Sociologia G. Lezioni del 5-12 giugno 2006 1. Età come costrutto sociale Alla sociologia dell’età e alla sua più famosa esponente, Mathilda Riley, allieva di Parsons, si deve il merito di aver mostrato che l’età non è solo un dato biologico o anagrafico, ma anche un costrutto sociale L’età è un costrutto sociale nel senso che individua una posizione nel tempo che non è solo un attributo individuale (biologico e anagrafico), ma sociale. Di tale collocazione nel tempo possiamo individuare diversi significati: àIl primo significato sociologico dell’età fa capo al posizionamento in una certa fase della vita socialmente e storicamente definita. Si può dire che l’età in termini sociologici individua una fase della vita cui fanno capo azioni, capacità, opportunità, valori, norme, dunque ruoli socialmente definiti e dunque attesi. Attraverso la socializzazione gli individui passano da un’età all’altra senza traumi e grosso modo sapendo in anticipino quali saranno le tappe che dovranno superare, le sanzioni formali e informali che dovranno subire se per qualche ragione non si conformeranno ai vari calendari predisposti per ciascuna fase della vita ( tappe, durate, ecc.) L’ attributo costituito dall’avere una determinata età è pertinente non già soltanto l’individuo nella sua singolarità, ma l’intera comunità sociale e le istituzioni. Questa relazione avviene attraverso gli strati di età (ricorda i commenti alle slides proiettate in aula).In quanto ha una certa età in quel momento, ciascun individuo contribuisce a dar forma e consistenza quantitativa a un determinato strato di età, che va a comporre, insieme con altri strati d’età, la piramide d’età di una popolazione. per cui si può dire che: L’età individua quindi anche l’appartenenza a una collettività “intermedia ” una vera e propria categoria sociale, in quanto costituisce il serbatoio di risorse e anche di oneri per ogni società. Ogni società dunque deve allocare risorse di sostegno e cura, di educazione, di accesso ai vari ruoli, di riconoscimento simbolico, ecc. che si indirizzino ai vari strati di età tenuto conto non solo della loro ampiezza demografica, ma anche del peso sociale, economico, politico,. che essi rivestono in quella determinata società A seconda dei periodi il peso delle varie età può modificarsi (si pensi al cambiamento della valutazione sociale del ruolo dell’anziano, ma anche dell’adolescente, dell’adulto, ecc.), così come i confini di età possono slittare, e, ancora possono aumentare le articolazioni interne a ciascuno strato ( anziani e grandi anziani, adulti e giovani adulti, ecc.). àIl secondo significato sociologico di età riguarda la collocazione di un individuo nel tempo storico, indicata dall’appartenenza a una determinata coorte (di nascita, 1983, 1984, ecc) o di ingresso in un determinato status ruolo (ad esempio la coorte degli studenti entrati nella specialistica di Sociologia l’anno in cui è stata aperta). Per coorte si intende per lo più la coorte di nascita: che è un gruppo di persone nato nello stesso anno (o in anni vicini) e che invecchiano insieme (anche senza conoscersi). 2. L’appartenenza di coorte CoorteàGruppo di persone che vivono lo stesso evento biografico ( per lo più la nascita, ma anche l’entrata in qualche status-ruolo) nello stesso momento storico L’età individua anche una collocazione nel tempo storico nel senso che essere nato o essere arrivato in una certa posizione a una certa età e in un certo periodo, espone o sottrae a particolari esperienze (nato durante la guerra, cresciuto durante la grande Depressione, giovane adulto al momento della caduta del muro di Berlino, ecc.). Quando considero la coorte utilizzo un’ informazione che, come per la fase della vita in rapporto allo strato d’età, è al tempo stesso di tipo micro e macro perché ad un tempo evoca un certo tipo di socializzazione e di esperienze che segnano la vita individuale, ma il fatto che una determinata età sia comune a molti individui produce effetti di macro. Una stessa coorte si presume che abbia mediamente fatto comuni esperienze di transizioni biografiche tipiche dell’età (es. l’ingresso nella scuola superiore, p l’ entrata sul mercato del lavoro) nello stesso periodo storico e scontando gli stessi vincoli e le stesse opportunità offerti dal contesto). La coorte collega l’invecchiamento degli individui alle strutture sociali che cambiano (vedi anche il diagramma di Lexis, commentato a Lezione e anche in Bagnasco, nel capitolo sull’età e il corso di vita) àPossiamo quindi