terapia con statine - ex Azienda per l`Assistenza Sanitaria n. 1

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terapia con statine
- attuare specifici interventi integrati di carattere sociale e sanitario, efficaci e appropriati;
- favorire la crescita della consapevolezza e della reciproca responsabilità riguardo alle scelte di salute del singolo individuo, dei diversi attori istituzionali e dell’intera collettività;
- supportare una visione strategica che consideri la famiglia quale prima, responsabile comunità educante e curante del
bambino e dell’adolescente affiancata anche dalla scuola, dalle associazioni ricreative, culturali, religiose e sportive.
Questo documento, di prossima divulgazione sulla rivista,intende tracciare a grandi linee l’evoluzione a medio e a lungo
termine del sistema: le linee organizzative all’interno e all’esterno dell’azienda per avviare una programmazione razionale e
ragionevole che fa riferimento ai prerequisiti della salute, alle informazioni epidemiologiche relative allo stato di salute, con
un’attenzione particolare all’analisi dei determinanti, delle domande e dei bisogni socio-sanitari.
Tale orientamento si inserisce nel percorso avviato dalle autorevoli risoluzioni strategiche dall’Organizzazione mondiale
della sanità a partire dalla Carta di Ottawa del1986 e dai progetti mondiali Salute 21, dalle Città Sane, dall’Ufficio dell’OMS di
Venezia, dalla riforma sanitaria e dei servizi sociali.
Quali sono i migliori indicatori farmaco-epidemiologici
di prescrizione e di persistenza alla terapia con statine?
Una ricerca basata sull’analisi della prescrizione di statine
nel periodo 2004-2006 nell’ASS 1 “Triestina”
Stefano Palcic, Pietro Broussard
Farmacisti, S.C. Assistenza Farmaceutica AAS 1 “Triestina”, Trieste
(testo rivisto e adattato a cura di Doriano Battigelli)
INTRODUZIONE: QUAL E’ LO STATO DELLA PRESCRIZIONE E DELLA PERSISTENZA DELLA TERAPIA CON STATINE
Le malattie cardiovascolari sono fra le cause di mortalità e invalidità più diffuse e costituiscono un importante problema
di sanità pubblica. Cardiopatie ischemiche, come l’infarto e malattie cerebrovascolari, come l’ictus rappresentano un alto
costo per la società perché possono portare a invalidità precoce, parziale o totale con conseguente riduzione o modificazione dell’attività lavorativa e sociale, oltre alla necessità di trattamenti farmacologici protratti per tutta la vita. In Italia sono
responsabili del 42% di tutti i decessi; in particolare, nel nostro Paese la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte,
mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto dopo i tumori.
L’analisi di queste informazioni suggerisce quanto sia necessario insistere ed investire sui programmi di prevenzione
delle malattie cardiovascolari al fine di prevenire la mortalità precoce e migliorare lo stato di salute della popolazione.
Un recente studio2 svolto ad indagare i motivi della riduzione di mortalità per malattie coronariche osservata nei paesi
occidentali tra il 1980 e il 2000, ha evidenziato come il 44% della diminuzione sia da attribuire all’intervento sui fattori di
rischio, in particolare la riduzione del colesterolo (24%), della pressione arteriosa (20%), del fumo (12%) e della sedentarietà
(5%), mentre in controtendenza è l’andamento dell’obesità, aumentata del 8 per cento e del diabete, incrementato del 10%.
La colesterolemia pur rappresentando uno dei principali fattori di rischio della malattia cardiovascolare, va considerata in un
quadro d’insieme in cui rientrano altri, sia modificabili (abitudine al fumo di sigaretta, pressione arteriosa, diabete mellito)
che non modificabili (età sesso, familiarità, fattori genetici e ambientali).
La riduzione del rischio, quando applicata ai soggetti che partono con un rischio assoluto globale più elevato (cioè nei
soggetti già affetti da malattie cardiovascolari aterosclerotiche, nei soggetti diabetici, nei soggetti con più fattori di rischio o
con dislipidemie familiari, nei soggetti più anziani), produce in essi una diminuzione maggiore del numero assoluto di eventi rispetto a quei soggetti che in partenza hanno un rischio assoluto globale più basso (cioè soggetti senza malattie cardiovascolari, senza diabete, con pochi fattori di rischio o più giovani).
Secondo gli Autori, una riduzione simultanea dell’ipercolesterolemia, dell’ipertensione, dell’obesità e dell’uso del
tabacco può dimezzare l’incidenza delle malattie cardiovascolari.
