122 Eredità non mendeliana associata a ipoacusia dopo assunzione di aminoglicosidi o le mutazioni associate ad atrofia ottica di Leber). Infatti, le comuni mutazioni del mtDNA causano solitamente una perdita di funzione del gene mutato, perciò è essenziale che sia presente una piccola quota di molecole di mtDNA normali (eteroplasmia) per assicurare quel minimo di funzionalità della CR che permetta lo sviluppo dell’embrione e del feto. Difetti completi della CR sono infatti incompatibili con la vita. Una mutazione omoplasmica severa, interessando tutte le molecole di mtDNA di quell’organismo, provocherebbe un difetto della CR troppo grave per consentire lo sviluppo. È intuitivo che nel caso di mutazioni eteroplasmiche la gravità del fenotipo biochimico e clinico sarà proporzionale alla percentuale di mtDNA mutato. Per esempio, la mutazione T8993C (gene per la subunità 6 del complesso V della CR), se è presente a livelli intorno al 70%, causa una sindrome clinica detta NARP (Neuropatia, Atassia, Retinite Pigmentosa) ad esordio in età adulta e lentamente progressiva, mentre se presente a livelli superiori al 95% causa una forma di sindrome di Leigh, una encefalomiopatia estremamente grave, ad esordio nel primo anno di vita e con decorso rapidamente fatale. osseo) le cellule con elevate percentuali di mtDNA mutato tendono ad essere sfavorite nella replicazione. Alla lunga ciò comporta che le mutazioni tendono ad essere eliminate. Al contrario, per motivi non ancora del tutto chiariti, nei tessuti post-mitotici (quali il muscolo o le cellule neuronali) le mutazioni tendono ad accumularsi. Eteroplasmia e segregazione casuale spiegano (in parte) l’estrema variabilità clinica delle mutazioni del mtDNA. Effetto soglia In assenza di una diagnosi genetica precisa è molto difficile fornire una consulenza genetica, data l’estrema eterogeneità genetica di queste condizioni. Le forme infantili sono più frequentemente dovute a difetti del nDNA autosomici recessivi (ma non sono rare le mutazioni del mtDNA), mentre nell’adulto possiamo trovare patologie trasmesse come caratteri autosomici dominanti o patologie da mutazioni del mtDNA. Le mutazioni del mtDNA possono essere sporadiche (il paziente è il primo caso in famiglia) o possono essere ereditate per via materna. Qualora venga identificata una mutazione del nDNA il counselling è relativamente semplice (valgono le regole della genetica classica). Nel caso di una mutazione del mtDNA la situazione è più complessa. Se l’affetto è maschio il rischio di trasmissione alla prole è praticamente zero. Per le femmine, nel caso di mutazioni omoplasmiche il 100% della prole sarà affetto dalla patologia (spesso però non sarà possibile prevedere con certezza la gravità). Per le delezioni comuni del mtDNA il rischio è di circa il 5%, mentre per le mutazioni del nucleotide 8993 esistono delle tabelle che correlano il rischio di trasmissione alla prole con i livelli di eteroplasmia La maggior parte delle mutazioni mitocondriali presenta il cosiddetto effetto soglia. Per poter determinare un fenotipo clinico o biochimico le mutazioni devono colpire una percentuale critica delle molecole di mtDNA presenti in una cellula o in un tessuto. Al di sotto di questo valore soglia non si ha la malattia. Il valore soglia differisce da mutazione a mutazione, ma è solitamente compreso tra 70% e 90%. Pertanto, gli individui in cui una determinata mutazione non raggiunge la soglia di patogenicità nei vari tessuti saranno asintomatici. Le femmine sono però a rischio di trasmettere la malattia. Segregazione casuale La percentuale di mtDNA mutante può variare ad ogni divisione cellulare per la segregazione casuale del mtDNA nelle cellule figlie durante la mitosi. Questo comporta che tessuti diversi in uno stesso organismo possono presentare dei livelli di eteroplasmia notevolmente diversi. Un ulteriore fattore che può modulare l’eteroplasmia è la selezione. Infatti, nei tessuti ad alta replicazione (ad es. il midollo Manifestazioni cliniche Poiché la principale funzione della CR è la sintesi di ATP, le malattie mitocondriali colpiscono prevalentemente i tessuti a più alta richiesta energetica, quali il sistema nervoso, il muscolo scheletrico ed il cuore. Sono frequentemente interessati anche il fegato e il rene. Tuttavia, sono stati descritti segni clinici a carico di tutti i tessuti dell’organismo. Le patologie possono essere tessuto-specifiche o multisistemiche e possono esordire a qualsiasi età (da forme ad esordio neonatale o addirittura in utero a forme che si manifestano nell’anziano). Rischio di ricorrenza