dire che l ’età è una variabile polisemica ( molti significati) e multi-livello (più livelli di osservazione e di analisi) 3. Strati di età e coorti 3.1.Considerato dinamicamente, cioè per il suo andamento nel tempo, ogni strato di età è il risultato del movimento di diverse coorti. Attraverso la successione tra coorti (o flusso di coorte) nuovi membri fanno ingresso continuamente in una società (o entrano in un gruppo), e muovono verso "l'alto" attraverso gli strati di età. Quindi invecchiano, ed eventualmente muoiono e sono rimpiazzati da membri delle coorti successive. La società cambia e quindi offre o impone significati e risorse diversi ai diversi ruoli di età; ma anche le persone che arrivano ai diversi ruoli sono, per esperienze vissute, diverse dalle persone che le hanno precedute. La stratificazione per età è uno dei pochi processi che sono universali, inevitabili e irreversibili anche se i loro effetti individuali e sociali sono parzialmente modificabili da processi di grande portata, come le migrazioniLa fotografia trasversale mostra anche come nel succedersi delle coorti si assista a un duplice dinamismo. La società cambia e quindi offre o impone significati e risorse diversi ai diversi ruoli di età; ma anche le persone che arrivano ai diversi ruoli sono, per esperienze vissute, diverse dalle persone che le hanno precedute. Infine la fotografia ci aiuta a mettere a fuoco non soltanto le differenze di età, ma anche le relazioni tra età, che si possono capire soltanto dentro specifici contesti di socializzazione ed esercizio dei ruoli (la famiglia, la scuola, un'impresa, un'organizzazione militare, ecc.). Per identificare le possibili direzioni di cambiamento è utile utilizzare due tipi ideali: il tipo di società a massima differenziazione (segregazione) d'età e il tipo di società a massima integrazione. Con la prima, ad ogni età sono rigidamente connesse aspettative e risorse di ruoli, con relative definizioni di soglie di entrata, permanenza e uscita, diritti, sanzioni e protezioni; con la seconda si ha la massima flessibilità, con un'offerta e un'aspettativa di ruoli assai meno rigidamente incernierata sull'appartenenza di età. E' abbastanza facile individuare l'ambivalenza insita in ciascuno di questi astratti scenari: il primo scenario implica scarsa mobilità, ma anche maggior protezione e tutela per specifiche categorie di età (come i bambini o gli anziani) ; il secondo scenario implica maggiore autonomia, ma, proprio per questo, precarietà e rischio di iniquità. 3.2.Proprio a Matilda Riley e a Bernice Neugarten e alle loro teorie sulle norme di età, apprese e interiorizzate, oltre che socialmente strutturate si deve la perdita di appeal della teoria della modernizzazione applicata alle categorie di età. Una prospettiva di questo genere ridimensiona l'ipotesi che la modernizzazione sempre e comunque produca perdite e guadagni per i diversi strati di età (O'Rand, 1990); un correlato "classico" dell'ipotesi della modernizzazione prevede infatti la perdita di influenza e di prestigio degli anziani, portatori per eccellenza di valori e capacità del passato. Questa ipotesi in realtà sottovaluterebbe l'eterogeneità e la continua ricostruzione del corso di vita da parte delle coorti che si succedono nel tempo. Oggi la perdita d'autonomia degli anziani interviene in una fase sempre più avanzata della vita che ha indotto a coniare lo specifico termine di quarta età (e corrispettivamente di grandi anziani). Ciò non significa che quella dell'anziano sia attualmente una condizione di assoluta pacificazione o equilibrio. Piuttosto occorre considerare la tensione tra le variabili che producono un invecchiamento sociale accelerato (prepensionamenti, perdita del lavoro, ecc.) e quelle che invece garantiscono e alimentano le capacità individuali (migliori condizioni sanitarie, aumento della speranza di vita, politiche di sostegno). 