49 IL GIORNALE DI VICENZA Lunedì 13 Febbraio 2017 tel. 0444 396200 www.publiadige.it CULTURA&SPETTACOLI tel. 0444 396200 www.publiadige.it Telefono 0444.396.311 Fax 0444.396.333 | E-mail: [email protected] MOSTRA. Al Fortedi Bard,in Val d’Aosta, finoal1° maggioèallestita lamostra«Icônes» conl’immagine dell’artista Ilbaciodi Doisneau,un «caso»fotografico Alcentro della discussione chesitrascina daquasi 70 anni,cisono iprotagonisti diquelcelebrescatto Angela Bosetto Con l’avvicinarsi di San Valentino aumentano gli innamorati che si recano al Forte di Bard in Valle d’Aosta per visitare la mostra «Icônes», aperta sino al 1° maggio e dedicata a uno dei massimi fotografi del Novecento: Robert Doisneau. Il fulcro dell’esposizione è, ovviamente, il «Bacio davanti all’hotel De Ville» (1950), il più celebre della storia della fotografia insieme a «V-J Day in Times Square» di Alfred Eisenstaedt (1945). Nonostante siano due delle immagini più riprodotte al mondo, non si conoscono con certezza i protagonisti di entrambi gli scatti, ma se Eisenstaedt non ha mai dovuto rendere conto ai due sconosciuti, nel caso di Doisneau la faccenda è più complessa. Tanto per cominciare, anco- ra non si sa se i ragazzi furono immortalati casualmente o se posarono per esaudire la richiesta della rivista americana «Life», che aveva commissionato a Doisneau un reportage sull’amore a Parigi. «Non fotografo la vita reale», diceva spesso l’artista, «ma la vita come mi piacerebbe che fosse». La questione sull’identità degli innamorati comincia nel 1992, quando i coniugi Denise e Jean-Louis Lavergne denunciano Doisneau (colpevole di averli ritratti senza permesso), chiedendo- gli un rimborso di 100mila franchi. «Non avrei mai osato fotografare due persone qualsiasi», replica lui. «Gli innamorati che si sbaciucchiano per strada sono raramente coppie legittime». Aggiunge che si trattava di due studenti di teatro: li aveva visti scambiarsi effusioni al tavolino di un caffé e aveva chiesto loro di replicare il bacio davanti all’obiettivo. Tale teoria è in parte confermata dalla figlia dell’artista, Francine Deroudille, secondo cui il padre «voleva assolu- tamente andare al di là di quello che la rivista gli chiedeva. Questa foto, per prendere un esempio conosciuto pressoché a tutti, era su richiesta: i due erano attori che però si amavano veramente. Essi hanno passato una giornata a camminare per la città, ma senza che fosse presente alcuna posa. Mio padre ha colto l’attimo del bacio per scattare la foto che, nonostante fosse richiesta, rimase in un’atmosfera naturale». Si fa dunque avanti l’attrice Françoise Bornet, rivela che ILLIBRO. NeriPozza proponel’originalerilettura del filosofo Agamben SCIENZA. Riflessionia un anno dallascoperta Ondegravitazionali lachiaveperrisolvere ilrebusdeibuchineri MISTERO MAJORANA L’esplorazionediquesto aspettodell’universo aiuteràa capire meglio checosa èla materia In«Che cos’èreale?»lascomparsa dello scienziato diventa un gioco di probabilità, con una sola certezza Stefano Biguzzi A quasi 80 anni di distanza, la scomparsa di Ettore Majorana è ancora avvolta nel più fitto mistero. Era il 25 marzo 1938 quando il 31enne genio della fisica che con Fermi, Segré, Rasetti, Amaldi e Pontecorvo aveva partecipato al portentoso gruppo di studio noto poi come «I ragazzi di via Panisperna», faceva perdere le sue tracce dietro a una cortina di indizi contraddittori che lasciavano e lasciano ancor oggi aperte numero- Proponelatesi dell’assenza come unicopossibile elemento in grado diaffermare larealtà se piste investigative. Scartata l’ipotesi del suicidio, al quale probabilmente Majorana, carattere difficile e introverso, aveva pensato ma senza riuscire a fare il passo estremo, si è parlato della Germania, dove era stato già per motivi di studio manifestando apprezzamento per il regime nazista e dove sarebbe tornato per offrire i frutti delle sue ricerche riparando poi in Sudamerica, a guerra finita. Secondo altri, indipendentemente dall’antefatto tedesco, mai dimostrato, sarebbe comunque emigrato in Argentina, o in Venezuela, nella città di Valencia, dove la Procura della Repubblica di Roma che aveva aperto un fascicolo nel 2011 a seguito di una testimonianza proposta da «Chi l’ha visto», ha dimostrato la presenza di Majorana tra il 1955 e il 1959. Altri ancora avevano identificato il fisico in un vagabondo dotato di straordinarie