È con la conquista di Veio, che si impone il

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Capitolo III L’espansione di Roma in Italia e nel Mediterraneo
Guerre difensive o “imperialismo”?
Le porte di Giano indicavano se Roma era in guerra o meno. Dal 509 a.C. fino al 31
a.C. furono chiuse solo 2 volte, dopo la 1° guerra punica e la battaglia di Azio. Una
continuità spaventosa. Fino alla metà del 350 a.C. l’autorità romana era circoscritta
al solo “Latium”, l’esplosione territoriale si ebbe dopo le guerre puniche e
macedoniche. Le acquisizioni dopo le 3 guerre sannitiche furono significative, dal Po
fino alla Sicilia. Polibio pensava già che fra la guerra pirrica e la 2° guerra punica
Roma avesse già una mentalità egemonica. Il successo espansionista era di natura
“preventiva”o propriamente “imperialistico” con fini economici?
Secondo Livio fu Numa a istituire il Tempio di Giano aperto in tempo di pace e
chiuso in tempo di guerra. Roma secondo Polibio assunse una mentalità egemonica
nell’affrontare i Sanniti e Pirro. In 53 anni fra il 220 e il 167 Roma conquisto gran
parte dell’abitato conosciuto secondo Polibio, i Romani avevano assunto una
mentalità “imperialistica”
L’espansione di Roma nel Lazio e nella Penisola
Dalla caduta della monarchia etrusca al sacco gallico
Dopo la caduta dei Tarquini si apri una stagione di scontri con le città etrusche;
Roma in questo periodo si alleò con le città della Lega Latina. Veio fu il primo
assedio romano, si dice durò 10 anni. Roma poi si scontrò con le città della Lega
Latina a Lago Regillo. In seguito fu stretto il foedus Cassianum (da Spurio Casio nel
493 a.C.): aveva un carattere collegiale e paritetico, assistenza federale e protezione
giuridica, fondazione delle colonie in comunanza (ius migrandi, ius connubi, ius
commercii). Il combattimento con gli Equi e i Volsci fu durissimo. Queste
popolazioni volevano razziare la “via Latina” e il basso Lazio. Roma ottenne un
successo importante al monte Algido nel 431 a.C.
La battuta di arresto all’espansionismo fu il cosiddetto primo sacco gallico dei Senoni
nel 390 a.C. guidati da Brenno. Pompeo Trogo riporta che Roma fu sostenuta
economicamente dalla colonia greca di Marsiglia, per sopperire a un periodo di crisi.
Le popolazioni galliche costituivano un serio per Roma e le altre città italiche per le
loro continue razzie; le incursioni galliche furono domate con le assegnazioni di terra
nel Piceno.
Dionigi di Alicarnasso riporta che gli eserciti erano stanziati sempre in assetto di
guerra. Inoltre Dionigi di Alicarnasso descrive le regole di stipula del foedus
cassianum.
Le campagne di guerra fuori del Lazio
La prima guerra sannitica
Roma ora si scontrò con i Sanniti rude e fiero popolo dell’Appennino centromeridionale (organizzato in tribù confederate territorialmente). Il casus belli fu la
richiesta di Capua (ex sanniti ora divenuti campani) contro i Sanniti dell’entro-terra.
La prima guerra sannitica si svolse dal 343 al 341 a.C.
La guerra contro la Lega Latina e il suo scioglimento
340-338 Roma raggiunse la massima estensione di città Stato, dopo aver legittimato
la propria supremazia sulle città della Lega Latina, ma anche Volsci ed Equi.
Fu sancito lo scioglimento della Lega Latina, le città latina non posso più comunicare
fra loro senza il perso di un senatoconsulto. Roma razionalizzò la conquista
territoriale, divenuta la base essenziale del proprio dominio territoriale, da qui la
costituzione di nuove comunità determinate da particolari oneri. Queste comunità
erano i municipi e le colonie.
I municipi erano comunità godenti di autonomia amministrativa, ma erano soggetti
a determinati “obblighi” (munera) in caso di guerra. In un primo momento erano le
comunità latine, incorporate nella cittadinanza e nell’ager Romanus e godevano di
cittadinanza ma non i diritti politici attivi e passiva a Roma. In sostanza si tratta di
una privazione della politica “estera”. Con il tempo ottenevano la piena cittadinanza
romana. Cives sine suffragio
Dopo il 338 si crearono colonie “latine”, erano dello stesso rango della Lega Latina,
ma Roma ne curava la dislocazione. Avevano l’onere di prestare giuramento militare
e invio di corpi in battaglia. Avevano lo ius commerci, ius connubii e ius migrandi.
A partire dal IV secolo a.C. Roma cominciò a fondare colonie romane. Mantenevano
la cittadinanza romana e prerogative di voto ed erano soggetti alla leva militare.
Cives Romani optimo iure.
Inoltre con altri centri indipendenti Roma stringeva degli accordi, su cui ribadiva la
propria supremazia ossia i “foedera”, che le garantivano una supremazia di fatto.
