramento o la riduzione del godimento da parte di un condomino. Ma, a parte che tale orientamento restrittivo non trova riscontro nella formula dell’art. 1120, 2° comma, il quale vieta le innovazioni che «rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino», mentre è l’art. 1108 c.c., 1° comma, in tema di Articolo 1120. Innovazioni 21 comunione che testualmente vieta le innovazioni «che pregiudicano il godimento di alcuno dei partecipanti», è certo che si deve trattare di innovazione. Le innovazioni devono consistere in una modificazione materiale della cosa comune, che importi alterazione dell’entità essenziale materiale della destinazione della cosa stessa e nel contempo devono consentire a tutti i condomini un miglioramento o un uso più comodo o un maggior rendimento. Costituisce innovazione non qualsiasi modifica della cosa comune, ma solamente quella che alteri l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione, o determini il mutamento della sua destinazione, nel senso che il bene, in seguito alle opere eseguite, assume una diversa consistenza materiale, oppure viene ad essere utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere. Possono essere deliberate dall’assemblea, nell’interesse di tutti i partecipanti, sempre che non pregiudichino la stabilità e la sicurezza dell’edificio, non alterino il decoro architettonico e non rendano talune parti comuni inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. Ove la cosa comune non subisca mutamenti materiali e funzionali e la modifica risponda allo scopo di un uso più intenso e proficuo del bene da parte del singolo condomino, si versa nell’ambito dell’art. 1102 (Cass. 23 marzo 1995, n. 3368). Il problema, dunque, non riguarda la disciplina delle innovazioni: non costituisce innovazione in senso tecnico, come ampiamente illustrato, ogni opus novum, vale a dire qualsivoglia modificazione, materiale o funzionale, apportata alle cose comuni; s’intendono le considerevoli modifiche della consistenza materiale o le alterazioni della destinazione delle parti comuni, che possono essere deliberate in assemblea dalla maggioranza, nel suo interesse, o che la maggioranza stessa non può deliberare. Due sono, pertanto, i caratteri delle innovazioni riguardanti l’edificio soggetto al regime del condominio: il primo, oggettivo, consiste nella radicale modifica sostanziale della cosa o nella alterazione della sua destinazione; il secondo, soggettivo, nell’interesse della maggioranza dei condomini (Cass. 5 novembre 1990, n. 10602; Cass. 29 luglio 1989, n. 3549; Cass. 6 giugno 1989, n. 2746). Poiché non tutte le modifiche alle parti comuni costituiscono innovazioni, non sono soggette alla disciplina delle innovazioni le modifiche, le quali non alterano la consistenza materiale né la destinazione, che ciascun condomino, nel proprio interesse, apporta alle parti comuni. L’uso delle parti comuni da parte di ciascun condomino è sottoposto a due limitazioni fondamentali, consistenti nel duplice divieto di alterare la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. 15 luglio 1995, n. 7752). A ciascun condomino è consentito, altresì, usare delle parti comuni apportando delle modifiche, sempre che queste non alterino la loro entità sostanziale o la destinazione originaria (Cass. 5 novembre 1990, n. 10602; Cass. 29 luglio 1989, n. 3549; Cass. 6 giugno 1989, n. 2746). 22 La riforma del condominio Allo stesso modo, se rispetta i suddetti limiti – vale a dire, non modifica la destinazione e non impedisce l’altrui pari uso – il condomino può anche accrescere la misura del proprio godimento (Cass. 23 febbraio 1987, n. 1911; Cass. 14 dicembre 1982, n. 6869). Le parti comuni dell’edificio, quindi, possono essere utilizzate da ciascun condomino anche in modo particolare e diverso dal loro uso normale, sempre che ciò non alteri l’equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni, attuali e potenziali, degli altri e non determini pregiudizievoli invadenze nell’ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari (Cass. 11 gennaio 1993, n. 172; Cass. 21 maggio 1990, n. 4566). Pertanto, per innovazioni si intendono tutte le opere che modificano completamente o in parte la cosa comune, alterandone la consistenza, la destinazione e, di conseguenza, il godimento da parte dei singoli partecipanti al condominio; per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi quindi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri o ne muti la destinazione originaria; le modificazioni, invece, mirano soltanto a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare gli interessi concorrenti dei condomini. Per concludere la distinzione tra innovazioni e modificazioni, si rammenta la Cass. civ., Sez. II, 23 ottobre 1999, n. 11936 che ha precisato che questa «si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto». L’art. 1136 c.c. prevede attualmente che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal 1° comma dell’art. 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i 2/3 del valore dell’edificio. Esso, inoltre, con disposizione che non viene riprodotta nel nuovo testo, pone un divieto generale di apportare le innovazioni che incidono sulla stabilità o sulla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. La nuova disposizione prevede: – da un lato, quorum meno severi sia per l’approvazione delle innovazioni in genere (maggioranza degli intervenuti all’assemblea e metà del valore del- Articolo 1120. Innovazioni 23 l’edificio) sia per le innovazioni di interesse “sociale” (maggioranza degli intervenuti e 1/3 del valore dell’edificio): sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti, abbattimento di barriere architettoniche, contenimento consumi energetici, parcheggi, installazione impianti centralizzati radiotelevisivi e telematici; – dall’altro, un nuovo e più stringente iter di convocazione dell’assemblea da parte dell’amministratore (anche su richiesta di un solo condomino). Quindi il nuovo testo conferma che i condomini (a maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che rappresentino almeno i 2/3 dei millesimi), possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ma aggiunge che per le innovazioni che hanno ad oggetto sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti, abbattimento di barriere architettoniche, contenimento consumi energetici, parcheggi, installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, impianti centralizzati radiotelevisivi e telematici è sufficiente la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà dei millesimi.