Articolo per Wine2wine - Apeiron

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Persuadi a sceglierti e a scegliere i tuoi vini. Come? Il neuromaketing del vino
di Vincenzo Russo
Professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Coordinatore del Centro di Ricerca di
Neuromarketing Behavior and Brain Lab IULM, Direttore del Master in Food and Wine
Communication – Università IULM
Il vino italiano ha raggiunto in questi ultimi decenni un livello qualitativo molto elevato,
riuscendo a competere efficacemente in tutti i mercati. Di fronte a questa enorme potenzialità ciò
che ancora troppo spesso si rileva è una certa debolezza nelle strategie di marketing e nelle modalità
di promozione. Quelle metodologie che contribuiscono a spingere i consumatori a “sceglierti” tra
tante possibili opzioni.
In un mercato sempre più competitivo, nazionale e internazionale, caratterizzato da una
maggiore sensibilità alla scelta di qualità, animato da consumatori sempre più desiderosi di
esperienze di consumo coinvolgenti ed uniche, in cerca anche di un modo per “raccontarsi” a se
stessi e agli altri anche con i prodotti che consuma, il marketing del vino deve trovare soluzioni e
strategie sempre più sofisticate. Oggi più di ieri non si può più lasciare che la qualità del prodotto
parli da sé, occorre trovare nuove strade e soluzioni di marketing in grado di emozionare, in grado
cioè di convincere a scegliere il tuo vino.
Purtroppo non è così facile. Soprattutto se consideriamo che i consumatori non sono macchine
pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano. Dagli anni Settanta in poi gli studi
offerti dall’economia comportale e dalle neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi
dall’essere esclusivamente razionali, nel momento della decisione si lasciano guidare molto dalle
dinamiche affettive, razionalizzando e giustificando con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e
preferito con l’emozione. Insomma siamo macchine “razionalizzanti” che macchine razionali. Ciò
significa mettere in discussione il modello razionalistico che ha caratterizzato lo studio del decisore,
dando un ruolo determinante alle emozioni. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento
paradigmatico del modo di intendere il consumatone, secondo il quale l’emozione diventa
l’elemento determinante soprattutto di quei comportamenti di scelta, in particolare nel mondo del
vino, in cui la dimensione simbolica, narrativa e emozionale ha una funzione dirimente.
Nello specifico i comportamenti di consumo non possono essere più studiati come l’esito di un
processo logico matematico, ma analizzati come il punto di arrivo di una più complessa dinamica
emozionale in cui il prevalere di emozioni positive su quelle negative contribuisce in maniera
determinante alla scelta finale ed all’azione di consumo del vino.
Non a caso chi studia le strategie di marketing e i comportamenti dei consumatori si pone come
obiettivo la misurazione dell’emozione considerando questa un elemento determinante per predire i
comportamenti di consumo. In considerazione della forte connotazione simbolica ed emotiva del
vino ciò implica, da una parte una maggiore attenzione al modo con cui si narra il proprio vino e,
dall’altra, l’esigenza di misurare con strumenti innovativi e sofisticati l’emozione.
A tal proposito occorre però segnalare che non basta più servirsi delle tecniche di indagine
classiche, come le interviste, i focus group, i questionari. Questi, infatti, ci restituiscono
un’informazione che non è relativa all’emozione, ma al pensiero rispetto all’emozione. Già negli
anni ’50 il più noto pubblicitario della storia del secolo scorso, David Ogilvy, scrisse che uno dei
più grossi problemi nel campo delle ricerche di mercato è che “le persone non pensano ciò che
sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. Una frase che solleva
una duplice questione, da una parte l’incapacità delle persone di essere pienamente “consapevoli”
delle proprie reazioni di fronte alle stimolazioni ambientali e di consumo, e dall’altra, la difficoltà
delle ricerche di mercato di potere individuare le motivazioni più profonde in grado di spiegare i
comportamenti di consumo o addirittura di predirne la loro “direzione”. Purtroppo sono ancora
troppo poche le canine che hanno investito in conoscenza e in innovazione comunicativa riuscendo
a rispondere correttamente a questo cambiamento strategico.
