3. Equazione di Einstein L'idea alla base della relativita' generale e' che la struttura dello spazio-tempo sia determinata dalla distribuzione di massa-energia dell'universo. Localmente lo spazio-tempo deve essere descritto dalla metrica di Minkowski poiche' la relativita' ristretta funziona estremamente bene su scale non eccessivamente grandi ds 2 = c 2 dt 2 − dl 2 Su scale cosmologiche o in presenza di grandi distribuzioni di massa e tenuto presente il principio di equivalenza ci si attende pero' che lo spazio-tempo sia in generale curvo e che la sua struttura dipenda dalla distribuzione di massa-energia. Lo spazio-tempo e' uno spazio quadridimensionale con una metrica di Riemann del tipo ds 2 = ∑ g µν dx µ dx ν µ ,ν I coefficienti della metrica non sono piu' quelli di Minkowski e si tratta di capire come legare tali coefficienti alla distribuzione di massa-energia. Le componenti del tensore metrico gµν variano in linea di principio in funzione del punto dello spazio-tempo e definiscono la curvatura locale dello spazio. Essi sono in qualche modo l'analogo del potenziale gravitazionale della fisica newtoniana. Determinare come i coefficienti della metrica dipendono dalla distribuzione di materia-energia e' l'analogo quindi della relazione fra potenziale gravitazionale (Φ) e distribuzione di materia (ρ) nella fisica Newtoniana ove tale relazione e' descritta dall'equazione di Poisson ∇ 2Φ = 4πGρ Nell'ambito della relativita' ristretta le leggi fisiche devono essere invarianti per trasformazioni di Lorentz il che si traduce formalmente nella richiesta di scriverle come si dice in forma manifestamente covariante. In altre parole i due membri di un'equazione devono essere grandezze scalari o vettoriali o piu' generalmente tensoriali (ad esempio le equazioni dell'elettromagnetismo) r ∂ µ F µν = J ν J ν = (ρ c , j ) il che assicura l'invarianza rispetto a una trasformazione di Lorentz. 1 Nel quadro della relativita' generale, ove si considerano trasformazioni arbitrarie e non solo lineari in spazi curvi, le cose sono piu' complicate ma si ammette la validita' del principio di covarianza generale estendendo quindi il principio di manifesta invarianza della relativita' ristretta. Principio di covarianza generale Il principio di covarianza generale o Principio di Equivalenza di Einstein postula che in tutti i sistemi inerziali le leggi della fisica che non implicano interazioni gravitazionali siano le stesse di quelle formulate nel quadro della relativita' ristretta. In altre parole le leggi della natura in un sistema locale "in caduta libera" sono le usuali formule tensoriali della relativita' ristretta. In presenza di interazioni gravitazionali si postula che le leggi valide in assenza di gravitazione siano ancora valide a condizione di essere scritte in forma "generalmente covariante", cioe' che esse mantengano la loro forma per una trasformazione arbitraria di coordinate. Un'equazione tensoriale, ad esempio G µν = 0 dove G µν e' un opportuno tensore del secondo ordine(ma la cosa e' vera per qualunque ordine e qualunque tipo di tensore) e' generalmente covariante. Una tale equazione sara' vera in un arbitrario sistema di coordinate se sappiamo che essa e' vera in un particolare sistema(ad esempio in un sistema di Lorentz locale nel quale sono assenti gli effetti della gravitazione). Utilizzando il principio di covarianza generale si pone quindi il problema di riuscire a riformulare l'equazione di Poisson sotto una forma covariante. Come primo passo se consideriamo il secondo membro dell'equazione di Poisson dove compare la densita' di materia possiamo osservare che ρ non e' una grandezza covariante e quindi si pone il problema di descrivere la distribuzione di materia in forma relativistaicamente covariante. 