SOCIOLOGIA G 2005, 6

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SOCIOLOGIA G. Argomenti della settimana 6-7 giugno 2005.
Segue ..
1.
L’età come variabile polisemica ( molti significati) e multi-livello (più livelli di
osservazione e di analisi)
Secondo la sociologia dell’età, cui si deve il merito di aver mostrato che l’età non è solo un dato biologico o
anagrafico, ma anche un costrutto sociale
à1.1.Dichiarare una data di nascita offre informazioni di diverso tipo e livello:
àinformazioni sulla fase della vita che l’individuo in questione sta attraversando e dunque sui problemi di
socializzazione (livello micro) e di allocazione delle risorse (a livello macro) che questa sua collocazione
solleva. Inoltre, in quanto ha una certa età in quel momento, ciascun individuo contribuisce a dar forma e
consistenza quantitativa a un determinato strato di età, che va a comporre, insieme con altri strati d’età, la
piramide d’età di una popolazione.
àinformazioni sulla coorte di nascita e dunque sul repertorio di eventi/esperienze attraversati e comuni a tutti
coloro che condividono un certo anno/periodo di nascita. Si dice infatti che essi hanno esperienza di una
comune fetta di storia.
à1.2. Considerato dinamicamente, cioè per il suo andamento nel tempo, ogni strato di età è il risultato del
movimento di diverse coorti.
Attraverso la successione tra coorti (o flusso di coorte) nuovi membri fanno ingresso continuamente
in una società (o entrano in un gruppo), e muovono verso "l'alto" attraverso gli strati di età. Quindi
invecchiano, ed eventualmente muoiono e sono rimpiazzati da membri delle coorti successive.
La società cambia e quindi offre o impone significati e risorse diversi ai diversi ruoli di età; ma
anche le persone che arrivano ai diversi ruoli sono, per esperienze vissute, diverse dalle persone che
le hanno precedute.
La stratificazione per età è uno dei pochi processi che sono universali, inevitabili e irreversibili
anche se i loro effetti individuali e sociali sono parzialmente modificabili da processi di grande
portata, come le migrazioni-
2. Ragionamenti fallaci sugli effetti età/coorte
( vedi anche esempi in Bagnasco)
Non sempre le spiegazioni dei fenomeni che utilizzano il fattore età come sinonimo di collocazione
entro una certa fase della vita, sono quelle corrette. Talora bisogna ragionare in termini di coorte.
es.1 L’immagine della partecipazione femminile al mercato del lavoro anni sessanta e settanta negli
Stati Uniti e in altri paesi sviluppati è stata espressa attraverso la figura della à curva a “doppia
gobba”: con due picchi: l’uno in corrispondenza dell’età all’uscita dalla formazione, l’altro al
termine del periodo di più intenso lavoro di cura dei figli.
Sulla base di questa immagine, costruita con dati di tipo trasversale* (popolazione in diverse classi
di età) si è data per verificata la teoria per cui il corso di vita femminile contemporaneo sarebbe e
caratterizzato da una entrata nel mercato del lavoro prima di sposarsi, seguito da una uscita in
coincidenza con matrimonio e nascita dei figli, seguito da un, moderato rientro una volta che i figli
erano cresciuti.
àIn realtà, le analisi per coorte hanno mostrato che gran parte della “doppia gobba” è dovuta alla
compresenza di fenomeni di coorte specifici e distinti: le donne adulte si ripresentavano sì sul
mercato del lavoro, dopo la maternità, ma le coorti più giovani, che entravano in massa nel mercato
del lavoro non erano candidate ad uscirne bensì, – fenomeno nuovo – a rimanerci.
es.2 . le differenze nelle valutazioni morali o nelle preferenze politiche riscontrate tra giovani e
vecchi possono essere dovute sia al fatto che in vecchiaia si tende ad essere più conservatori che in
gioventù, sia al fatto che le coorti più giovani stanno elaborando nuovi modelli di valore e che
perciò anche quando saranno più vecchie avranno atteggiamenti diversi da coloro che sono anziani
attualmente.
In mancanza di un controllo di entrambe queste dimensioni indicate dall'età (fase della vita e
appartenenza di coorte) si può prendere l'uno o l'altro degli abbagli che alcuni studiosi hanno
chiamato rispettivamente life course fallacy e cohort fallacy.
3. Coorte e generazione. ( un po’ di vocabolario)
I due concetti non sono sinonimi, anche se spesso si dice generazione al posto di corte.