La prosecuzione e la fine della guerra contro i Sanniti e i loro alleati
La 2° guerra sannitica 327-304, ebbe molti insuccessi militari. Il casus belli fu la
colonia romani di Fregellae. Episodi della guerra furono la guerra di Roma contro
Neapolis e la resa delle Forche Caudine. Poi dal 316 vi fu l’invasine sannitica fino alla
pace del 304. Furono costruite la via Appia e la via Valeria. La via Appia nel 312
collegava Roma a Capua. La via Valeria collegava Roma ai territori degli Equi, Marsi e
Peligni. Importante era la necessità di consolidare le posizioni acquisite.
La 3° guerra sannitica dal 298-290 I Sanniti si allearono, ai Sabini, Galli, Umbri,
Etruschi. Roma ottenne il successo in una sola battaglia decisiva a Sentino nel 295.
Gli anni successivi fino al 290 videro la capitolazione della resistenza. Roma ora
poteva fronteggiare le incursioni galliche e le potenze extraitaliche.
L’intrusione in Magna Grecia: il conflitto con Taranto
L’Epiro era una monarchia ellenistica di importanza secondaria. Pirro accolse l’invito
della città magno greca di Taranto per bloccare l’egemonia romana. L’esercito di
Pirro era superiore in battaglia anche grazie agli elefanti, ma alla fine prevalse la
confederazione italica guidata da Roma. La guerra contro Pirro segna l’ingresso nella
politica internazionale di Roma. Il re dell’Egitto Tolemeo Filadelfo inviò
un’ambasceria per stringere amicizia con i Romani.
La conquista dell’Italia centrale e settentrionale: IV II a.C.
1° spedizione romana in Etruria e Umbria etrusca fu un ampliamento geografico e
culturale. Verso il 220 a.C. Roma fondò Mediolanum. Durante Annibale i Galli si
rivoltarono e devastarono Piacenza. La Liguria fu assoggettata dal 197 al 155 a.C.
dopo duri scontri.
L’espansione di Roma fuori d’Italia e nel Mediterraneo
L’intervento a favore dei Mamertini e la prima guerra con Cartagine
Roma controllava l’Italia peninsulare fino allo stretto di Messina grazie a una fitta
rete di allenze e trattati. Il casus belli con i Cartaginesi fu la richiesta avanzata dai
Mamertini per liberare Siracusa. La 1° guerra punica fu combattuta in Sicilia e in
Africa con lo sbarco di Attilio Regolo nel 256/5 a.C., la guerra fu combattuta fra il
264-241. Secondo Polibio la richiesta dei Mamertini fu il primo episodio di
“imperialismo” mediterraneo.
Secondo Polibio i Romani accettarono la richiesta dei Mamertini per impedire un
accerchiamento fenicio contro i Romani stessi. Polibio pensa che dopo la battaglia di
Agrigento i Romani congetturarono di conquistare l’intera Sicilia.
Definniizione e crisi delle zone di influenza: dal trattato dell’Ebro alla nuova guerra
punica
I Barca costituirono un “impero” in Spagna o meglio un lunga serie di clientele e
commerci. La Spagna divenne la base operativa per condurre l’invasione italica e per
rifornirsi continuamente. Il casus belli fu la città di Sagunto. Le clausole del trattato
della 1° guerra punica prevedevano il controllo di 9/10 della Spagna, ma Sagunto
alleata di Roma si trovava in territorio “filocartaginese”. Annibale battè al Ticino, al
Trebbia, al Trasimeno poi a Canne. Il suo piano era di sollevare le popolazioni
italiche. Roma riusci a tenere duro al conflitto di logoramento grazie all’ausilio e ala
fedeltà dei popoli Italici. Secondo Polibio la causa della guerra era da attribuire ad
Amilcare Barca padre di Annibale e al risentimento nutrito dai Cartaginesi.
Lo scontro con le monarchie ellenistiche: Macedonia e Siria
Le guerre illiriche erano rivolte a sedare le continue incursioni di pirati nel mar
Adriatico. La prima guerra illirica si tenne nel 229/8 a.C. e poi la 2° fu comabttuta
contro l’usurpatorre Demetrio di Faro nel 220 a.C. Polibio lo considera un altro
evento imperialista. Nel 215 Filippo V si alleò con Annibale, grazie però all’aiuto
della Lega Etolica e Lega Achea si concluse con la Pace di Fenice con la “prima guerra
macedonica”. La 2° guerra macedonica si concluse a Cinocefale nel 197. Tito Quinzio
Flaminino dichiarò la libertà dei Greci ai Giochi Istmici di Corinto nel 196. Etoli li
consideravano già i nuovi padroni.