Risulta chiaro a questo punto come un’efficace programma di prevenzione delle malattie cardiovascolari debba
passare attraverso la promozione di un corretto stile di vita e l’utilizzo appropriato delle terapie farmacologiche.
In Italia non è ancora sufficientemente diffusa un’ adeguata cultura della promozione della salute, anche se la crescente
incidenza di malattie correlate allo stile di vita quali dell’obesità, anche infantile, stanno rapidamente cambiando l’atteggiamento degli operatori sanitari e dei decisori pubblici verso questo importante settore della prevenzione.
Diversa è la situazione per quanto riguarda il trattamento farmacologico, dove l’investimento di risorse è tutt’altro che
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PERCHE’ ABBIAMO FATTO QUESTO STUDIO:
terapia con statine
trascurabile, seppure ben al di sotto da quanto raccomandato dalle attuali linee-guida. Basti pensare che nel 2006 la spesa
farmaceutica totale, comprensiva sia della prescrizione territoriale che delle prestazioni erogate attraverso le strutture pubbliche (inclusa la distribuzione diretta), ha superato i 23 miliardi di euro, di cui il 75% a carico del Servizio Sanitario Nazionale
(SSN)3. I farmaci del sistema cardiovascolare continuano a rappresentare la categoria farmaceutica più prescritta a livello
nazionale e locale, rappresentando nell’ASS1 il 41% della spesa ed il 51% delle dosi.
L’onere clinico ed economico delle malattie cardiovascolari e l’entità della spesa per i farmaci impiegati nella prevenzione e cura di queste malattie spiega la presenza in letteratura di numerosi studi che hanno indagato, attraverso l’analisi di
database delle prescrizioni, le modalità di utilizzo dei farmaci per la prevenzione cardiovascolare, in particolare delle statine.
Tali studi sono volti all’identificazione di aree di inappropriatezza che potrebbero costituire anche un cattivo impiego delle
risorse sanitarie.
L’analisi di diversi database4,5 ha evidenziato un fenomeno comune: circa la metà dei pazienti cui viene prescritto
un trattamento ipocolesterolemizzante assume la terapia in modo discontinuo o per periodi di tempo limitato.
E’ dimostrato che questa modalità di assunzione della terapia prescritta riduce il potenziale di prevenzione degli
eventi cardiovascolari, oltre a rappresentare uno spreco di risorse sanitarie.
Una migliore aderenza e persistenza alle strategie di prevenzione risponde alla necessità di garantire un miglior esito di
salute con un più razionale impiego delle risorse sanitarie. Risulta fondamentale, ai fini di un corretto utilizzo delle risorse,
promuovere l’appropriatezza nella prescrizione e nell’assunzione dei farmaci: questa non passa infatti solo attraverso gli
interventi amministrativi di contenimento della spesa secondo criteri di costo/beneficio (pur necessari in un ambito, quale
è quello sanitario, sorretto da risorse limitate) ma anche attraverso un cambiamento culturale finalizzato a mettere il prescrittore in condizione di operare (e valutare il suo operato) in linea con le migliori prove scientifiche disponibili.
Abbiamo voluto verificare quali degli indicatori farmaco-epidemiologici impiegati nella letteratura scientifica descrivessero in modo più fedele la realtà della pratica clinica ed il profilo prescrittivo delle statine in termini di aderenza e persistenza alla terapia.
A tale fine, abbiamo analizzato le modalità di prescrizione delle statine nell’Azienda per i Servizi Sanitari n.1 “Triestina”
(ASS1) nel corso di almeno tre anni successivi.
COME ABBIAMO OPERATO?
L’analisi è stata effettuata utilizzando i database delle prescrizioni dell’ ASS1 “Triestina”.
I dati da essi provenienti sono stati incrociati con le rispettive anagrafiche assistiti, mediante il programma Access per
Microsoft. Il database delle prescrizioni era costituito dai seguenti campi:
✓ codice paziente
✓ data della ricetta
✓ descrizione della confezione prescritta
✓ numero di pezzi prescritti per ricetta
✓ prezzo al pubblico per confezione
✓ ATC e nome del principio attivo
✓ giornate di terapia espresse mediante DDD.
