Semeiotica medica Prof.ssa Mandas Lezione 28 (II ora) 18 maggio 2013 Teresa Perra Dobbiamo andare poi a valutare quella che è l’ampiezza del polso. Ovviamente questo elemento è assolutamente condizionato da che cosa? Prima di tutto dalla gittata cardiaca, dal volume (e quindi dalla volemia) e dalla frequenza cardiaca. In questa diapositiva abbiamo che cosa? È riportata oltre alla condizione normale, una condizione in cui abbiamo un polso ampio. Se abbiamo un polso ampio, significa che abbiamo una contrazione del ventricolo sinistro assolutamente energica. Questo può realizzarsi o in corso di insufficienza aortica, e quindi il ventricolo sinistro cosa deve fare? Cercare di immettere con massima forza il sangue, e in quanto una certa quantità poi tornerà indietro essendoci un'insufficienza aortica; oppure una contrazione energica, data da che cosa? Dal fatto che, essendoci una bassa frequenza, il cuore, per cercare di superare quella che è la riduzione della frequenza, immette con una maggior forza. È quello che si realizza in maniera fisiologica nell'atleta. Si realizza che cosa? Una maggiore forza a carico del ventricolo sinistro, quindi aumenta la portata cardiaca, ma diminuisce la frequenza. Quindi un polso ampio sarà assolutamente evidente nel caso in cui ci sia, per esempio, una bradicardia spiccata. Un polso piccolo, invece, lo avremo nel caso in cui ci sia una stenosi aortica: la riduzione dell’ampiezza sarà strettamente correlata all’entità della stenosi e quindi alla difficoltà di immettere il sangue dal ventricolo verso l'aorta; oppure può essere una condizione di miocardiopatia, quindi di insufficienza miocardica; oppure può essere una condizione di shock, quindi una condizione dove c’è una riduzione significativa della volemia, sia essa una riduzione assoluta o relativa. O addirittura filiforme o assente, nel caso in cui, per esempio, ci sia un'estrema ipotensione arteriosa: quindi in un caso di grave shock ipovolemico si può arrivare fino al polso filiforme o assente. Tant’è che se noi stiamo esaminando un paziente con chiari segni indicativi di shock (e quindi se è in una condizione di shock ipovolemico) la non percezione del polso radiale ci deve indurre ad andare rapidamente a valutare il polso in corrispondenza o della carotide per esempio, o in corrispondenza dell’arteria femorale. L'ampiezza può non essere uguale. Possiamo avere una variazione dell'ampiezza nel caso in cui ci sia per esempio una extrasistole. Oltre ad avere la percezione dell’alterazione del ritmo, abbiamo anche la percezione della variazione dell’ampiezza; e questo perché l’extrasistole essendo un' impulso prematuro si realizzerà in che modo? Si avrà una contrazione ventricolare prima ancora che si sia completato il riempimento diastolico ventricolare; di conseguenza, essendo minore la massa sanguigna immessa a livello aortico, si avrà una riduzione dell'ampiezza. Oppure possiamo avere, per esempio in corso di gravi miocardiopatie, un polso alternante, dove appunto si ha la chiara percezione di una variazione continua e alternante dell’ampiezza del polso. Avremo, invece, un polso assolutamente diseguale nel caso in cui ci sia una fibrillazione atriale per esempio, che determina non solo un’alterazione del ritmo, ma anche dell’ampiezza, della durata e quindi della frequenza del polso. Mentre se c’è un arresto cardiaco (e l’arresto cardiaco è secondario per esempio a una fibrillazione ventricolare, che può conseguire anche a uno shock cardiogeno, secondario a un infarto miocardico acuto, e così via)… Comunque, ovviamente, se dovesse realizzarsi una fibrillazione ventricolare (che già abbiamo affrontato nell’ambito della valutazione elettrocardiografica e quindi delle caratteristiche elettrocardiografiche in caso di fibrillazione ventricolare) noi clinicamente avremo l’evidenza di un arresto cardiaco e, essendo assolutamente inefficaci le contrazioni, non ci sarà immissione di massa sanguigna significativa a livello aortico e, di conseguenza, avremo l'assenza di polso. Quindi, i polsi saranno assenti e in questo caso il polso assente non sarà solo a livello radiale, ma saranno tutti i polsi assenti (quindi se noi andiamo a ricercare il polso carotideo o quello femorale non sarà assolutamente evidenziabile). Per quanto riguarda, invece, la durata del polso, questa ovviamente dipende dalla velocità di contrazione e