Il conflitto con il regno di Siria
Le rivalità in Siria, Grecia e Macedonia raffiorarono con vivacità. Etoli si allearono
con Antioco III di Siria (Seleucidi) avente come suo nuovo consigliere Annibale. I due
avevano condotto una campagna in Asia Minore. Antioco III fu sconfitto alle
Termopoli nel 191 e Magnesia nel 190. Fu imposto un trattato umiliante agli Etoli e
Antioco pagò un pesantissimo indennizzo (12 mila talenti).
La fine del regno maedone
Filippo V fu amicus dei Romani durante la guerra con Antioco III. Perseo, suo figlio si
ribellò, ma venne battuto a Pidna nel 168 a.C. Polibio riporta che Perseo cercò di
applicare una politica antiromana e di sollevare tutti i popoli greci. I Romani
concessero l’indipendenza e la libertà al popolo macedonico, però ora sotto la piena
influenza di Roma.
La nuova politica romana di asoggettamento: la creazione delle province
transmarine
La distruzione di Cartagine
La ripresa di Cartagine impensierì nuovamente le elites romane e fu decisa la sua
distruzione. Polibio riporta il dibattito interno all’elites senatoria.
L’assoggettamento definitivo della Macedonia e della Grecia
La 4° Guerra macedonica riguarda il sefare la rivolta di Andrisco lo “pseudo-Filippo”.
La lega Achea provocò una rivolta e fu sedata però con la distruzione di Corinto nel
146 a.C. da Lucio Mummio. Tutto il territorio greco fu considerato provincia.
La conquista della Spagna meridionale
La conquista dei territori spagnoli si aprì in un clima di forte ostilità. 1° guerra iberica
fu dal 197-178 con 30 anni di pace. Poi seguì la guerra con Viriato e i Celtiberi. Tutto
si concluse con la conquista di Numanza da parte di Scipione Emiliano 133 a.C.
I Celtiberi venivano paragonati da Strabone come dei banditi.
Capitolo IV L’evoluzione economica e sociale
La posizione geografica di Roma e la produttività dell’ager Romanus
L’insediamento della città di roma era una serie di collinette insieme all’ansa del
Tevere, pieni di piccoli corsi d’acqua; quindi era necessaria la bonifica dei terreni.
Il sito era strategico, era guadabile nell’ansa del Tevere, ed era connessa alle arterie
“commerciali” dell’are nord-sud (Etruria-Campania) e l’area est-ovest (salina della
foce con la Sabinia). Erano presenti boschi, selve ma anche tratti di pianura.
Fagultal da faggio, Viminalis dai saliceti, Querquetual da quercia. Agro romano era
più scarso con quello veiente. Già Cicerone differenziava la prosperità del sito
capuano con quello scarso di Roma. Però Cicerone lodava la posizione strategica di
Roma posizionato sull’ansa del Tevere e solo Roma era dignitaria di un imperium
assoluto, data la felice intuizione di Romolo di porla in questo sito. [iugero = 2520
mq]
Allevamento e agricoltura
La tradizione insiste su un primato dell’allevamento, principalmente ovini per lana e
alimentazione, il maiale prevalentemente per sacrifici, i bovini per trasporto e da
tiro e solo per i riti più solenni. Le origini pastorali sono frutto di ricostruzioni erudite
(teoria greca degli stati di incivilimento dove la pastorizia era il primo gradino). Le
festività connesse alla pastorizia erano due: la festa delle Parilie e i Lupercalia. Il ciclo
agrario è ben scandito dal calendario però non ci accorgiamo di una preminenza
della pastorizia.
L’importanza dell’agricoltura è confermata dalle tecniche di lavorazione e consumo
dei prodotti in relazione alla sfera religiosa connesse alle figure di romolo e di Numa
Pompilio. L’importanza dell’agricoltura è testimoniata dal divieto di uccidere gli
animali da soma. Rilevante era il contributo del vino, già Numa aveva disposto delle
limitazioni al suo uso; il vino stava diventando raro e prezioso fino a divenire una
vera coltivazione.
Varrone nel de rustica propose la visione incivilizzatrice di Roma, asserendo che gl
stessi fondatori erano pastori, la moneta pecunia era contrassegnata anticamente
con animali e che il pomerium sia stato tracciato da animali da soma e ricorda anche
l’importanza dei riti purificatori dei suovetaurilia.
Plinio nella Naturalis Historia pone l’accento soprattutto sul rito della tostatura del
farro come i Fornacalia e asserisce che gi stessi cognomina erano legati
all’agricoltura.
Varrone asseriva che il buoe era compagno dell’uomo nei lavori agricoli e ministro di
Cerere, perdeva una pena di morte per chi li uccideva.
Romolo si abbeverava di latte e non di vino e lo stesso Numa stabiliva delle
limitazioni di consumo del vino secondo Plinio Il Vecchio.
La Roma dei Tarquini
La monarchia etrusca stava operando una profonda riorganizzazione della struttura
urbana, politica, economica e sociale. La ricostruzione urbanistica dei Tarquini era
atta a conferire alla città una sistematicità unita, cioè opere di bonificazioni delle
valli per permettere l’ampliamento dell’aea abitativa, quindi successivo
ampliamento della periferia e perimetro della città. La costruzione del Tempio di
Giove fornì un’evidente unitarietà identitaria e culturale.
