Il volto sfigurato di Cristo ad Auschwitz.

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Riflessione sulla GIORNATA DELLA MEMORIA del Vescovo Mons. Vincenzo Bertolone
Il volto sfigurato di Cristo ad Auschwitz. - Breve riflessione di un sacerdote pellegrino.
Nella Giornata della Memoria, proponiamo ai nostri lettori una
pagina del diario di monsignor Vincenzo Bertolone, vescovo della
Diocesi di Cassano, che visitò il lager di Auschwitz nel luglio del
2004.
Questo è il ricordo di un viaggio, il mio viaggio ad Auschwitz. Ha
per cornice un giorno d’estate del 2004. E’ di luglio. L’aria è mite.
Il pullman ci lascia a cento passi dall’ingresso di uno dei più
tristemente noti campi di lavoro. Sul cancello in ferro campeggia
ancora la scritta «Arbeit macht frei». Vuol dire: il lavoro rende
liberi. Un venticello fresco mi scuote. Infilo la giacca. Ai miei
occhi si schiude la vista dei forni crematori. Prima di entrare nel
capannone, getto lo sguardo implorante al cielo, in cerca di una qualche presenza. In cielo, nuvole
bianche galleggiano in un’immensità azzurra. Sessanta e più anni fa, le nubi, qua sopra, erano tinte
di nero e da esse si spandeva un odore grasso, acre. Dio, dov’eri? Sono un prete, ma anche un
uomo. E da uomo, malgrado abbia letto, visto, saputo, dentro questo stanzone mi sento ignorante e
impotente. Penso ad un altro prete, a Padre Kolbe. Si immolò, fu martire. Oggi, giustamente, lo
veneriamo sugli altari. Ma gli altri milioni di Kolbe sterminati? Giovanni Paolo II, prete pellegrino
prima di me, li ha definiti martiri innocenti, perché non hanno voluto accettare l’ideologia aberrante
di coloro che innocenti non erano.
Sono confuso. Una domanda ammissibile, forse, è se dopo Auschwitz si possa ancora parlare non di
Dio, ma solamente dell’uomo. Di fronte ad un panorama così desolante, soprattutto per i credenti,
viene da pensare, con Bernanos, che l'uomo si sia consegnato a Satana: «Il peccato, opera di Satana,
trova nell'uomo libero il suo continuatore». O piuttosto, ha ragione Camus quando scrive che «c’è
un solo problema importante per la filosofia, il suicidio. Decidere, cioè, se valga la pena vivere o
no».
Seppure turbato, mi riesce di pensare, di pormi delle domande. La prima, agghiacciante: perché
tanto odio verso gli ebrei, contro Israele popolo di Dio? Dio, tu che sei amore, come hai potuto
permettere che tutto ciò accadesse? Ed anche ai giorni nostri, in cui questo subanimale sentimento
alligna e si diffonde in tutto il mondo cosiddetto civile, si può parlare di amore? Si possono
invocare e reclamare, a quale titolo poi, le origini cristiane dell’Europa, vecchia quanto incosciente
ed irrazionale, che crede di poter giustificare tutto con il concetto di libero arbitrio?
Il fatto è che il peccato è un atto contro la ragione. La sua radice è nel cuore dell’uomo, che ne resta
soggiogato: nell’autonomia della propria coscienza, vorrebbe agire rettamente, in un determinato
modo, ma spesso non vi riesce, poiché una forza misteriosa glielo impedisce. Ovidio sintetizzò
questa disperata condizione nel celebre distico «Video meliora proboque/deteriora sequor»,
anticipando san Paolo: «Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Sono uno
sventurato!» (Rm 7, 15-24). Il male genera la sofferenza: ad essa Gesù risponde con l’esempio del
suo atto redentivo, da cui sorge l’umanità nuova. Parimenti, è utile riflettere sulla teologia della
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compassione di Dio e, al tempo stesso, guardare il Santo Volto di Cristo, ovunque e comunque Egli
si riveli. Anche nella sofferenza.
La conferma di ciò giunge dalla fede, fondata sulla certezza che Dio è Padre degli uomini, e che
tutto quello che Egli compie ha come scopo la salvezza e la felicità umana. Perché Lui non vuole la
sofferenza, ma soffre in noi, con noi e per noi, «per amore», come diceva Origène. Verrà il giorno
in cui il velo del mistero, già diradato, sarà tolto del tutto e per sempre. E si vedrà allora con ancora
maggiore chiarezza.
Questo penso ad Auschwitz, mentre calpesto la terra bagnata di lacrime e sangue, simulacro grigio
ed anonimo di tante vite spezzate dalla follia umana. Non rendiamo vano questo sacrificio. Non
dimentichiamo.
+ Monsignor Vincenzo Bertolone
Vescovo della Diocesi di Cassano Ionio
Pubblicato su Gazzetta del Sud
divulgazione online a cura di www.cassanoalloionio.info
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