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Giorgio Pitzalis – Maddalena Lucibello
GIUSTOPESO.IT
Argomenti di alimentazione
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Alimentazione e comportamento
7
Le intolleranze alimentari
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Educare mangiando
23
Diamo un “calcio” alla dieta!
39
Integratori alimentari, sì o no?
47
Tante diete… ma quale deve essere “la” dieta?
53
Figli a dieta?
67
Calmiamo la fame di “integratori”?
77
Dieta dissociata? No, grazie!
85
Lo sportivo a tavola
93
Meglio i probiotici ,i prebiotici o i simbiotici?
111
Adolescenza e disturbi alimentari
117
Alimentazione e ferro
127
Cosa mangia a scuola tuo figlio?
137
Le bevi tutte?
143
L’alimentazione nel trattamento dell’iperlipidemia
155
Allegati
171
Bibliografia
185
Alimentazione e comportamento
Nella vita, metà degli insuccessi
derivano dall’aver tirato le redini
al proprio cavallo mentre saltava.
( Julius e Augustus Hare)
Scusa se mi rivolgo a te direttamente, ma ho poco tempo: devo
catturare e trattenere la tua attenzione quanto più possibile.
Sono questi tempi frenetici e densi di informazioni, immagini,
suoni, emozioni che colpiscono la nostra mente. Bene: qui si
parla di educazione, educazione alimentare. Attento, ti importa
e ti importerà fino all’ultimo tuo respiro! Non credo che leggerai
mai un testo erudito di nutrizione, ma è necessario, anzi indispensabile per tutti noi, imparare a mangiare. Perché altrimenti
sarai un soggetto passivo e dipendente dalle mode alimentari.
Cosa vuoi fare? Continuo?
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Hai notato che la nutrizione influenza spesso il nostro comportamento?
Nelle antiche culture si trovano svariate notizie sulle proprietà magiche attribuite ai vari alimenti e sulla loro azione nel
favorire la forza o il coraggio, opinioni queste che persistono
in parte anche in epoca moderna; ad esempio, sulle proprietà
afrodisiache di certi cibi, sul rapporto iperattività e alimenti
dolci o sull’azione della liquirizia e del miele, considerati antidepressivi naturali.
Alimenti come le banane, il latte ed i formaggi in genere,
ma anche gli spinaci e le zucchine sono ricchi di tirosina (tranquillo, è solo un aminoacido). A cosa può essere utile? Sembra
essere in grado di ridurre ansia e agitazione.
In generale i carboidrati, rispetto alle proteine, esercitano
effetti sedativi. Fin da piccoli sappiamo cosa e quanto mangiare. Da piccoli, perché poi perdiamo contatto con i bisogni
alimentari a danno di pressioni esterne, mode e cattiva informazione.
Il cervello tiene conto della composizione dell’ultimo pasto
e decide circa le caratteristiche del pasto successivo.
Ora, negli individui obesi, la scelta della composizione dei
pasti è invece decisamente anomala. In particolare gli obesi golosi di cibi dolci sono meno depressi, mentre gli obesi non golosi
di cibi dolci diventano più depressi, oltre che molto più stanchi
e meno vigili. Si può quindi dire che gli obesi golosi effettuano
una vera e propria automedicazione, anche se involontaria.
Il triptofano (un altro aminoacido), presente tra l’altro nel
riso, funghi, frutta secca, uova, spinaci, è il precursore della serotonina. Ridotti livelli di serotonina sono associati a depressione, insonnia, irritabilità e mancanza di memoria. L’alimentazione può, quindi, avere un’influenza diretta su questi disturbi.
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È importante seguire una dieta basata sul consumo di grandi
quantità di frutta e verdura cruda e carboidrati complessi. Le
verdure a foglia verde, come gli spinaci, sono ricche di acido
folico, indicato per la depressione, perché anch’essi aumentano
i livelli di serotonina nel cervello.
L’ipercinesia infantile è una sindrome piuttosto comune e
per la quale si è parlato di un possibile ruolo scatenante di certi alimenti. Si trovano in letteratura ricerche sul ruolo causale
del saccarosio (zucchero bianco) sull’iperattività del bambino.
