Quella di oggi non è una ricorrenza rituale, ma un ricordo che

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Provincia di Piacenza
Ufficio Stampa
Giorno della memoria 2012 – discorso Trespidi giardini della Memoria
Quella di oggi non è una ricorrenza rituale, ma un ricordo che rinnova costantemente il dolore e la
domanda di senso su una strage che meno di un secolo fa ha funestato l’Europa e il mondo. Il
viaggio dei ragazzi, il nostro ritrovarci qui oggi, la memoria che intende tenere desta l’intitolazione
di questo stesso giardino pubblico sono il nostro modo per tornare, di anno in anno, a riflettere su
fatti che ancora oggi non smettono di sconvolgerci perché tengono viva quella domanda sul
“perché”, che dà vertigine. "Qui non c'è nessun perché" disse una SS ad Auschwitz. A
raccontarcelo è Primo Levi. Il filosofo Theodor Adorno ha posto una questione, la questione, che
ancora ci interpella: “Dopo Auschwitz è ancora possibile la poesia? E Dio, e la filosofia, e l’arte, e
il romanzo, e la storia? Sono ancora possibili?”. Ebbene, la ricerca di una risposta a queste domande
deve rimanere viva, deve rimanere ancorata a noi, al nostro vivere quotidiano, deve accompagnarci
ogni giorno. Solo così potremo stimolare una riflessione approfondita, nelle sedi istituzionali, in
famiglia, nelle scuole, tra amici, e tenere sempre alta la guardia sui valori della democrazia e della
libertà. Abbiamo ancora l'obbligo di cercare la verità, il dovere di comprendere come sia stato
possibile che l'Europa, al culmine della sua civiltà, abbia commesso un simile atto di sterminio.
Non esistono maledizioni della storia. La storia è fatta dagli uomini. Leibniz diceva che “niente è
senza ragione”. Difficile, forse impossibile trovare una ragione nella Shoah, ma forse è proprio
l’orrore che proviamo quando pensiamo all'Olocausto, quando ripercorriamo quegli anni, quel
grande e drammatico insegnamento che la storia ci consegna, per scongiurare il pericolo di un
ritorno al passato e per lottare affinché nel mondo nulla di lontanamente assimilabile a quanto
accaduto possa essere accettato. Sei milioni di ebrei, un milione e mezzo di rom e sinti, oppositori
politici, omosessuali, malati di handicap e internati militari. Il dramma di queste morti è un
testamento per i posteri e un messaggio ai nostri giovani e alle future generazioni: “Cercate, cercate
e ancora cercate. Non vi accontentate di obbedire agli ordini, siate critici, siate affamati di libertà.
Siate uomini, fino in fondo”. E’ compito di tutti noi, delle istituzioni, della famiglia e della scuola,
incoraggiare, alimentare e stimolare il desiderio di capire di più e di capire meglio, senza mettere in
discussione le categorie etiche del bene e del male. Perché la risposta alla domanda se sia ancora
possibile un’esistenza dopo Auschwitz è affidata, giorno dopo giorno, a noi, chiamati a rendere
possibile una nuova vita e a concretizzarla. Quotidianamente.
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