4. Ragionamenti fallaci sugli effetti età/coorte Non sempre le spiegazioni dei fenomeni che utilizzano il fattore età come sinonimo di collocazione entro una certa fase della vita, sono quelle corrette. Talora bisogna ragionare in termini di coorte. es.1: L’immagine della partecipazione femminile al mercato del lavoro anni sessanta e settanta negli Stati Uniti e in altri paesi sviluppati è stata espressa attraverso la figura della à curva a “doppia gobba”: con due picchi: l’uno in corrispondenza dell’età all’uscita dalla formazione, l’altro al termine del periodo di più intenso lavoro di cura dei figli. Sulla base di questa immagine, costruita con dati di tipo trasversale* (popolazione in diverse classi di età) si è data per verificata la teoria per cui il corso di vita femminile contemporaneo sarebbe e caratterizzato da una entrata nel mercato del lavoro prima di sposarsi, seguito da una uscita in coincidenza con matrimonio e nascita dei figli, seguito da un, moderato rientro una volta che i figli erano cresciuti. àIn realtà, le analisi per coorte hanno mostrato che gran parte della “doppia gobba” è dovuta alla compresenza di fenomeni di coorte specifici e distinti: le donne adulte si ripresentavano sì sul mercato del lavoro, dopo la maternità, ma le coorti più giovani, che entravano in massa nel mercato del lavoro non erano candidate ad uscirne bensì, – fenomeno nuovo – a rimanerci. es.2: Le differenze nelle valutazioni morali o nelle preferenze politiche riscontrate tra giovani e vecchi possono essere dovute sia al fatto che in vecchiaia si tende ad essere più conservatori che in gioventù, sia al fatto che le coorti più giovani stanno elaborando nuovi modelli di valore e che perciò anche quando saranno più vecchie avranno atteggiamenti diversi da coloro che sono anziani attualmente. In mancanza di un controllo di entrambe queste dimensioni indicate dall'età (fase della vita e appartenenza di coorte) si può prendere l'uno o l'altro degli abbagli che alcuni studiosi hanno chiamato rispettivamente fallacia del corso di vita e fallacia di coorte 5. Coorti e generazioni (un po’ di vocabolario) I due concetti non sono sinonimi, anche se spesso si dice generazione al posto di corte. 5.1.Ecco la differenza àCoorte significa collocazione oggettiva e irrevocabile entro una categoria unificata da particolari tipi di eventi vissuti nello stesso momento. àGenerazione in senso sociologico evoca invece un comune sentire rispetto a eventi clou attraversati da un certo gruppo di coetanei, specie, sostiene Karl Mannheim, sociologo t edesco, negli anni formativi Ci sono tuttavia ulteriori distinzioni da fare Andiamo per ordine. Dice Mannheim (1928):il fenomeno sociologico della generazione è fondato sul ritmo biologico della nascita della morte. Ma, non significa che la appartenenza ad anni di nascita affini sia sufficiente a individuare una generazione. à la generazione in sé non si può caratterizzare come un gruppo concreto nel senso di una comunità , in cui la conoscenza reciproca è presupposto fondamentale e che si dissolve… quando cessa il rapporto fisico di vicinanza. Non è neanche paragonabile ad associazioni, ovvero a gruppi costituiti per uno scopo, che hanno come caratteristica l’atto cosciente di fondazione, l’esistenza di uno statuto e la revocabilità, caratteristiche che servono a tenere insieme il gruppo in assenza dei legami di vicinanza fisica e di comunità di vita. Ciò che tiene insieme una generazione cos’è, allora? àla possibilità di partecipazione a destini comuni i quali possono produrre contenuti di esperienza unificanti (quindi due coorti con lo stesso anno di nascita, ma nate in contesti molto diversi non possono produrre al loro interno alcun fenomeno generazionale). ma quella descritta è soltanto una generazione “in potenza”. àLa generazione effettiva è a sua volta quella che si configura attraverso la concreta partecipazione a destini comuni. Di quella data unità storico sociale ( non tutti coloro che sono nati in un certo periodo sono ugualmente fioccati dalle vicende di quello stesso periodo). àInfine l’unità di generazione. I gruppi che elaborano quei particolari tipi di esperienza all’interno della stessa generazione effettiva in modo di volta in volta diverso, formano diverse unità di generazione (la generazione della guerra, ad esempio, ha dato luogo a diverse unità di generazione a seconda di come diversamente si è articolata, è stato interpretata, fissata nella memoria, tramandata nel tempo, riletta successivamente l’esperienza bellica da parte dei soggetti schierati dall’una e dall’altra parte). 5.2. Ricordiamo infine che esiste anche un’accezione antropologica di generazione. In questo caso ciò che fa generazione è dato dalla collocazione in un rapporto di discendenza. Fare parte di una stessa generazione significa avere la stessa collocazione lungo la linea di discendenza ( la generazione dei padri, dei figli, ecc.) .Appartenere a una generazione diversa significa invece collocarsi in una posizione sottostante o sovrastante rispetto a un’altra lungo la linea di discendenza. I rapporti di discendenza non vanno considerati isolati rispetto ai rapporti tra coorti, in quanto dalla famiglia e dalle relazioni intergenerazionali possono provenire risorse e compensi a debiti e crediti che le varie coorti possono aver acquisito le une rispetto alle altre, nel corso dei vari regimi di welfare e delle relative decisioni di allocazione delle risorse 6. Coorti e mutamento sociale La vicenda di una coorte è il prodotto congiunto dei processi universali di invecchiamento e di processi storicamente e socialmente specifici. 