2 Tensore energia-impulso L'idea di fondo alla base della relativita' generale e' che la presenza di materia modifichi la curvatura dello spazio-tempo. La curvatura di uno spazio e' formalmente descritta dal tensore di curvatura di Riemann e dai tensori da esso derivati(le contrazioni). Per concretizzare l'idea che curvatura dello spazio e materia siano correlati occorre quindi descrivere in modo opportuno l'energia e la quantita di moto associate alla materia. In meccanica classica(relativita' ristretta) energia e quantita' di moto associate ad una distribuzione di materia sono descritte in vari modi ; il piu' adeguato perche' piu' direttamente generalizzabile e' quello fornito dal tensore energia-impulso. Per un insieme di N punti materiali; N masse mj nei punti xj al tempo t si ha p αj 4-impulso della massa mj = mj dx αj r r p j = m jγ jv j dτ r T α0 ( x , t ) = ∑ r T αi ( x, t ) = ∑ p densita’ di quantita’ di moto r r p αj δ3 ( x − x j ) j corrente di energia-impulso r T αβ ( x, t ) = ∑ j p αj dx βj dt eq. continuita’ r r δ3 ( x − x j ) = ∑ p αj pβj j ∂ ∂ xβ T αβ =G Ej α α j j dx ij r r δ (x − x j ) r G ( x, t ) = particelle libere o interazioni di contatto r r δ3 ( x − x j ) dt 3 α p 0j = E j = m j γ jc 2 T αβ dp αj ∑ dt =T βα poiche’ pαj = Ej dx αj dt r r δ3 ( x − x j ) j ∂ β Tα = 0 ∂ xβ 3 Se il numero di particelle e' molto elevato e' opportuno descrivere il sistema nell'approssimazione di mezzo continuo. Il caso piu' semplice corrisponde al comportamento di un fluido perfetto cioe' di un fluido continuo omogeneo, isotropo e nel quale non sono presenti sforzi di taglio cioe' forze viscose. In un sistema di riferimento nel quale il fluido e' in quiete il tensore energia-impulso ha componenti ~ T ij = pδij ~ ~ T i0 = T 0i = 0 ~ T 00 = ρc 2 (~ → sistema di quiete locale) ove ρ = densita' totale di materia ed energia p = pressione(isotropa nel liquido in quiete) r Per passare al sistema di riferimento nel quale il fluido si muove con velocita' v trasformazione di Lorentz r x µ = Λµν x 'ν fatta la quale si trova Λµν = diag( γ,− γv ) T ij = pδij + γ 2 ( ~ T µν = Λµα Λνβ T αβ ⇒ T µν =( p c 2 µ ν c 2 + ρ) v i v j p + ρ) v i c2 = γ 2 ( pβ 2 + ρc 2 ) µν + ρ) u u − pη L'equazione di continuita' e' data da p T 0 i = T i 0 = γ 2 c( T 00 In forma piu' compatta occorre effettuare una T,µν ν =0 r dx µ u = = (γc, γv ) dτ µ 4 In presenza di un campo gravitazionale applicando il principio di covarianza generale possiamo scrivere T µν =( p c2 µ ν + ρ) u u − pg µν Dx µ u = Dτ µ e l'equazione di conservazione diventa µν T,µν ν ⇒ T;ν = 0 5 Equazioni di Einstein Nella visione di Einstein che la distribuzione di materia e di energia sia la sorgente della struttura dello spazio-tempo dobbiamo cercare di legare il tensore energia-impulso al tensore che descrive la curvatura dello spazio. Il tensore energia-impulso e' un tensore simmetrico di rango 2 con divergenza nulla. Dobbiamo quindi cercare di costruire un tensore simmetrico di rango 2 con divergenza nulla che contenga la struttura della metrica o se si preferisce della curvatura. L'equazione dovra' inoltre essere compatibile nel limite di basse velocita' e di campi gravitazionali deboli con le equazioni della meccanica Newtoniana che sappiamo essere valida con grande precisione in tali condizioni. In meccanica Newtoniana classica il potenziale gravitazionale Φ soddisfa all'equazione di Poisson ∇ 2 Φ = 4 πGρ Φ=G M r ed il moto di una particella di massa unitaria e' descritto da r d2x d t2 r = −∇Φ Φ=G M r In presenza di campi gravitazionali