conoscenze scientifiche che si aggirava per le strade di Mazara del Vallo negli anni ’70 - tesi confutata dall’indagine condotta da un giovane Paolo Borsellino - o in un mendicante che a Roma, siamo all’inizio degli anni ’80, affermava di aver trovato la dimostrazione del teorema di Fermat, enigma matematico seicentesco risolto solo di recente. A riconoscere nell’uomo Majorana sarebbe stato monsignor Di Liegro, fondatore della Caritas romana, che lo avrebbe poi ricondotto nel convento dal quale si era allontanato, impegnandosi a mantenere il segreto sulla vicenda. Un’ulteriore tesi l’aveva formulata Leonardo Sciascia ipotizzando, in un saggio uscito nel 1975, che il fisico si fosse ritirato nell’eremitaggio di un convento, non solo per fuggire il mondo ma anche soprattutto per sottrarsi Ilfamoso «bacio» di Doisneau Doisneau ha pagato lei e il suo fidanzato dell’epoca Jacques Carteaud affinché posassero per lui. Porta come prova una stampa originale autografata regalatale dal fotografo e gli fa causa a sua volta (senza successo) per ottenere parte dei diritti d’autore. Doisneau si spegne a 81 anni nel 1994 e il caso sembra chiuso. Invece no: nel 2014 l’87enne franco-americano Marc de Mauregne sostiene che i protagonisti della foto sono lui e la sua ragazza di allora Rolande Dupuis, immortalati per puro caso. «L’amore non si finge, si vede che questo scatto non è un posato». E il mistero continua. • Enrica Battifoglia EttoreMajoranasparì nel nullail25 marzo1938 agli inquietanti scenari che aveva antiveduto nelle sue ricerche intuendo il possibile impiego dell’energia nucleare per scopi militari. A fornire una nuova affascinante e originalissima lettura della vicenda è ora il filosofo Giorgio Agamben in «Che cos’è reale?» (Neri Pozza, pp. 78, 12.50 euro) che collega la scomparsa di Majorana alle moderne leggi della fisica proponendo la tesi dell’assenza come unico possibile elemento in grado di affermare il reale in un universo dominato dalla probabilità: «Se la convenzione che regge la meccanica quantistica è che la realtà deve eclissarsi nella probabilità, allora la scomparsa è l’unico modo in cui il reale può affermarsi perentoriamente come tale, sottraendosi alla presa del calcolo». Agamben, che in un escheriano gioco di specchi riduce nella nota biografica il proprio straordinario profilo di intellettuale all’essersi «dimesso dall’insegnamento di filosofia teoretica», reinterpreta così il gesto di Majorana sottraendolo alla categoria della fuga per mutarlo al contrario nella lucida volontà di tradurre in atto un’intuizione, fino alle estreme conseguenze. E spingendo oltre i limiti della fantasia le curvature di un tempo elevato a quarta dimensione dalle teorie sulla relatività, è difficile sfuggire alla tentazione di cogliere reincarnato nel misterioso genio del siculo Majorana il flusso vitale di quella civiltà che 25 secoli prima di lui, tra Grecia e Italia meridionale, aveva visto nascere il pensiero filosofico e scientifico. • Ha incuriosito tutto il mondo, riempito d’entusiasmo il mondo della fisica e dell’astronomia, ha aperto nuove frontiere ed è in odore di Nobel: la scoperta delle onde gravitazionali compie un anno, ma l’esplorazione di questo aspetto completamente nuovo dell’universo è appena agli inizi e scalda i muscoli per andare a conoscere da vicino gli aspetti più misteriosi della materia, come quelli che sono all’origine dei buchi neri o delle stelle di neutroni. Un anno fa, l’11 febbraio 2016, aveva fatto il giro del mondo l’annuncio della possibilità di ascoltare le increspature dello spazio-tempo previste un secolo prima da Albert Einstein e causate dalla deformazione provocata dalla gravità di corpi celesti giganteschi. Il segnale era stato catturato dal rivelatore americano Ligo e analizzato da Virgo, che fa capo allo European Gravitational Observatory (Ego), fondato e finan- ziato da Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Consiglio nazionale delle ricerche francese. Da allora sono stati intercettati due segnali e il lavoro da fare è ancora moltissimo e affascinante. Se l’astronomia gravitazionale è diventata realtà, fisici e astrofisici si stanno preparando a fare il passo ulteriore. «Siamo alle porte dell’astronomia multimessaggero», spiega Giovanni Losurdo, leader del progetto Virgo e ricercatore dell’Istituto di fisica nucleare. Vale a dire che nel momento in cui i rivelatori di