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dispensa
TEMATICA
SAGGISTICA
MONOGRAFICA
NARRATIVA
AFFICHES
ministoria del manifesto
ed alcuni suoi protagonisti
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AC.book è un’idea di Renato R. Iannone libera da diritti di copyright sul principio della divulgazione e promozione “no profit”
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Spesso dimenticata dai più disattenti, a volte
trascurata anche dagli appassionati e dagli addetti
ai lavori, l'Arte del manifesto rimane strumento
essenziale di comunicativa assoluta a cavallo tra il
IX ed il XX secolo....bisognava meglio sviscerarla
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La storia del manifesto
Il manifesto é un particolare mezzo della comunicazione visiva,
caratterizzato da un supporto cartaceo di grandi dimensioni su cui
vi é un apparato verbale e iconico. Oggi il manifesto non é più
l'unico protagonista dei mezzi pubblicitari, perché sono veicolati
da più momenti: spot televisivi, radiofonici, pagine pubblicitarie.
E comunque il manifesto ha vita effimera. La sua funzione é
quella di attirare immediatamente il fruitore, in particolar modo
attraverso l'uso del colore. Il manifesto può avere carattere
commerciale per imporre l'acquisto delle merci, o civile per
imporre un comportamento alla collettività (ad esempio la
pubblicità progresso o un manifesto elettorale). E' un supporto
materiale su cui vi sono segni verbali e figurativi. Componente
figurativa per richiamare l'attenzione e componente verbale con
una funzione informativa ed argomentativa.
Caratteristiche:
E' autonomo, cioé non dipende da mezzi comunicativi più
complessi (tipo annuncio, giornale o periodico) • La sua
circolazione non dipende da altri prodotti o merci (tipo le
etichette da imballaggio) • E' concepito presupponendo
l'esistenza di una superficie • E' a carattere effimero, non
duraturo • Quasi tutta la totalità della produzione passa
attraverso la riproduzione, eccetto artefatti a copia unica.
Troviamo il manifesto già nell'antica Roma, quando le autorità
facevano largo uso di comunicazioni scritte rivolte al popolo,
comunicazioni che venivano incise o dipinte su tavolette, o
scolpite su lapidi quando erano destinate ad avere lunga vita.
Anche i precursori del giornale assumevano il carattere
dell'avviso: gli Acta Diurna o Acta Urbis, istituiti da Cesare per
render noti al pubblico gli atti del Senato, erano costituiti da
tavolette di cera o dipinte, sulle quali si eseguivano le iscrizioni, e
venivano poi esposte all'ingresso del Senato. Il manifesto si
generalizzò solo nel XV secolo con l'invenzione della stampa e
diventò nel '900 lo strumento principale della pubblicità. Vi si
dedicarono artisti come J.Chéret, Toulouse-Lautrec, e disegnatori
specializzati che portarono alla formazione della moderna arte
grafica. L'avviso ufficiale nacque in Francia nel XVI secolo. Perché
la Francia?
La Francia e in particolar modo Parigi rappresentano intorno alla
metà dell'ottocento, a livello Europeo il centro focale del modello
urbano della città. E' quindi dentro la città industriale, la città
delle manifatture che vanno letti i manifesti di Cheret e Lautrec:
due esponenti del post-impressionismo, figure predominanti per
lo sviluppo del linguaggio pubblicitario.
Jules Cheret: Padre del manifesto moderno, illustratore
influenzato dalla cultura barocca e rococò. Inventore della pin-up,
la figura femminile sorridente e ammiccante per promuovere un
prodotto. Nacque a Parigi il 31 maggio 1838 e morì a Nizza il 23
settembre 1932. Produsse un'enorme quantità di lavori, circa
1.200 manifesti. Nel manifesto egli cercava l'effetto immediato,
attraverso un motivo centrale allegro e colorito con una figura di
donna per catturare l'attenzione. Con il suo stile vivace e frivolo,
Cheret seppe cogliere il clima dei salotti parigini, delle canzoni e
delle danze.
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I MANIFESTI CHE HANNO FATTO EPOCA
Arte o pubblicità?
Se pensi che sia blasfemo parlare di arte quando si affronta un tema
come la pubblicità, dai un'occhiata ai manifesti che hanno segnato la
nostra storia.
A partire dalla seconda metà dell'ottocento infatti, si incominciò ad
affidare la realizzazione dei manifesti pubblicitari agli artisti più in voga,
tanto che dipingerli divenne per quest'ultimi un vanto. Il risultato? Oggi,
molte di quelle affiches sono considerate dei veri capolavori.
