20091007 convegno povertà ore 19 A4

FONDAZIONE PER LA SUSSIDIARIETÀ - FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE
LA POVERTÀ ALIMENTARE IN ITALIA
PRIMA INDAGINE QUANTITATIVA E QUALITATIVA
(Roma, 8 ottobre 2009)
INTERVENTO
DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
ON. CLAUDIO SCAJOLA
Presidente Vittadini,
Eminenza Reverendissima,
Presidente Schifani,
Signore e Signori,
questa significativa e meritoria iniziativa, promossa dalla
“Fondazione per la Sussidiarietà”, in collaborazione con l’Università
Cattolica e l’Università Bicocca di Milano, rappresenta una preziosa
e tempestiva occasione di riflessione comune sulla povertà
alimentare in Italia, sulla reale dimensione di questo grave fenomeno,
sui possibili strumenti per farvi fronte.
Ho particolarmente apprezzato l’indagine oggi presentata,
perché, per la prima volta, viene fornito un quadro, fedele ed
aggiornato, della povertà alimentare nel nostro Paese.
La società contemporanea rischia di smarrire il valore fondante
e la prassi antica del “vivere comune e solidale”, per un esasperato
consumismo ed un cinico individualismo, che spinge le persone alla
cura esclusiva dei propri interessi, se non addirittura al puro
edonismo.
La stessa crisi finanziaria ha accentuato la deriva etica indotta
dai processi di globalizzazione dei mercati, che – se non governati –
rischiano di aggravare il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri e,
all’interno dei singoli Paesi, tra ceti abbienti ed indigenti.
Ecco perché dall’attuale fase di difficoltà economica possiamo e
dobbiamo trarre alcuni utili insegnamenti.
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La prima lezione riguarda una verità semplice, spesso
dimenticata.
La condizione di benessere – di cui hanno goduto per decenni
ed ancora godono le società occidentali – non deve ritenersi acquisita
per sempre.
Per questo, occorre attuare, nell’interesse generale, nuove e
programmate politiche di sviluppo economico, attente e responsabili,
che promuovano una crescita sostenibile e un utilizzo corretto delle
risorse naturali ancora disponibili.
La seconda lezione, rivolta ai responsabili della cosa pubblica,
ammonisce che non vi potrà essere crescita reale e duratura senza il
rispetto delle regole e senza un efficace sistema di controlli.
La spregiudicatezza di alcuni nell’operare sui mercati
internazionali, specie delle materie prime, ha dimostrato quali
negativi effetti possa causare un uso “amorale” o “immorale” della
finanza internazionale.
Così la violazione dei basilari principi di correttezza, prudenza e
trasparenza ha determinato la più grande crisi economica del secondo
dopo guerra, di cui – come sempre accade – hanno risentito
maggiormente le fasce sociali più esposte, più deboli e più indifese.
La rapidità, poi, con cui tutti i mercati finanziari sono stati
contagiati dalla crisi ha confermato l’elevato grado di integrazione
ed interdipendenza dei sistemi socioeconomici in cui viviamo,
mostrandoci, con chiarezza come ogni situazione critica – anche
quella apparentemente più lontana – possa riflettersi, in modo
repentino, sulle nostre abitudini quotidiane.
Per questa ragione, fornire risposte concrete al miliardo e 400
milioni di persone che, nel mondo, secondo il “rapporto ONU 2008
sugli obiettivi del millennio”, vivono con meno di un dollaro al
giorno, non è solo doveroso sotto il profilo morale, ma è sempre più
necessario dal punto di vista della tenuta economica complessiva.
L’effetto congiunto della caduta della domanda aggregata e
della sfiducia nel futuro può produrre disoccupazione crescente,
disagi sociali, diffondendo ulteriormente la povertà.
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Liberare dallo stato di indigenza questa consistente quota della
popolazione mondiale consentirebbe di avviare un volano virtuoso,
capace di produrre effetti positivi e durevoli anche per le nostre
economie.
E’ un obiettivo possibile e realistico: non è un’utopia.
Certo, è necessario l’intervento concreto, coordinato e
responsabile di tutti i Governi, che devono ripristinare regole certe e
massicci interventi di sostegno.
