APERTURA CONVEGNO Modera Luigia Ierace 2^ sessione ESPLORAZIONE GEOLOGICA DEL SOTTOSUOLO E MODELLAZIONE DEI SISTEMI PETROLIFERI E DI GAS NATURALI modera: Franco Guglielmelli sergio g. longhitano L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano Università degli Studi della Basilicata, Dipartimento di Scienze, Viale dell’Ateneo lucano, 10 – 85100 Potenza. E-mail: [email protected] Parole chiave: facies sedimentarie; sedimentologia; reservoir; analoghi di affioramento; idrocarburi. Atti del 1º Congresso dell’Ordine dei Geologi di Basilicata,“Ricerca, Sviluppo ed Utilizzo delle Fonti Fossili: Il Ruolo del Geologo”, Potenza, 30 Novembre - 2 Dicembre 2012. Riassunto Negli ultimi decenni, la ricerca di idrocarburi ha messo in evidenza una presenza di combustibili fossili di grande importanza e precedentemente sottostimata, sconfessando le voci allarmistiche sul loro imminente esaurimento a scala globale. Gran parte di questi giacimenti è stata riconosciuta all’interno di rocce di natura sedimentaria presenti nel sottosuolo di svariati contesti geologici, sia continentali che offshore. L’investigazione di reservoir di tipo clastico viene affrontata in più fasi e, anche nel corso degli stadi di più avanzata conoscenza, il grado di incertezza nei confronti dei giacimenti di sottosuolo rimane molto alto, generando un grande numero di possibilità di sfruttamento, la maggior parte delle quali possono rivelarsi improduttive. Al fine di ridurre questo grado d’incertezza, una volta individuati la natura ed i caratteri generali della roccia serbatoio, risulta molto utile lo studio di un analogo in affioramento. Tale analogo viene generalmente investigato attraverso un approccio di tipo sedimentologico con lo studio delle facies sedimentarie che lo costituiscono. In questo articolo viene descritta la tecnica dell’Analisi di Facies, così come viene di solito impiegata sia per la caratterizzazione di reservoir di tipo clastico sia per lo studio di corrispettivi analoghi presenti in affioramento. Tale tecnica, la quale si basa su osservazioni ottenute direttamente sul campo ma che possono essere affiancate da analisi di laboratorio, è ancora oggi considerata uno degli approcci metodologici più efficaci, i cui risultati, se opportunamente applicati ad analoghi reservoir clastici di sottosuolo, possono notevolmente migliorare la produttività di giacimenti di idrocarburi fossili. Il concetto di facies ed il suo significato Il concetto di facies fu introdotto nelle Scienze della Terra da Nicholas Steno già a partire dal 1669 (vedi Teichert, 1958). Con tale terminologia venivano riassunte tutte le caratteristiche fisiche macroscopiche osservabili su rocce che affioravano sulla superficie terrestre e le quali, intuitivamente, dovevano essere state generate durante un determinato intervallo di tempo geologico. L’uso moderno del termine facies nell’ambito della Geologia del Sedimentario fu più tardi introdotto da Glessy (1838) il quale riferisce come, all’interno di una facies, possano essere contemplati gli aspetti più specificatamente di tipo litologico e paleontologico rilevabili all’interno di una determinata unità stratigrafica. Un significato più squisitamente genetico viene successivamente fornito da Teichert (1958) e da Middelton (1973), i quali suggerirono che una facies può essere considerata come il prodotto sedimentario generato da un insieme di processi geologici che hanno agito nel passato. La corrispondenza tra ambienti del passato ed ambienti attuali fu per altro già intuita da Walther nel 1893, il quale affermò che 169 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano l’interpretazione più attendibile di un processo geologico avvenuto nel passato può essere ottenuta soltanto attraverso l’analogia con il medesimo processo osservato oggi (Middleton, 1973, p. 981). La definizione forse più universalmente accettata è stata infine quella di Middelton (1978) il quale afferma che una facies può essere individuata su rocce affioranti sulla base delle sue proprie e