onde gravitazionali intercettano un segnale e ne localizzano la provenienza in un punto del cielo, altri strumenti da Terra possono guardare in quella stessa direzione per catturare informazioni. È come se un medico confrontasse le immagini ottenute ai raggi X con quelli di un’ecografia e di una Tac: sicuramente avrebbe un quadro più preciso. La scommessa è poterne sapere di più su comportamenti insoliti della materia. «Oggi non abbiamo la più pallida idea di che cosa sia un buco nero», dice Gianluca Gemme, coordinatore di Virgo. «Le onde gravitazionali sono l’unico mezzo per scalfire questo mistero». • RECENSIONI. Una studentessa dell’istituto Boscardin per il concorso GdV delle scuole superiori DA STASERA. Videobiografia del Nobel e di Franca in 25 puntatesu Rai5 Fuoridell’infernoconpadre Puglisi Arlene Zordan VB Tecnologico IIS BOSCARDIN “Ciò che inferno non è” è il terzo libro dello scrittore Alessandro D'Avenia. Pubblicato nel 2014, è un romanzo che racconta la mafia ma soprattutto il coraggio di coloro che hanno dato la vita per combattere l'inferno che si propaga di casa in casa, di strada in strada quando l'essere umano diventa schiavo della violenza e del potere. La storia nasce dall'incontro con padre Pino Puglisi, professore di Religione nel liceo di Palermo frequentato da D'Avenia. Il protagonista è Federico, un diciassettenne tanto innamorato di parole e letteratura quanto pieno di domande, che decide di investire l'estate del 1993 (anno di morte di padre Puglisi) aiutando don Pino con i bambini del quartiere di Brancaccio, il più malfamato di Palermo. Qui mafia, violenza e paura regnano sovrane e i più piccoli crescono rubando e facendo a botte, senza nessun modello positivo da seguire. Una persona che li può salvare però c'è: don Pino li accoglie nel campo da calcio dietro la chiesa, li fa giocare, insegna loro le regole, li fa riflettere. Don Pino dona loro tutto l'amore di cui hanno bisogno, il suo è un amore senza alcun limite, tale da riservare un sorriso persino ai suoi assassini, un sorriso di perdono che per anni tormenterà i loro cuori macchiati dal male. Il lettore si ritrova immerso nella vicenda anche grazie ai termini dialettali, utilizzati con cura perché non venga compromessa la comprensione dei dialoghi, chiari ma mai scontati.L'intensità che permea il romanzo offre diversi spunti di riflessione e costringe ad aprire gli occhi su realtà che spesso sembrano lontane o che ci sforziamo di ignorare perché Lacopertinadelromanzo sentiamo che non ci riguardano. Ci aiuta a maturare la consapevolezza che “l'inferno esiste ed è pieno. Non è al di là, ma al di qua, con mappe e indirizzi.” • Foe Rame,tutta lalorostoria Una rilettura degli ultimi 60 anni di storia del teatro e della società italiana attraverso gli spettacoli e la biografia del premio Nobel Dario Fo e della sua compagna d’arte e di vita, Franca Rame. Tra citazioni di commedie, monologhi, interviste e immagini di repertorio, Rai Cultura rivive l’epopea del nostro Paese dal punto di vista dell’ultimo giullare, grazie a un ciclo inedito di documentari dal titolo “Dario Fo e Franca Rame. La nostra storia”, in onda a partire da oggi alle 22.15 su Rai5. Il primo appuntamento, dal titolo “Buon compleanno Dario Fo!”, rievocherà i festeggiamenti per i 90 anni dell’artista e ricorderà le tappe salienti della sua storia artistica e personale. Gli appuntamenti, che Rai5 dedicherà ai due artisti in tutto il 2017, saranno 25 e saranno articolati in cicli composti da cinque documentari ciascuno, incentrati sulla coppia e la vita del Paese. Il primo ciclo di cinque appuntamenti, in onda da stasera al 13 marzo in seconda serata, ripercorrerà l’arco che dall’infanzia dei due artisti arriva ai primi anni ’60: sono gli anni della formazione e dell’incontro tra Dario e Franca e dell’inizio del sodalizio esistenziale ed artistico tra i due, tra difficoltà economiche e sperimentazioni ardite in ambito teatrale, fino all’approdo al cinema e alla televisione, culminato nell’esperienza travagliata di “Canzonissima” nel 1962. In chiusura di ogni puntata alcuni minuti tratti dai corsi di teatro tenuti dalla coppia. Ogni puntata affronterà anche il Dario pittore, scenografo e cantante, compositore e regista di opere liriche. Di Franca saranno ricordati l’impegno come attivista, editor teatrale tra le migliori al mondo, nonché il lavoro per l’archivio di famiglia. •