in relativita' generale il moto della particella e' lungo una geodetica la cui equazione e' d2x k ds 2 + k Γlm dx l dx m =0 ds ds Nel limite di 1) moti non relativistici v << c 2) campi statici quindi nessuna dipendenza dal tempo : gmn,0=0 3) campi deboli : gmn = ηmn +hmn con hmn << 1 6 l'equazione della geodetica si riduce come abbiamo visto a 2 2r r d x 1 d t 2 2 m − ∇ d s h 00 = 0 2 d x m d t 2 d s + Γ00 = 0 ⇒ d s2 ds 2 d t ds 2 ⇒ =0 r d2x d t2 1 r = − ∇ h 00 2 da cui per compatibilita' con la meccanica Newtoniana si deduce che h 00 = − 2Φ → g 00 = (1 − 2Φ ) e quindi in tale limite possiamo scrivere che ∇ 2 g 00 = −8 πG ρ Poiche' in meccanica classica la componente 00 del tensore energia-impulso di un fluido perfetto e' la densita' si puo' riscrivere l'equazione di Poisson come ∇ 2 g 00 = −8 πGT00 Se ora interpretiamo tale equazione come la componente 00 di un'equazione tensoriale in base al principio di covarianza siamo indotti a scrivere un'equazione del tipo G µν = − 8 π GTµν ove Gµν e' un tensore che deve soddisfare alle seguenti condizioni 1) 2) 3) 4) 5) essere simmetrico essere funzione della metrica e delle derivate 1a e 2a essere lineare nelle derivate seconde avere divergenza nulla per campi deboli ridursi al laplaciano della metrica e dare l'equazione newtoniana Da quanto discusso precedentemente e' ovvio che le prime 4 condizioni sono soddisfatte scegliendo7 1 G µν = c R µν − g µν R 2 la condizione 5 ) fissa immediatamente c=1.Quindi G µν ≡ R µν − 1 g µν R = − 8 π GTµν 2 equazione di Einstein Alzando uno degli indici e contraendolo con l'altro si ha R − 1 µ g µ R = −8 πGTµµ 2 ⇒R − 1 4 R = −8 πGTµµ 2 ⇒ R = 8 πGTµµ Inserendo tale espressione di R nell'equazione di Einstein si ricava la forma equivalente : 1 R µν = 8 πG Tµν − g µν Tρρ 2 A priori le condizioni precedentemente elencate sono ancora compatibili con l'aggiunta, nella definizione del tensore Gµν di un termine costante, cioe' con un'espressione R µν − 1 g µν R − g µν Λ = − 8 πGTµν 2 Λ costante cosmologica In effetti fu questo il primo approccio di Einstein quando si rese conto che le equazioni senza il termine costante non avevano soluzioni statiche e descrivevano quindi un universo in espansione o in contrazione contrariamente all'opinione diffusa all'epoca. La costante Λ doveva garantire un universo statico e nello stesso tempo essere comunque molto piccola in modo da non perturbare le orbite dei corpi celesti per periodi di tempo lunghi. Quando Hubble fece vedere che i dati sperimentali indicavano che l'universo era in espansione Einstein elimino' il termine cosmologico dalle sue equazioni. 8 Recentemente tale termine e' pero' tornato di attualita' come energia oscura. Soluzione di Schwarzschild. Le equazioni di Einstein e la metrica dello spazio-tempo intorno ad un corpo massivo statico, di massa M, quale e' ad esempio il caso dello spazio attorno ad un pianeta o una stella statici o rotanti lentamente furono risolte per la prima volta da Schwarzschild nel 1916. La condizione che il campo sia statico ed abbia simmetria sferica implica che gli elementi della metrica non dipendano da "t" e che la dipendenza dalle coordinate spaziali sia solamente attraverso termini che siano invarianti per rotazioni spaziali. Se vi e' simmetria sferica e' naturale scegliere coordinate spaziali sferiche x1=r , x2=θ , x3=φ e x0=t La simmetria sferica implica che g 02 = g 03 = g12 = g13 = g 23 = 0 g 01 = 0 time reversal g 33 = sin 2 θ g 22 L'elemento di linea infinitesimo e' quindi del tipo ds 2 = E ( r )dt 2 − F( r )dr 2 − G ( r ) r 2 ( dθ 2 + sin 2 θ dϕ 2 ) essendo E(r) , F(r) , G(r) funzioni definite positive che dipendono solo da