In linea di massima gli studi appaiono concordi nel negare,
a differenza di quanto ritenuto in passato, un ruolo specifico
del saccarosio nella sindrome ipercinetica. Altri alimenti quali
il caffè, il tè, la cola, il cacao e gli energy drink sono invece
ritenuti eccitanti e possono essere responsabili di ipercinesia,
insonnia, tremori, tachicardia.
Se le proteine ed i carboidrati sono i fattori più importanti in grado di influenzare il comportamento umano, non deve
essere dimenticato che anche alcuni minerali, nonché molte
vitamine, sono stati spesso chiamati in causa, quando deficitari, come fattori implicati soprattutto nella genesi dei disturbi
dell’apprendimento e, in conseguenza di ciò, sono stati utilizzati, sulla base più o meno sperimentalmente dimostrata, nella
terapia di tali disturbi.
La carenza di ferro può incidere sul comportamento e sullo
sviluppo intellettivo del lattante e del bambino. Un effetto sul
comportamento è stato dimostrato anche dallo zinco, che entra
a far parte di oltre 200 enzimi. Ridotti livelli di zinco possono
provocare apatia, anoressia, depressione, deficit di memoria e
letargia. Anche il rame è essenziale per la crescita e la maturazione cerebrale. La quasi totalità delle vitamine idrosolubili
(vit. B6, folico, vit. B12, niacina, vit. C) hanno un effetto sulla
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sintesi e sul metabolismo dei neutrotrasmettitori. Comunque,
non sempre un supplemento vitaminico è necessario a migliorare le prestazioni intellettive e comportamentali dell’uomo e
non è dimostrato l’effetto positivo delle somministrazioni di
dosi elevate di vitamine idrosolubili, fino a 100 volte le dosi
terapeutiche, nella terapia dei disturbi dell’apprendimento. È
invece importante comprendere come alte dosi di vitamine liposolubili (vitamine A, D, E, K) possono risultare tossiche.
In conclusione, anche il sistema nervoso e, quindi, un comportamento più o meno favorevole nei nostri confronti o verso
gli altri, può derivare da errori alimentari o da una alimentazione monotona. In pratica, l’insonnia o l’ansia immotivata
possono essere conseguenza di scarsa assunzione di calcio (contenuto nel latte e derivati) o magnesio (presente nei cereali, frutti
di mare, verdure). D’altra parte, una scarsa concentrazione o una
facile stancabilità fino a stati depressivi possono essere il risultato di
un carente apporto di ferro, potassio o rame, presente nelle carni,
pesce, legumi e frutta fresca.
Non ultimo, l’esercizio fisico allontana la mente dai pensieri
negativi e permette di affrontare esperienze nuove in maniera
positiva. Alcuni studi hanno dimostrato che correre per 30 minuti tre volte alla settimana è altrettanto efficace nei confronti
della depressione rispetto alle sessioni di terapia.
Per tutto questo auguro a tutti una buona lettura ed una migliore alimentazione!
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Le intolleranze alimentari
Le parole sono come foglie;
e là dove abbondano,
è raro che sotto vi si trovi molto frutto.
(Alexander Pope)
Ecco un argomento che sicuramente sarà di tuo gradimento. Devi sapere che le intolleranze alimentari o pseudoallergie comprendono una serie di sintomi come orticaria,
manifestazioni cliniche (febbre, eruzioni esantematiche, asma,
diarrea, coliche addominali, nausea, vomito), del tutto sovrapponibili alle stesse di natura immunologica.
Gli alimenti sono altro rispetto a noi, e quindi è possibile
che si abbiano reazioni tossiche (esempi tipici sono l’intossicazione da funghi e la gastroenterite causata da tossine batteriche
contenute in cibi avariati) e reazioni non tossiche che possono
essere di tipo allergico (aumento delle immunoglobuline IgE)
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o no. In quest’ultimo caso esistono disturbi da carenze enzimatiche (es. intolleranza al lattosio), metaboliche (es. favismo),
farmacologiche o legati ad altri meccanismi più complessi (celiachia). In ogni caso è indispensabile un intervento medico
esperto in campo nutrizionale, allergologico e gastroenterologico.