Il progetto edilizio di Tarquinio Prisco viene portato a successo dai suoi successori:
Roma è una città nella sua piena maturità urbana e con edifici monumentali come il
Giove Capitolino.
Sarebbero stati presenti maestranze etrusche e anche greche dopo la caduta della
monarchia.
Servio Tullio impone uno statuto politico su base timocratica, da qui l’introduzione
della moneta (ma è una visione anacronistica poiché parte dal IV secolo). La notizia
di Timeo però ha un fondo di verità, dovrebbe essere presente un aes grave o “ramo
secco” lingotti di bronzo variabili dai 3,5 kg a 0,5 kg ed erano forme
prevalentemente di tesuarizzazione e soprattuto avevo una funzione di discrimine
dell’ammontare delle multe.
Roma fra IV e III secolo a.C.
La conquista di Veio fu fondamentale. Questa acquisizione di terra comporto
l’imposizione di una contribuzione, il tributum ex censu. L’acquisizione del suolo
veiente permette la distribuzione delle terre. È con la conquista di Veio, che si
impone il modello del contadino / soldato, ossia proprietario fondiario e
coltivatore diretto e coscritto.
Poi si impose dal IV secolo una condizione di immiserimento e indebitamento. La
legge Poetelia-Papiria del 326 vieta definitivamente il nexum, ossia
l’assoggettamento in catene per debiti. Gli obaerati o il nexus saldavano la propria
condizione di indebitamento trasformando il sistema clientelare in un provvisiorio
pagamento dei debiti in quanto manodopera.
La condizione di immiserimento viene contrasta con la deduzione di “colonie latine”
(Cales, Luceria, Alba Fucens, Venusia; l deduzione poteva essere di 2.500 oppure
arrivare ai 20.000). Le colonie romane sempre di 300 maschi adulti prevedeva una
dislocazione a presidio delle coste. Nelle colonie romane i cittadini conservavano il
diritto di voto, invece, per compensare il minor statuto giuridico-politico delle
colonie latine veniva offerte maggiori concessioni di lotti.
Le colonie comporavano un rimodellamento del paessagio rurarale circostante
diviso geometricamente secondo assi paralleli ortogonali (i limites), all’interno di
cui si ritagliavano i lotti da assegnare ai coloni.
Inoltre erano presenti anche assegnazioni viritiane cioè individuali, queste erano
sottoposte alla giurisdizione del questore. Le prime ad essere assegnate furono le
terre della Sabinia.
Fabio Pittore, lo storico senatore, enunciava che Roma conobbe la ricchezza grazie
alla conquista della Sabinia. Era però da ascrivere a una ricchezza circoscritta alla
sola classe senatoria.
L’allevamento specializzato fiorì e aumentarono anche le multe agli allevatori di
bestiame (forse qui è da ricollegare la ricchezza dei terreni della Sabinia).
La fonte letteraria riguardo all’introduzione di moneta di Plinio è concorde con i
ritrovamenti archeologici. Roma si dota di moneta alla fine del IV e gli inizi del III
secolo a.C. Viene emessa intorno al 300 a.C. l’aes grave. Intorno al 290 a.C, emette
anche monete di argento sul modello de didramma neapolitano.
Le svalutazionia dell’asse porteranno all’impiantarsi della moneta d’argento cioè il
denarius. Roma fiorisce anche dal punto di vista di produzione artigianale e
commerciale su ampia scala. La “cista Firconi” (350 a.C.) dimostra la aestria, la
qualità e la ricercatezza delle elites romane. La cista Ficoroni riporta il nome del
committente (Dindia Macolnia, appartenente all’aristocrazia prenestina) e l’artista
(Novio Plauzio, probabilmente un artigiano campano insiediatosi a Roma). Ancora il
lavoro servile non ha la sua piena fioritura.
Le Leggi Licinie Sestie avevano un triplice programma per Livio: 1) riguardante i
debiti; 2) limite a 500 iugeri del lotto di terra ssegnato; 3) uno dei consoli fosse
plebeo
La promulgazione della legge Poetelia Papiria riporta un episodio di maltrattamento
di uno schiavo, da qui la sommossa delle persone e l’istituzione della legge.
Livio riporta come fosse difficile la deduzione in colonie romane poiché poste in
regioni ostili e posti di guardia.
Plinio descrive tutte le operazioni del taglio di fino.
Roma fra il II e I secolo a.C.
Roma dopo le guerre annibalica e macedonica incassò cirica 250 milioni di denari e
anche i proventi delle province. Entrarono nelle casse circa 610 nmilioni di denari. Il
tributum ex censu addirittura fu sospeso fino al 43 a.C. Le guerre più redditizie
furono quelle con Antioco III e Perseo.