r.Per r → ∞ E , F , G → 1. Scegliendo come nuova coordinata radiale ~r = r G ( r ) l'elemento di linea diventa, omettendo il segno di tilde(~) sopra la "r" per semplicita' di scrittura. ds 2 = A ( r )dt 2 − B( r )dr 2 − r 2 ( dθ 2 + sin 2 θ dϕ 2 ) Per r → ∞ A , B → 1. Le componenti covarianti della metrica sono quindi g tt = A ( r ) g rr = − B( r ) g θθ = − r 2 g φφ = − r 2 sin 2 θ e le componenti controvarianti sono g tt = A −1 ( r ) g rr = − B −1 ( r ) g θθ = − 1 r2 g φφ = − 1 r 2 sin 2 θ 9 Definita la metrica bisogna calcolare i coefficienti di connessione affine e si trova che i soli elementi che sono diversi da zero sono: ( ) 1 rn g g mn , k + g kn , m − g mk , n 2 1 dB r r sin 2 θ 1 dA 1 dA r r r Γrr = , Γθθ = − , Γφφ = − , Γttr = ; Γtrt = Γrtt = 2 B dr B B 2 B dr 2 A dr 1 1 φ φ θ Γrθθ = Γθθr = , Γφφ = − sin θ cos θ ; Γrφφ = Γφφr = , Γφθ = Γθφ = cot θ r r r Γmk = e le componenti non nulle del tensore di Ricci sono R µν = R rr ρ ∂ Γµρ ν − ρ ∂ Γµν ρ ρ σ ρ σ − Γµν Γσρ + Γµσ Γ νρ ∂x ∂x A ' ' 1 A ' A ' B' 1 B' A ' ' 1 A ' A ' B' 1 A ' = − + ; R tt = + + − − 2A 4 A A B r B 2B 4 B A B r B r A ' B' 1 R θθ = − 1 + − ; R φφ = sin 2 θ R θθ + 2B A B A Le equazioni di Einstein nel vuoto sono quindi R µν = 0 ⇒ R rr = 0 R θθ = 0 R tt = 0 Dalle espressioni appena scritte si ricava pure che R R rr 1 A ' B' + tt = − + =0 B A rB A B ⇒ A' B' =− A B 10 che significa A ( r ) B ( r ) = cste e poiche' per r → ∞ A , B → 1 la costante dev'essere 1, cioe' B( r ) = 1 A (r) sostituendo a B(r) tale espressione nelle equazioni Rrr = 0 e Rθθ = 0 si ha R θθ = − 1 + A ' r + A = 0 R rr = ( R θθ )' A'' A' + = =0 2A rA 2 rA da cui si deduce che d ( rA ) = A ' r + A = 1 dr ⇒ rA ( r ) = r + cste A grandi distanza da un corpo di massa M la componente g00 dev'essere tale che g 00 ≡ g tt → − 1 − 2 r→ ∞ GM r e quindi la costante deve valere -2MG.E di conseguenza 2 GM A(r) = 1 − r 2 GM B( r ) = 1 − r −1 e la metrica(di Schwarzschild) e' 2 GM ds = 1 − r 2 2 GM 2 dt − 1 − r −1 dr 2 − r 2 ( d θ 2 + sin 2 θ d ϕ 2 ) 11 Il parametro M descrive la massa all'interno del raggio r considerato. Una caratteristica importante della metrica di Schwarzschild e' che essa rappresenta l'unica soluzione, nel vuoto, delle equazioni di Einstein associate ad una distribuzione di massa con simmetria sferica . Questo fatto noto come teorema di Birkhoff significa che la materia puo' oscillare ampiamente ma fintanto che rimane in configurazione di simmetria sferica il campo gravitazionale all'esterno non cambia. (E' l'analogo del teorema di Gauss in fisica classica). Dall'espressione della metrica si nota pure che essa presenta due singolarita'; una corrispondente a r=0 e l'altra corrispondente a r=2GM. Le due singolarita' sono pero' di natura molto diversa. La singolarita' a r=2GM e' legata alla particolare scelta di coordinate;con una scelta piu' oculata tale singolarita' scompare. Cio' puo' venir verificato direttamente effettuando una trasformazione a quelle che sono chiamate coordinate di Kruskal, u e v . r u= − 1 2 GM 1/ 2 e r / 4 GM cosh( t / 4 GM ) r v= − 1 2 GM 1/ 2 e r / 4 GM sinh( t / 4 GM ) In tali coordinate la metrica diventa ( ) 32 ( GM ) 3 − r /( 2 GM ) ds = e dv 2 − du 2 − r 2 ( dθ 2 + sin 2 θ dϕ 2 ) r 2 r v 2 − u 2 = e r /( 2 GM ) − 1 2 GM Questa espressione e' del tutto regolare in corrispondenza a r=2GM. La singolarita' a r=0 e' invece intrinseca ed e' presente comunque si scelgano le coordinate. Il fatto che r=2GM non sia una singolarita' intrinseca non esclude pero' che in tale punto avvengano dei cambiamenti di comportamento. 