2 info ➔ INDIRIZZI INTERNET www.italmed.com www.cuore.net www.xagena.org www.sanihelp.it www.trombosi.net S in alute Cuore matto? Non sempre è colpa dell’amore Oltre mezzo milione di italiani soffre di fibrillazione atriale, un’alterazione del ritmo cardiaco che è presente addirittura nel 4% delle persone di età superiore ai 65 anni, con circa 60.000 nuovi casi ogni anno. Si tratta dell’aritmia più diffusa nel mondo occidentale, dove i soggetti colpiti dal disturbo superano i quattro milioni e rappresentano quindi un problema sanitario di grande rilievo. FIBRILLAZIONE ATRIALE N on c’è da stupirsi se i cardiologi mostrano un grande interesse per la fibrillazione atriale, una patologia estremamente comune nelle persone anziane e che, quindi, tende costantemente ad aumentare in rapporto all’aumento della durata media della vita. Per capire in cosa consiste questo disturbo, dobbiamo ricordare che il cuore è composto da quattro cavità: due superiori (gli atrii) e due inferiori (i ventricoli). Gli atrii si contraggono spingendo il sangue nei ventricoli che poi, contraendosi a loro volta, pompano il sangue in circolazione. Il tutto avviene secondo un ritmo ben preciso, regolato da sofisticati meccanismi bioelettrici. Se questi meccanismi, per qualche motivo, si alterano, compaiono anomalie del battito cardiaco, sotto forma di accelerazioni o rallentamenti. Nella fibrillazione atriale gli atrii non si contraggono in modo energico e regolare, ma producono una sorta di tremolio aritmico e disordinato, poco efficace a pompare il sangue nei ventricoli. Ne derivano due principali conseguenze: la prima è che una certa quantità di sangue non affluisce nei ventricoli ma tende a ristagnare negli atrii, l’altra è che una parte delle contrazioni atriali anomale può essere trasmessa ai ventricoli, alterando anche il loro ritmo. Questo spiega i sintomi dovuti al battito irregolare (che il paziente avverte sotto forma di palpitazioni, sensazione di “cuore in gola” o di oppressione al petto) e quelli dovuti alla ridotta quantità di sangue immesso nella circolazione generale: vertigini o veri e propri svenimenti, affanno, stanchezza e affaticamento, ben comprensibili se si pensa che durante un episodio di fibrillazione atriale la gittata cardiaca può essere anche del 1520% inferiore alla norma. Tuttavia, in circa la metà dei casi il disturbo inizialmente non viene percepito e possono passare anche parecchi mesi prima che il paziente accusi qualche sintomo che lo induce a consultare un cardiologo. Estremamente comune nelle persone anziane, in cui è dovuta all’indurimento fibrotico della parete degli atrii, in soggetti più giovani questa aritmia è spesso provocata da malattie del cuore (alterazioni delle valvole cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco) oppure da ipertensione arteriosa, ipertiroidismo, intossicazioni acute. Ma in un buon numero di casi (dal 3 all’11% del totale) la fibrillazione atriale si definisce idiopatica, in quanto è unicamente l’espressione di un disturbo del sistema bioelettrico in un cuore strutturalmente normale. Qualunque ne sia la causa, questa aritmia è temibile soprattutto perché con il ristagno del sangue negli atrii tendono a formarsi coaguli (trombi) che, passando nei vasi sanguigni, possono occluderli. Se questa evenienza interessa le arterie cerebrali si verifica l’ictus. Fortunatamente il rischio di ictus può essere minimizzato assumendo farmaci anticoagulanti, che mantengono il sangue fluido e prevengono in tal modo la formazione dei trombi. Questa terapia va assunta con assoluta regolarità e sotto stretto controllo medico. Generalmente, in un primo periodo la fibrillazione atriale si presenta in modo discontinuo, con accessi scatenati da pasti abbondanti, esposizione al freddo, assunzione di bevande fredde o gasate, emozioni o dolori violenti, ecc. Se si interviene in questa fase è spesso possibile ripristinare il ritmo cardiaco normale con la somministrazione di farmaci antiaritmici o con la cardioversione elettrica, che consiste nell’erogazione di una scarica elettrica, esterna (con piastre poste sul torace) o interna (con un catetere introdotto nel cuore attraverso una vena). Sono però molto frequenti le recidive, che richiedono la ripetizione del trattamento. Quando invece la fibrillazione è ormai divenuta stabile, il cardiologo può limitarsi a prescrivere, oltre alla già citata terapia anticoagulante, farmaci destinati a mantenere una frequenza di contrazione ventricolare non eccessiva, per non affaticare il cuore. Seguendo scrupolosamente queste terapie, chi è affetto da fibrillazione atriale idiopatica può convivere con il suo disturbo senza risentirne sul piano della qualità di vita se non per la piccola seccatura di doversi sottoporre a regolari controlli cardiologici e a frequenti prelievi del sangue per adeguare costantemente il dosaggio dei farmaci anticoagulanti. Milena Cannao Direttore Sanitario: Dott. Roberto Zanetti - Specialista in Chirurgia Generale Specialista in Clinica Odontoiatrica e Stomatologia COMO tel. 031.307777 - Via Salita dei Cappuccini, 29/A3 SI RICEVE PER APPUNTAMENTO Autorizzazione n. 3117/6 del 21/7/95