ANTIEPILETTICI IN GRAVIDANZA L'epilessia è il disturbo neurologico più frequente, ha una prevalenza complessiva stimata dello 0,5-0,7% nei paesi occidentali (1), la prevalenza nelle donne in gravidanza è dello 0,3-0,5% (2), almeno il 25% delle persone con epilessia sono donne di età fertile (3). Durante la gravidanza le donne affette da epilessia ricevono un trattamento con farmaci antiepilettici (FAE) perché vi è un consenso generale sul fatto che i rischi, per la madre e per il feto, di attacchi convulsivi non controllati siano superiori al potenziale rischio teratogeno dei farmaci (4,5). Tuttavia le evidenze sui rischi correlati a crisi epilettiche sono limitate mentre aumentano le evidenze su malformazioni congenite o alterazioni nello sviluppo di neonati esposti a farmaci antiepilettici in utero (6-10). Pertanto la preoccupazione più importante per quanto riguarda l'uso di farmaci antiepilettici durante la gravidanza è il potenziale rischio di malformazioni congenite nella progenie. Ci sono diversi possibili meccanismi di insorgenza di malformazioni congenite nel feto, questi includono la predisposizione genetica di malformazioni nei neonati di donne con epilessia, gli effetti diretti della crisi, effetto indiretto della crisi (cadute) e delle lesioni, scarsa assistenza prenatale e gli effetti teratogeni di farmaci antiepilettici. Le crisi epilettiche possono portare a riduzione della circolazione placentare e ischemia secondaria nel feto, il ripristino della circolazione può portare ad un aumento dello stress ossidativo, che a sua volta potrebbe esercitare effetti teratogeni. Tuttavia, il fattore più importante modificabile in relazione alla teratogenesi in donne affette da epilessia potrebbe essere l'esposizione a farmaci antiepilettici. Il primo caso di malformazioni legata all'esposizione ad antiepilettici in gravidanza è stata citata da Janz in letteratura tedesca. Successivamente, diverse malformazioni sono state descritte in seguito all'esposizione a fenobarbitale, fenitoina, carbamazepina e valproato di sodio. Per tutti i FAE tradizionali sono segnalate potenzialità teratogene, le malformazioni riportate comprendono la spina bifida, le malformazioni cardiache, le schisi oro-facciali, le ipoagenesie degli arti e le ipospadie ma non vi sono, comunque, indicazioni precise sulla specifica potenzialità teratogena dei singoli farmaci. Il Valproato sembra il farmaco più frequentemente associato a spina bifida e il suo uso in gravidanza è sconsigliato. Soprattutto le politerapie hanno un maggiore rischio malformativo (da evitare soprattutto le terapie d’associazione con valproato). Ci sono diversi meccanismi con cui i farmaci antiepilettici potrebbero esercitare effetti teratogeni. Tra questi l’assunzione di antiepilettici può portare a carenza di folati che a sua volta può predisporre a difetti del tubo neurale (11), l'aumento dello stress ossidativo legato al metabolismo dei farmaci antiepilettici (12) metabolizzati dal citocromo P450 con aumento de i livelli di ossidi di arene (potente teratogeno) come sottoprodotto del suo metabolismo. Altri meccanismi in esame includono alterazioni nei geni homeobox (HOX), i percorsi di segnalazione di acido retinoico, le deacetilasi degli istoni e polimorfismi che coinvolgono i trasportatori dei farmaci antiepilettici (13). Ad oggi non è possibile fare una stima precisa del rischio associato ai singoli farmaci, perché le informazioni disponibili, soprattutto per i farmaci di ultima generazione, sono scarse e non conclusive (14-16). Recenti studi documentano un maggior rischio per il Valproato rispetto agli altri FAE (17-19), anche se allo stato attuale delle conoscenze nessun farmaco antiepilettico può essere considerato esente da rischi (20) ed, in generale, un più alto dosaggio, un più alto livello ematico e la politerapia sono associati ad un rischio maggiore. Per una scelta consapevole del trattamento più adatto nelle donne in età fertile oppure in gravidanza può essere utile ricorrere alla classificazione dei vari antiepilettici proposta dalla FDA, che classifica i diversi farmaci antiepilettici utilizzati in gravidanza in cinque categorie A, B, C, D e X. La categoria A è considerata la più sicura mentre la categoria X è assolutamente controindicata in gravidanza. La Carbamazepina viene classificata in categoria C, se usata nel primo trimestre di gravidanza può causare difetti del tubo neurale soprattutto