FONDAZIONE PER LA SUSSIDIARIETÀ - FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE LA POVERTÀ ALIMENTARE IN ITALIA PRIMA INDAGINE QUANTITATIVA E QUALITATIVA (Roma, 8 ottobre 2009) INTERVENTO DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO ON. CLAUDIO SCAJOLA Presidente Vittadini, Eminenza Reverendissima, Presidente Schifani, Signore e Signori, questa significativa e meritoria iniziativa, promossa dalla “Fondazione per la Sussidiarietà”, in collaborazione con l’Università Cattolica e l’Università Bicocca di Milano, rappresenta una preziosa e tempestiva occasione di riflessione comune sulla povertà alimentare in Italia, sulla reale dimensione di questo grave fenomeno, sui possibili strumenti per farvi fronte. Ho particolarmente apprezzato l’indagine oggi presentata, perché, per la prima volta, viene fornito un quadro, fedele ed aggiornato, della povertà alimentare nel nostro Paese. La società contemporanea rischia di smarrire il valore fondante e la prassi antica del “vivere comune e solidale”, per un esasperato consumismo ed un cinico individualismo, che spinge le persone alla cura esclusiva dei propri interessi, se non addirittura al puro edonismo. La stessa crisi finanziaria ha accentuato la deriva etica indotta dai processi di globalizzazione dei mercati, che – se non governati – rischiano di aggravare il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri e, all’interno dei singoli Paesi, tra ceti abbienti ed indigenti. Ecco perché dall’attuale fase di difficoltà economica possiamo e dobbiamo trarre alcuni utili insegnamenti. 1 La prima lezione riguarda una verità semplice, spesso dimenticata. La condizione di benessere – di cui hanno goduto per decenni ed ancora godono le società occidentali – non deve ritenersi acquisita per sempre. Per questo, occorre attuare, nell’interesse generale, nuove e programmate politiche di sviluppo economico, attente e responsabili, che promuovano una crescita sostenibile e un utilizzo corretto delle risorse naturali ancora disponibili. La seconda lezione, rivolta ai responsabili della cosa pubblica, ammonisce che non vi potrà essere crescita reale e duratura senza il rispetto delle regole e senza un efficace sistema di controlli. La spregiudicatezza di alcuni nell’operare sui mercati internazionali, specie delle materie prime, ha dimostrato quali negativi effetti possa causare un uso “amorale” o “immorale” della finanza internazionale. Così la violazione dei basilari principi di correttezza, prudenza e trasparenza ha determinato la più grande crisi economica del secondo dopo guerra, di cui – come sempre accade – hanno risentito maggiormente le fasce sociali più esposte, più deboli e più indifese. La rapidità, poi, con cui tutti i mercati finanziari sono stati contagiati dalla crisi ha confermato l’elevato grado di integrazione ed interdipendenza dei sistemi socioeconomici in cui viviamo, mostrandoci, con chiarezza come ogni situazione critica – anche quella apparentemente più lontana – possa riflettersi, in modo repentino, sulle nostre abitudini quotidiane. Per questa ragione, fornire risposte concrete al miliardo e 400 milioni di persone che, nel mondo, secondo il “rapporto ONU 2008 sugli obiettivi del millennio”, vivono con meno di un dollaro al giorno, non è solo doveroso sotto il profilo morale, ma è sempre più necessario dal punto di vista della tenuta economica complessiva. L’effetto congiunto della caduta della domanda aggregata e della sfiducia nel futuro può produrre disoccupazione crescente, disagi sociali, diffondendo ulteriormente la povertà. 