In genere, gli alimenti che determinano con maggior frequenza
manifestazioni cliniche di allergia alimentare sono: uova, latte, pesce, crostacei, arachidi, nocciole, soia, frumento, seguiti poi da vegetali come mela, noce, sedano, pomodoro, banana, kiwi, pesca, carota,
pera.
La tipologia delle allergie alimentari sembra inoltre dipendere dalle abitudini alimentari individuali e tipiche dei diversi
Paesi (allergia a crostacei e molluschi nei Paesi mediterranei,
allergia al pesce nei Paesi scandinavi, allergia alle arachidi negli
USA, ecc.).
Se il problema è allergico, esistono test (Prick test, Rast test)
ormai validati e, comunque, un’appropriata eliminazione dalla
dieta degli alimenti responsabili di solito comporta il superamento delle manifestazioni cliniche, sebbene la sintomatologia
acuta richieda spesso il ricorso alla terapia farmacologia.
Ma se il problema sussiste e non è possibile attribuire ad un
dato sintomo una sicura patogenesi o natura allergica? Ecco
allora che oltre la metà dei pazienti utilizzano test alternativi
per la diagnosi delle “intolleranze alimentari”.
Infatti alle intolleranze alimentari vengono attribuiti i disturbi più vari, così da “interessare” la maggior parte dei pazienti. I sintomi possono essere i più sfumati (stanchezza, insonnia, cefalea, palpitazioni, gonfiori addominali postprandiali,
afte, infezioni ricorrenti, dolori articolari, ecc.), legati a modificazioni cutanee (pelle secca, eczemi, orticaria, acne, ecc.); spesso
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sono correlati ad alterazioni del peso corporeo, sia in eccesso
che in difetto. Vengono anche inclusi disturbi intestinali (gonfiori, stipsi o diarrea, colite, meteorismo, crampi intestinali, ecc.),
della sfera urogenitale (cistite, dolori premestruali e alterazioni
del ciclo mestruale, ecc.), disturbi dell’umore (depressione, irritabilità, ansia) e relativi all’apparato respiratorio (rinite, faringite,
bronchite, asma). Anche i bambini vengono “arruolati” tra gli
intolleranti, spesso in corso di dermatiti, infezioni respiratorie
recidivanti, irrequietezza e scarsa concentrazione.
In genere i cibi che più frequentemente “causano” intolleranza
alimentare (simili a quelli rilevati nelle allergie IgE mediate) sono
latte e latticini, lieviti, frumento, olii vegetali, ecc.
Attenzione: le cause delle intolleranze o pseudoallergie possono anche essere rappresentate da farmaci (ac. acetilsalicilico,
FANS, psicofarmaci, ipotensivi, alcuni antibiotici, ecc.), fumo,
stress emotivi.
Altri componenti naturali dei cibi potenzialmente capaci
di provocare reazioni avverse con meccanismo farmacologico sono xantine e metilxantine (contenute ad es. in caffè, tè,
cioccolato, cola e numerose altre bibite analcoliche) e amine
biogene quali dopamina, tiramina e serotonina (contenute ad
es. in formaggi, vino, banane, ananas). Reazioni avverse vengono anche da alimenti ricchi di istamina (insaccati, pesci, carni,
vegetali, formaggi stagionati ed erborinati, tonno in scatola,
crostacei, pomodori, spinaci, funghi, crauti, vino e birra) o da
alimenti istamino-liberatori (albume d’uovo, carne di maiale,
cioccolata, fragole, molluschi, frutta secca, avocado, ananas).