svuotamento ventricolare, dalle resistenze periferiche, dalla resistenza ovviamente della valvola aortica. Quindi avremo che cosa? Un polso celere, nel caso in cui ci sia un’insufficienza aortica, e un polso invece tardo che quindi dura più della norma, nel caso in cui ci sia una stenosi aortica. Nel caso in cui ci sia una stenosi, la sistole ventricolare avverrà in tempi più lunghi proprio perché deve superare quello che è l’ostacolo dato dalla stenosi aortica. Mentre nel caso in cui ci sia un'insufficienza, il polso sarà celere, perché parte del sangue refluisce nuovamente nel ventricolo e quindi si ha una durata minore. Oppure possiamo avere il polso celere anche in tutte quelle situazioni dove si realizza un aumento del metabolismo basale. Nel caso in cui ci sia un aumento del metabolismo, abbiamo visto che si realizza (come sapete ovviamente dalla fisiologia) un aumento della frequenza cardiaca. Quindi, i due casi più frequenti che determinano questa situazione sono: oltre allo stato febbrile, lo stato di ipertiroidismo. In questa diapositiva, l’esempio appunto delle varie alterazioni della durata, quindi del polso celere e del polso tardo, fino ad arrivare a quello che viene denominato come polso scoccante di Corrigan nel caso in cui ci sia una grave insufficienza aortica, che come abbiamo visto è una condizione che dà un polso celere e può essere particolarmente celere nel caso in cui appunto l’insufficienza sia particolarmente accentuata, tanto da assumere quello che viene definito come polso scoccante. La tensione del polso dipende dalla pressione arteriosa. Quindi, avremo che cosa? Un polso molle nel caso in cui ci sia un’ipotensione arteriosa e un polso teso, invece, nel caso in cui ci sia un’ipertensione arteriosa. La consistenza può essere alterata nel caso in cui l’arteria che stiamo andando a valutare dal punto di vista palpatorio presenta una sclerosi della parete accentuata e ancor più il polso duro può essere percepito nel caso in cui l’arteria non solo sia sclerotica, ma anche calcifica. Come vi dicevo prima, ci deve essere poi una sincronia tra i diversi polsi. Cosa significa? Il polso radiale deve essere uguale e sincrono sia a destra che a sinistra, ma possono realizzarsi delle condizioni non simmetriche nel caso in cui ci sia per esempio un’ostruzione arteriosa, sia essa intrinseca o estrinseca; oltre alla non sincronia (come vi ho già spiegato prima) tra la percezione del polso rispetto alla sistole cardiaca. Per quanto riguarda il polso abbiamo completato. Proseguiamo con l’esame obiettivo osteoarticolare. Voglio un po’ consolarvi… Fare la metodologia clinica prima delle patologie ha uno svantaggio. Ha uno svantaggio perché non avete la possibilità di correlare l’evidenza di un sintomo o di un segno con un quadro clinico specifico. Quindi, per alcune meno, per altre di più, queste informazioni sembrano un po’ “appese". Io vi dico di avere un po’ di pazienza e di affrontare quella che è la metodologia clinica in maniera completa, non pensando che dovete fare l’esame a giugno e speriamo che vada bene, ma questo è un insegnamento che sarà determinante per tutte le patologie. Quindi, se voi vi ponete nei confronti della metodologia con lo spirito che veramente attraverso questa materia voi acquisite gli strumenti da poter mettere in campo, riuscite a superare anche la noia che si può provare nei confronti di qualche argomento. La noia perché? Perché non vedete l’applicazione e quindi vi trovate in certe situazioni a dover quasi memorizzare informazioni senza capire però l’utilità che quell’informazione invece può fornirvi. Ribadisco questo concetto perché per quanto riguarda la semeiotica dell’apparato osteoarticolare, se condotto in maniera opportuna e regolare sui pazienti, anche da questa fase dell’esame obiettivo possono scaturire informazioni veramente importanti ed evitare spesso di fare inutili indagini radiologiche. Questo perché spesso cosa combiniamo? Il paziente arriva, riferisce un dolore articolare, fa l’RX del ginocchio destro, senza badare minimamente a quello che è invece il dato obiettivo. Come abbiamo visto, se ricordate, nell’inquadramento semeiologico del dolore, i famosi tredici caratteri che dovete descrivere per fare l’inquadramento semeiologico del dolore, avevamo anche poi affrontato quelli che erano che cosa? I dolori che scaturiscono da una radicolopatia