Non meno strategica appare l’attività solidale di tutte le persone
maggiormente sensibili alle esigenze dei più bisognosi, nella
consapevolezza che la solidarietà ormai non è più un’opzione, ma
una necessità.
Con preveggente lungimiranza, Papa Paolo VI, nella
“Populorum progressio”, aveva intuito già nel 1967 che il
meccanismo dell’economia moderna, “lasciato a se stesso, è tale da
portare il mondo verso un aggravamento e non verso
un’attenuazione della disparità dei livelli di vita: i popoli ricchi
godono di una crescita rapida, mentre lento è il ritmo di sviluppo di
quelli poveri. Aumenta lo squilibrio: certuni producono in eccedenza
beni alimentari, di cui altri soffrono atrocemente la mancanza; e
questi ultimi vedono rese incerte le loro esportazioni”.
Questo alto ammonimento pontificio, fulcro della dottrina
sociale della Chiesa, ripreso recentemente anche nella “Caritas in
veritate” da Papa Benedetto XVI, deve indurci a riflessioni
operative.
Nelle economie più sviluppate deve radicarsi, sempre più, la
consapevolezza che solo un’equa distribuzione delle ricchezze
consentirà di raggiungere un maggiore benessere globale e che gli
aiuti ai più indigenti possono assicurare maggiore stabilità e più
coesione sociale, a vantaggio di tutti.
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Gentili Signore e Signori,
economia ed etica devono essere coniugate in maniera armonica
e concreta.
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È urgente rendere i mercati più trasparenti e concorrenziali,
affinché i meccanismi di determinazione dei prezzi dei beni siano
ispirati ad una sana e costruttiva concorrenza, abbandonando miopie
protezionistiche e nazionalismi economici fuori luogo.
Nelle economie occidentali deve affermarsi pienamente la
coscienza che le risorse disponibili sono limitate e vanno utilizzate
in maniera più equa, più razionale e più diffusa.
Ciò non significa, vorrei essere chiaro, assoggettare l’azione
degli operatori economici ad una logica esclusivamente di
carattere morale, ma aumentare il senso di una responsabilità
comune, di una solidarietà sociale.
Su questo fronte, la promozione di comportamenti di consumo,
individuali e collettivi, più responsabili e l’uso appropriato delle
moderne tecnologie possono consentire enormi risparmi, liberando
molte risorse a beneficio di coloro che vivono quella che già Papa
Leone XIII, nella Rerum novarum, definiva la “miseria immeritata”.
Il connubio tra etica ed economia non si realizza, infatti,
imponendo alle imprese di rinunciare alla ricerca di un equo
profitto, ma facendo divenire questa ricerca lo strumento per
innalzare il livello di benessere complessivo della collettività.
Ne è un esempio straordinario l’esperienza del microcredito,
maturata in molti Paesi in via di sviluppo, nei quali le particolari
modalità di erogazione del credito, senza negare la natura
imprenditoriale dell’attività bancaria, hanno reso possibile il
miglioramento dal basso delle condizioni di vita di migliaia di
famiglie indigenti.
Il “banchiere dei poveri”, il bengalese Yanus, Premio Nobel
per la pace 2006, percorrendo a piedi centinaia di villaggi del
poverissimo Bangladesh, con piccolissimi prestiti erogati sulla
fiducia, ha dato una prospettiva di riscatto dalla povertà a migliaia
di famiglie.
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Illustri ospiti,
la ricerca che oggi viene presentata mette in evidenza tutta la
fondatezza di questa prospettiva di un’economia dal volto umano.
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Ma dimostra anche che tutte queste problematiche, lungi
dall’essere astratte, non riguardano solo Paesi remoti, con strutture
economiche e sociali arretrate.
Anche qui da noi, in Italia, stiamo soffrendo il drammatico
paradosso della “scarsità nell’abbondanza”, in misura più ampia di
quanto comunemente si possa immaginare.
Il Vostro studio, grazie proprio alla capillarità della ricerca,
basata sui dati degli 8.000 enti caritativi serviti dalla Rete Banco
Alimentare, presenta un quadro attualissimo e concreto delle povertà
in Italia.
Si è potuto accertare, grazie alla Vostra presenza sul territorio,
che nel 2007 erano più di un milione (cioè il 4,4% della popolazione)
le famiglie “alimentarmente” povere, che riuscivano a destinare
al cibo solo 155 euro al mese.