Sono stati selezionati i pazienti con almeno una prescrizione di statine (ATC C10AA: atorvastatina, simvastatina, pravastatina, fluvastatina, rosuvastatina e lovastatina) nel periodo 2004-2006 per la ASS1 “Triestina”. Tra questi sono stati selezionati i pazienti con almeno una prescrizione di statine in tutti gli anni in studio, così da poter avere un periodo temporale adeguato a valutare la persistenza della terapia.
L’analisi non ha tenuto conto dei pazienti con almeno una prescrizione di statine in tutti gli anni in studio e che hanno
cambiato, una, due o tre volte la terapia da un anno all’altro – ossia che hanno assunto un altro principio attivo (switch terapeutici) - perché trascurabili sull’intero campione (intorno al 6%).
Nella stima della PPDm (PDD media) il dosaggio relativo all’ultima prescrizione del periodo è stato escluso.
BOX 1: Variabili descrittive delle prescrizioni di statine
1) DDD6 = ipotetica dose giornaliera di farmaco nell’adulto per l’indicazione terapeutica principale
2) PDD surrogata7 = PDDs coincide con il dosaggio dell’unità posologica della confezione prescritta
3) PDD media8 = PDDm = 욾 (mg totali) / N° giorni di prescrizione
dove:
mg totali = N° unità posologiche* mg per compressa * N° confezioni prescritte
N° giorni = data ultima ricetta – data prima ricetta
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terapia con statine
Il profilo prescrittivo è stato descritto mediante il calcolo delle giornate di trattamento, riportate nella figura 1, e definite
come segue:
1) “ giornate da calendario” calcolate a partire dalla differenza tra la data di ultima e la data di prima ricetta,
2) “giornate in base alle DDDs (Defined Daily Doses)” calcolate a partire dal rapporto tra i milligrammi totali di farmaco assunti dal paziente nell’intero periodo di prescrizione e la DDD di ogni farmaco; (NB.: Una DDD è la dose media
quotidiana di mantenimento di un farmaco, stabilita dall’OMS, usato per la sua principale indicazione terapeutica
negli adulti; è considerata funzionalmente equivalente ad una DDD di un altro farmaco usato per la stessa indicazione terapeutica; il numero di DDD di due o più farmaci aventi la stessa indicazione terapeutica può essere pertanto
sommato. E’ un valore teorico-statistico, non riflette necessariamente la dose quotidiana raccomandata o prescritta,
ma è un’unità analitica utile a cofrontare l’attività prescrittiva). I valori di DDD applicati sono quelli pubblicati dall’OMS
a settembre 20076. e cioè
Statina
ATORVASTATINA
FLUVASTATINA
LOVASTATINA
PRAVASTATINA
ROSUVASTATINA
SIMVASTATINA
D.D.D. (“Defined Daily Dose”)
10 mg
40 mg
30 mg
20 mg
10 mg
15 mg
3) “giornate in base alle PDDs (Prescribed Daily Doses: una PDD è la quantità di un farmaco che viene in media realmente prescritta dal Medico per una giornata di terapia; è un indicatore di appropriatezza prescrittiva e di costo)”,
calcolate a partire dal rapporto tra i milligrammi totali di farmaco assunti dal paziente nell’intero periodo di prescrizione e la PDDs.
Figura 1: Definizione delle giornate di trattamento
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Le “giornate da PDDs” e le “giornate da calendario” sono state scelte per stimare la compliance o aderenza, definita
come: il grado in cui il comportamento di una persona (in termini di assunzione dei farmaci), coincide con le prescrizioni del
medico (adattamento passivo)
La stratificazione delle percentuali di compliance per i singoli pazienti sono state raggruppate in base a livelli crescenti,
come riportato da altri Autori7:
•
•
•
•
<_ 25%
>25% e <_ 50%
50% e <_ 75%
>75% e <_ 100%.
Compliance per paziente = giornate da PDDs / giornate da calendario * 100
Le “giornate da PDDs” e le “giornate da calendario” sono state ritenute le più appropriate per la stima della compliance. La PDDs è l’indicatore più vicino alla posologia raccomandata ed è il più congruente con la tipologia di confezione, sebbene consideri soltanto il dosaggio e sia adatto per farmaci che si assumono giornalmente. Inoltre, in questo
lavoro, i dati di PDDs sono stati confrontati con i dati di mercato (dati IMS Health 2003-2006), dimostrando che la PDDs è
una buona approssimazione per l’analisi delle prescrizioni perché, per tutti i principi attivi dello studio, la dose reale prescritta, indicata sulle ricette è, mediamente, di 1,01-1,02 compresse /die corrispondente, quindi, approssimativamente al
dosaggio di una compressa.