6.1.Lo stesso ricambio demografico fa sì che ogni nuova coorte di nascita, in quanto deve apprendere da capo le regole della società in cui entra/nasce, porti in sé potenzialmente i germi del mutamento sociale. Ciò significa che ogni coorte sarà diversa dall’altra, per motivi strutturali e anche culturali, anche se i processi di trasmissione di valori da una generazione all’altra garantiranno una certa continuità e permanenza nel tempo del modello culturale di riferimento. Con riferimento alle coorti di nascita un fattore cruciale di diversità tra una coorte e l’altra è dato dalla diversa ampiezza demografica (numerosità ) delle diverse coorti ( su questo vedi anche Bagnasco, paragrafo su La dimensione delle coorti e l’effetto Easterlin). 6.2.Ogni coorte consegna a quelle che la seguono una società mai perfettamente identica nel tempo. Quando questi fenomeni sono accompagnati da mutamenti sostanziali (condizioni di sopravvivenza delle coorti: guerre, pestilenze, carestie, o miglioramenti nelle condizioni alimentari e igieniche, ma anche immigrazioni o emigrazioni) nei sistemi produttivi ed economici e negli assetti politici e istituzionali, le differenze tra le coorti in termini sia di durate che di calendari di vita divengono più visibili. àI processi legati all’avvicendamento delle coorti richiedono di tener conto delle conseguenze di lungo periodo di comportamenti messi in atto da una particolare coorte (si pensi ai fenomeni legati ai comportamenti procreativi, come quelli espressi dal baby boom degli anni sessanta e successivamente dal drastico calo delle nascite avvenuto in Italia dalla metà degli anni settanta in poi). In questo modo si disegnano scenari di squilibrio tra le diverse classi di età per diversi decenni a venire. 6.3.Ciascuna coorte reagisce alle proprie circostanze; ma ciò facendo disegna lo scenario per quelle successive. Ciascuna coorte lascia il segno, sia perché consuma o accumula risorse per quelle successive, sia perché con i suoi comportamenti, modifica i margini di libertà delle altre coorti Esempio: l’ entrata dilazionata nel mercato del lavoro, e la connessa concentrazione sia della disoccupazione che dei rapporti di lavoro atipico nelle fasce di età giovanili àeffetti sulle successive età e sul corso di vita delle coorti coinvolte.. anche tensioni e conflitti tra strati di età e nel passaggio da uno strato di età all’altro: Spesso i conflitti tra coorti vengono compensati a livello familiare (esempi fatti in classe) La famiglia diventa quindi una sorta di stanza di compensazione di squilibri e tensioni nei rapporti tra gruppi diversi di età. 7. Gli scenari e le categorie-chiave della prospettiva del corso di vita 7.1. La prospettiva del corso di vita (prospettiva che si è sviluppata negli anni’ 70 in Usa e che poi ha messo radici anche in Europa, specie in Germania) eredita dalla sociologia dell’età l’idea che accanto alla stratificazione sociale e di genere, la stratificazione della società secondo l’età costituisca un elemento cruciale della strutturazione della società. Tuttavia nella prospettiva del corso di vita sono importanti non solo le differenze tra coorti , ma anche le differenze che intervengono all'interno di una stessa coorte (differenze intra-coort i). Si può dire che gli esponenti del c.d.v. hanno tentato di conciliare approccio sistemico (funzionalista) e teoria dell'azione, calandoli entro un quadro dinamico, costruito su teorie di medio raggio e sensibile ai cambiamenti demografici, familiari e occupazionali che attraversano le società europee e americana dagli anni’ 80 in poi. In generale l’immagine di società e di individui presupposto dal corso di vita è quello di una società che invecchia e che quindi rende disponibile più tempo per avviare o modificare corsi di vita e quindi aumentare il grado di eterogeneità tra gli individui pur all’interno di appartenenze sociali comuni. Nelle società contemporanee ove la morte, ma in parte anche la malattia, non è più una possibilità egualmente e casua lmente presente nelle