12 Le geodetiche radiali ( θ , φ , costanti) di tipo luce ds2=0 sono 2 GM 2 2 GM 1 − dt − 1 − r r −1 dr 2 = 0 ⇒ dt = ± dr 2 GM 1− r Questa espressione ci dice qual'e' la pendenza dei coni di luce in un diagramma dello spazio-tempo nel piano r,t. A grandi r la pendenza e' ±1 come in uno spazio piatto mentre i coni di luce tendono a chiudersi man mano che ci si avvicina a r=2GM dove la pendenza diventa infinita. Cio' sembrerebbe indicare che un raggio di luce che si avvicina a r=2GM non riesce mai ad arrivarci; in realta' si verifica facilmente che tale conclusione non e' vera e che un raggio luminoso o una particella materiale raggiungono senza problemi r=2GM ma un osservatore esterno non lo vedra' mai. Cio' che avviene e' che i segnali luminosi emessi da un oggetto che si avvicina alla frontiera r=2GM 13 arrivano sempre piu' lentamente a un osservatore esterno distante da r=2GM. Tale fatto risulta immediatamente considerando il rapporto fra gli intervalli di tempo emessi in vicinanza di r=2GM e quelli osservati dall'osservatore esterno(vedi paragrafo seguente). ∆ τ1 1 − 2 GM / r1 = ∆ τ 2 1 − 2 GM / r2 1/ 2 Allorche' r1 tende a 2GM l'intervallo misurato dall'osservatore esterno e' ∆τ 2 → ∞ Allorche' la sorgente luminosa si avvicina sempre di piu' a r=2GM essa ci appare muoversi sempre piu' lentamente. Cio' non significa pero' che la sorgente luminosa in questione non raggiunga il valore r=2GM e lo oltrepassi. Dipende dalla scelta del sistema di coordinate. In effetti la domanda che ha senso fisico porsi e' se l'oggetto raggiunge il punto r=2GM dopo un valore finito del suo tempo proprio. La difficolta' e' dovuta al fatto che muovendosi lungo una geodetica nulla la derivata dt/dr tende ad infinito quando ci si avvicina a r=2GM. Scegliamo quindi un sistema di coordinate che si comportino in modo piu' trasparente in vicinanza del raggio di Schwarzschild; ritorniamo cioe' alle coordinate di Kruskal. 14 r u= − 1 2 GM 1/ 2 e r / 4 GM nelle quali la metrica diventa r v= − 1 2 GM cosh( t / 4 GM ) ( ) 32 ( GM ) 3 − r /( 2 GM ) ds = e dv 2 − du 2 − r 2 ( dθ 2 + sin 2 θ dϕ 2 ) r 2 1/ 2 e r / 4 GM sinh( t / 4 GM ) r v 2 − u 2 = e r /( 2 GM ) − 1 2 GM Tali coordinate hanno proprieta' interessanti e fra esse quelle utili per la discussione che segue sono 1) le traiettorie radiali nulle sono tali che 0 = ds 2 ⇒ dv 2 − du 2 = d ( v 2 − u 2 )0 ⇒ v = ± u + cste 2) l'orizzonte corrispondente a r=2GM e' tale che v2 − u 2 = 0 ⇒ v = ±u 3) le superfici corrispondenti a r=cste sono tali che v 2 − u 2 = cste ⇒ eq. iperbole 4) le superfici corrispondenti a t=cste sono tali che v t = tanh( ) u 4 GM che descrivono delle rette passanti per l'origine con pendenza : tanh( t 4 GM ) Le coordinate u,v possono assumere tutti i valori che corrispondono alle zone NON in grigio sulla figura cioe' −∞ < u < ∞ ; v2 < u 2 + 1 15 16 da S.M.Carroll: Lecture Notes on general relativity Come si vede dal diagramma non c'e' nessuna singolarita' per r=2GM ma da questo punto in poi tutte le direzioni future sono tali che in un tempo finito raggiungono r=0 che e' la vera singolarita'. Nessuna informazione riesce ad uscire e raggiungere un osservatore al di la' del raggio di Schwarzschild. In termini delle usuali coordinate r,t si vede che il ruolo delle coordinate spazziali e temporali si invertono una volta passato il raggio di Schwarzschild come si puo' osservare dall'espressione della metrica dove si nota come il coefficiente di dt2 diventi negativo ed il coefficiente di r2 diventi invece positivo. 