distintive caratteristiche sedimentarie, quali litologia, colore, granulometria dei sedimenti, strutture interne, fossili. Una volta documentate e catalogate, anche nell’ottica della loro reciproca posizione latero/ verticale osservabile all’interno di una successione stratigrafica, le facies sedimentarie possono quindi essere interpretate in termini ambientali. Tale interpretazione consiste nell’attribuire a ciascuna facies il significato di ‘ambiente deposizionale’ il quale, se riferito ad altri ambienti ad esso limitrofi e geneticamente collegati tra di essi, contribuisce a formare un più complesso insieme di ambienti che viene definito ‘sistema deposizionale’ (Walker, 1979; 1984). Ad esempio, una successione di strati lenticolari costituiti dominatamente da ghiaia (facies a) ed alternati a strati arenacei (facies b), caratterizzati al loro interno dalla presenza di strutture sedimentarie diagnostiche, può costituire un’associazione di facies (Ass. di Facies 1 = facies a + facies b), la quale può avere avuto origine all’interno di un ambiente deposizionale di tipo fluviale (Fig. 1). A sua volta, tale ambiente può costituire un elemento di un più complesso ed esteso sistema deposizionale di tipo alluvionale (Fig. 1). Come si può notare, il concetto di facies rappresenta il termine più piccolo ed elementare di una serie gerarchica di ‘elementi’ i quali, una volta documentati e messi in relazione ‘genetica’ l’uno con l’altro, formano l’espressione di corpi geologici più grandi e complessi. Tali corpi, se costituiti da sedimenti clastici e porosi, e quindi capaci di immagazzinare fluidi in particolari condizioni di confinamento geologico (‘trappole’), rappresentano dei reservoir dotati di una certa rilevanza economica. Il metodo dell’Analisi di Facies e la scelta dell’Analogo di affioramento Al fine di poter definire le caratteristiche di rocce sedimentarie presenti a diverse migliaia di metri di profondità nel sottosuolo e potenzialmente serbatoio di fluidi o di gas, il metodo ancora oggi più adottato è quello dell’Analisi di Facies (e.g., Longhitano, 2012). Con questa tecnica s’intende la dettagliata descrizione dei caratteri fisici di una determinata roccia sedimentaria o di un sedimento non consolidato, con particolare riferimento alla litologia, granulometria, colore, strutture sedimentarie eventualmente presenti, così come al contenuto fossilifero, etc. …, al fine di stabilire le relazioni spaziali (latero/verticali) tra tutte le varie componenti che possono essere riconosciute (Slatt, 2006). Tale metodologia, la cui efficacia dipende dall’esperienza dell’operatore, nonché da tutta una serie di analisi corredate e che necessitano di strumentazioni di laboratorio (analisi morfometriche su elementi clastici macroscopici, analisi petrografiche in sezione sottile, analisi granulometriche, mineralogiche e geochimiche, etc. …), può essere effettuata sia in affioramento (Fig. 2A), e cioè su rocce sedimentarie esposte all’osservazione del geologo, sia su carote (Fig. 2B), campioni cilindrici di roccia estratta durante una perforazione geognostica. Tale ultima condizione permette, ovviamente, un’osservazione molto più parziale della roccia sedimentaria e pertanto spesso dubitativa, incompleta o incerta (vedi discussione in Martinius & Næss, 2005). 170 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano Fig. 1 Livelli di documentazione a scala gerarchica crescente tipici del metodo dell’Analisi di Facies. Partendo dall’identificazione delle singole facies alla scala dell’affioramento, le stesse vengono poi riferite ad associazioni di facies, ad ambienti e, in ultimo, al sistema deposizionale. Nell’esempio, le facies e gli affioramenti rappresentano conglomerati ed arenarie oligo-mioceniche affioranti lungo il margine sud-orientale del Bacino di Rift Sardo (Simone et al., 2011; 2012), mentre il sistema deposizionale ritrae una conoide alluvionale attuale nel Taklimakan Desert, Cina. 171 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano Proprio perché le indagini