e avevamo visto quella che era la proiezione topografica del dolore in seguito alla compressione radicolare per esempio dei nervi lombari, quindi L1, L2, L3, L4, L5 e il primo sacrale S1 o di quelli cervicali, perché sulla scorta della proiezione topografica noi potevamo risalire a quella o a quelle radici nervose che potevano essere coinvolte nella sintomatologia dolorosa lamentata dal paziente. Quindi, oltre a verificare quella che è la topografia della sintomatologia dolorosa, nell’ambito della semeiotica osteoarticolare non dobbiamo valutare solamente il dolore, ma dobbiamo andare a valutare ovviamente tutta una serie di parametri che vanno dall’eventuale insorgenza di dolore all'atto palpatorio e quindi l’evidenza di una dolorabilità, l’evidenza di un impaccio doloroso; verificare la debolezza o meno di una struttura osteoarticolare, la facile affaticabilità, la presenza di segni infiammatori a carico di un’articolazione. Quindi, i segni quali saranno? Quelli che ci indicano la presenza di un’infiammazione: innanzitutto la tumefazione, poi il rossore, il calore, la limitazione funzionale; dobbiamo andare a verificare l’eventuale instabilità e deformazione e anche l’eventuale presenza di scruscii articolari. Nell’esame obiettivo generale che cosa avevamo visto? Già nell’esame obiettivo generale noi dovevamo andare a valutare quelle che sono le caratteristiche dell’apparato osteoarticolare e verificare la presenza o meno di alterazioni strutturali, quindi di deformazioni. Oltre all’ispezione dobbiamo poi effettuare quella che è la palpazione, la mobilizzazione, fare tutta una serie di manovre semeiologiche specifiche nell’ambito della valutazione delle singole articolazioni. Quindi, tornando rapidamente a quello che è l’esame ispettivo generale, della fase quindi dell’ispezione dovete andare a verificare se c'è una struttura regolare oppure no, quindi se c’è una condizione di alterazioni e deformazioni oppure no. Poi dovete andare a verificare se c’è un’adeguata simmetria: dovete fare il confronto dell’emisoma destro con quello sinistro e valutare il paziente sia in condizioni di riposo, cioè in quella che viene definita posizione anatomica, sia in fase di movimento. Quindi, la simmetria, la postura e la libertà di movimento; per poi arrivare a quella che è la valutazione delle varie articolazioni. Quindi, che cosa dovete andare a vedere? Nel caso in cui ci sia, ad esempio, una tumefazione articolare, oltre ad andare a valutare quelli che sono i segni di flogosi e quindi anche l’eventuale presenza di flogosi dei tessuti periarticolari, dobbiamo andare a verificare se c’è evidenza obiettiva di versamento articolare. Dobbiamo andare a verificare se c’è dolorabilità, limitazione funzionale, alterazioni cutanee sia del colorito, che della temperatura, le deformità e i crepitii. Sempre nell'ambito della valutazione generale bisogna anche andare a valutare quelli che sono i movimenti sia attivi che passivi, l’ampiezza del movimento, e se dovesse esserci un’impotenza funzionale, deve essere valutata l’ampiezza e quindi l’entità della limitazione funzionale. Partiamo dal rachide e vedete che in questa diapositiva vi ho portato tutta una serie di disegni e un’immagine che si riferisce ad una condizione della spondilite anchilosante, dove vedete quale è la postura assunta dal paziente e nella fase avanzata di malattia quello che viene definito che “il paziente vede le scarpe e non il cielo”. Per quanto riguarda le alterazioni della colonna vertebrale, già nella fase dell’esame obiettivo generale avevamo visto che deformazioni a carico della colonna vertebrale per quanto riguarda le curvature di quest’ultima, potevano essere causa di scoliosi (nel caso in cui ci sia quindi una deviazione in senso trasversale della colonna), oppure una cifosi (nel caso in cui ci sia per esempio la cifosi dorsale, data da un’accentuazione di quella che è la fisiologica cifosi dorsale, con una conseguente iperlordosi compensatoria), oppure una lordosi lombare (che determinerà che cosa? Uno spostamento in avanti apparentemente di quello che è ovviamente l’aspetto dell'addome, perché c’è una spinta in avanti). Abbiamo anche visto come gravi condizioni di cifosi possono essere alla base di alterazioni respiratorie, proprio perché c’è una minor capacità espansiva della gabbia toracica, che quindi può, soprattutto nel