Infine, devono essere ricordati come cause di pseudoallergie
gli additivi alimentari (coloranti e conservanti). Alcuni studi
hanno dimostrato che mangiando normalmente, si introducono ogni anno, e il più delle volte in modo inconsapevole, dai 5
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ai 12 kg di additivi chimici e coloranti. Spesso, infatti, anche
cibi ritenuti “sani” contengono gli additivi, anche se in misura
minima. Gli additivi sono sostanze, naturali o sintetiche, che
vengono “aggiunte” intenzionalmente ai prodotti alimentari
per “fini tecnologici”. In altre parole, per migliorarne l’aspetto,
il colore, l’odore e, talvolta, addirittura il sapore!
Spesso gli additivi e i coloranti sono indicati in etichetta
non con il nome proprio, ma con una sigla formata da una “E”
(Europa) e da un numero. È un codice stabilito dall’Unione
europea per rendere uniforme in tutti i Paesi la designazione
degli additivi e dei coloranti.
Gli additivi sono divisi in varie categorie e hanno diverse
funzioni:
• coloranti (E100-E199);
• conservanti: servono per impedire lo sviluppo di sostanze
che alterino il prodotto e che possano nuocere alla salute
(E200-E299);
• antiossidanti e regolatori dell’acidità: hanno soprattutto
la funzione di evitare che il colore del prodotto subisca
variazioni, anche di acidità (E300-E399);
• addensanti, stabilizzanti ed emulsionanti: servono per
legare bene i grassi e l’acqua, rendono il prodotto spalmabile e pastoso, e trattengono l’umidità del prodotto e
lo amalgamano meglio (E400-E499);
• regolatori dell’acidità ed antiagglomeranti: impediscono
che nel prodotto si formino grumi (E500-599);
• esaltatori di sapidità: rinforzano il sapore (E600-699);
• varie (E900-E1999).
Il consiglio è di diffidare dei colori molto intensi, anche
quando si acquistano prodotti quali frutta o verdura, apparen14
temente ritenuti “sani” e, in caso di dubbio, preferire prodotti
biologici, nei quali la presenza di coloranti e additivi dovrebbe
essere scongiurata. Inoltre, prima di acquistare qualsiasi alimento, è sempre bene leggere attentamente l’etichetta riportata sulla confezione che dovrebbe indicare, oltre alla presenza
di sostanze chimiche, tutti gli ingredienti a partire da quello
presente in maggiore quantità, la data di confezionamento e
quella di scadenza, la provenienza del prodotto stesso e il modo
più corretto per conservarlo.
Molte delle patologie legate all’insonnia e al nervosismo infantile sono legate ad un consumo eccessivo di alimenti e bevande con
coloranti, aromatizzanti sintetici, glutammati, nitriti e nitrati.
Nella tabella seguente sono riportati gli alimenti che possono causare reazioni di intolleranza alimentare.
Additivi alimentari
ADDITIVI
ALIMENTI
Ascorbati
(E300-3)
Vino, birra, liquori, bibite analcoliche, succhi di frutta, insaccati, pesce conservato, marmellate e dolci
Benzoati (E 21019)
Bibite analcoliche, maionese, semiconserve ittiche, caviale
Lecitine (E 322)
Cioccolato, latte in polvere, dolci, gelati
Nitriti (E249-50)
e Nitrati (E251-2)
Carni conservate e insaccati
Sorbati (E 200-3)
Marmellate, frutta secca e candita, succhi di frutta, maionese, formaggi, semiconserve, farinacei (polenta, pasta, dolci)
Tartrati (E 334-7)
Vino, bibite gassate, dolci
Solfiti (E221-6)
Vino, birra, liquori, aceto, bibite analcoliche, succhi di frutta, frutta candita, sottaceti, farina e patate
La superficie di alcuni alimenti spesso è maggiormente
esposta a contaminazioni, in particolare da additivi alimentari,
per cui, ad esempio, è raccomandabile lavare bene la verdura e
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la frutta, oppure consumarla sbucciata. Va ricordata anche la
possibilità di reazioni avverse al nichel contenuto, ad esempio, in conserve in scatola, burro, margarina, pomodori, fagioli,
piselli, farina di grano integrale, aringhe, ostriche, pere, cacao,
cioccolata, birra, vino e tè. Additivi di usuale impiego industriale come il balsamo del Perù (contenente anche benzoati,
cinnamati e vanillina) si riscontrano come aromatizzanti, spesso senza essere dichiarati, in bibite analcoliche (cola, aranciata),
aperitivi, cioccolato, miele, chewing-gum, dolci da forno, gelati
e marmellate, ketchup, salsa chili, aringhe sotto sale, verdure e
alimenti in conserva (barbabietole, cetrioli, paté di fegato, ecc.)