2 GM 2 2 GM ds = 1 − dt − 1 − r r 2 −1 r r dr = 1 − S dt 2 − 1 − S r r 2 −1 dr 2 In un diagramma di Minkowski (r,t) si puo' quindi descrivere il passaggio attraverso il raggio di Schwarzschild come segue; A) l'oggetto materiale inizi il suo viaggio al tempo to dal punto rin piu' grande di rS e l'osservatore si trovi in ro.Un segnale luminoso emesso dall'oggetto arrivera' all'osservatore al tempo tA > to. B) l'oggetto si avvicina alla sorgente del campo gravitazionale.Un segnale emesso attivera' allo osservatore al tempo tB >> to C) avvicinandosi sempre di piu' al raggio di Schwarzschild il cono di luce si restringe sempre di piu' e un segnale emesso impieghera' un tempo sempre piu' lungo D) all'interno del raggio di Schwarzschild le direzioni spaziale e temporale sono scambiate. Tutti i segnali emessi raggiungono ora il punto r=0 in un tempo finito ma nessun segnale riesce a raggiungere l'osservatore E) l'oggetto materiale termina la sua corsa al tempo tmax 17 18 Il significato fisico del raggio di Schwarzschild puo' essere visto anche in un altro modo. Se consideriamo un corpo di massa m con velocita' radiale v la condizione (nel caso non relativistico) perche' esso riesca ad uscire dal campo gravitazionale partendo dalla distanza r dal centro e' che la sua velocita' sia superiore alla cosi' detta velocita' di fuga cioe' che : 1 Mm mv 2 ≥ G 2 r ⇒ v2 ≥ 2GM r Tanto piu' grande e' il rapporto M/r tanto maggiore sara' la velocita' di fuga. Ad esempio v ~ 11 km/s sulla Terra e 2.2 106 km/s sul Sole. Nel limite ultrarelativistico alla fine solo la luce riesce a uscire.Con tale valore della velocita'(anche se una trattazione non relativistica non e' giustificata si ottiene pero' il risultato giusto) si ha che r≥ 2GM c2 che e' proprio il raggio di Schwarzschild e rappresenta quindi il raggio al di sotto del quale nulla puo' uscire neppure la luce. Un oggetto di massa M e raggio r tali che 2 GM r≅ c2 e' un "buco nero". Buchi neri sono creati regolarmente alla fine dell'evoluzione stellare se la massa della stella e' sufficientemente grande. Se la massa della stella e' superiore al limite di Chandrasekhar di 1.4 M la stella una volta esauriti i processi termonucleari collassa in una stella di neutroni ove la contrazione gravitazionale e' equilibrata dalla pressione dovuta alla degenerazione del gas di neutroni(principio di Pauli) Se la massa e' superiore al limite di Oppenheimer-Volkov di 2.3 M la contrazione gravitazionale riesce a vincere la pressione dovuta alla degenerazione neutronica e la stella di neutroni collassa in un buco19nero. Red-shift gravitazionale. Un altro effetto e' il redshift gravitazionale che di per se' e' previsto da qualunque teoria della gravita' che soddisfi al Principio di equivalenza.Cio' e' pero' vero' solo in regioni abbastanza piccole dello spaziotempo. Per regioni grandi il valore dello red-shift dipende dalla metrica e quindi dalla teoria considerata. E' interessante calcolare tale valore nel caso della metrica di Schwarzschild. Consideriamo due osservatori O1 e O2 in posizioni spaziali fisse ( r1 , θ1 , φ1 ) e ( r2 , θ 2 , φ 2 ) Il tempo proprio dell'osservatore "i' e' legato alla variabile coordinata tempo dalla relazione 2 GM d τ i = dt 1 − ri 2 GM ∆ τ1 = ∆ t 1 − r1 1/ 2 Supponiamo ora che l'osservatore O1 invii degli impulsi luminosi all'osservatore O2.Sia ∆τ1 la separazione temporale fra due creste(o impulsi successivi) emessi. Tutti gli impulsi seguono lo stesso cammino per arrivare all'osservatore O2 e la loro separazione in tempo coordinata vale 1/ 2 La separazione nella coordinata temporale "t" non cambia durante la propagazione da O1 a O2 ma la differenza di tempo proprio misurata da O2(che e' fermo anche lui) vale 2 GM ∆ τ 2 = ∆ t 1 − r2 1/ 2 Poiche' questi intervalli temporali misurano la differenza temporale fra due creste consecutive nel caso si consideri un'onda elettromagnetica monocromatica