Coorte significa collocazione oggettiva e irrevocabile entro una categoria unificata da particolari
tipi di eventi vissuti nello stesso momento.
Generazione in senso sociologico evoca invece un comune sentire rispetto a eventi clou attraversati
da un certo gruppo di coetanei.
Ci sono tuttavia ulteriori distinzioni da fare
Andiamo per ordineDice Mannheim:
àil fenomeno sociologico della generazione è fondato sul ritmo biologico della nascita della morte.
Ma, non significa che la appartenenza ad anni di nascita affini sia sufficiente a individuare una
generazione.
Dice Mannheim:
à la generazione in sé non si può caratterizzare come un gruppo concreto nel senso di una
comunità , in cui la conoscenza reciproca è presupposto fondamentale e che si dissolve… quando
cessa il rapporto fisico di vicinanza.
Non è neanche paragonabile ad associazioni, ovvero a gruppi costituiti per uno scopo, che hanno
come caratteristica l’atto cosciente di fondazione, l’esistenza di uno statuto e la revocabilità,
caratteristiche che servono a tenere insieme il gruppo in assenza dei legami di vicinanza fisica e di
comunità di vita.
Ciò che tiene insieme una generazione cos’è, allora?
àla possibilità di partecipazione a destini comuni i quali possono produrre contenuti di esperienza
unificanti (quindi due coorti con lo stesso anno di nascita ma nate in contesti molto diversi non
possono produrre al loro interno alcun fenomeno generazionale).
ma quella descritta è soltanto una generazione “in potenza”.
àLa generazione effettiva è a sua volta quella che si configura attraverso la concreta
partecipazione a destini comuni. Di quella data unità storico sociale ( non tutti coloro che sono nati
in un certo periodo sono ugualmente fioccati dalle vicende di quello stesso periodo)
àInfine l’unità di generazione.
I gruppi che elaborano quei particolari tipi di esperienza all’interno della stessa generazione
effettiva in modo di volta in volta diverso, formano diverse unità di generazione (la generazione
della guerra, ad esempio, ha dato luogo a diverse unità di generazione a seconda di come
diversamente si è articolata, è stato interpretata, fissata nella memoria, tramandata nel tempo,
riletta successivamente l’esperienza bellica da parte dei soggetti schierati dall’una e dall’altra
parte).
Ricordiamo infine che esiste anche un’accezione antropologica di generazione.
In questo caso ciò che fa generazione è dato dalla collocazione in un rapporto di discendenza.
Fare parte di una stessa generazione significa avere la stessa collocazione lungo la linea di
discendenza ( la generazione dei padri, dei figli, ecc.) .Appartenere a una generazione diversa
significa invece collocarsi in una posizione sottostante o sovrastante rispetto a un’altra lungo la
linea di discendenza.
4. Coorti e mutamento sociale
La vicenda di una coorte è il prodotto congiunto dei processi universali di invecchiamento e di
processi storicamente e socialmente specifici.-.
4.1.Lo stesso ricambio demografico fa sì che ogni nuova coorte di nascita, in quanto deve
apprendere da capo le regole della società in cui entra/nasce, porti in sé potenzialmente i germi del
mutamento sociale.
Ciò significa che ogni coorte sarà diversa dall’altra, per motivi strutturali e anche culturali, anche
se i processi di trasmissione di valori da una generazione all’altra garantiranno una certa continuità
e permanenza nel tempo del modello culturale di riferimento.
Con riferimento alle coorti di nascita un fattore cruciale di diversità tra una coorte e l’altra è dato
dalla diversa ampiezza demografica (numerosità ) delle diverse coorti
( su questo vedi anche Bagnasco, paragrafo su La dimensione delle coorti e l’effetto Easterlin).
4.2. La prospettiva del corso di vita analizza il mutamento sociale valendosi della prospettiva di
coorte.
Questa prospettiva osserva il mutamento come un processo né generale né unilineare o continuo,
ma come un processo localizzato e discontinuo, che cioè può interessare in maniera diversa una
coorte dall’altra.
Si può dire che c’è mutamento sociale solo allorché coorti successive hanno corsi di vita (cioè
scansioni, passaggi di età e modalità di vivere le diverse età) diversi (Ryder, 1965).