Le “giornate da calendario”, d’altro canto, sono state considerate idonee ad esprimere in modo reale l’effettivo periodo di
prescrizione. La PDDm, invece, permette di valutare la compliance soltanto in termini di dosaggio medio, ovvero ripartisce il
farmaco complessivamente assunto (o per lo meno ritirato in farmacia) su tutto il periodo di calendario, assumendo pertanto che il paziente si sia attenuto ad un’assunzione giornaliera di farmaco il cui dosaggio risulta però generalmente più basso
di quello dell’unità posologica7,9.
Una definizione dalla letteratura internazionale definiva la persistenza alla terapia in base al numero di giorni di utilizzo
di una statina, identificati come il numero di giorni di prescrizione su due anni di trattamento; i pazienti erano successivamente classificati come utilizzatori:
persistenti nei due anni
persistenti per 18 mesi
non persistenti (impiego continuo <18 mesi)5.
Questa definizione è simile a quella delle ‘giornate di calendario’ utilizzata in questo studio.
Ad ogni modo, è necessario notare che tutti questi indicatori hanno il limite di ipotizzare che il paziente abbia effettivamente assunto il farmaco: la sicurezza dell’assunzione del dosaggio può essere verificata soltanto tramite il ricorso
diretto al paziente o mediante dispositivi contatori di compresse.
RISULTATI
Nella ASS1 “Triestina” sui 242.000 assistiti (20% della popolazione regionale), il numero di soggetti con almeno una prescrizione di statine negli anni 2004-2006 è pressoché costante. L’età media del campione è di 68,9
anni (DS 10,3).
Da ricordare che la NOTA AIFA 13 prima del 2004 per la rimborsabilità delle statine in prevenzione primaria si era
basata su differenti carte di rischio sviluppate su popolazioni statunitensi , carte che tendevano a sovrastimare il
rischio cardiovascolare globale assoluto nella nostra popolazione. La revisione della nota 13 del 2004 è stata caratterizzata dall’introduzione delle carte di rischio italiane prodotte dall’Istituto Superiore di Sanità all’interno del
Progetto Cuore (www.cuore.iss.it). I soggetti con rischio di eventi cardiovascolari del 20% o più a 10 anni traggono
beneficio dal trattamento con le statine a prescindere dai livelli plasmatici di colesterolo e l’utilizzo di statine
dovrebbe essere associato a cambiamenti dello stile di vita e ad altre misure che riducano il rischio di eventi cardiovascolari.
L’analisi del consumo di statine stimata mediante le ‘giornate da DDD’ totali su tutti i pazienti con prescrizione di statine
indica, un costante aumento dei consumi negli anni. Al fine di valutare la compliance dei pazienti al trattamento ipocolesterolemizzante, l’analisi delle prescrizioni è stata focalizzata sui pazienti con almeno una prescrizione di statine in tutti gli anni
in studio.
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Figura 2: Andamento del consumo di statine mediante ‘giornate da DDD’ nella ASS1 “Triestina” (anni 2004-2006)
Nella ASS1 “Triestina”, essi sono risultati in totale 9.151, di cui il 47% maschi ed il restante 53% femmine. La figura mostra
che, fatto 100% il numero di assistiti con almeno una ricetta di statine nel 2004 anche in questo caso, soltanto il 53%
degli assistiti mantiene la prescrizione per il periodo 2004-2006.
Figura 3: ASS1 “Triestina”: andamento dei pazienti con almeno una prescrizione di statine nel periodo 2004-2006
Per ogni molecola, sono state successivamente stimate la PDDs e la PDDm, confrontate con il valore della DDD. Come già
risultato in altre pubblicazioni e riportato precedentemente in questo articolo, il valore della PDD, sia surrogata che media, è
per tutte le molecole superiore al valore della DDD. Di fatto, dall’analisi delle prescrizioni emerge che la PDD è più rappre34
terapia con statine
sentativa della realtà rispetto al valore teorico della DDD perchè considera quanto effettivamente prescritto nelle
ricette, sebbene la variabilità dei dosaggi nelle confezioni renda la PDD comunque un’approssimazione. Inoltre, il
valore della PDDs può essere considerato più aderente alla realtà perché confrontabile con i dati di prescrizione campionari.