si deduce che la frequenza osservata da O2 e' legata a quella emessa da O1 da 20 ν2 ∆ τ1 1 − 2 GM / r1 = = ν1 ∆ τ 2 1 − 2 GM / r2 1/ 2 Nel limite che r >>2GM si ha ν 2 1 − 2 GM / r1 = ν1 1 − 2 GM / r2 1/ 2 ≅1− GM GM + = 1 + Φ1 − Φ 2 r1 r2 La frequenza quindi diminuisce se il potenziale gravitazionale aumenta che e' ad esempio quello che avviene se un fotone esce da una buca di potenziale 21 Mercurio e raggi di luce. Le equazioni delle geodetiche per la metrica di Schwarzschild sono direttamente ricavabili dalla definizione d2x k dσ 2 + k Γlm dx l dx m =0 dσ dσ ove s e' il parametro che descrive la traiettoria e non e' necessariamente s per considerare anche le geodetiche nulle. Si ottengono cosi' le equazioni i) ii) iii) iv) d2r dσ 2 d 2θ dσ 2 d 2φ dσ 2 d2t dσ 2 2 2 2 2 B' d r r dθ sin 2 θ d φ A' d t + + =0 − −r 2 B dσ B dσ B dσ 2 B dσ 2 d r d θ + − sin θ cos r dσ dσ 2 dφ θ =0 d σ + 2 d r d φ d θ d φ + 2 ctg θ =0 r dσ dσ dσ dσ + A ' d r d t =0 A d σ d σ dA A'= dσ dB B' = dσ A causa della simmetria sferica possiamo ridurci a considerre traiettorie piane e scegliere in particolare il piano θ=π/2. In questo modo l'equazione ii) e' identicamente soddisfatta e le altre tre diventano 22 d2r 1) dσ 2 d 2φ 2) dσ 2 d2t 3) dσ 2 2 2 2 B' d r r dφ A' d t + − + =0 2 B dσ B dσ 2 B dσ + 2 d r d φ =0 r dσ dσ + A ' d r d t =0 A d σ d σ dividendo 3) per dτ/dσ si ha d2t dσ 2 A ' d r d t + =0 A dσ dσ ⇒ 1 d2t A' d r d dt + = ln + ln A =0 ( dt / d σ ) d σ 2 r dσ dσ dσ ⇒ 1 d 2φ 1 dr d dφ 2 + 2 = ln + ln r =0 (dφ / dσ ) dσ 2 r dσ dσ dσ dividendo 2) per dφ/dσ si ha d 2φ dσ 2 2 d r d φ + =0 r d σ dσ Ne deduciamo che vi sono due costanti del moto dφ dφ + ln r 2 = cste ⇒ r 2 = cste = J dσ dσ dt dt ln + ln A = cste ⇒ A = cste dσ dσ dt 1 Scegliamo il parametro s in modo che con il che restiamo con le equazioni = dσ A ln 23 d2r dσ 2 r2 da cui 2 2 2 B' d r r dφ A' d t + − + =0 2 B dσ B dσ 2 B dσ dφ =J dσ d2r dσ 2 2 B' d r J2 A' + + − 2 B dσ Br 3 2 BA 2 =0 e moltiplicando per 2A(dr/dσ) diventa d dσ dr 2 J 2 1 B + − =0 2 d σ A r dalla quale discende l'ultima costante del moto 2 J2 1 dr B = − E ( = cste ) + 2 − d σ A r 2 GM A(r) = 1 − r complessivamente abbiamo quindi −1 r2 a) b) 2 c) dφ =J dσ dt 1 = dσ A 1 − = − E ( = cste ) A 2 GM B( r ) = 1 − r J2 dr B + 2 dσ r 24 Inserendo nella metrica −1 2 GM 2 2 GM 2 2 2 2 2 ds = 1 − dt − 1 − dr − r ( dθ + sin θ d ϕ ) r r 2 2 2 2 ds = A ( r ) dt − B( r )dr − r ( d θ 2 + sin 2 θ d ϕ 2 ) 2 otteniamo ds 2 1 dσ 2 = A ( r )dt 2 1 dσ 2 − B( r ) dr 2 1 dσ 2 − r 2 ( dθ 2 1 dσ 2 + sin 2 θ dϕ 2 1 dσ 2 )= 1 J2 2 J2 1 1 J2 J2 A(r ) 2 − − E − 2 − r 4 = − +E+ 2 − 2 =E A A A A r r r r 1 cioe' ds 2 = E dσ 2 E > 0 particelle materiali E = 0 fotoni Eliminando σ dalle equazioni a),b),c) si ha dφ = JA dt 2 B dr J2 1 + − = −E A A 2 dt r2 r2 2 2 dr 3 J + A 2 − A 3E = = −A 2 r dt 2 J2 2 GM J 2 2 GM dr = − A 2 + 1 − AE = 1 − 2 + 1 − E 1 − = r r r dσ r 2 GM J2 2 GMJ 1− E + E + 2 − r r r3 2 25 J e' il momento angolare della particella. L'espressione del potenziale equivalente per la geometria di Schwarzschild descritto dall'espressione precedente differisce dalla corrispondente espressione della gravita' Newtoniana a causa dell'ultimo addendo . Tale termine agisce come una piccola perturbazione ed e' responsabile della precessione di Mercurio. 