petrolifere ‘dirette’ vengono svolte sulla base di quest’ultimo tipo di campionatura, l’interpretazione di corpi sedimentari sepolti viene riferita a cluster di dati di importanza molto locale (REV = Rapresentative Elementary Volume, sensu Bear, 1972). Per questo motivo, l’estrapolazione di dati quasi puntiformi al resto del sistema investigato diventa problematica, a meno che gli stessi sedimenti osservati in sottosuolo non vengano raffrontati a situazioni analoghe di affioramento. La scelta del così detto ‘analogo’ di affioramento è generalmente condotta attraverso l’individuazione di un contesto geologico molto simile alla situazione da investigare in sottosuolo, non necessariamente presente in settori regionalmente confinanti all’area che include il potenziale reservoir. Questa similarità consiste nel riconoscere uno stesso tipo di bacino sedimentario (e.g., estensionale, compressivo, etc.), caratterizzato dalla stessa evoluzione stratigrafica della successione di riempimento (e.g., trasgressiva, regressiva, etc.), la quale possibilmente include sistemi deposizionali molto simili (e.g., continentali, transizionali, marino prossimali, etc.). Fig. 2 (A) Gruppo di sedimentologi durante l’Analisi di Facies di arenarie ben stratificate affioranti all’interno della successione oligo-miocenica del Bacino di Rift Sardo (Simone et al., 2012). (B) Analisi di Facies condotta su carote disposte in laboratorio. 172 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano Generalmente, l’Analisi di Facies condotta su rocce sedimentarie affioranti, parte da una serie di osservazioni che, gerarchicamente, documentano gruppi di dati (e.g., caratteri fisici dei sedimenti) caratterizzati da un decrescente livello di dettaglio. Ad esempio, una prima osservazione può derivare dalla geometria degli strati eventualmente presenti, dal loro spessore, dalla variazione verticale della loro dimensione (Fig. 3A), in modo tale da potere riconoscere gruppi o ‘set’ di strati accomunati da medesime caratteristiche geometriche. Un altro tipo di osservazione che viene fatta a questa scala è sulla geometria delle superfici che separano gli strati (Fig. 3B). Sulla base di questo elemento, infatti, può essere dedotta la natura di queste discontinuità (deposizionale, erosiva, di discordanza, etc.). Ad una scala di maggiore dettaglio, quello che può essere rilevato con immediatezza è la litologia (arenaria, calcare, etc.) e la granulometria (ruditica, arenitica, pelitica) degli elementi clastici che la Fig. 3 (A) Esempio di affioramento di rocce sedimentarie. Si noti la presenza di superfici di stratificazione e di erosione, elementi fisici chiave che vengono identificati a questo livello di dettaglio di analisi. (B) Stratificazione a scala di maggiore dettaglio dello stesso affioramento. (C) Caratteristiche granulometriche osservabili in affioramento. (D) Esempio di sezioni sottili ottenute da campioni di roccia estratti dall’affioramento madre. 173 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano costituiscono (Fig. 3C). Le considerazioni più efficaci, ma che al contempo richiedono grande esperienza e capacità di osservazione, sono quelle relative alle eventuali strutture sedimentarie presenti all’interno di una roccia clastica (Weber, 1982; Haldorsen & Chang, 1986; Hurst, 1993; Hartkamp-Bakker & Donselaar, 1993). Per struttura sedimentaria s’intende l’architettura che le particelle clastiche incluse in una roccia formano durante il processo deposizionale che le accumula, trasformandole in deposito sedimentario o strato. Tali strutture possono essere quindi interpretate come la registrazione di determinati processi dinamici o idrodinamici, nel caso in cui tali sedimenti si siano depositati per effetto di un agente idrico (Allen, 1984). Osservazioni a scala di maggiore dettaglio, per esempio su rocce costituite da particelle granulometricamente fini, e quindi macroscopicamente non risolvibili (e.g., rocce carbonatiche), oppure sulla natura mineralogica delle particelle che costituiscono il