DOCUMENTO 1 – II LS I documenti vanno analizzati, ponendo una

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DOCUMENTO 1 – II LS
I documenti vanno analizzati, ponendo una particolare attenzione agli aspetti sociali
che permettono di rilevare.
Publio Valerio Publicola
Personaggio appartenente più alla leggenda che alla storia, partecipò alla rivolta che destituì
Tarquinio il Superbo instaurando la Repubblica.
Subentrò nel consolato a Collatino, quando questi fu esiliato poco dopo la nomina a causa
della sua parentela con i Tarquinii.
Comandò la fanteria contro l'esercito etrusco che attaccava Roma per ristabilire la
monarchia.
Vincitore anche sui Veienti e sui Sabini (504), fu autore di leggi liberali, tuttavia la sua grande
popolarità gli attirò sospetti di aspirazione alla tirannide; secondo Cicerone (de Re. II, XXXI)
sviò i sospetti con vari accorgimenti fra cui quello di trasferire la propria abitazione in un
quartiere popolare. Tuttavia pare che alcune vicende siano state confuse con quelle di un
omonimo Valerio Publicola console nel 460 a.C.
Console suffectus nel 509 a.C.
Console nel 508 a.C. con Tito Lucrezio.
Console nel 506 a.C. con Publio Lucrezio.
Console nel 504 a.C. con Tito Lucrezio.
Morì nel 503.
Plutarco scrisse la sua biografia in Vite Parallele.
POLIBIO, QUELLA ROMANA, UNA COSTITUZIONE MISTA E QUINDI PERFETTA
Fra le “costituzioni miste” era celebre quella spartana; ma per Polibio nella costituzione
romana l’equilibrio fra i poteri è molto maggiore. La struttura del potere e il rapporto fra lo Stato
e il popolo sono tali da rendere la città di Roma invincibile.
Storie, VI, 11, 18
1 Come ho detto sopra, tre erano gli organi dello stato che si spartivano l’autorità; il loro
potere era cosí ben diviso e distribuito, che neppure i Romani avrebbero potuto dire con
sicurezza se il loro governo fosse nel complesso aristocratico, democratico, o monarchico. Né
è il caso di meravigliarsene, perché considerando il potere dei consoli, si sarebbe detto lo stato
romano di forma monarchica, valutando quello del senato lo si sarebbe detto aristocratico; se
qualcuno infine avesse considerato l’autorità del popolo, senz’altro avrebbe definito lo stato
romano democratico.
[...]
2 I singoli organi del governo possono dunque danneggiarsi a vicenda o collaborare fra loro;
il rapporto fra le diverse autorità è cosí ben congegnato, che non è possibile trovare una
costituzione migliore di quella romana. Quando infatti un pericolo comune sovrasti dall’esterno
e costringa i Romani a una concorde collaborazione, lo Stato acquista tale e tanto potere, che
nulla viene trascurato, anzi tutti compiono quanto è necessario e i provvedimenti non risultano
mai presi in ritardo, poiché ogni cittadino singolarmente e collettivamente collabora alla loro
attuazione. Ne segue che i Romani sono insuperabili e la loro costituzione è perfetta sotto tutti
i riguardi. Quando poi, liberati dai timori esterni, essi godono del benessere seguito ai loro
fortunati successi e vivono in pace, se nell’ozio e nella tranquillità, come suole accadere,
qualcuno si abbandona alla prepotenza e alla superbia, subito la costituzione interviene a
difendere l’autorità dello Stato. Se difatti uno degli organi che lo costituiscono diventa troppo
potente in confronto agli altri e agisce con tracotanza, non essendo esso indipendente come
abbiamo detto, ma essendo i singoli organi legati l’uno all’altro e controllati nella loro azione,
nessuno di essi può agire con violenza e di propria iniziativa. Ciascuno dunque si tiene nei
limiti prescritti o perché non riesce ad attuare i suoi piani o perché fin da principio teme il
controllo degli altri.
(Polibio, Storie, Mondadori, Milano, 1970, vol. II, pagg. 100, 104-105)
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