Diagnosi
L’esecuzione di una corretta visita allergologica, comprensiva di Prick o Rast test, può non condurre alla definizione
di allergia alimentare. In particolare le prove cutanee o Prick
test rappresentano il test di screening. Sulla scorta di quanto
emerso dal racconto dei sintomi, si individuano gli alimenti
sospetti che vengono messi a contatto con la cute (sotto forma
di estratto nel Prick test o come piccola quantità dell’alimento
stesso nel Prick by Prick test). In pratica, si pratica un piccolo
graffio con una lancetta in modo da far penetrare nel derma le
varie sostanze: in caso di allergia, entro 15-20 minuti si manifesteranno eritema e gonfiore. Il Patch test è simile: a contatto
con la pelle si mette però un cerotto imbevuto della sostanza da
testare. Un secondo step nella diagnosi dell’allergia alimentare
è costituita dagli esami sierologici (Prist e Rast test). Si preleva
il sangue e vi si dosano gli anticorpi IgE: nel caso del Prist test,
si valuta la presenza degli anticorpi senza stabilirne la natura,
con il Rast test invece si dosano IgE specifiche, dirette contro i
cibi presunti allergizzanti.
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E se tutti questi test sono negativi, cosa fare? Ecco che si schiudono le porte dei test alternativi delle intolleranze alimentari.
Infatti, accanto alle procedure comunemente utilizzate nella
diagnosi di allergia alimentare, esistono metodiche di cui manca una evidenza scientifica di attendibilità e, addirittura, vi sono
chiare dimostrazioni della loro inaffidabilità.
FOCUS
Test di citotossicità (o test di Bryan). Consiste nell’aggiunta di un allergene al sangue del paziente, con modificazioni delle cellule fino alla loro rottura in caso di allergia all’alimento. L’American Academy of Allergy and Immunology ritiene il metodo inattendibile nella diagnostica
allergologica e per questo test non è previsto negli Stati
Uniti il rimborso. Diversi studi controllati, volti a valutare
la correlazione fra i risultati del test e reazioni allergiche o
indesiderate ai cibi, hanno riscontrato risultati inattendibili
o quanto meno contrastanti. In particolare, non c’è correlazione tra i risultati del test e sintomatologia allergica e, nello
stesso paziente, test ripetuti conducono a risultati diversi. Le
modificazioni di forma o di dimensione dei globuli bianchi sono verosimilmente da imputarsi a variazioni di pH,
temperatura, osmolarità e tempo di incubazione. Anche una
variante automatizzata del test (ALCAT) non ha mostrato
attendibilità diagnostica.
I test elettrici come l’ elettroagopuntura di Voll (EAV),
Bioscreening, Biostrenght test, Sarm test, Moratest ed il
Vega test misurano, lungo i meridiani classici dell’agopuntura cinese o altri canali studiati successivamente, una mi17
crocorrente elettrica. Il presupposto teorico è che è possibile
leggere i potenziali elettrici cellulari e che dalla variazione di
questi e dalla rapidità di trasmissione dello stimolo elettrico
è possibile ricavare informazioni circa la funzionalità dei distretti interessati. Sono divenuti popolari a causa della loro
non invasività e semplicità. Purtroppo, fin dal 2001, è emersa
la loro completa inaffidabilità. Peraltro, il principio che una
reazione allergica modifichi il potenziale elettrico cutaneo
non è mai stato dimostrato. Inoltre, ripetendo l’esame più
volte sullo stesso paziente e sul sangue ottenuto dal medesimo prelievo, in centri diversi si possono ottenere risultati
del tutto differenti. Ciò vale anche per il test Vega: in questo
caso l’esito dipende in gran parte, oltre che dall’operatore,
anche dal tipo di strumento usato.