L’analisi delle prescrizioni mediante la stima delle giornate di trattamento, che indicano la continuità della copertura farmacologica, mostra che utilizzando le ‘giornate da DDD’ si evidenzia una copertura superiore rispetto a quanto emerge con
gli indicatori (‘giornate da PDDs’ e ‘giornate da calendario’).
Figura 4: ASS1 “Triestina”: andamento delle PDDs e PDDm di statine nel periodo 2004-2006
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In particolare, i valori delle ‘giornate da PDDs’ e delle ‘giornate da calendario’ sono più simili tra loro. La differenza tra i
due valori è pressoché costante per la ASS1 nel 2004-2006, suggerendo una buona persistenza del paziente alla prescrizione intenzionale del medico.
La ‘cattiva’ persistenza, intesa come una copertura terapeutica nel range 25%-50%, diminuisce costantemente,
sebbene la percentuale delle prescrizioni singole aumenti. La ‘buona’ persistenza (copertura terapeutica nel range
75%-100%), al contrario, aumenta negli anni.
Figura 5: Compliance alla prescrizione di statine nella ASS1 (anni 2004-2006)
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
In un contesto quale quello italiano, in cui l’onere delle malattie cardiovascolari rischia di aumentare a causa del
progressivo invecchiamento della popolazione, è necessario verificare l’appropriatezza specifica della terapia al
fine di massimizzare l’efficacia del trattamento e minimizzare gli sprechi relativi, ad esempio i trattamenti occasionali. Verificare l’appropriatezza, d’altro canto, richiede strumenti, o meglio, indicatori di prescrizione idonei. La
nostra esperienza ci ha portato a sconsigliare l’impiego della DDD come indicatore di dosaggio giornaliero sia
per valutare la compliance alla terapia che il costo del trattamento. Ciascuna DDD può essere considerata come
un’unità di monitoraggio, in quanto approssimazione teorica della dose media del farmaco effettivamente in uso:
la DDD non rappresenta necessariamente né la dose prescritta né quella usata realmente né quella raccomandata.
La PDD surrogata è il dosaggio, inteso come unità posologica, prescritto per quel farmaco dal medico ed è un dato
più vicino alla realtà e variabile in quanto indicatore del tipo di trattamento terapeutico che il medico prescrittore
intende effettuare nei confronti di un assistito: in esso non hanno valenza notevole né il dosaggio né il confezionamento. La dose giornaliera con cui il medico intende trattare il paziente coincide di norma con l’unità posologica
della confezione prescritta o almeno così si conviene (ad esempio nel caso delle statine una compressa al giorno).
Limitatamente a questo gruppo terapeutico (statine) il metodo basato sulle PDD surrogata fornisce un dato
più corretto per una valutazione economica, ma non è applicabile a farmaci diversi, appartenenti allo stesso
gruppo terapeutico, con indicazioni differenti e posologie diverse.
In questo lavoro, i valori di DDD risultavano infatti abbastanza dissimili da quelli della PDD, verificata anche tramite rilevazioni campionarie; a riprova della veridicità di questa osservazione, dal prossimo gennaio 2009 saranno in vigore i
nuovi valori delle DDD di simvastatina, fluvastatina, lovastatina e pravastatina, che sono tutti superiori agli attuali,
approssimando maggiormente i valori di PDD da noi rilevati per i 3-5 anni considerati, a conferma del ritardo con cui
questo standard viene aggiornato rispetto alle variazioni delle attitudini prescrittive.
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Figura 6: ASS1 “Triestina”: descrizione della prescrizione: giornate di trattamento (anni 2004-2006)
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L’analisi delle prescrizioni può consentire di individuare aree di inappropriatezza soprattutto per quanto riguarda la persistenza, può dare informazioni di scarsa precisione sul reale dosaggio giornaliero e sulla aderenza dei pazienti allo schema
terapeutico prescritto dal medico. Tuttavia, non permette di determinare se il trattamento stia raggiungendo gli obiettivi lipidici per cui è stato programmato.
Sarebbe necessario un approccio di analisi mediante database integrati che può consentire una maggiore e più completa
informazione sul problema di salute dei pazienti (es. dai dati di Health Search o di precedenti ricoveri), può dare informazioni
sull’accesso ad altre risorse sanitarie ed eventualmente sulla maggiore o minor spesa sanitaria conseguente l’attuazione di un
determinato intervento terapeutico e può evidenziare i percorsi clinici e diagnostici adottati (es. visite ed esami diagnostici in
relazione all’inizio e al monitoraggio periodico di una terapia) nonché i costi globali sostenuti per una specifica malattia.