4.3. .Ogni coorte consegna a quelle che la seguono una società mai perfettamente identica nel
tempo. Quando questi fenomeni sono accompagnati da mutamenti sostanziali (condizioni di
sopravvivenza delle coorti: guerre, pestilenze, carestie, o miglioramenti nelle condizioni alimentari
e igieniche, ma anche immigrazioni o emigrazioni) nei sistemi produttivi ed economici e negli
assetti politici e istituzionali, le differenze tra le coorti in termini sia di durate che di calendari di
vita divengono più visibili.
àI processi legati all’avvicendamento delle coorti richiedono di tener conto delle conseguenze di
lungo periodo di comportamenti messi in atto da una particolare coorte (si pensi ai fenomeni legati
ai comportamenti procreativi, come quelli espressi dal baby boom degli anni sessanta e
successivamente dal drastico calo delle nascite avvenuto in Italia dalla metà degli anni settanta in
poi). In questo modo si disegnano scenari di squilibrio tra le diverse classi di età per diversi
decenni a venire.
4.4. Ciascuna coorte reagisce alle proprie circostanze; ma ciò facendo disegna lo scenario per quelle
successive. Ciascuna coorte lascia il segno, sia perché consuma o accumula risorse per quelle
successive, sia perché con i suoi comportamenti, modifica i margini di libertà delle altre coorti
Esempio: l’ entrata dilazionata nel mercato del lavoro, e la connessa concentrazione sia della
disoccupazione che dei rapporti di lavoro atipico nelle fasce di età giovanili àeffetti sulle
successive età e sul corso di vita delle coorti coinvolte..
anche tensioni e conflitti tra strati di età e nel passaggio da uno strato di età all’altro:
Spesso i conflitti tra coorti vengono compensati a livello familiare.
La famiglia come stanza di compensazione di squilibri e tensioni nei rapporti tra gruppi diversi di
età.
5. La prospettiva del corso di vita.
Nelle società contemporanee ove la morte, ma in parte anche la malattia, non è più una possibilità
egualmente e casualmente presente nelle diverse età c’ è una lunga vita da vivere ed esistono gradi
di libertà individuale nelle scelte di vita. àle persone devono prepararsi per vite più lunghe e
possono elaborare piani di vita relativamente fle ssibili. Tuttavia esse non sono interamente libere
ma devono adattarsi ai modelli culturali e normativi di vita che ciascuna società prepara per gli
individui di quella coorte
-La sociologia dell'età si concentra per lo più su come differenti coorti offrano ai loro appartenenti
ruoli di età e transizioni di età connotati in maniera specifica (essere anziani nel 2005 è altra cosa
dall’esserlo negli anni’ 40 o 50 del ‘900, così come diventare adulto oggi ha significati e
connotazioni strutturali diverse che negli anni’ 70).
5.1. La prospettiva del corso di vita (prospettiva che si è sviluppata negli anni’ 70 in Usa e che poi
ha messo radici anche in Europa, specie in Germania) eredita dalla sociologia dell’età l’idea che
accanto alla stratificazione sociale e di genere, la stratificazione della società secondo l’età
costituisca un elemento cruciale della strutturazione della società.
Tuttavia nella prospettiva del corso di vita sono importanti non solo le differenze tra coorti, ma
anche le differenze che intervengono all'interno di una stessa coorte (differenze intra-coorti).
L’ipotesi di fondo del corso di vita è che le nostre vite siano esposte a continui mutamenti e che
questi mutamenti possano dislocarsi in diversi punti della nostra biografia .
Una delle definizioni del corso di vita, come quella proposta qui di seguito, mostra che l’interesse
del corso di vita è anche quello del mutamento individuale:_
“Il corso di vita è una sequenza di eventi socialmente definiti e di ruoli che ciascun individuo
attraversa nel corso del tempo e con il trascorrere dell’età”(Elder).
In questa prospettiva il termine “corso di vita” richiama
ànon ricorrenza attesa di passaggi prefissati, quale è invece richiamata dal concetto di
ciclo di vita), bensì possibilità di cambiamento nell'arco della vita.
ànon un unico percorso, ma una pluralità di percorsi o traiettorie (familiare, lavorativo,
ecc) dentro una molteplicità di tempi (individuale, di coorte).
à non percorsi continui, ma discontinui, interrotti da transizioni che generano sfide al
cambiamento e talora innescano percorsi di perdita sociale ed economica anche nelle traiettorie
più stabili ( ad esempio la caduta in povertà a seguito di disoccupazione, divorzio, ecc.).