Gli obblighi tributari furono prevalentemente l’approvvigionamento e il versamento
di denaro di Roma e delle sue truppe. La Sicilia dopo la 2° guerra annibalica divenne
il “granaio” di Roma; Roma applicò una legge già esistente una lex Hieronica in
quanto riscossione di tessa come un decimo della produzione cerealicola con la
riserva di ulteriori prelievi cerealicoli.
Le province spagnole erano invece le “miniere” di roma. Molti erano i pbblicani
decisi a investire nell’attività mineraria con l’acquisto di schiavi. Le acquisizioni
territoriali permettono di istaurare una politica schiavistica e di deportazioni di interi
popoli. Inoltre ad irrorare il numero di schiavi era la pirateria cilicia.
L’Italia si specializza in determinate colture in un mercato intensivo. La vigna e
l’oliveo sono le più redditizie.
Catone indica una squadra fissa di schiavi alla gestione della tenuta o villa dedita
alla coltivazione dell’uva e dei vigneti (secondo l’altro libro non è così, è composta
sia da schiavi che da liberi lavoratori).
Gli appezzamenti di terreno comunque mostrano una “produzione mista”.
Catone consiglia per le operazioni pià faticose la stilazione di contratti di locatioconductio operis: un appaltatore assumeva un’incarico di compiere una
determinata operazione.
Cicerone riporta un aneddoto ove Catone considerava la pastorizia molto redditizia.
Sarà trattata da Varrone.
L’appropriazione indebita dei terreni da parti di grandi proprietari e la mancata
distribuzione coerente dell’agro pubblico portò a una crisi ed immiserimento dei
piccoli proprietari con ricadute sul piano demografico, politico-militare e di ordine
pubblico. Queste sono le cause della riforma graccana.
La stessa redistribuzione del terreno promossa da Tiberio Cracco comportò una
commissione agraria redistribuzione dei terreni. L’area interessata fu l’agro
dell’Italia meridionale per la presenza di numerosi cippi distanzianti le terre. Una
testimonianza interessante è la Lapis Pollae poichè indicava una politica
concorrenziale a quella dei Gracchi in cui il console Popilio Lenate nel 132 si vantava
che l’ager fosse sottratto a tere di sola pastorizia e dato a terre rese agriturabili.
Popilio Lenate addirittura si vantava di aver restituito 1000 schiavi ai sicilioti.
L’immiserimento è causa delle guerre servili in Sicilia già a partire dal 140. Il numero
di schiavi oscillava fra i 200.000 e i 130.000, ciò spiega l’importanza data alla Sicilia
come centro irrorante del rifornimento agrario di Roma.
Le attività più lucrose sono il prestito transmarino e il relativo commercio. Catone
considerava disonesto il prestito e la mercatura esposta a pericoli. Secondo Plutarco
Catone era incoerente avendo praticato il prestito marittimo.
Molte sono le leggi suntuarie applicate al raffrenare il lusso imperante nella classe
senatorie. Lex Orchia, Lex Fannia, Lex Didia, Lex Licinia tendono a regolamentare i
banchetti ponendo dei limiti alla quantità di denaro da spendre, sul limite
dell’allestimento e il numero di convitati o di quantità di vasellame o di cibo
prezioso. L’obiettivo era di limitare il potenziale eversivo del banchetto, vero luogo
di incontri politici e clientelari morigirandolo richiamandosi ai fasti del mos
maiorum.
Controverse erano le leggi riguardanti la mercatura un provvedimento rendeva
libere le attività di Ambracia nel 187 a.C., invece, Cicerone ci ricporta il divieto di
impiantare vigneti eoliveti da parte dei cittadini della Gallia Transalpina.
La fondazione del porto franco di Delio destituisce Rodi del primato dei mercati
nell’area orientale dei domini della Repubblica. Era un atto destituente Rodi per non
essere entrata in guerra in favore di Roma nella 3° guerra macedonica. Delo era un
mercato di schiavi con presenza di mercatores e negotiatores romani-italici. Delo era
strettamente collegata con il porto di Alessandria. Puteoli era il centro connetore
portuale con le merci orientali.
Il vino è la merce più esportata verso le province abitate da elites locali, da elites
romane governanti le aree e le truppe legionarie. La presenza evidente del Dressel 1
evidenzia il fitto trasporto di vino nella Gallia.
L’urbanistica risente delle conquiste e la città si ellenizza. Nuove esigenze politiche e
amministrative si presentano prma della guerra sociale permettendo una
ristrutturazione degli edifici e luoghi pubblici. Un caso esemplare è il teatrum tectum
di Pompei. Gaio Quinzio Valgo e Marco Porcio sono i due appartenenti alla classe
dirigente che godono delle proscrizioni sillane. Valgo era impegnato nella
costruzione dii mura , porte e torri a Mirabella Eclano.