diverse età c’ è una lunga vita da vivere ed esistono gradi di libertà individuale nelle scelte di vita. àle persone devono prepararsi per vite più lunghe e possono elaborare piani di vita relativamente flessibili. Tuttavia esse non sono interamente libere ma devono adattarsi ai modelli culturali e normativi di vita che ciascuna società prepara per gli individui di quella coorte 7.2.Queste differenze e quindi l’eterogeneità che ne deriva dipendono dall’assunto che : àche le persone ni corrano non solo in eventi normativi (cioè previsti per la maggior parte delle persone, regolati, provvisti di repertori di risposta relativamente standard: per affrontare 'inizio della scuola, la fine del lavoro, ecc), ma anche in altri tipi di eventi non del tutto prevedibili né per occorrenza né per durata, ne per i loro effetti . Chiamiamo questi eventi non normativi, essi sono cioè sperimentati da una cerchia più ristretta di persone, non rigidamente normati e calendarizzati, difficilmente prevedibili e possono alterare (indebolire o potenziare) la capacità del soggetto oltre la soglia prevista: da una malattia grave, a un lutto improvviso a un’eredità inaspettata. 7.3. Una delle definizioni del corso di vita, come quella proposta qui di seguito, mostra che l’interesse del corso di vita mette fortemente l’accento sul mutamento individuale: “Il corso di vita è una sequenza di eventi socialmente definiti e di ruoli che ciascun individuo attraversa nel corso del tempo e con il trascorrere dell’età”(Elder, 1985). L’ipotesi di fondo del corso di vita è dunque che le nostre vite siano esposte a continui mutamenti in funzione dell’occorrenza di eventi (attesi o non attesi). In questa prospettiva il termine “corso di vita” così come si è definito, richia ma ànon ricorrenza attesa di passaggi prefissati ( quale è invece richiamata dal concetto di ciclo di vita), bensì possibilità di cambiamento nell'arco della vita. ànon un unico percorso, ma una pluralità di percorsi o traiettorie (familiare, lavorativo, ecc) dentro una molteplicità di tempi (individuale, di coorte). ànon percorsi continui, ma discontinui, interrotti da transizioni che generano sfide al cambiamento e talora innescano percorsi di perdita sociale ed economica anche nelle traiettorie più stabili ( ad esempio la caduta in povertà a seguito di disoccupazione, divorzio, ecc.). 7.4.Una seconda importante specificità del corso di vita è quella di analizzare il cambiamento non solo a livello micro (in questo caso degli individui considerati nella loro individualità), ma a livello meso e macro. L’interesse del corso di vita è infatti anche quello di analizzare i corsi di vita come non solo frutto di esperienza e scelte individuali , ma come prodotto vincolato dalla disponibilità di modelli sociali e culturali vigenti in un certo contesto e reperibili ai diversi livelli dell’organizzazione sociale . In questa prospettiva il c.d.v. come è un."insieme dei modelli di vita, graduati per età, incastonati nelle istituzioni sociali e soggetti a mutamento" (Elder, 1985). L’INTERESSE DEL CORSO di vita sta inoltre: -nel porre l’attenzione ai livelli intermedi dell’ organizzazione sociale ( famiglie, classi, istituzioni, imprese ) dai cui cambiamenti possono derivare importanti effetti sul corso di vita individuale ( la crisi occupazionale di un settore o di un rampo d’attività si riverbera nel rischio individuale di perdere il posto) nel porre attenzione all’influenza che il livello macro esercita sui livelli sottostanti attraverso ai modi in cui vengono affrontate, e regolate per via normativa o non normativa, le conseguenze di particolari congiunture storiche e sociali (cambiamenti di ciclo economico o finanziario, insediamento di nuovi governi, guerre, conflitti sociali, conflitti inter -etnici, migrazioni, epidemie, atti terroristici, ecc.) 7.5. Una terza specificità del corso di vita è quella di considerare la vita come un insieme di percorsi ( traiettorie) relativi a più ambiti di vita (salute, famiglia, istruzione, lavoro, ecc.) che sono tra loro interdipendenti (e che sappiamo a loro volta dipendono da mutamenti che si verificano a livello meso e macro). Il corso di vita è quindi il prodotto dell’incrocio di diverse traiettorie riguardanti diversi campi o ambiti di attività. Traiettoria: percorso seguito lungo una determinata esperienza o posizione con il trascorrere dell’età (si può anche parlare in questo contesto di carriera, quando siano escluse implicazioni di carattere migliorativo o progressivo). Transizione: mutamenti di stato entro una traiettoria da cui trae il proprio significato. L’occorrenza di un evento lungo una traiettoria può avere effetti su un'altra (cross career effect) Il peso di un evento individuale dipende dal momento (timing) in cui accade, alla sua posizione in una catena di eventi (sequence ) dalla sua durata temporale (duration). à di qui l’importante conseguenza del parziale superamento della separazione tra sociologie speciali o settoriali, tradizionalmente volte a considerare i diversi ambiti di vita come domini separati 7.6. Una ulteriore specificità del corso di vita è quella di considerare la “normalità” delle vite individuali come un punto di partenza oltre il quale possono individuarsi elementi di rischio e tensione. Come si è detto, nell’analisi del corso di vita, particolare importanza riveste il concetto di transizione. àle transizioni possono riguardare passaggi attesi, più o meno normati, come sono i passaggi di età, di status occupazionale o coniugale /genitoriale (da studente a lavoratore, da lavoratore a pensionato, da moglie a madre, ecc) e passaggi non attesi e non normati ( da non povero a povero, da sano a malato, ecc.) Ogni passaggio da uno status a un altro genera un cambiamento di ruolo, di aspettative, di definizioni della situazione. Questo passaggio può generare anche rischi, quando il passaggio non sia ben protetto o organizzato( il passaggio dalla scuola al lavoro) o non ci siano sufficienti elementi di socializzazione che preparino alla transizione, o reti che sostengano il periodo successivo . L’età adulta costituisce in questa prospettiva un’età non meno a rischio di altre. La criticità delle transizioni nella fase adulta può ad esempio derivare dall'esposizione a eventi stressanti (rotture matrimoniali, perdita del lavoro, fallimenti profes sionali) che possono peggiorare anche la condizione economica e sociale più stabile e generare crisi di identità. Dunque da un lato l’età adulta non è al riparo da cambiamenti. In secondo luogo eventuali crisi e rotture dell’identità non possono essere facilmente ricondotte alle leggi di sviluppo endogeno della personalità, bensì ricostruite attraverso l’analisi dei contesti sociali attraversati dagli individui. 7.7. L’interdisciplinarietà. Una altra specificità del corso di vita è l’apertura verso altre discipline che alimentano il suo vocabolario e la sua attenzione per aspetti di confine tra sociologia e discipline “cugine”. Dalla demografia l'approccio del corso di vita deriva la problematizzazione del concetto di età come concetto a più dimensioni. (ricordiamo dunque che l'età significa fase della vita e quindi provvisorietà di ruoli, ma anche appartenenza di coorte, e quindi collocazioni involontarie, irreversibili, culturalmente vincolanti). Dalle discipline storiche, gli studi sul corso di vita acquisiscono la sensibilità al carattere contingente e insieme irreversibile degli eventi storici. Dalla psicologia( in particolare dalla psicologia sociale e dello sviluppo di Erikson, critico degli assunti freudiani ) il corso di vita deriva la sfida all'analisi freudiana del mutamento e ai suoi presupposti di prevedibilità e di ordine. Secondo la psicologia sociale di Erikson la biografia è il luogo dove l'individuo può diventare altro da quello che era nell'infanzia, con il concorso dell'ambiente, degli incontri, della sua particolare rappresentazione di sé. In questa prospettiva l’attenzione si deve focalizzare anche sulla fase adulta della vita, una fase spesso trascurata, in quanto sinonimo di equilibrio, stabilità e che invece ospita una quantità di tensioni e di conflitti di ruolo dovuta alla forte pressione incrociata esercitata dagli impegni e dalle identità legate alla famiglia e al lavoro. 8. L’analisi delle transizioni e le sue applicazioni 8.1. Lo studio di grandi insiemi o categorie demografiche e sociali e delle loro transizioni “normative” Lo studio del corso di vita si applica correntemente allo studio dei movimenti delle popolazioni lungo il tempo focalizzandosi su transizioni che interessano la maggior parte delle persone. Molte analisi del corso di vita, prima in Europa e di recente anche in Italia, hanno studiato il cambiamento sociale traendo indicazioni importanti dallo studio dei cambiamenti subiti dei tempi di ingresso in determinati stati-ruoli ( familiari e occupazionali, facilmente registrabili da censimenti o anagrafi) da parte della popolazione di diversa età in un determinato paese Il presupposto che guida questo tipo di