sedimento, vengono generalmente ottenute attraverso il prelievo di un campione e dalla sua successiva analisi in laboratorio tramite tecniche micrometriche (Fig. 3D). Porosità e Permeabilità in una roccia clastica Quando l’Analisi di Facies è condotta con la finalità di caratterizzare un reservoir, grande attenzione viene rivolta alla stima delle caratteristiche di Porosità e Permeabilità di una roccia o di un sedimento (e.g., Slatt, 2006). La porosità è determinata dall’insieme dei vuoti potenzialmente colmabili da fluidi o gas presenti nella roccia serbatoio, rappresentati dai pori della roccia stessa, ma anche da eventuali cavità interstizie o fratture, che intersecano la roccia. La porosità si valuta in percentuale volumetrica rispetto alla roccia serbatoio e cioè dal rapporto del volume dei vuoti sul volume totale della roccia (i.e., affinché un giacimento sia sfruttabile, la porosità deve essere di norma superiore al 5%, ma a grandi profondità e conseguenti alte pressioni si può operare anche con valori di porosità inferiori). La permeabilità (Tab. 1) rappresenta invece la proprietà di una roccia ad essere attraversata da fluidi o da gas, se dotati di una certa pressione (Brayshaw et al., 1996). Tab. 1 Esempi di sedimenti non consolidati e rocce clastiche con relativi valori di permeabilità (modificato, da Brayshaw et al., 1996). Tali caratteristiche possono essere approssimativamente stimate su rocce affioranti, utilizzando metodi di digitalizzazione fotografica o attraverso stime comparative (Fig. 4A e 4B), ma vengono più scrupolosamente ottenute attraverso analisi di laboratorio condotte su campioni estratti dalla roccia affiorante o dalla carota (core plug) (Fig. 4C). Porosità e Permeabilità in rocce sedimentarie sono implicitamente influenzate dal diametro medio delle particelle clastiche (Fig. 5A) e le stesse proprietà possono grandemente variare anche all’interno della stessa associazione di facies, a seconda del grado di eterogeneità di facies del volume di roccia sedimentaria considerata (Fig. 5B; Brayshaw et al., 1996). A titolo di esempio, un’arenaria costituita da clasti arenitici medio-grossolani, può raggiungere una porosità pari al 30-35%, se 174 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano i granuli non hanno subito un’eccessiva pressione litostatica (packing) e se i pori intra-clasti sono rimasti liberi da precipitati chimici che possono formarsi in fase sin- e post-diagenetica (Fig. 6A). Al contrario, una roccia sedimentaria costituita da particelle clastiche molto fini o ben compattate tra di esse, può ridurre la sua porosità fino al 3-5%, con valori di permeabilità piuttosto bassi (0,1 mD < K < 1 mD) (Fig. 6B) (Vinopal & Coogan, 1978; Enos & Sawatsky, 1981). La distribuzione della porosità e della permeabilità all’interno di rocce presenti nel sottosuolo, può essere ottenuta attraverso delle estrapolazioni indirette di dati puntiformi utilizzando specifici software e modelli di flusso. I più comuni tra questi analizzano i processi sedimentari che Fig. 4 Elaborazione digitale ottenuta da foto di affioramento (A = breccia; B = conglomerato) processate attraverso una conversione in bianco e nero. Con questa tecnica speditiva, il software (Image J ®) considera come ‘vuoti’ (volumi porosi) gli spazi in scuro, mentre calcola come ‘pieni’ le aree in chiaro, stimandone così la porosità in percentuale (modificato, da Simone et al., 2011). (C) Esempio di core plug estratto da un cilindro di carota di perforazione. 175 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano Fig.5 (A) Porosità e permeabilità considerate in funzione del diametro medio (granulometria) e del grado di classazione (o cernita) di un sedimento clastico (modificato da Brayshaw et al., 1996). (B) Porosità e permeabilità ottenute da un core plug proveniente da un reservoir clastico di tipo fluviale (Trias, sud Inghilterra) (modificato da Brayshaw et al., 1996). Fig. 6 Sezioni sottili a confronto e relative ad un arenaria grossolana molto porosa (A) ed un arenaria fine poco porosa (B). Fig. 7 (A) Esempio di stratificazione incrociata a truogoli o festoni in arenarie bioclastiche, tipica di depositi tidali di alta energia (Pliocene, Stretto di Catanzaro; da Longhitano et al., 2012). (B) Scansione dei vari stadi di una simulazione di iniezione di fluidi secondo percentuali progressive (da destra verso sinistra) all’interno di depositi caratterizzati da un’architettura deposizionale simile a quella osservabile in (A) (da Massart et al., 2012). 