2 Liberare dallo stato di indigenza questa consistente quota della popolazione mondiale consentirebbe di avviare un volano virtuoso, capace di produrre effetti positivi e durevoli anche per le nostre economie. E’ un obiettivo possibile e realistico: non è un’utopia. Certo, è necessario l’intervento concreto, coordinato e responsabile di tutti i Governi, che devono ripristinare regole certe e massicci interventi di sostegno. Non meno strategica appare l’attività solidale di tutte le persone maggiormente sensibili alle esigenze dei più bisognosi, nella consapevolezza che la solidarietà ormai non è più un’opzione, ma una necessità. Con preveggente lungimiranza, Papa Paolo VI, nella “Populorum progressio”, aveva intuito già nel 1967 che il meccanismo dell’economia moderna, “lasciato a se stesso, è tale da portare il mondo verso un aggravamento e non verso un’attenuazione della disparità dei livelli di vita: i popoli ricchi godono di una crescita rapida, mentre lento è il ritmo di sviluppo di quelli poveri. Aumenta lo squilibrio: certuni producono in eccedenza beni alimentari, di cui altri soffrono atrocemente la mancanza; e questi ultimi vedono rese incerte le loro esportazioni”. Questo alto ammonimento pontificio, fulcro della dottrina sociale della Chiesa, ripreso recentemente anche nella “Caritas in veritate” da Papa Benedetto XVI, deve indurci a riflessioni operative. Nelle economie più sviluppate deve radicarsi, sempre più, la consapevolezza che solo un’equa distribuzione delle ricchezze consentirà di raggiungere un maggiore benessere globale e che gli aiuti ai più indigenti possono assicurare maggiore stabilità e più coesione sociale, a vantaggio di tutti. *** Gentili Signore e Signori, economia ed etica devono essere coniugate in maniera armonica e concreta. 3 È urgente rendere i mercati più trasparenti e concorrenziali, affinché i meccanismi di determinazione dei prezzi dei beni siano ispirati ad una sana e costruttiva concorrenza, abbandonando miopie protezionistiche e nazionalismi economici fuori luogo. Nelle economie occidentali deve affermarsi pienamente la coscienza che le risorse disponibili sono limitate e vanno utilizzate in maniera più equa, più razionale e più diffusa. Ciò non significa, vorrei essere chiaro, assoggettare l’azione degli operatori economici ad una logica esclusivamente di carattere morale, ma aumentare il senso di una responsabilità comune, di una solidarietà sociale. Su questo fronte, la promozione di comportamenti di consumo, individuali e collettivi, più responsabili e l’uso appropriato delle moderne tecnologie possono consentire enormi risparmi, liberando molte risorse a beneficio di coloro che vivono quella che già Papa Leone XIII, nella Rerum novarum, definiva la “miseria immeritata”. Il connubio tra etica ed economia non si realizza, infatti, imponendo alle imprese di rinunciare alla ricerca di un equo profitto, ma facendo divenire questa ricerca lo strumento per innalzare il livello di benessere complessivo della collettività. Ne è un esempio straordinario l’esperienza del microcredito, maturata in molti Paesi in via di sviluppo, nei quali le particolari modalità di erogazione del credito, senza negare la natura imprenditoriale dell’attività bancaria, hanno reso possibile il miglioramento dal basso delle condizioni di vita di migliaia di famiglie indigenti. Il “banchiere dei poveri”, il bengalese Yanus, Premio Nobel per la pace 2006, percorrendo a piedi centinaia di villaggi del poverissimo Bangladesh, con piccolissimi prestiti erogati sulla fiducia, ha dato una prospettiva di riscatto dalla povertà a migliaia di famiglie. *** Illustri ospiti, la ricerca che oggi viene presentata mette in evidenza tutta la fondatezza di questa prospettiva di un’economia dal volto umano. 4 Ma dimostra anche che tutte queste problematiche, lungi dall’essere astratte, non riguardano solo Paesi remoti, con strutture economiche e sociali arretrate. Anche qui da noi, in Italia, stiamo soffrendo il drammatico paradosso della “scarsità nell’abbondanza”, in misura più ampia di quanto comunemente si possa immaginare. Il Vostro studio, grazie proprio alla capillarità della ricerca, basata sui dati degli 8.000 enti caritativi serviti dalla Rete Banco Alimentare, presenta un quadro attualissimo e concreto delle povertà in Italia. Si è potuto accertare, grazie alla Vostra presenza sul territorio, che nel 2007 erano più di un milione (cioè il 4,4% della