Capitolo V Società a Contatto
La società Romana sembra inserirsi in un contesto italico di fitti contatti con la
cultura italica, con la Magna grecia. Imperante poi fu il processo di romanizzazione
ossia l’esportazione o assimilazione delle usanze, costumi, costumanze tipiche di
Roma, creando così un mondo romano-italico.
Roma arcaica
I Romani fin dalle epoche più antiche strinsero relazioni con le popolazioni del Lazio
“protostorico”. Plinio stilò una lista di 30 popoli antichissimi riunitesi su Monte
Albano. Il Lazio era la mitica terra di Saturnio ed era connessa con la leggenda di
Enea venuto in Italia. Altra saga mitologica era quella di Ercole e i buoi di Gerioni.
L’aspetto mitologico riuniva l’identità di questi popoli e ne indivava un fondo
comune mitologico.
La Leggenda dell’Asilio di Romolo indica una città già dalla sua fondazione aperta agli
scambi indicando una natura molto fluida dove era possibile esercitare lo ius
connubii, lo ius migrandi e lo ius commercii. Anche l’imperatore Claudio richiamò a
questo clima con la celebre frase “tutto ciò che dovunque ci fosse di pregevole” poi
suffragando la famosa concessione degli honores alle elites galliche.
I re a Roma furono sabini ed etruschi, e l’influenza con la Magna Grecia fu evidente.
Ma un leitmotiv della cultura romana era la capacità di romanizzazione sia di ciò che
aveva assorbito e sia di ciò che si poneva sotto la sua sfera civilizzatrice e di governo.
False e anacronistiche era l’associazione di Numa come allievo di Pitagora, però ci
aiuta a capire come la cultura greca con uno dei suoi massimi esponenti era filtrata a
Roma. Appio Claudio aveva un tono pitagorico nelle sue note censorie. Le statue di
Alcibiade furono poste vicino a quella di Pitagora nel Foro. Altra relazione possibile e
che Numa abbia diviso in arti e mestieri per superaare le divisioni etniche ini città.
Aistotsseno poi ci fornisc un’idea di un’Italia “Pitagorica”. L’influenza greca sarà
sempre più pressante fino a che la stessa Roma penetrerà nel cuore della Magna
Grecia.
Il primo segno di ellennizazione proviene dalla tomba di Scipione Barbato dove si
richiama al concetto di armonia fra l’aspetto esteriore e l’anima.
Tacito negli Annales promuove una visione italico-romanica di Roma avendo
introiettato molte genti dall’esterno e includendole nella propria storia
politica(Giulii, Claudii, Porcii ecc…). Insomma anche gli stranieri dominarono a Roma
e lo stesso Romolo fu saggio nel considerare gli stranieri come dei “concittadini”.
Dionigi di Alicarnasso racconta l’origine greca o meglio di Corinto della faiglia di
Tarquinio Prisco. Demarato dei Bacchiadi era un ricco trafficante commerciale greco
fra l’area del tirreno e l’area greca. Quando a corinto si instaurò una tirannide
pericolosa per la sua stirpe e per i suoi commerci, salpò da Corinto e si traserì a
Tarquinia cambiando nome e sposando una donne illustre.
Secondo Cicerone Lucio Tarquinio (il futuro “prisco”), era figlio di Dearato, divenne
molto amico con il Re Anco. Era beneerante con il popolo e offrima molte
elargizioni. Divenne il primo re etrusco per votazione unanime del popolo. Questo
dimostrò come Roma fosse aperta mentalmente agli stranieri.
Dionigi di Alicarnasso riporta come le origini del fascio littorio derivino da una
penetrazione culturale etrusca. I 12 fasci littori corrisponderebbero alla dodecapoli.
Dionigi di Alicarnasso riporta il famoso passo della celebre ambasceria romana
inviata ad Atene per studiare la legilsazione di Solone per redicere in furturo le XII
Tavole.
Simmaco riferisce: “abbiamo preso le armi dai Sanniti, le insegne dagli Etruschi, e
leggi dalla patria di Solone e di Licurgo”.
Nel Somnium Scipionis, l’Africano rivendica l’abilità romana di introiettare in sé le
migliori capacità straniere e poi rieleborarle e romanizarle fino a renderle migliori
che in passato.
Livio riporta l’erronea credenza di ritenere Numa come un allievo di Pitagora. Anche
Cicerone ritiene falsa questa notizia, infatti, Pitagora è contemporaneo di Tarquinio
il Superbo. La penetrazione pitagorica nella società romana fu vasta ad esempio
esimio pitagorico fu Appio Claudio il Cieco.
La consapevolezza romana dell’Italia
Roma non può intendersi senza Italia. Già lo pensavano Nevio (riguardo ai Volsci) e
Fabio Pittore (sulla ricchezza della Sabinia). La centralità della Storia di Roma su tutta
la storia italica è spiegata dalla spinta propulsiva e civilizzatrice che Roma donava nel
suo processo di urbanizzazione esteso a tutta la penisola.