soggetto anziano, dove contestualmente si ha anche contemporaneamente una ridotta elasticità polmonare, essere responsabile proprio di una insufficienza respiratoria. Per quanto riguarda la valutazione del tratto cervicale del rachide, come vedete in questa diapositiva, deve essere valutato sia la capacità di movimento, quindi la capacità in rotazione, in flessione anteriore, posteriore, laterale. Dopodiché dobbiamo anche valutare quella che è l’eventuale dolorabilità che scaturisce nel caso in cui si realizzi una compressione delle radici cervicali. Quindi, per verificare se c’è una condizione di compressione radicolare in corrispondenza del rachide cervicale, basta effettuare una compressione sul capo e, diminuendo lo spazio e determinando una compressione sulle radici cervicali, questa manovra determinerà l’insorgenza del dolore. Nella manovra di flessione e rotazione del capo può esserci poi l’insorgenza di una sintomatologia vertiginosa per esempio, scaturita appunto da irradiazioni di movimento nel caso in cui ci sia per esempio una grave artrosi, spondiloartrosi cervicale con osteofitosi, che determinano quindi problemi per quanto riguarda il controllo della postura, quindi insorgenza di vertigini oggettive, favorite appunto dalla rotazione del capo. Per quanto riguarda la valutazione del rachide toraco-lombare, è necessario effettuare la valutazione, anche in questo caso, nella flessione ed estensione e nella rotazione e nella flessione laterale. È necessario misurare quella che è la flessione lombare, e cioè il test di Schoeber, che altro non è che la valutazione dello spazio (come vedete riportato qui nella diapositiva), quindi è la distanza che si realizza nel momento in cui si effettua la manovra di flessione. Come si effettua questa manovra? In posizione ortostatica si va a ricercare quello che è lo spazio L5-S1; e lo spazio L5S1 si ricava da che cosa? Individuando prima lo spazio L4-L5 che corrisponde a quel punto intersecato dalla linea orizzontale che passa per le spine iliache; quindi, scendete di uno spazio e vi trovate nello spazio tra L5 e S1. Allora, in condizioni fisiologiche tra la parte dorsale e la parte di L5-S1 si segnano circa 10 cm e questo spazio nell’atto della flessione aumenta di 5 cm. Mentre per valutare quelle che sono le articolazioni sacroiliache, bisogna posizionare il paziente in posizione prona e si preme sopra la linea mediana del sacro, se questa manovra evoca dolore, bisogna poi in posizione supina far flettere la coscia e mantenere l’altra in estensione. Quindi, queste manovre nel caso in cui ci sia un interessamento delle articolazioni sacroiliache, provocano dolore: o attraverso (ripeto) la manovra della pressione lungo la linea mediana del sacro (in quel caso si fa con il paziente in posizione prona), oppure facendo flettere la coscia, mantenendo l’altra però estesa, nella posizione supina. Poi bisogna fare il test di stiramento dei nervi, nel senso che quando noi facciamo innalzare un arto, mantenendo l’altro in normale posizione tesa, nel caso in cui ci sia un’irritazione delle radici nervose, queste manovre evocano l’insorgenza del dolore. In maniera particolare, come vedete nella diapositiva, con il paziente supino si fa mantenere una gamba, quindi un arto inferiore in posizione di riposo, normalmente teso, e l’altro invece viene dapprima sollevato normalmente, dopodiché si fa flettere il piede sulla gamba e poi flettere la coscia lasciando la gamba flessa e poi estendere la gamba. Sono tutte manovre queste che possono determinare l’insorgenza di una sintomatologia dolorosa. In particolare, vedete quando si effettua la flessione della coscia con estensione della gamba; se questa manovra evoca dolore si definirà che cosa? Segno di Lasegue positivo. Questa è una manovra che deve essere sempre fatta, perché non necessariamente in condizioni di riposo la sintomatologia dolorosa è presente e per verificare se c’è una dolorabilità, quindi verificare se c’è un dolore che insorge non appena si realizza uno stiramento della radice nervosa. Quindi, l’esecuzione di questa manovra è quello, come vedete, di sollevamento dell’arto inferiore con la gamba tesa, tutto l’arto inferiore sollevato, dopodiché bisogna far flettere il piede dorsalmente, poi flessione della coscia e lasciando però la gamba flessa, flessione della coscia sull’addome con flessione della gamba