176 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano hanno generato una determinata facies sedimentaria (process-based model), ricostruendone il grado di eterogeneità interna sulla base della complessità del processo genetico (e.g., Slatt, 2008). Recentemente, maggiore attenzione è stata rivolta allo studio delle superfici di discontinuità interne presenti in un ammasso roccioso di natura sedimentaria (surface-based model). Un tale approccio parte da una stima bi-dimensionale di una discreta superficie di roccia, identificandone il valore della permeabilità verticale (Kv) rispetto alla permeabilità orizzontale (Kh). Il rapporto tra questi due valori (Kv/Kh) non dipende soltanto dalla presenza di pori interconnessi tra di essi all’interno della roccia, ma anche dalla presenza di superfici di discontinuità (strati, lamine, superfici erosive), da fratture o da faglie eventualmente presenti all’interno dell’ammasso roccioso che si sta considerando (e.g., Massart et al., 2012; Longhitano et al., 2012). Una volta effettuata la stima bidimensionale all’interno di una superficie di estensione nota, si procede alla modellizzazione tri-dimensionale, la quale viene inizialmente simulata in condizioni statiche e successivamente dinamiche secondo, ad esempio, percentuali via via crescenti di iniezione di un flusso (Koltermann, 1996; Nordahl & Ringrose, 2008) (Fig. 7). L’interpretazione dei dati sedimentologici Le caratteristiche fisiche che sono state sommariamente elencate nei paragrafi precedenti rappresentano soltanto alcuni degli elementi che concorrono all’ottenimento di un modello di facies, un insieme cioè di elementi i quali, se geneticamente correlati tra di loro, suggeriscono l’esistenza di uno specifico contesto deposizionale. Ad esempio, l’insieme di più facies sedimentarie che sono state accumulate da processi che notoriamente vengono osservati in zone costiere di bacini di sedimentazione attuali, possono identificare l’esistenza di un sistema deposizionale di tipo ‘deltizio’ antico. Tali facies hanno registrato la distribuzione di sedimenti trasportati in bacino dall’azione dei fiumi i quali, una volta giunti in mare, perdendo la loro capacità di trasporto, formavano corpi complessi di sedimenti (ad esempio, così come può essere oggi osservato lungo il margine meridionale pliocenico del Bacino di Potenza; Longhitano, 2008a,b). L’architettura deposizionale di questi corpi, le loro varie componenti (ambienti) e le loro caratteristiche fisiche interne (facies), una volta riassunte, possono essere riconosciute e confrontate con ‘modelli deposizionali’ noti in letteratura (e.g., Posamentier & Walker, 2006). Quando una determinata successione sedimentaria viene investigata in sottosuolo, anche in questo caso l’interpretazione parte da dati a grande scala (scala sismica, e cioè secondo la dimensione di profili che generalmente hanno lunghezze chilometriche e spessori di alcune centinaia di metri), per poi scendere in dettaglio attraverso l’analisi di facies condotta sulle carote estratte da perforazioni la cui ubicazione è stata precedentemente posizionata in modo strategico (Fig. 8). Il dataset che si ha a disposizione risulta pertanto altamente discontinuo ed incerto e, in un ottica di caratterizzazione di un reservoir e delle sue proprietà fisiche tridimensionali, tali dati necessitano di una fase di ‘previsione’, durante la quale vengono effettuate le scelte su dove la fase di esplorazione potrà fornire i risultati migliori (e.g., Martinius & Næss, 2005). Tale fase rappresenta forse