5.2 Si può dire pertanto che lo studio del corso di vita consente di analizzare il cambiamento
sociale a diversi livelli: a livello micro, meso e macro.
àA livelli micro, perché, attraverso lo strumento del panel* la ricerca sul corso di vita segue nel
tempo i mutamenti che intervengono ne corso della vita di singoli individui ( cambiamenti
occupazionali, professionali, familiari, economici).
àA livello meso perché la ricerca sul corso di vita per lo più studia i cambiamenti individuali
collocando tali cambiamenti dentro le particolari vicende e caratteristiche delle specifiche coorti
di appartenenza ( vedi anche Schizzerotto)
àA livello macro perché la ricerca sul corso di vita rivolge particolare lare attenzione al tempo
storico in cui si situano i cambiamenti individuali e di coorte e all’influenza che nei vari contesti e
nei vari periodi possono esercitare eventi normativi (varo di leggi, decisioni politiche su particolari
issue) e non normativi (cambiamenti di ciclo economico o finanziario, guerre, conflitti sociali,
inter-etcnici, migrazioni, epidemie, atti terroristici, ecc.)
5.3. Nell’analisi del corso di vita particolare importanza riveste il concetto di transizione.
Il concetto di transizione evoca passaggi sia normativi che non normativi egli esiti incerti cui danno
luogo per la compresenza di molti fattori, primo tra tutti l’intersecarsi dell’effetto fase della vita,
con l’effetto periodo ( le caratteristiche del periodo in cui si vive, la congiuntura attraversata, ecc.)
con l’effetto coorte.
à le transizioni possono riguardare passaggi attesi, più o meno normati, come sono i passaggi di
età, di status occupazionale o coniugale /genitoriale (da studente a lavoratore, da lavoratore a
pensionato, da moglie a madre, ecc) e passaggi non attesi e non normati ( da non povero a povero,
da sano a malato, ecc.)
Ogni passaggio da uno status a un altro genera un cambiamento di ruolo, di aspettative, di
definizioni della situazione. Questo passaggio può generare anche rischi, quando il passaggio non
sia ben protetto o organizzato( il passaggio dalla scuola al lavoro) o non ci siano sufficienti
elementi di socializzazione che preparino alla transizione, o reti che sostengano il periodo
successivo ( si pensi ai rischi di identità per un ferroviere in servizio per quarant’anni che dall’oggi
al domani, essendo andato in pensione, si trova nel suo tinello a fare parole crociate…).
Ma il ferroviere ( per continuare nel nostro esempio) potrebbe iscriversi ad associazioni varie,
ricuperare il ruolo di marito e padre, offrirsi per fare volontariato, ecc.
5.4. L’interdisciplinarietà.
Dalla demografia l'approccio del corso di vita deriva la problematizzazione del concetto di età come
concetto a più dimensioni. L'età significa fase della vita e quindi provvisorietà di ruoli, ma anche
appartenenza di coorte, e quindi collocazioni involontarie, irreversibili, culturalmente vincolanti.
Dalle discipline storiche, gli studi sul corso di vita acquisiscono la sensibilità al carattere
contingente e insieme irreversibile degli eventi.
Dalla psicologia( in particolare dalla psicologia sociale e dello sviluppo di Erikson, critico degli
assunti freudiani ) il corso di vita deriva la sfida all'analisi freudiana del mutamento e ai suoi
presupposti di prevedibilità e di ordine. Secondo la psicologia sociale di Erikson la biografia è il
luogo dove l'individuo può diventare altro da quello che era nell'infanzia, con il concorso
dell'ambiente, degli incontri, della sua particolare rappresentazione di sé.
In questa prospettiva l’attenzione si deve focalizzare sulla fase adulta della vita, una fase spesso
trascurata, in quanto sinonimo di equilibrio, stabilità e che invece ospita una quantità di tensioni e di
conflitti di ruolo dovuta alla forte pressione incrociata esercitata dagli impegni e dalle identità legate
alla famiglia e al lavoro.
Dunque “l’adultità” merita attenzione in quanto è una fase della vita non meno problematica e
altrettanto aperta a svolte e mutamenti più o meno attesi, delle altre fasi in cui si suole
convenzionalmente dividere il corso di vita ( sulle fasi della vita cfr. Bagnasco parr.5-9 capitolo su
Corso della vita e classi di età).