e infine con la posizione della gamba tesa sulla coscia flessa: se da questo scaturisce dolore, parliamo di segno di Lasegue positivo. Sempre nell’ambito del test per verificare se c'è un'irritazione a carico delle radici nervose (come può verificarsi in corso di erniazione del disco, per intenderci), si può fare il test di stiramento femorale. In questo caso, il dolore è scatenato da che cosa? Dalla flessione del ginocchio, oppure dalla estensione, associata all’estensione della gamba (vedete, come riportato nella diapositiva). Quindi, con il paziente prono si invita a flettere prima il ginocchio (già questa manovra può determinare l’insorgenza della sintomatologia dolorosa) e poi si invita il paziente all’estensione della coscia sul gluteo (questo determinerà un’accentuazione ulteriore della sintomatologia dolorosa). Per quanto riguarda, invece, la valutazione obiettiva dell'articolazione della spalla, dobbiamo innanzitutto andare a verificare se è morfologicamente normale oppure no. Ricordatevi che l’articolazione della spalla può andare incontro ad una lussazione o sublussazione. Cosa significa? Ad uno spostamento del capo articolare dalla cavità articolare. Quindi, parleremo di sublussazione se lo spostamento è parziale e di lussazione completa se c’è uno spostamento totale del capo articolare. Nel caso della lussazione della spalla cosa avremo? Uno spostamento in avanti e in basso del capo, e quindi abbiamo assolutamente un’alterazione di quello che è il profilo della forma della spalla. Nel caso in cui ci sia una lesione a carico della radice di C5, ci può essere (vedete come mostrato nella diapositiva) un’atrofia del muscolo deltoideo, che chiaramente determina un’evidente asimmetria rispetto alla spalla controlaterale. Nel caso in cui ci sia una lesione del C5, oltre ad avere un’atrofia del muscolo deltoideo, abbiamo anche un’atrofia a carico di altri due muscoli, e in particolare dell'infraspinato e del sovraspinato. Invitando il paziente ad effettuare un movimento di sollevamento verso l'alto degli arti, si avrà l’evidenza di quella che è la scapola alata, che sarà ovviamente monolaterale nel caso in cui la lesione è monolaterale, come riportato in questo esempio, e quindi l’atrofia del muscolo deltoideo e del muscolo infraspinato e sovraspinato, sarà ovviamente tutto solo omolaterale. Per proseguire con l'inquadramento semeiologico dell’articolazione della spalla, analogamente a come abbiamo visto per quanto riguarda il rachide, dobbiamo andare a valutare quelli che sono i movimenti, e quindi quelli che sono la possibilità e l’eventuale alterazione del movimento nella spalla in fase flessoria, di rotazione, abduzione e adduzione della spalla. Nel caso in cui ci sia, per esempio, una riduzione nell’azione di adduzione o abduzione della spalla, quando andiamo a riportare nella descrizione in cartella dell’esame obiettivo cosa diremo? Che a carico dell’articolazione della spalla, se non sono presenti alterazioni, ovviamente, descriveremo morfologia nei limiti della norma, ma limitazione funzionale con riduzione per esempio di flessione, estensione, rotazione, adduzione o abduzione, oppure se c’è una coppia di movimento solamente alterata piuttosto dell’altra, o ci può essere una compromissione funzionale globale, sia quindi per quanto riguarda la flessione, sia per quanto riguarda la rotazione, sia per quanto riguarda l’adduzione e l’abduzione; e dove ovviamente noi dovremo descrivere non solo quale movimento è compromesso o quali, ma dobbiamo anche descrivere l'entità della riduzione. Oppure possiamo per esempio dire, nel caso in cui ci sia una limitazione funzionale globale, descrivere la limitazione funzionale globale dell’articolazione della spalla mono o bilaterale, con compromissione dell'abilità soprattutto in fase adduttoria o abduttoria, oppure di sollevamento, di flessione, o di rotazione, o quello che è. Per valutare l’abduzione della spalla all’articolazione gleno-omerale, è opportuno bloccare la spalla in maniera da poter meglio valutare quella che è la capacità adduttoria di questa articolazione. Non dimenticatevi ovviamente nella descrizione di quella che è la semeiologia obiettiva articolare (questo non solo per la spalla, ma per tutti i distretti articolari esaminati) l'eventuale insorgenza di dolorabilità nelle fasi di valutazione del movimento sia attivo che passivo.