lo stadio più delicato in un progetto di caratterizzazione di un reservoir di tipo clastico, in quanto descrive il momento in cui gli operatori propongono alcune ipotesi alternative sulla natura dei sistemi deposizionali che compongono il reservoir (e.g., sistemi continentali? deltizi? sistemi deposizionali di mare più profondo?) e sul loro sviluppo spaziale (i.e., volumetria e geometria delle parti componenti i sistemi e previsione delle aree maggiormente produttive in termini di idrocarburi). Durante gli ultimi decenni, grande influenza ha riscosso l’utilizzo della Stratigrafia Sequenziale nell’interpretazione dei sistemi deposizionali sepolti e della loro possibile evoluzione nello spazio e nel tempo. La Stratigrafia Sequenziale, introdotta da Mitchum et al. (1977) durante il corso degli anni ’70 (vedi anche Brown & Fisher, 1977) e rapidamente diffusasi nell’approccio di 177 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano uso comune della stratigrafia moderna a partire dagli anni ’80 (Van Wagoner et al., 1988), collega l’origine di ciascuna successione sedimentaria esistente all’interno di un bacino alle oscillazioni relative del livello del mare, al tasso di apporto sedimentario ed allo spazio esistente e potenzialmente colmabile da sedimenti (‘spazio di accomodamento’) (Sloss, 1988; Ross, 1991; Dott, 1992; Emery & Myers, 1996; Miall, 1997) (Fig. 9). Pertanto, quando il livello del mare occupa una posizione più bassa rispetto ad esempio a quella attuale (stazionamento basso o lowstand), hanno origine determinati sistemi deposizionali (ad esempio sistemi di tipo torbiditico o cunei sabbiosi posizionati nei settori più profondi dei bacini sedimentari). Al contrario, durante le fasi di stazionamento alto del livello del mare (highstand), i sistemi deposizionali tendono ad avere altre caratteristiche, così come durante le fasi intermedie di caduta e risalita del livello del mare (e.g., Longhitano et al., 2010). Tramite l’applicazione dei concetti della Stratigrafia Sequenziale, che si sono notevolmente evoluti ed ammodernati durante il corso degli ultimi decenni (vedi discussione in Catuneanu et al., 2009), è stato possibile ‘prevedere’ come determinati sistemi deposizionali si possano sviluppare nello spazio e nel tempo in funzione delle variazioni del livello del mare ricostruite a scala globale. Pertanto, all’interno di reservoir di sottosuolo, è stato così possibile effettuare perforazioni esplorative in quei settori del bacino in cui l’aspettativa di rinvenire corpi porosi fosse stata corroborata dall’applicazione dei concetti della Stratigrafia Sequenziale. Sulla base di questi concetti, anche reservoir che erano stati da tempo abbandonati perché ritenuti ormai esauriti hanno, al contrario, rivelato risorse che fino a quel punto erano state precedentemente sottovalutate o ignorate. Fig. 8 Esempi di alcuni differenti tipi di dati utilizzati nello studio di reservoir clastici (modificato, da Slatt, 2006). 178 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano L’Analisi di facies applicata a reservoir di tipo clastico Fig. 9. Modello di evoluzione sequenziale di un sistema deposizionale costiero in relazione alle oscillazioni relative del livello del mare. (A) Depositi sabbiosi costieri grossolani (shoreface) passano distalmente a depositi marini più profondi e fini (offhsore). (B) Durante un ciclo di oscillazione, tali depositi progradano producendo alternate fasi di progradazione (crescita orizzontale) ed aggradazione (crescita verticale) degli strati. (C) Durante fasi di significativa trasgressione, i sedimenti crescono in spessore, producendo una importante aggradazione delle facies argillose continentali nei settori più interni. (D) I vecchi depositi costieri sabbiosi e porosi vengono così ad essere intrappolati tra due intervalli di sedimenti fini e poco porosi (E). (F) In questo modo, si viene a determinare l’esistenza di un livello ‘serbatoio’ inglobato in sedimenti meno permeabili ed all’interno del quale può potenzialmente essere immagazzinata materia organica. Utilizzando i criteri della Stratigrafia Sequenziale, attraverso la ricostruzione di ognuna di queste fasi, può essere possibile individuare in sottosuolo il settore in cui i depositi costieri porosi, e quindi potenzialmente più produttivi, possano essersi sviluppati secondo il loro spessore massimo (modificato, da Pomar, 1993). 