SINTESI INTERVENTO PROF FABRIZIO AMMIRATI
Primario del Reparto di Cardiologia, Ospedale G. B. Grassi, Ostia
LA SINCOPE, GESTIONE OGGI DELLA PATOLOGIA
La Sincope Unit
La sincope è un sintomo che può essere espressione di una patologia cardiaca o
neurologica o nella grande maggioranza dei casi uno svenimento comune, la cosiddetta
sincope vasovagale, un disturbo che può capitare a tutti nella vita.
Quando si parla di sincope vasovagale, la prognosi è piuttosto buona: si tratta di una
sincope benigna e può incidere sulla qualità della vita solamente se si presenta in
maniera ricorrente e frequente e se si complica con traumi. La sfida del clinico è proprio
quella di riconoscere le altre due forme di sincope, quella di origine cardiaca e quella di
origine neurologica. Le sincopi cardiache sono le forme gravate da una prognosi
peggiore e possono rappresentare il sintomo di una grave cardiopatia o aritmia cardiaca
che può anche condurre il paziente a morte improvvisa.
È necessario identificare le sincopi da aritmie cardiache per identificare i pazienti a
maggior rischio. Un tempo non c’erano protocolli da seguire, quindi valeva molto
l’esperienza del medico, mentre di recente, grazie all’attività delle società scientifiche,
e, soprattutto grazie alla ricerca italiana che ha centri d’eccellenza sulla sincope, è stato
possibile delineare delle linee guida diagnostiche, che permettono di effettuare le
procedure più indicate per ogni singolo paziente mediante le caratteristiche cliniche,
l’anamnesi, la registrazione dell’ECG e l’età.
Attualmente si è giunti ad una migliore gestione della sincope negli ospedali, mentre i
primi studi mostravano una dispersione delle risorse economiche e il paziente veniva
dimesso dall’ospedale spesso con una diagnosi non conclusiva. Recentemente invece gli
studi condotti da gruppi italiani sono giunti alla conclusione che la sincope può essere
gestita in maniera organica. Il percorso del paziente all’interno dell’ospedale può essere
più mirato, si possono utilizzare meglio le risorse diagnostiche e quindi arrivare ad un
maggior numero di diagnosi conclusive.
Il cardiologo in questo momento è la figura ospedaliera più informata e attenta a questa
problematica, perché le sincopi a prognosi peggiore sono quelle di natura cardiaca o
legate ad aritmie. La sincope incide in maniera rilevante sugli accessi al pronto
soccorso, perché ne rappresenta circa l’1% e circa la metà dei pazienti con sincope
vengono ricoverati in ospedale.
Per tale motivo, le cardiologie italiane si stanno organizzando, stanno creando dei
percorsi diagnostici e terapeutici per i pazienti. Al pronto soccorso, viene fatta la
valutazione del paziente. Grazie allo studio OESIL (Osservatorio Epidemiologico per la
SIncope nel Lazio), condotto a Roma, è possibile, con semplici criteri applicabili in
pronto soccorso e attraverso l’anamnesi del paziente ed esami strumentali, identificare i
pazienti a rischio (mediante l’OESIL risk score) che devono essere necessariamente
ricoverati e studiati con attenzione. Viceversa i pazienti che non hanno punteggio di
rischio alto possono essere studiati in ambulatorio ed evitare il ricovero.
Un esempio potrebbe essere il caso di un paziente con più di 65 anni,
elettrocardiogramma (ECG) alterato anche se in forma minima, anamnesi di malattia
cardiovascolare, compresa l’ipertensione, che ha avuto sincope non annunciata da
sintomi prodromici: ad ognuno di questi aspetti viene dato il valore 1. Se il paziente ha
un OESIL risk score superiore a due è ad alto rischio, con quattro ad altissimo rischio.
Viceversa se il paziente ha un rischio inferiore a due, può essere valutato in un
ambulatorio dedicato, evitando il ricovero, dove potrà trovare a seconda
dell’organizzazione locale, un cardiologo, un internista, un neurologo.
Se si conclude che il paziente ha una sincope neuro-mediata questi viene trattato
semplicemente con rassicurazione, con l’informazione e l’addestramento ad effettuare
manovre fisiche che permettano di contrastare il calo della pressione o del battito
cardiaco al momento del malessere. Questo rassicura in genere i pazienti.
Solo a una piccola percentuale di pazienti con sincope vasovagale, i più anziani o quelli
che svolgono lavori pericolosi che possono avere conseguenze traumatiche anche gravi,
viene indicato l’impianto di un pacemaker per contrastare l’alterazione del battito
cardiaco. Se la sincope origina da una aritmia, nella maggior parte dei casi si tratta di
una bradiaritmia, cioè un rallentamento del battito cardiaco dovuto a blocco o a una
temporanea alterazione dell’attività elettrica, è sempre indicato un pacemaker, mentre in
altri casi più complessi l’aritmia può essere un’aritmia veloce, una tachiaritmia, che
richiede l’impianto di un defibrillatore.
Nella diagnosi della sincope di origine cardiaca può essere utilizzato il TILT test, che è
un esame abbastanza diffuso in Italia, il cui protocollo di esecuzione è italiano e viene
applicato non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto in altri paesi europei. Questo
indica quale importanza ha assunto il gruppo di studio italiano per la sincope. Il TILT
test è un esame che ha permesso di comprendere molti aspetti della sincope, soprattutto
di studiare la sincope vasovagale, quella a prognosi benigna.
Un altro dispositivo utile per la diagnosi della sincope di origine cardiaca è il “loop
recorder”, non ancora molto diffuso in Italia, quindi praticamente assente in alcune
cardiologie che non hanno le risorse economiche per poterlo usare. Il “loop recorder” è
uno strumento di semplice impianto e utilizzo, ma che rappresenta il “gold standard” per
la diagnosi della sincope cardiaca perché registra l’ECG in continuo. Se la sincope è
indotta da un’alterazione del ritmo cardiaco, automaticamente o attivato dal paziente, il
dispositivo registra l’ECG al momento della sincope.
Questo rende il “loop recorder” particolarmente interessante e probabilmente, se i
pazienti sono selezionati in modo scrupoloso, con forte sospetto di un’alterazione del
ritmo come causa della sincope, può essere utilizzato in prima battuta evitando che si
facciano altri accertamenti. Abbiamo già avviato un percorso diagnostico all’interno del
nostro ospedale e una struttura ambulatoriale dedicata alla sincope, dove si esegue
l’impianto di “loop recorder”, pacemaker e defibrillatori, e dove effettuiamo il TILT
Test. Personalmente dirigevo al San Filippo Neri di Roma una “Sincope Unit”, prima di
trasferirmi a Ostia. La struttura era organizzata con locali, attrezzature e personale
dedicato. La “Sincope Unit” va intesa come struttura organizzata con stanze e risorse
umane dedicate, se esistono le risorse economiche, ma se questo non è possibile, può
rappresentare anche in maniera multidisciplinare all’interno dell’ospedale un percorso
diagnostico condiviso con figure quali il neurologo, il medico internista, il medico di
pronto soccorso, il diabetologo e il cardiologo, in modo che i pazienti non si perdano in
una diaspora di accertamenti o di reparti non specifici ma vengano seguiti in maniera
appropriata.
Per il momento credo che il cardiologo possa essere la figura di riferimento per la
Sincope Unit. Infatti i cardiologi si sono occupati di più di sincope negli ultimi anni e le
sincopi cardiache sono quelle che hanno maggiore rischio di mortalità e quindi il
cardiologo ha una maggiore competenza per riconoscere queste forme.