Si tratta, per lo più, di famiglie numerose, anziani soli o in
coppia, famiglie con un solo genitore, nuclei con capifamiglia
disoccupati o in cerca di prima occupazione o con modesti livelli di
istruzione.
Famiglie che vivono in affitto o devono accudire malati gravi o
cronici.
La povertà, in questi drammatici casi, viene concepita quasi
come un dato naturale, spesso vissuta con rassegnazione e in totale
solitudine, a volte provocata dalla rottura dei legami familiari, da una
serie di disagi stratificatisi nel tempo o dal peso insopportabile dei
debiti.
Insomma, si è poveri perché si è isolati, abbandonati, alla
deriva.
“Poveri perché soli”!
Proprio nella società della comunicazione, l’isolamento è
una delle principali cause da rimuovere: un particolare tipo di
solitudine, cui solo il rapporto interpersonale può recare sollievo.
Occorre il calore umano della solidarietà.
Per questo, dobbiamo sostenere le persone illuminate e
impegnate nel sociale, che mettono la loro esperienza, il loro
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patrimonio intellettuale e, spesso, le proprie stesse “braccia”, in senso
fisico, al servizio di chi più ha bisogno.
Nell’incombente deserto dei valori, dobbiamo saper attingere a
questo straordinario patrimonio di humanitas, a questa miniera
ideale, che si identifica con l’impegno costante non solo di chi offre
gli indispensabili aiuti materiali, ma anche di chi spende il proprio
tempo nell’incontrare gli altri, nel far propri i loro problemi, nel
suggerire nuovi stili di vita, generando benefici anche all’intera
comunità.
Una ricchezza questa, che nessun prodotto interno lordo
riuscirà mai a quantificare!
Ecco come un’analisi sulle cause della povertà può rivelarsi di
concreta utilità e fornire risposte reali ai problemi delle persone
bisognose.
Ecco come un rinnovato riferimento all’etica nel “fare economia
ed impresa” può irradiarsi, moltiplicarsi e tradursi in una solidarietà
“vera” verso i più poveri.
Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare!
Il Governo Berlusconi ha fatto e farà la sua parte, per far sì che
la nostra società cresca e si sviluppi in modo armonico ed equilibrato.
Nei mesi scorsi sono stati varati strumenti innovativi come la
Carta Acquisti, il Bonus Fiscale e i Bonus per l’Elettricità e il Gas
per sostenere i bisogni primari delle famiglie indigenti e numerose.
Soprattutto, in questa delicata fase congiunturale – desidero
sottolinearlo – non abbiamo lasciato e non lasceremo indietro
nessuno!
Attueremo, pertanto, con profonda convinzione, il primario
principio di sussidiarietà, un cardine nelle politiche di tutte le
società democratiche più avanzate: valorizzeremo e sosterremo tutte
quelle forme associative private, che – come la Vostra – intendono
promuovere lo sviluppo e migliorare la qualità di vita dei più deboli.
Al Vostro fianco ci sarà sempre lo Stato, la “nostra”
Repubblica democratica, pronta ad intervenire, allorché la sua azione
risulti realmente insostituibile.
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Mi riferisco in particolare, alla promozione di concrete politiche
lavorative in grado di reinserire nel mondo del lavoro i disoccupati e
offrire soprattutto ai giovani il primo e indispensabile strumento per
scongiurare la povertà: l’occupazione.
Occorre anche valorizzare quelle sinergie virtuose ed efficaci
fra istituzioni e privati, capaci di attuare concreti, capillari ed
innovativi progetti di sviluppo.
Desidero, in conclusione, esprimere a titolo personale ed a nome
del Governo italiano, il più vivo apprezzamento per questo studio e
per tutte le Vostre iniziative, che confermano che Voi siete
l’avanguardia della solidarietà, in grado di comprendere l’essenza
dei fenomeni in corso, di individuarne le probabili linee di sviluppo e
di garantire concrete ed adeguate soluzioni.
A Voi tutti rivolgo un convinto ringraziamento e un forte
incoraggiamento a proseguire il Vostro meraviglioso servizio ai più
bisognosi e al nostro Paese!
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