179 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano I reservoir di tipo clastico vengono individuati all’interno di sistemi deposizionali che, durante il loro sviluppo, si sono auto-organizzati in ‘comparti’ caratterizzati da sedimenti porosi e quindi potenzialmente serbatoio. Uno degli esempi che più spesso viene citato in letteratura è rappresentato da un sistema costiero il quale, a causa della sua natura ‘transizionale’ (originatosi cioè a cavallo della transizione tra terra emersa e mare), è costituito da sedimenti fini di natura continentale nei suoi ambienti deposizionali più interni, e da sedimenti più grossolani e sabbiosi negli ambienti deposizionali più esterni e subacquei, i quali passano lateralmente e verso il bacino a sedimenti più fini e distali (Fig. 9A). Durante l’evoluzione stratigrafica di un sistema del genere, in seguito ad esempio a ripetute fasi di oscillazione relativa del livello del mare (Figs. 9B-D), gli ambienti più prossimali continentali tenderanno a sovrapporsi a quelli più distali e marini (Fig. 9E). Il risultato deposizionale di un’evoluzione di questo tipo porta ad ottenere una successione stratigrafica in cui i corpi più sabbiosi e porosi si troveranno ad essere ‘impacchettati’ all’interno di corpi più fini ed impermeabili, venendo così a generare un perfetto esempio di trappola stratigrafica per il potenziale immagazzinamento di fluidi o gas (Fig. 9F). In un modello di questo tipo, il fatto che i sedimenti più profondi siano quelli di natura marina, e quindi potenzialmente ricchi di materia organica intrappolata al loro interno in condizioni di anossicità, determina un’alta probabilità di generare combustibili fossili al loro interno (roccia ‘madre’ o source rock) (Fig. 9F) i quali, una volta trasformatisi attraverso il processo di ‘petrogenesi’, tendono a migrare verso l’alto per effetto della loro ridotta densità, e ad essere immagazzinati all’interno della roccia serbatoio (reservoir rock), costituita dai sovrastanti sedimenti porosi (Fig. 9F). Sulla base di questo semplicistico modello di facies, il quale spesso si discosta dalla realtà a causa dell’intervento di fenomeni e processi aggiuntivi, quali discontinuità stratigrafiche, tettonica, variazioni climatiche e di apporto sedimentario, etc., si può intuire come il ruolo dell’Analisi di Facies rivesta una importanza fondamentale nel riconoscimento di ognuno degli elementi che costituiscono un sistema deposizionale o più sistemi tra di loro interconnessi (Walker, 2006). Risulta inoltre sostanziale la correttezza nell’interpretazione delle facies, soprattutto se le deduzioni che da essa derivano possono profondamente condizionare l’interpretazione sulla natura di uno o più sistemi deposizionali presenti nel sottosuolo. Infatti, proprio da questa importante fase deriva successivamente la stima sulla estensione spaziale dei corpi porosi, sulla loro possibile interconnessione e sul loro potenziale di immagazzinamento di fluidi o gas di una qualche rilevanza economica. Conclusioni L’Analisi di Facies applicata allo studio ed all’interpretazione sulla natura e sull’evoluzione dei corpi sedimentari affioranti in superficie e presenti in sottosuolo è stata ampiamente accettata come uno dei metodi più efficaci per la comprensione dei processi geologici che agiscono all’interno di un bacino sedimentario. Tale comprensione è fondamentale se le successioni stratigrafiche inglobate all’interno del record sedimentario di un bacino possono essere ritenute economicamente rilevanti. Nel caso specifico della caratterizzazione di reservoir di tipo clastico al fine del reperimento di combustibili fossili, l’approccio metodologico