Il neuromarketing offre allo studio del comportamento di consumo del vino e dei processi di
comunicazione e promozione pubblicitaria una serie di strategie e tecniche di indagine capaci di
attivare emotivamente in maniera più efficace e quindi di misurare direttamente gli aspetti più
importanti del processo di consumo del vino: il coinvolgimento emotivo, la focalizzazione attentiva
e la memorizzazione.
Se la dimensione emotiva assume un ruolo determinante nella scelta allora si comprende bene il
valore che hanno assunto in questi ultimi anni le tecniche psicofisiologiche e neurofisiologiche di
analisi degli indicatori strettamente collegati all’emozione. Oggi abbiamo a nostra disposizione
sofisticate metodologie ed attrezzature per misurare l’impatto psicofisiologico ed affettivo delle
stimolazioni provenienti dal mondo del consumo (le immagini di uno spot, i colori della confezione
di un prodotto alimentare, il design di un sito, il modo con cui viene percepito un ambiente o una
persona).
Attraverso le tecnologie sempre più sofisticate una cantina oggi può avere una valutazione precisa
dell’emozione provocata dalle proprie strategie di vendita: dalla capacità dell’etichetta di essere
attrattiva, la funzionalità del sito web, l’effetto emotivo che provocano le immagini o la storia
utilizzata per raccontarsi. Per analizzare questi elementi nel laboratorio di neuromarketing
dell’Università IULM, Behavior and Brain Lab, misuriamo gli indicatori di attivazione
psicofisiologica correlato ad uno stato affettivo o l’attivazione cognitiva connessa alle stimolazioni
di comunicazione.
Le tecniche neurofisiologiche su cui si fonda il neuromarketing consentono, infatti, di verificare con
maggiore precisione la variazione della condizione emotiva determinata dalle stimolazioni di
marketing grazie all’analisi dei seguenti indicatori .
a) Il Movimento oculare, con un Eye Tracker in grado di tracciare il movimento degli occhi e
misurare dove si concentra la focalizzazione visiva e quindi l’attenzione del consumatore.
b) La Dilatazione pupillare che ci indica il grado di attivane (non controllabile) alla vista di un
prodotto, brand o etichetta;
c) Il Segnale Elettroencefalografico del cervello, comunemente noto come EEG, con cui si
misurano le onde cerebrali misurando il grado di attivazione cognitiva, memorizzazione e
tipologia di emozione – positiva – negativa, bassa -alta).
d) La Sudorazione cutanea detta anche elettroconduttanza della pelle, o resistenza psicogalvanica della pelle. In generale, quando aumenta il sudore, diminuisce la resistenza
(elettrica) della pelle, ma vedremo meglio in seguito i meccanismi di acquisizione.
e) La Variabilità cardiaca, comprendente le misure del battito cardiaco per minuto.
f) Il Consumo di ossigeno (generalmente nel sangue, anche se possono variare i siti nel corpo
in cui compiere la rilevazione).
g) Livello di tensione/rilassamento del tono muscolare, o, generalmente, elettromiografia
EMG.
Integrando questi dati tra di loro e con quelli raccolti con tecniche tradizionali è possibile migliorare
la forza del proprio messaggio, valutandone la sua capacità di attivazione emotiva. Così se John
Wanamaker (1838 - 1922), Direttore generale delle Poste in America e poi realizzatore del primo
grande magazzino statunitense, poteva dire nel 1876 la fatidica frase più volte recuperata da
pubblicitari e creativi contemporanei ovvero che “Io so che metà dei soldi che spendo in pubblicità
sono del tutto sprecati… ma non so quale sia quella metà”, oggi il neuromarketing può darci una
chiara indicazione su quale metà dei soldi investiti in pubblicità potrà essere ben spesa per guidare
il consumatore a scegliere il tuo vino.
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