Ma ciononostante Marco Porcio Catone, Gellio e Calpurnio Pisone ebbero una visine
dei popoli dell’Italia come essenziale. Catone però escludeva nel concetto di Italia le
isole ma comprendeva Veneti, Galli Cenomani e Liguri. L’Italia però non è sentita
unitaria è la somma di pluralità di ambienti, etnie. L’Italia come detto era pensata
continentalmente ed è dimostrato dal trattato con Cartagine del 306.
L’Italia dopo la guerra annibalica rinvendicherà il suo ruolo di essere compartecpe
dell’impero non un suddito.
Altro provvedimento testimoniante la presenza dell’Italia è la dura repressione dei
Bacchanaliia voluta dal senato, anche se non compare il termine Italia nel
senatusconsultum. Altra immagine è la pacificazione e la tolleranza diffusa da re
Numa.
Secondo Aulo Gellio Italoi indicano i buoi, molto abbondanti in Italia. Questa è la
derivazione dell’etimologia. Secondo Marco Porcio Catone i Sabini sarebbero
derivati da una colonia di Lacedemoni.
L’ellenizzazione
La conquista della Magna Grecia influenza la penetrazione del pensiero greco nella
cultura latina. Culti di derivazione greca come Cerere e Apollo sono introdotti fra la
plebe urbana. Il tempio di Cerere diventare uno dei simboli della lotta sociale dei
plebei. Altri culti introdotti sono quelli di Esculapio e il culto della Magna Mater:
sono i simboli dell’assimilazione nel cuto politeista degli dei greci nel pantheon di
quelli romani.
Compartamenti raffinati di matrice greca determinano un allontanamento
progressivo dalla vita politica determinando un clima di rispetto almeno all’inizio per
la conquista greca. Ora anche l’uomo politico-cittadino verrà educato in base a
dettami pedagogici greci.
Secondo Livio il costume dell’astuzia dei greci superò quello quello onesto del mos
maiorum.
Tiberio Gracco ebbe precettori grci dimostrando come l’uomo politico romano si
adattava alla cultura superiore dei greci. Infatti Tiberio era molto influenzato dal
retore Diofane e dal filosofo Blossio (il quale partecipò alla rivolta di Blossio).
Il filosofo Carneade e lo storico Diogene ebbero fama spropositata durate una loro
ambasceria a Roma.
Catone invece scriveva al figlio che i greci fossero malvagi incorregibili.
L’integrazione progressiva
I Romani adattarono la conquista in base alle popolazioni con cui entrarono in
contatto.
La conquista dell’egemonia del Latium vetus è associabile alla politica di stipulazioni
di foedus con le popolazioni latine. Ne sono simboi il tempio di Diana sull’Aventino
da parte d Servio Tullio e il foedus Cassianum (garantirà un secolo alternato di pace
con anche la collaborazione di deduzioni di colonie nel Lazio). Alla fine Latini e
Campani saranno assorbiti dopo la guerra latina del 340/ 338 a.C.
Le guerre condotte furono dure dcome riporta Duride di Samo riguardo alla 3°
guerra sannitica e dalla parole di Manio Curio sulla conquista della Sabina. Fabio
Pittore penserà alla conquista della Sabina come il primo approccio alla ricchezza da
parte di Roma. I Romani assimilavano anche le tattiche dei Sanniti in modo da far
proprio un schema tattico straniero e poi potenziarlo.
La modalità di regolamentazione giurdica delle città era regolato sula cittadinanza
ossia la concessione della piena cittadinanza, o di civitas sine suffraggio. Roma
garantisce ai vinti i diritti del vincitore. Questo è il caso di Tuscolo ma questo istema
viene messo in forte agitazione dagli Equi. Ma la scelta di Roma sarà una scelta
fortemente imperialista come è testimoniato dal discorso di Appio Claudio il Cieco.
L’elemeto principale di integrazione “latina” o “romanizzata” è la deduzione di
colonie. In 150 anni Roma dedurrà da Cale fino ad Aquileia motissime colonie latine
(ricevava appezzamenti di terra in cambio di una rinuncia alla cittadinanza). La
romanizzazione si manifestava soprattutto con il processo di urbanizzazione
diffondendo così il modello di vita latino e dlla lingua latina. La latinizzazione si
accentuerrà dopo la guerra sociale.
In seguito Roma assunse una politica di dominio nei confronti delle popolazioni
esterne ai domini italiani, dove la stessa Roma dopo la guerra annibalica dimostrerà
di essere attanagliata dal lusso e dalle ricchezze in modo negativo. La durezza della
conquista è ben illustrata dalla distruzione di Cartagine da parte di Scipione
emiliano, dal passo di Catone sulla distruzione di Cartagine, dai provvedimenti di
Lucio Mummio contro le città greche dopo poco tempo dal proclama di libertà di
Tito Quinzio Flamino alle polis greche. Altri elementi di efferatezza sono i vespri
Asiatici voluti da Mitridate e la strage di Cirta durante la guerra giugurtina. Altri
elementi di contrasto sono la discussione a Roma della concessione della
cittadinanza ai popoli italici che rivendicano maggiori diritti e meno obblighi. La
guerra sociale convaliderà le loro richieste.