dell’Analisi di Facies viene ancora oggi ritenuto essenziale per la ricerca di idrocarburi eventualmente immagazzinati in rocce clastiche, nonostante questa tecnica ‘di campo’ faccia risalire le sue origini agli albori stessi delle Scienze della Terra. Si consideri che tale metodo viene correntemente applicato nell’investigazione di dati di sottosuolo anche al fine di reperire risorse idriche (‘idrostratigrafia’) o con lo scopo di individuare ‘sorgenti’ di sedimenti clastici presenti in offshore o in onshore di aree costiere, il cui utilizzo 180 L’importanza dell’analisi di facies sedimentarie in studi di caratterizzazione di reservoir di tipo clastico Sergio G. Longhitano può essere utile ai fini del ripascimento di aree di spiaggia soggette ad erosione (Longhitano, 2008c). Tuttavia, non si può fare a meno di notare come l’Analisi di Facies, tecnica di estrazione sedimentologica e stratigrafica efficacemente trasmessa alle giovani generazioni da una gloriosa scuola accademica italiana durante gli scorsi decenni, stia rapidamente scomparendo dai corsi di laurea triennali e magistrali italiani in Geologia o in Scienze della Terra. Tale orientamento deriva probabilmente dalla ormai generalizzata tendenza al rimpiazzo delle vecchie discipline ‘di campo’ con più moderne tecniche di rilevamento di dati di tipo remote sensing, molto più agevoli e solo apparentemente più efficaci. Anche in funzione della grande richiesta che i Sedimentologi italiani, formati durante quella gloriosa fase accademico-culturale degli anni 80 e 90, continuano ad avere presso l’industria delle georisorse internazionale, sarebbe fortemente auspicabile una maggiore attenzione nella perpetuazione accademica di discipline geologiche più ‘classiche’ e che, avendo contribuito in modo sostanziale alla crescita della Geologia in Italia, formerebbero nuove generazioni si sedimentologi al passo con i tempi moderni. Bibliografia Allen J.R.L. (1984). Sedimentary Structures: Their Character and Physical Basis. Developments in Sedimentology, Vol. 30, unabridged one-volume 2nd edn. Elsevier, Amsterdam. Bear J (1972) Dynamics of fluids in porous media. 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Raffaele Nardone RESPONSABILE ATTI CONGRESSUALI Dott. Raffaele Nardone COMITATO PROMOTORE| Geol. Carlo Accetta, Geol. Raffaele Carbone, Geol. Filippo Cristallo, Geol. Franco Guglielmelli, Geol. Domenico Laviola, Geol. Maurizio Lazzari, Geol. Raffaele Nardone, Geol. Nunzio Oriolo, Geol. Mary William COMITATO ORGANIZZATORE|Geol. Raffaele Nardone - Coordinatore, Geol. Annamaria Andresini, Geol. Maurizio Lazzari, Geol. Nunzio Oriolo, Geol. Mary William COMITATO SCIENTIFICO|Dott. Raffaele Nardone - Coordinatore, Dott. Fabrizio Agosta, Dott. Mario Bentivenga, Dott. Claudio Berardi, Dott. Gerardo Colangelo, Ing. Ersilia Di Muro, Arch. Vincenzo L. Fogliano, Dott. Ivo Giano, Dott. Fabrizio Gizzi, Dott. Vincenzo Lapenna, Dott. Maurizio Lazzari, Dott. Sergio Longhitano, Ing. Maria Marino, Prof. Marco Mucciarelli, Dott. Lucia Possidente, Prof. Giacomo Prosser, Prof. Marcello Schiattarella, Prof. Vincenzo Simeone, Prof. Marcello Tropeano, Dott. Maria Pia Vaccaro, Dott. Donato Viggiano. Tre intense giornate di sessioni ed interventi organizzate per i tecnici di tutti gli Ordini e Collegi, Operatori del settore Oil&Gas, Top Manager, Amministratori, Dirigenti e Funzionari della Pubblica Amministrazione, Studenti. L’obiettivo primario è quello di focalizzare l’attenzione sul ruolo che il geologo ha assunto in relazione allo sfruttamento compatibile e sostenibile delle fonti fossili naturali. La tematica verrà affrontata grazie all’intervento di relatori di altissimo livello tecnico ed istituzionale, con interessanti d i b a tti ti e d una t a v o l a ro to nd a su lla ge s t io n e ambientale e formazione professionale . Proprietà letteraria riservata Editore 1a edizione: 2013 Tutti le immagini sono il frutto della ricerca dei relatori e quindi sono utilizzate in questa pubblicazione ad esclusivo scopo didattico e divulgativo.