La età adulta, specie oggi, per le pressioni familiari e lavorative cui è sottoposta, per i carichi che
deve sopportare, per le indicazioni contraddittorie che riceve dal sistema culturale (sii responsabile/
dedicati a te stesso; / Lascia posto ai giovani /Non fermarti/ecc.) può innescare processi di
trasformazione e di crisi altrettanto forti che nell’età precedente. ( su questo anche Sme lser –
Erikson, Amore e lavoro, Bombiani, 1983).
La prospettiva dell’età e del corso di vita enfatizza esplicitamente il bisogno di considerare le vite
individuali dal punto di vista dinamico, ovvero del LORO CORSO lungo le varie traiettorie (
(percorsi) familiare, occupazionale, ecc. Ciò implica la necessità di raccogliere informazioni
longitudinali
6. Vocabolario analisi longitudinale
L’osservazione che tiene conto del tempo e che segue gli individui nel corso degli anni si
definisce longitudinale.
*Si definisce invece trasversale o cross-sectional la analisi che rileva le caratteristiche di un
fenomeno (caratteristiche che appunto lo tagliano o lo attraversano secondo certe variabili) in un
certo momento (percentuale di occupati, nel 1991, secondo il genere, o l’età,ecc).
L’analisi trasversale produce per così dire una à veduta istantanea, prima e dopo la quale possono
accadere modificazioni ( che rimangono inosservate) del fenomeno osservato solo in quel dato
momento.
L’analisi longitudinale apre per così dire una finestra osservativa più ampia, tale da contenere al
suo interno possibilità di variazione nel tempo del fenomeno osservato.
La ricerca longitudinale prevede che i dati siano raccolti per ciascuna variabile, o item, per almeno
due distinti periodi, i soggetti analizzati in ciascun periodo devono essere gli stessi o devono essere
quantomeno comparabili da un periodo all'altro.
à Per ottenere informazioni sui cambiamenti individuali la sociologia del corso di vita utilizza
strumenti di rilevazione di tipo micro, come l’intervista.
Un tipo di intervista molto usato dalla prospettiva del corso di vita è ad esempio l’intervista
retrospettiva in cui si utilizza la memoria del soggetto intervistato per ricostruire gli eventi della sua
vita passata)
àQuando vogliamo sapere se un determinato atteggiamento o comportamento presente nella
società muta nel tempo non solo per effetti dovuti al succedersi delle persone nelle coorti, ma per
effetto di cambiamenti che intervengono nelle singole persone, occorre utilizzare il panel.
Il panel costituisce una variante molto interessante e importante dell’intervista ed è utilizzata
quando vogliamo capire se il cambiamento che si registra in una determinata società ( più
disoccupati, più poveri, ecc.) sia dovuta non solo al succedersi delle coorti e quindi al turnover delle
persone in una data condizione, ma a cambiamenti che interessano nel tempo le stesse persone.
Tramite l’intervista panel, l ad esempio è possibile distinguere i poveri cronici o di lungo periodo
dai poveri intermittenti,( coloro che entrano ed escono dalla condizione di povertà), distinzione
che non sarebbe possibile fare disponendo della sola cifra relativa all’aumento o alla riduzione del
numero dei poveri da un anno all’altro
*Vocabolario Il panel è un’intervista ripetuta a distanza di tempo (1-3 anni) agli stessi soggetti.
àQuando si analizzano situazioni esposte a cambiamenti numerosi e rapidi (ad es. il cambiamento
di lavoro per le coorti più giovani o le entrate e uscite dall’assistenza per i poveri) è molto
importante che l’i osservazione del cambiamento sia frequente. .
Infatti una sola rilevazione potrebbe mancare di intercettare il cambiamento che potrebbe essere
avvenuto appena prima, o essersi verificato subito a ridosso dell’osservazione.
Potremmo in questo modo scambiare per carriera “ assistita” quella di chi resta poco in assistenza e
molto sul mercato del lavoro, e viceversa intendere come lavorativa quella di chi casualmente viene
osservato in un raro momento di pausa dalla disoccupazione.
Mano a mano che aumenta la proporzione di lavori a tempo determinato diventerà sempre più
importante monitorare i percorsi di lavoro per rendersi conto se nell’intervallo tra un lavoro e l’altro
c’è disoccupazione, se la durata del lavoro sia troppo breve per permettere apprendimento e
integrazione, ecc, che diffusione reale essi abbiano.
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