Syme in seguito parlerà di rivoluzoine romana, ossia l’ascesa delle plebe rurali
tramite l’arruolamento olontario degli eserciti e la trasformazione dell’elites sociali
dovute all’istituzioni municipali espleteranno definitivamente il processo di
romanizzazione. Plinio metteve in luce la raggiunta unità linguistica, per Stabone
invece l’Italia è la base operativa di un progetto egemonico internazionale.
Servio tullio secondo Dionifi di Alicarnasso fondò il tempio di Artemide sull’Aventino
per dimostrare la fratellanza esistente fra tutti i popoli latini e quello romano.
Addirittura riporta che le leggi scritte su tavole di bronzo fossero scritte in greco.
Il Foedus Cassianum è ideato fra Latini e Romani per respingere la minaccia celtica.
I Romani copiarono i Sanniti nell’uso dello scudo lungo e di un forte cavalleria. Ad
esempio Polibio riporta come i Romani abbiano copiato l’uso della cavalleria greca
agli stessi greci ma anche per la cavalleria. I Romani imitavano cambiando in meglio.
Marco Furio Camillo richiama una politica militare di concessione dei diritti ai vinti in
mdo tale da inglobarli successivamente. Dionigi riporta il caso di mancata
repressione di Tuscolo, infatti, i Romani concessero una rispettiva divisione dei beni
con i Tuscolani.
Appio Claudio rifiutò le condizioni di pace di Pirro ritenendole alquanto svantaggiose
ed esortando gli altri senatori a cambiare opinione. Egli cieco lamentò il fatto di non
aver perso l’udito piuttosto che la vista dato che molti senatori erano intenti ad
accettare le condizioni di pace di Pirro.
Cicerone considera la colonia come “un baluardo del nostro impero” (de Lege
agraria). Orazio nei Sermones indica come i Romani abbiano fondato Venosa in un
territorio molto ostile e bellicoso sottolineando come Venosa era uno snodo
coloniale davvero rilevate per la difesa. Velleio Paternolo individuava nella colonia la
“creazione di una comunità unita sul piano del diritto”.
Le guerre transamarine secondo Floro furono santi e pii senza malvagità ma dall’età
della distruzione di Cartagine, di Corinto e di Numanzia furono si gloriose ma piene
di acredini intestine. Le ricchezze confiscate dagli stati conquistati ridussero a una
fogna la stessa Roma, corrotta oramai dai suoi vizi.
Il passo di Plutarco inerente alla ricerca della cause della distruzione di Cartagine
indicava i due filoni interpretativi sull’esistenza dell’eterna rivale di Roma. Catone il
Censore era rimasto estasiato dalla prosperità e dalla ripresa della città africana fino
a portare dei fichi in senato e ammirati da tutti ssotenne la causa di “Cartago
delenda est” ossia la paura di un così florido nemico incentivava la logica
imperialista. Invece Scipione Nasica sosteneva la causa del metus hostilis ossia la
presenza di un nemico così potente doveva incutere timore a una società che
oramai si prestava a costumi corrotti come Roma e doveva costituire uno sprone a
una maggiore morigeratezza. Alla fine prevarrà la logica imperialista repubblicana.
Sallustio racconta il famoso eccidio di Cirta subito da Aderbale e dai negotiatores
italici durante la guerra giugurtina, compiuto, invece, dal tirannico Giugurta.
L’episodio dei Vespri Asiatici fu l’eccidio di negotiaores italici in Asia Minore
orchestrato da Mitridate re del Ponto. Furono uccisi fra i 80.000 e i 150.000
negotiatores italici. Le città dove si comoì l’eccidio era Efeso, Pergamo, Adramitto.
Questi misfatti furono compiuti come esempio dell’odio verso la dominazione
romana.
Secondo Asconio una delle cause principale della guerra sociale era che alcuni popoli
d’Italia si erano infiltrati a Roma e aveva desiderio del possesso della cittadinanza
romana ma scoperti in quanto cladestini furono ricacciati nelle proprie aree di
origine. Velleio Patercolo racconta come i soci italici prestavano ingenti contingenti
militari a Roma durante le campagne imperialiste. Gli italici richiedevano la
cittadinanza dato i rischi che correvano gli italici durante i conflitti ma soprattutto
poiché volevano essere comparteci dell’impero e non considerati dei sudditi. Vlleio
Patercolo racconta anche le imprese di Ponzio Telesino, che condusse fieramente il
popolo sannita durante la guerra civile del 83/82 a.C. a Roma. Ponzio Telesino è
descritto con tratti eroici dato il suo profondo odio per Roma, alla fine, nella
Battaglia di Porta Collina verrà sbaragliato dalle truppe di Silla che in seguito
condurranno la decimazione del popolo sannita.
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