spina bifida, polidattilia, difetti cardiovascolari, assenza della tiroide e della colecisti, microcefalia e ritardato sviluppo (21,22). Anche la Lamotrigina appartiene alla categoria C, alcuni dati suggeriscono che l'uso in gravidanza può causare difetti del tubo neurale, difetti craniofacciali, polmonari, cardiovascolari, depressione respiratoria, setticemia. La Fenitoina appartiene alla categoria D, può causare la cosiddetta fetal hydantoin syndrome caratterizzata da difetti craniofacciali, degli arti, cardiaci, labbro leporino e ritardato sviluppo somatico e mentale, inoltre è stato suggerito un rischio carcinogenico (neuroblastoma, tumore di Wilms, ganglio neuroblastoma) infine trombocitopenia ed emorragie nel neonato (23). Anche il Valproato ed il Fenobarbitale appartengono alla categoria D. Il Valproato può determinare difetti del tubo neurale, difetti craniofacciali iperbilirubinemia e delle neonatale, dita, difetti tossicità urogenitali, epatica, ritardo iperglicemia psicomotorio, transitoria. Il Fenobarbital può causare microcefalia, una sindrome simile alla fetal hydantoin syndrome, ridotto sviluppo cognitivo, emorragie (24). Non esistono farmaci del tutto sicuri, tuttavia secondo una revisione Cochrane (25) la maggioranza degli studi disponibili sugli effetti degli antiepilettici in gravidanza sono di qualità limitata e ci sono poche evidenze per permettere ai medici ed alle pazienti di scegliere in base al rischio dei vari trattamenti, l'azione teratogena degli antiepilettici è presente soprattutto nel primo trimestre di gestazione, mentre il ritardo di sviluppo intellettivo del bambino si manifesterà in seguito (26). Di certo si tratta di scelte difficili e l'informazione delle pazienti deve essere particolarmente curata e completa, compresa una eventuale terapia contraccettiva nelle donne in età fertile che non desiderino una gravidanza. Per il feto la monoterapia è risultata più sicura, in quanto è associata ad un minore rischio di malformazioni congenite. L’Acido valproico che per molti anni è stato un farmaco di prima scelta nei pazienti con epilessia generalizzata di entrambi i sessi, ha dimostrato il più alto potenziale teratogeno tra i FAE di prima generazione. Sebbene con molte incertezze tutti i protocolli pubblicati contengono l’indicazione di somministrare acido folico (ma sulla posologia esiste estrema discordanza, da 0,4 a 5 mg/die) almeno da 3 mesi prima del concepimento e per tutto il primo trimestre allo scopo di ridurre il rischio di spina bifida. Può essere consigliato, sebbene non ci siano prove che ciò prevenga gli effetti teratogeni, il frazionamento della dose giornaliera dei FAE in due o più somministrazioni così da ridurre i picchi plasmatici particolarmente elevati e la quota di passaggio placentare. I tassi più bassi di malformazioni sono stati trovati per la Lamotrigina in monoterapia a dosi giornaliere inferiori a 300 mg (27). Poiché l’effetto teratogeno dei FAE si verifica nelle prime settimane del concepimento non vi sono prove che sospendendo o modificando la terapia antiepilettica in una donna che già assumeva i FAE in questa fase si riduca tale rischio. Nel corso degli ultimi due decenni, molta attenzione è stata rivolta ai problemi correlati all'uso di farmaci antiepilettici di prima generazione nelle donne quali disturbi ormonali e metabolici, interazioni con i contraccettivi. Un esame dettagliato del potenziale teratogeno dei farmaci antiepilettici di seconda generazione è stato recentemente eseguito da Hill (28) dimostrando che sia la Lamotrigina che il Levetiracetam presentano basso rischio mentre il Topiramato presenta un significativo potenziale di malformazioni fetali. La Lamotrigina rappresenta una opzione relativamente sicura, nel range di dosaggio più basso (dosi giornaliere inferiori a 300 mg) non sembra essere associata a qualsiasi aumento del rischio di malformazioni e teratogenicità. Attualmente in fase di valutazione altri farmaci di nuova generazione quali Oxcarbazepina e Levetiracetam sembrano rappresentare ulteriori potenziali terapeutici per il trattamento dell’epilessia in gravidanza. BIBLIOGRAFIA 1. Forsgren L, Beghi E, Oun A, Sillanpää M. The epidemiology of epilepsy in Europe – a systematic review. Eur. J. Neurol. 2005; 245–253. 2. Tomson T, Battino D. Teratogenic effects of antiepileptic medications. Neurol. Clin. 2009; 993–1002. 3. 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