analisi è che “c’è mutamento sociale allorché coorti successive hanno corsi di vita (cioè scansioni, passaggi di età e modalità di vivere le diverse età) diversi (Ryder, 1965). In questo caso il mutamento sociale non è inteso come un processo che nel suo complesso modifica una società, ma in quanto processo che coinvolge in maniera diversa le persone di diverse età-coorti Applicato a intere popolazioni o a coorti l’analisi del mutamento sociale nella prospettiva del corso di vita è di solito operazionalizzato attraverso l’età media (o mediana) in cui avvengono certe transizioni o l'età in cui la maggioranza della popolazione ha avuto esperienza di quella transizione. Il confronto tra coorti mostra se vi sono stati cambiamenti rilevanti e per quale coorte questi sono stati più rilevanti ( vedi grafici mostrati in classe, tratti dallo studio di Schizzer otto sulla popolazione italiana) Una tipica chiave di lettura del mutamento storico in chiave di transizione è quella di constatare l'avvenuta dilazione dell'occorrenza di transizioni normative come sono quelle che indicano l’entrata nella vita adulta: l'uscita dalla famiglia di origine, la fine della scuola, l'ingresso nel mercato del lavoro , l’inizio della vita di coppia, il primo figlio. Schizzerotto (Vite ineguali, 2000) ha tuttavia mostrato che tale cambiamento non è lineare e che coorti anziane e giovani per certi aspetti si somigliano. Ad esempio l’esperienza del ritardo vissuta del giovane che entra nella fase adulta della vita alla fine del secolo (nel 2000, la coorte più giovane di quelle analizzate da Schizzerotto aveva attorno ai trent’anni) e che riguarda l’uscita da casa o la formazione di un nuovo nucleo, appare essere già presente nella esperienza delle coorti prebelliche ( la coorte più anziana di quelle studiate da Schizzerotto era nata entro la seconda decade del 900). Per ragioni diverse (la fine del fordismo nel primo caso, l’esperienza sconvolgente della guerra nel secondo caso) due coorti molto distanti nel tempo condividono l’esperienza della precarietà e dell’arrivare dopo all’appuntamento con la vita adulta. 8.2. Lo studio delle transizioni di cui hanno esperienza specifiche categorie di individui lungo il corso di vita Gli studi individual based analizzano gli effetti che su un dato evento osservato al tempo t1 esercitano uno o più eventi antecedenti (sguardo retrospettivo) , e, viceversa, gli effetti che un dato evento al tempo t 0 produce su quelli successivi, osservati al tempo t1 (sguardo prospettico). Un risultato comune alle ricerche svolte sui due versanti è l'esistenza di effetti individuali che si prolungano anche a distanza dall'evento iniziale (traumi infantili, difficoltà economiche nella famiglia di origine durante l'adolescenza, percorsi brevi o instabili di formazione e lavoro, ecc.) e che sono alimentati e talora amplificati dalle condizioni di contesto La ricerca pioneristica fatta da Glenn Elder sui "Figli della Grande Depressione" (1974, di cui un brano è tradotto in Saraceno, 2001) hanno mostrato l'esistenza di differenti impatti della crisi economica, persistenti anche a distanza di tempo, per gli appartenenti a diverse coorti di nascita (meno pesanti per i nati all'inizio degli anni '20, più pesanti peri nati alla fine del decennio) e individuato differenze anche all'interno di una stessa coorte ( sulla base del genere e delle differenti condizioni sociali). Ma i soggetti, in quanto adattabili e plastici alle condizioni variabili del contesto, oltre che dotati di autonomia e capacità di decisione, possono anche riuscire a interrompere certe traiettorie di vita, resistendo alla pressione esercitata dal passato. Questa attenzione a condotte di desistenza è particolarmente importante quando si tratta di spiegare non già soltanto passaggi da uno stato all’altro, ma anche eventi che bloccano una traiettoria, in particolare eventi che segnalino una vera e propr ia ”desistenza”. Questa categoria è cruciale nell’analisi delle carriere criminali o devianti, dove il corso di vita, in contrasto agli approcci evolutivi, sostiene che le possibilità di desistenza vanno cercate non soltanto nelle disposizioni individuali di partenza, ma anche nel sincronizzarsi e armonizzarsi di eventi e contesti e nel cooperare di altri rilevanti che accompagnano i soggetto lungo il corso di vita. Grazie a questi effetti di contesto l’individuo può riuscire ad allontanarsi, a un certo punto della sua vita, da una traiettoria (desistendo, nel caso in parola, dal compiere ulteriori atti devianti: in una famosa ricerca sulle carriere criminali negli Stati Uniti Sampson e Laub, pubblicata nel 1993, avevano individuato come principali fattori di desistenza quelli legati all’ingresso in ruoli familiari e occupazionali) . 