26 Altra derivazione(da 't Hooft) Le geodetiche sono definite dal principio variazionale δ ∫ ds = δ ∫ g µν dx µ dx ν ds = 0 ds ds ⇒ 1 δ 2 ∫g µν dx µ dx ν ds = 0 ds ds Con la metrica di Schwarzschild 2 GM ds = 1 − r 2 2 GM 2 dt − 1 − r −1 dr 2 − r 2 ( dθ 2 + sin 2 θ d ϕ 2 ) si ha 2 −1 2 2 2 2 GM dt 2 GM dr 2 dθ 2 dϕ δ 1 − − 1 − − r + sin θ d σ = 0 σ σ σ σ r d r d d d dove σ parametrizza la traiettoria ∫ Le equazioni del moto sono date dalle associate equazioni di Lagrange(indicando con F l'espressione in parentesi graffa) d ∂F ∂F − =0 d σ ∂ x& ν ∂ xν che danno rispettivamente per le variabili θ , φ , t ( ) i) d ∂F ∂F d 2& − = −2 r θ − sin θ cos θ φ& 2 = 0 d σ ∂ θ& ∂θ dσ ii) d ∂F ∂F d 2 − = −2 r sin 2 θ φ& = 0 d σ ∂ φ& ∂φ dσ iii) d ∂F ∂F d − =2 d σ ∂ &t ∂t dσ ( ) 2 GM & 1 − t = 0 r 27 Non serve per il momento scrivere la 4a equazione per r..Possiamo invece usare l'equazione fornita dalla metrica che scegliendo σ = s : 2 −1 2 dθ 2 2 GM dt 2 GM dr 2 2 iv) 1 = 1 − − 1 − − r + sin θ r dσ r dσ d σ A causa della simmetria sferica possiamo scegliere come condizioni iniziali : θ = π/2 θ& = 0 dϕ dσ 2 L'equazione i) quindi garantisce che tali condizioni rimangono sempre soddisfatte e quindi il moto e' piano. Dalle equazioni ii) e iii) si ricava quindi che dφ = J = cste dσ 2 GM d t = E = cste 1 − r d σ r2 a) b) momento angolare energia e sostituendo nella iv) c) 2 GM 1 = 1 − r −1 2 GM E − 1 − r −1 2 2 J2 dr − 2 r dσ La descrizione della traiettoria e' piu' semplice, analogamente al problema di Keplero, esprimendo r in funzione di φ.Ponendo quindi r' = dr dr dσ = dφ dσ dφ si ottiene da a) e c) 2 GM 2 GM 1− = E 2 − 1 − r r 2 J2 4 J 2 − 4 r' r r 28 Effettuando l'ulteriore cambiamento di variabile r= si ha da cui d) 1 u ⇒ r' = − u' u2 1 − 2 GMu = E 2 − J 2 u ' 2 − J 2 u 2 (1 − 2 GMu ) 1/ 2 du 1 E 2 2 = (2 GMu − 1) u + 2 + 2 dφ J J u −1 / 2 2 2 GMu E − 1 φ − φ o = du 2 GMu 3 − u 2 + + 2 J J 2 ∫ uo Nel limite della meccanica Newtoniana il termine in u3 e' trascurabile e si ottiene l'espressione dell'orbita ellittica. Lo spostamento relativistico del perielio sara' semplicemente la differenza fra il valore dell'integrale fra umin e umax, moltiplicato per 2 meno 2π. Anziche' impegnarsi in calcoli complicati si puo' ottenere il valore dello spostamento del perielio derivando ancora una volta rispetto a φ l'equazione d) ottenendo : GM 2 GMu ' − 2 J 2 u ' u ' ' −2 J 2 uu ' + 6GMJ 2 u 2 u ' = 2 J 2 u ' 2 − u ' ' − u + 3GMu 2 = 0 J Una possibile soluzione e' u' = 0 ⇒ r = cste Le altre soluzioni(piu' interessanti) sono date da orbita circolare 29 u ' '+ u = GM J2 + 3GMu 2 In assenza del secondo termine a secondo membro si ottiene l'equazione del moto Kepleriano della meccanica classica.Tale termine rappresenta la correzione relativistica. Se supponiamo la correzione piccola si puo' usare uno sviluppo perturbativo in funzione del parametro. Facendo il calcolo(vedi 't Hooft) si trova che lo spostamento del perielio ad ogni rivoluzione e' ∆ φ = 2π 3M 2 J2 nelle direzione del moto del pianeta 30 Orbite di Keplero in meccanica newtoniana. Considero particella massa unitaria nel campo gravitazionale di una massa molto piu' grande oppure usare la massa ridotta. In coordinate polari i versori sono εˆ r , Quindi l'accelerazione e' εˆ& r = θ& εˆ θ εˆ θ εˆ& θ = − θ& εˆ r , &rr& = (&r& − r θ& 2 ) εˆ + ( 2 r& θ& + r &θ& ) εˆ r r La forza gravitazionale e' r GM F = − 2 εˆ r r e quindi eguagliando le componenti dei versori GM (&r& − r θ& 2 ) = − 2 r & & & ( 2 r& θ + r θ ) = 0 ⇒ Da qui si ricava che &r& − h2 r 3 + GM r 2 ( ) d 2& r θ =0 dt ⇒ r 2 θ& = h = cste =0 E' opportuno descrivere la traiettoria esprimendo r in funzione di θ, e cambiare variabile da r a u , 1 r con il che si ha d2u dθ 2 +u= , GM h 2 d d d = θ& = hu 2 dt dθ dθ → u= 1 GM = A cos( θ − θ o ) + r h2 equazione dell'ellisse 31 Referenze 1) Schutz A First Course in General Relativity Cambridge University Press 2) W.Rindler Essential relativity Springer 3) G.F.R.Ellis ,R.M.Williams Flat and Curved Space-Times Clarendon Press Oxford 32