Un’altra categoria di metodiche di valutazione si avvale
della misurazione della tensione muscolare. Si assume che
l’assunzione o il contatto con alimenti o sostanze disturbanti diminuisca la forza muscolare. Peraltro non è stato mai
documentato un interessamento dell’apparato scheletrico in
corso di reazioni allergiche. I test kinesiologici “misurano”
la diminuzione della forza in modo manuale, prendendo in
esame la muscolatura della mano oppure delle braccia e/o
delle gambe, mentre il test DRIA utilizza lo stesso principio,
ma le rilevazioni sono fatte tramite un sistema computerizzato. Alcune varianti sono ancora più bizzarre: la diagnosi in
età pediatrica viene fatta al genitore mentre tiene in braccio
il bambino e successivamente da solo ed ogni differenza fra
i due test è attribuita al bambino.
Esistono poi i test di provocazione/neutralizzazione,
con somministrazione della sostanza ritenuta responsabile
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di allergia o intolleranza per via intradermica o sublinguale.
Diversi studi in doppio cieco e con casistiche numerose ne
hanno negato validità e riproducibilità.
L’analisi del capello viene utilizzata correttamente per finalità tossicologiche ma anche per valutare un eventuale eccesso di metalli pesanti (mercurio, cadmio), posti in relazione alla sindrome ipercinetica del bambino. Altro “utilizzo” di
questa metodica è la carenza di oligoelementi (selenio, zinco,
cromo, magnesio, manganese). In entrambi i casi la metodica non è affidabile e costituisce una perdita economica.
Iridologia. L’osservazione diretta dell’iride consentirebbe, secondo chi la pratica, di valutare il livello di salute di
un soggetto. In particolare, un esame iridologico sarebbe in
grado di rilevare alcune tendenze patologiche prima della
comparsa della sintomatologia. Anche per questa tecnica,
non invasiva, viene negata la validità scientifica. D’altra parte
l’impiego di questa, come di altre metodiche, può condurre ad un ritardo diagnostico, con grave rischio per la salute
dei soggetti. La biorisonanza si basa sulla convinzione che
un individuo possa emettere onde elettromagnetiche e che,
attraverso un apparecchio, possano essere rimandate “riabilitate”. Gli studi a riguardo hanno dimostrato la mancanza di
valore diagnostico e terapeutico della metodica. Il Pulse test,
si basa sulla teoria che l’allergia sia in grado di modificare la
frequenza cardiaca. Altro test, privo di fondamento scientifico e razionale, è il test del riflesso cardiaco-auricolare: l’alimento viene posto ad 1 centimetro dalla cute e la sostanza in
questione dovrebbe modificare il battito cardiaco!
Teuber S.S., Porch-Curren C., Unproved diagnostic and therapeutic approaches to
food allergy and intolerance, «Curr Opin Allergy Clin Immunol.»,
2003 Jun; 3(3):217-221.
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In pratica, dopo aver escluso allergie alimentari IgE mediate,
ed in presenza di sintomi suggestivi, è utile sottoporre il paziente per un periodo di 2-5 settimane ad un regime alimentare
ipoallergenico (eliminazione degli alimenti potenzialmente più
allergizzanti). Questa dieta (dieta oligoantigenica) è composta
da riso o patate, agnello o tacchino, lattuga o carote, pera o banana, olio extravergine d’oliva, sale, zucchero di canna, acqua minerale. Una volta risolta la sintomatologia con la dieta base, può
essere utile una dieta di provocazione, consistente nell’integrare
la dieta base, risultata efficace, con l’inserimento progressivo di
singoli alimenti o di gruppi di alimenti antigenicamente affini.
È utile consultare la tabella seguente per evitare reazioni crociate tra allergeni inalanti ed alimentari. In pratica, chi è allergico
alle graminacee dovrà evitare gli alimenti come albicocche, anguria, ecc., almeno nel periodo di maggiore efflorescenza.