popolazione) le famiglie “alimentarmente” povere, che riuscivano a destinare al cibo solo 155 euro al mese. Si tratta, per lo più, di famiglie numerose, anziani soli o in coppia, famiglie con un solo genitore, nuclei con capifamiglia disoccupati o in cerca di prima occupazione o con modesti livelli di istruzione. Famiglie che vivono in affitto o devono accudire malati gravi o cronici. La povertà, in questi drammatici casi, viene concepita quasi come un dato naturale, spesso vissuta con rassegnazione e in totale solitudine, a volte provocata dalla rottura dei legami familiari, da una serie di disagi stratificatisi nel tempo o dal peso insopportabile dei debiti. Insomma, si è poveri perché si è isolati, abbandonati, alla deriva. “Poveri perché soli”! Proprio nella società della comunicazione, l’isolamento è una delle principali cause da rimuovere: un particolare tipo di solitudine, cui solo il rapporto interpersonale può recare sollievo. Occorre il calore umano della solidarietà. Per questo, dobbiamo sostenere le persone illuminate e impegnate nel sociale, che mettono la loro esperienza, il loro 5 patrimonio intellettuale e, spesso, le proprie stesse “braccia”, in senso fisico, al servizio di chi più ha bisogno. Nell’incombente deserto dei valori, dobbiamo saper attingere a questo straordinario patrimonio di humanitas, a questa miniera ideale, che si identifica con l’impegno costante non solo di chi offre gli indispensabili aiuti materiali, ma anche di chi spende il proprio tempo nell’incontrare gli altri, nel far propri i loro problemi, nel suggerire nuovi stili di vita, generando benefici anche all’intera comunità. Una ricchezza questa, che nessun prodotto interno lordo riuscirà mai a quantificare! Ecco come un’analisi sulle cause della povertà può rivelarsi di concreta utilità e fornire risposte reali ai problemi delle persone bisognose. Ecco come un rinnovato riferimento all’etica nel “fare economia ed impresa” può irradiarsi, moltiplicarsi e tradursi in una solidarietà “vera” verso i più poveri. Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare! Il Governo Berlusconi ha fatto e farà la sua parte, per far sì che la nostra società cresca e si sviluppi in modo armonico ed equilibrato. Nei mesi scorsi sono stati varati strumenti innovativi come la Carta Acquisti, il Bonus Fiscale e i Bonus per l’Elettricità e il Gas per sostenere i bisogni primari delle famiglie indigenti e numerose. Soprattutto, in questa delicata fase congiunturale – desidero sottolinearlo – non abbiamo lasciato e non lasceremo indietro nessuno! Attueremo, pertanto, con profonda convinzione, il primario principio di sussidiarietà, un cardine nelle politiche di tutte le società democratiche più avanzate: valorizzeremo e sosterremo tutte quelle forme associative private, che – come la Vostra – intendono promuovere lo sviluppo e migliorare la qualità di vita dei più deboli. Al Vostro fianco ci sarà sempre lo Stato, la “nostra” Repubblica democratica, pronta ad intervenire, allorché la sua azione risulti realmente insostituibile. 6 Mi riferisco in particolare, alla promozione di concrete politiche lavorative in grado di reinserire nel mondo del lavoro i disoccupati e offrire soprattutto ai giovani il primo e indispensabile strumento per scongiurare la povertà: l’occupazione. Occorre anche valorizzare quelle sinergie virtuose ed efficaci fra istituzioni e privati, capaci di attuare concreti, capillari ed innovativi progetti di sviluppo. Desidero, in conclusione, esprimere a titolo personale ed a nome del Governo italiano, il più vivo apprezzamento per questo studio e per tutte le Vostre iniziative, che confermano che Voi siete l’avanguardia della solidarietà, in grado di comprendere l’essenza dei fenomeni in corso, di individuarne le probabili linee di sviluppo e di garantire concrete ed adeguate soluzioni. A Voi tutti rivolgo un convinto ringraziamento e un forte incoraggiamento a proseguire il Vostro meraviglioso servizio ai più bisognosi e al nostro Paese! 7