In questo senso appare necessario integrare i database amministrativi con i dati dei Medici di Medicina Generale, al fine
di pervenire ad una Clinical Governance del problema della prevenzione.
I valori di persistenza della prescrizione stimati intorno al 50% sono concordi con quelli della letteratura
internazionale. Infatti, uno studio recente ha dimostrato che, su 59.094 pazienti hanno soddisfatto i criteri di
inclusione, determinando 548.084 prescrizioni nei due anni di osservazione, gli utilizzatori non persistenti (impiego continuo per meno di 18 mesi) sono stati il 53,4%, i persistenti il 46,6% e il 22% i soggetti hanno presentato
rischio cardiovascolare elevato all’inizio del follow-up, di questi 6610 (52%) hanno interrotto l’assunzione di statine
nei due anni di osservazione5.
Conoscere le caratteristiche del paziente e valutare il grado di raggiungimento dell’obiettivo terapeutico sono
elementi fondamentali per la valutazione dei costi e gli esiti degli interventi sanitari. L’obiettivo del trattamento
ipolipemizzante è infatti trattare a target, ovvero con l’obiettivo di raggiungere, nella pratica clinica, i valori ottimali di colesterolo LDL, raccomandati dalle linee-guida, a seconda della categoria di rischio del paziente. Inoltre, nella
scelta del trattamento non andrebbe considerato soltanto il costo, ma il costo in relazione alle esigenze dei
singoli pazienti in termini di obiettivo terapeutico. Lo studio prima menzionato 5 ha tentato di introdurre una
valutazione del consumo di risorse ospedaliere stratificando i soggetti in base al tipo di terapia assunta, raggruppando le molecole in classi di equipotenza, ovvero in base all’efficacia nel ridurre il colesterolo totale delle varie
molecole ai diversi dosaggi: i pazienti trattati in modo persistente hanno mostrato un’incidenza di ricoveri del
40% inferiore rispetto ai pazienti con trattamento discontinuo.
Il nostro lavoro, sebbene senza poter metter in relazione dati di consumo e dati di esito clinico, ha evidenziato che la
prescrizione di statine sembra mostrare una migliore aderenza alle linee guida nel corso degli anni con tuttavia ulteriori margini di miglioramento in termini di persistenza alla terapia.
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Il Nuovo Codice di Deontologia Medica, recentemente aggiornato nel 2006, al capo IV, art. 13, recita testualmente: “Le
prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche tenuto conto dell’uso
appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente secondo criteri di equità. (…) Il medico deve adeguare,
nell’interesse dei pazienti, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate.”
Il Codice Deontologico, cioè, obbliga il medico a valutare in maniera adeguata l’impiego delle risorse nel momento della
prescrizione diagnostica o terapeutica, conformandosi sempre sia alle evidenze scientifiche che alla congruità delle risorse
impegnate.
Il processo è a maggior ragione inderogabile proprio considerando che la popolazione a rischio potrebbe risultare oggi non trattata in modo rilevante (il 20% dei soggetti idonei ad una terapia con statine, come emerge da
uno studio sulla prevenzione secondaria dell’ictus mediante il controllo dei valori lipidici, condotto tra 318 medici di
medicina generali aderenti al database Health Search e su più di 460.000 soggetti10) e quella trattata in alcuni casi
lo è in modo insufficiente o incostante, raramente raggiungendo/mantenendo gli obiettivi lipidici e viceversa
sono trattati non pochi soggetti a basso rischio, con cattivo rapporto costo-beneficio e spreco di risorse. La
mortalità cardiovascolare viene infatti ridotta dell’1,4% in prevenzione secondaria e solo dello 0,4% in prevenzione
primaria. Di conseguenza, in prevenzione secondaria il numero di soggetti da trattare con statine (NNT o “number
needed to treat” = 1/riduzione del rischio assoluto) utile ad evitare un evento cardiovascolare è minore che in prevenzione primaria: da ciò deriva il migliore rapporto costo-beneficio delle statine quando usate in prevenzione secondaria o nei soggetti ad alto rischio anziché in prevenzione primaria e nei soggetti a basso rischio. In base a tale razionale l’AIFA, limita le indicazioni di rimborsabilità espresse nella nota 13 a quelle riguardanti i soggetti nei quali tale terapia presenta un rapporto costo-beneficio più vantaggioso. Lo stesso atteggiamento viene proposto dalle Linee-Guida
Europee 2007 per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.
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