Betulla
Albicocca, ananas, arachidi, arancia, prugne, ciliegie, banana, carote, finocchi, fragole, kiwi, lamponi, limoni, mandorle, mela, noce,
nocciola, patate, pera, pesche, pomodori, prezzemolo, prugne, sedano
Nocciolo
Carote, ciliegie, limone, mela, pesche
Parietaria
Basilico, camomilla, ciliegie, gelso, melone, piselli, pistacchi
Graminacee
Albicocche, anguria, arancia, ciliegie, frumento, kiwi, limoni, mandorle, melanzane, melone, peperone, pesche, pomodoro, prugne
Composite
Anguria, arachidi, banana, camomilla, carote, castagne, cetriolo, cicoria, finocchi, sedano, mela, melone, miele, noci, noccioline, olio di
semi di girasole, prezzemolo, zucca
Ambrosie
Banana, melone
Acari
Gamberetti, lumache
Artemisia
Finocchi, prezzemolo, sedano
Poligonacee
Grano saraceno
Lattice della
gomma
Ananas, avocado, banane, castagne, kiwi, melone, papaia
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L’introduzione dei nuovi alimenti deve avvenire ad intervalli di almeno tre giorni, per verificare con certezza la loro eventuale responsabilità anche nell’insorgenza di reazioni ritardate.
L’alimento o il gruppo di alimenti che si dimostrano tolleranti
vengono mantenuti nella dieta, mentre quelli che provocano
manifestazioni cliniche vengono identificati ed esclusi dalla
dieta, dopo aver ripetuto il test di provocazione per verificare
con certezza il rapporto causale. Esistono, infine, possibili reazioni crociate tra gli alimenti ritenuti più rilevanti, anche se
con percentuali diverse.
Alimento
Alimento cross-reattivo
Frequenza (%)
Uovo
Carne di pollo
<5%
Latte di mucca
Carne bovina
10%
Latte di mucca
Latte di capra
90%
Carne bovina
Agnello
50%
Pesce
Altre specie di pesci
>50%
Arachidi
Legumi (eccetto lentic- <10%
chie)
Soia
Legumi
<5%
Grano
Altri cereali
25%
Arachidi
Noci
35%
Noci
Altre noci
>50%
Ad esempio, ed alla luce di questa tabella, è senza fondamento scientifico alimentare un bambino risultato allergico
alle proteine del latte vaccino con latte di capra.
In conclusione, i test adottati dalla medicina complementare e alternativa (CAM), pur avendo decenni di vita, hanno
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dimostrato attendibilità e affidabilità scarsa. Nonostante ciò
continuano ad essere largamente impiegati e, questo, è un fenomeno certamente strano ed in controtendenza con la Medicina
Tradizionale nella quale si privilegia, talvolta anche esasperatamente, la ricerca dell’indagine e del protocollo più attendibile.
Evidentemente il bisogno di attribuire ad un agente “esterno”
la conseguenza delle nostre azioni (es. errate abitudini e mode
alimentari) continua ad essere più forte della ragione.
Un altro elemento di riflessione: spesso gli studi favorevoli
provengono da medici non specialisti, talvolta soltanto cultori
della medicina non convenzionale.
Ma l’aspetto più preoccupante è rappresentato dalle possibili conseguenze dell’abuso di questo tipo di diagnostica. In età
pediatrica, infatti, è stato documentato un deficit nella crescita in bambini erroneamente ritenuti allergici e che erano stati
sottoposti ad inutili restrizioni dietetiche.
Nell’adulto deve essere attentamente considerata la rilevanza che i risultati di questi test impongono sulla vita di relazione
e sulla qualità di vita; sovente questi soggetti sono costretti a
diete incongrue per periodi molto lunghi fino al punto di rendere quasi impossibile una normale vita sociale. Altre volte il
paziente entra in un vortice ossessivo ed inizia a considerare
ogni alimento un potenziale nemico. Infine, deve essere considerato il rischio di un ritardo diagnostico di patologie severe.
Messaggio finale: molte volte è sufficiente imparare a mangiare e le
“intolleranze alimentari” scompaiono “magicamente”.
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