9. L’analisi temporale o longitudinale. Cenni metodologici L’osservazione che tiene conto del tempo e che segue gli individui nel corso degli anni si definisce longit udinale. *Si definisce invece trasversale o cross-sectional la analisi che rileva le caratteristiche di un fenomeno (caratteristiche che appunto lo tagliano o lo attraversano secondo certe variabili) in un certo momento (percentuale di occupati, nel 1991, secondo il genere, o l’età,ecc). L’analisi trasversale produce per così dire una à veduta istantanea, prima e dopo la quale possono accadere modificazioni ( che rimangono inosservate) del fenomeno osservato solo in quel dato momento. L’analisi longitudina le apre per così dire una finestra osservativa più ampia, tale da contenere al suo interno possibilità di variazione nel tempo del fenomeno osservato. à Per ottenere informazioni sui cambiamenti individuali la sociologia del corso di vita utilizza strume nti di vario tipo e ricorre a dati sia primari ( raccolti ad hoc, ad esempio tramite intervista a campioni di popolazione) che secondari (già raccolti e disponibili, come i dati di Censimento, peraltro anch’essi basati su intervista somministrata, in questo caso, a tutto l’universo della popolazione di un determinato paese). Un tipo di intervista molto usato dalla prospettiva del corso di vita è ad esempio l’intervista retrospettiva in cui si utilizza la memoria del soggetto intervistato per ricostruire gli eventi della sua vita passata). Un altro tipo di intervista usata dal corso di vita è quella “prospettica” cioè quell’intervista normalmente definita panel, che, a intervalli periodici, segue la vita delle persone intervistate da un certo punto della vita “ in avanti”, aggiornando continuamente le informazioni su ciò che loro succede nel corso del tempo. Il panel è dunque un’intervista ripetuta a distanza di tempo (1-3 anni) agli stessi soggetti. Spesso nei panel si usa anche lo strumento della intervista retrospettiva per ricostruire ciò che è avvenuto nel tempo prima dell’inizio dell’osservazione ( cioè prima della prima intervista) e anche tra un’ intervista e quella successiva àQuando vogliamo sapere se un determinato atteggiamento o comportamento presente nella società muta nel tempo non solo per effetti dovuti al succedersi delle persone nelle coorti, ma per effetto di cambiamenti che intervengono nelle singole persone, occorre utilizzare il panel. Il panel costituisce una variante molto interessante e importante dell’intervista ed è utilizzata quando vogliamo capire se il cambiamento che si registra in una determinata società ( più disoccupati, più poveri, ecc.) sia dovuta non solo al succedersi delle coorti e quindi al turnover delle persone in una data condizione, ma a cambiamenti che interessano nel tempo le stesse persone. Tramite l’intervista panel, ad esempio è possibile distinguere i poveri cronici o di lungo periodo dai poveri intermittenti , coloro che entrano ed escono dalla condizione di povertà), distinzione che non sarebbe possibile fare disponendo della sola cifra relativa all’aumento o alla riduzione del numero dei poveri da un anno all’altro àQuando si analizzano situazioni esposte a cambiamenti numerosi e rapidi (ad es. il cambiamento di lavoro per le coorti più giovani o le entrate e uscite dall’assistenza per i poveri) è molto importante che l’i osservazione del cambiamento sia frequente. . Infatti una sola rilevazione potrebbe mancare di intercettare il cambiamento che potrebbe essere avvenuto appena prima, o essersi verificato subito a ridosso dell’osservazione. Potremmo in questo modo scambiare per carriera “ assistita” quella di chi resta poco in assistenza e molto sul mercato del lavoro, e viceversa intendere come lavorativa quella di chi casualmente viene osservato in un raro momento di pausa dalla disoccupazione. Mano a mano che aumenta la proporzione di lavori a tempo determinato diventerà sempre più importante monitorare i percorsi di lavoro per rendersi conto se nell’intervallo tra un lavoro e l’altro c’è disoccupazione, se la durata del lavoro sia troppo breve per permettere apprendimento e integrazione, ecc, che diffusione reale essi abbiano. Il corso di vita utilizza anche strumenti qualitativi come interviste discorsive e narrative e storie di vita.