MOZIONE URGENTE OGGETTO: INIZIATIVE RELATIVE ALLA “PILLOLA DEL GIORNO DOPO” Il Consiglio premesso che il Presidente della Giunta il 2 novembre 2000 ha annunciato l’intenzione sia di promuovere una campagna di informazione in relazione alla messa in vendita della cosiddetta “pillola del giorno dopo” e ai problemi che ciò porrebbe in relazione all’applicazione della legge sull’interruzione di gravidanza, sia di intraprendere “ulteriori iniziative volte a promuovere e salvaguardare la libertà dei farmacisti di esercitare il diritto di obiezione di coscienza”; non ha alcun fondamento giuridico e formale l’idea, che è stata avanzata, di considerare interruzione di gravidanza l’impiego del farmaco Norleva, e quindi di applicare ad esso le norme della legge 1947/78. Secondo il nostro ordinamento giuridico, infatti, la gravidanza comincia con l’annidamento dell’ovulo fecondato nella cavità uterina; mentre l’effetto della cosiddetta “pillola del giorno dopo” consiste non nell’interrompere, ma nell’impedire che inizi quella che legalmente può definirsi come gravidanza; a conferma, se occorresse, che così stanno le cose va ricordato che prima della registrazione di questo farmaco erano non solo consentite, ma regolarmente praticate, anche all’interno delle strutture pubbliche, forme di contraccezione postcoitale mediante la somministrazione di altri farmaci o l’introduzione di un dispositivo intrauterino; e in presenza di ciò mai si era posto il problema di applicare a questa fattispecie le norme della legge 194/78. L’introduzione in Italia della contraccezione postcoitale mediante un farmaco registrato con questa specifica indicazione costituisce né più né meno che un ampliamento delle possibilità di scelta per chi voglia o debba ricorrere a forme di contraccezione intercettiva; in quest’ottica, la contraccezione postcoitale si configura non come aborto ma, al contrario, come l’ultimo presidio che consenta di evitare le gravidanze indesiderate quando a seguito di un rapporto sessuale possa essersi verificata la fecondazione; costituisce quindi, in quest’accezione, una forma non di aborto ma di prevenzione dell’aborto; nel confronto aperto sul tema, a questa valutazione se ne oppone un’altra, che deriva da un punto di vista diverso da quello delle definizioni ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità, e ritiene che la “pillola del giorno dopo”, impedendo l’annidamento dell’ovulo fecondato, interrompa - se non una gravidanza - un inizio di vita umana, e ponga dunque gravi problemi di coscienza. collocarsi in quest’ottica, considerando sostanzialmente abortivo il Norleva, obbliga però allora a misurarsi seriamente, e non demagogicamente, con le conseguenze che derivano dal fatto che il farmaco è comunque ampiamente disponibile fuori, e anche appena al di là, delle nostre frontiere, e soprattutto in gran parte dell’Unione Europea. Da questo discende infatti che 1. per gli obblighi di coerenza europei, legalizzarne l’uso in Italia rappresentava e rappresenta un atto dovuto, mentre è un diritto delle europee di cittadinanza italiana poterne disporre; 2. anche ove, illegittimamente, lo stato italiano ne proibisse la vendita, esso sarebbe ugualmente disponibile per molte italiane, ancorché certo a prezzo di maggiori difficoltà; perciò, l’uso della “pillola del giorno dopo” non può ormai più essere impedito, legalmente e di fatto. E, con tutta evidenza, non potrebbe in alcun modo essere regolato con le procedure previste dalla legge 194, che prevedono comunque tempi lunghi incompatibili per definizione con l’uso di questo farmaco; se impiegare il Norleva si configura sostanzialmente come aborto, la conseguenza non può dunque essere che una: per regolare l’aborto, le procedure e i vincoli e molte delle limitazioni previste, almeno in teoria, dalla legge 194/78 sono orami inapplicabili; a questa stregua, più che non mai l’opzione su cui possono e debbono incontrarsi le coscienze religiose e non religiose in tema di aborto e di tutela e di promozione del diritto alla vita appare quella di affidare alla coscienza, e dunque alla responsabilità, e dunque alla libertà di ogni singola donna le decisioni in questo campo, salva naturalmente ogni possibile offerta di sostegno, nel rispetto della sua personalità; se, infine, è possibile che vi siano farmacisti i quali, in base a considerazioni come quelle sopra evocate, sentano necessario sollevare obiezione di coscienza rispetto all’obbligo di prescrivere o vendere il farmaco in questione, resta però preminente l’obbligo imprescindibile delle farmacie, in quanto servizio pubblico, di assicurare la concreta possibilità per tutte le richiedenti di accedere tempestivamente a questa forma di contraccezione, nonché quello di tutte le strutture sanitarie pubbliche e convenzionate dotate di servizi di pronto soccorso di essere attrezzate a fornire questo trattamento d’urgenza, impegna la Giunta 1. a informare la propria campagna di comunicazione, se riterrà opportuno condurla, a criteri di rigorosa precisione nell’informazione, anche sulla base delle sopra indicate premesse; 2. a operare perché la salvaguardia del diritto all’obiezione di coscienza non pregiudichi in alcun modo, e ovunque sul territorio regionale, il prioritario diritto di tutte le cittadine che ne facciano richiesta di ottenere il farmaco Norleva; 3. ad assicurare che le liste dei medici ‘obiettori’ siano pubbliche e direttamente accessibili, in modo da consentire a tutte le pazienti una scelta consapevole e coerente con le prestazioni che intendono richiedere. Lorenzo Strik Lievers Giorgio Myallonnier Yasha Reibman MOZ 0043 Mozione depositata il 7/11/2000 Trattata il ======== STATO ITER: GIACENTE