Fantaisies
Jules Chéret, 1876 Champagne E. Debray
Pierre Bonnard
Salon des cent
Eugène Grasset Inaugurazione del Sempione
Leopoldo Metlicovitz, 1906
Ceirano
Marcello Nizzoli Borea
Leonetto Cappiello, 1923
Bitter Campari
Fortunato Depero Alfa Romeo
Anonimo
Amaro Cora
Anonimo Bantam
Boccasile, 1940
Barbisio
Anonimo Bolzano
Anonimo, 1960
Bruant 1
Toulouse-Lautrec Bruant 2
Toulouse-Lautrec
Campani
Codognato, 1952 Carmosine
V. Van der Ver, 1913
Cartusia
Anonimo, 1948 Cervinia
Musati, 1952
Chereau
1890 Colussi
EMKA, 1949
Colussi
EMKA Elisir del prete
Elixir De Kempenaar
1880 Facis
Armando Testa, 1956
Facis
Armando Testa, 1960 Fémina 1
1902
Fémina 2
1902 Fémina
1914
Fiat
G. Romano, 1927 Fiat
De Chirico
Formaggino Mio
Boccasile, 1949 Gincana
Anonimo, 1959
Guzzi
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1952 Jane Avril
Toulouse-Lautrec
Toulouse-Lautrec
Laurati
1925
Lulu
Anonimo M.lle Eglantine
Toulouse-Lautrec, 1896
Mantovani
Anonimo, 1900 Massé Pere e fils
Auzolle, 1930
May Milton
Toulouse-Lautrec, 1895 Metlicovitz
1910
Moulin Rouge
Toulouse-Lautrec Musee de l'affiche
Folon, 1978
Noveltex
1950 Paglieri
Boccasile, 1952
Perugina 1
F. Seneca, 1963 Perugina 2
F. Seneca, 1963
Piaggio
1950 Piaggio
1960
Pirelli
Armando Testa, 1954 Pirelli
Anonimo 1
Pirelli
Anonimo 2 Pirelli
Dudovich
Pirelli
Freccia Pirelli
Nanni
Pirelli
Prampolini Punt e mes
Armando Testa, 1960
Ricordi
Corbella, 1914 Rizzi
Anonimo, 1952
Saphir
Stephano, 1960 Talmone
T. Bonfante, 1963
Victoria Hotel
1900 Gustav Klimt
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Adolf Hohenstein
Adolf Hohenstein
Nato a San Pietroburgo da Julius, ingegnere
forestale, e Laura Irack, Adolf Hohenstein
cresce a Vienna, dove compie gli studi.
Si stabilisce a Milano intorno al 1880,
lavorando come scenografo e come costumista
per La Scala e per altri teatri. Incontra l'editore
musicale Giulio Ricordi e nel 1889 inizia a
lavorare per le Officine Grafiche Ricordi, di cui
diviene in breve tempo direttore artistico
curandone sia la parte grafica (suoi i manifesti
per La bohème, Tosca, per la pubblicità della
Campari, della Buitoni e del Corriere della
Sera, insieme a innumerevoli cartoline,
copertine di spartiti e libretti), sia la parte
teatrale (scene e costumi per opere, tra cui
Falstaff di Verdi (1893) e gran parte delle
opere di Puccini, dai bozzetti di Le Villi al
manifesto di Madama Butterfly (1904).
Alla Ricordi ha come collega Giovanni Maria
Mataloni e come allievi Leopoldo Metlicovitz e
Marcello Dudovich.
Nei primi anni del Novecento, dopo aver
sposato la vedova Edwig Plaskuda, compie
spostamenti sempre più frequenti tra l'Italia e
la Germania fino al 1906, anno in cui, dopo
aver vinto il concorso per il simbolo grafico e la
cartolina bandito nell'ambito dell’Esposizione
per il Traforo del Sempione, lascia
definitivamente Milano per Düsseldorf, per poi
trasferirsi a Bonn nel 1918. Gli anni tedeschi lo
vedono impegnato in particolare come pittore
in molte esposizioni e nella decorazione di
numerosi edifici, fra cui uno dei primi in
cemento armato costruito in Renania (1911).
Muore a Bonn il 12 aprile 1928.
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Eugene Grasset
Eugene Grasset
(1845-1917)
Grasset si è mosso verso Parigi dalla sua
Svizzera natale all'età di 26 dove ha provato
la ceramica, il disegno della mobilia, la
tappezzeria ed i monili. In 1877 si è girato
verso il disegno grafico producendo tutto
dalle cartoline ai francobolli. I manifesti ed i
pannelli decorativi si sono transformati in
rapidamente nel suo sostegno.
"Grasset ha fatto molto per introdurre il
concetto e pratica dell'arte Nouveau in
Francia. Infatti, Grasset 'ha portato l'arte
Nouveau al manifesto: doveva transformarsi
in in un veicolo in tutto il mondo dell'arte di
pubblicità. In Francia, Grasset era il pioniere
di un tentativo, come quello di William Morris
in Inghilterra, di riconciliare l'arte e
l'industria... interessata poichè era in tutte le
arti applicate lui è venuto naturalmente al
poster'( Weill p.32 ) che questa fetta
dettagliata del exotica precisa nel testo che il
grande magazzino di Clichy del posto è gli
importatori di premiere di merce orientale
nell'intero mondo. Ma l'abilità artistica del
Grasset fa la vanteria sembrare quasi
ridondante come che la nozione già è stata
trasportata brillantemente nel disegno che ha
passato con parecchi printings ed edizioni...
"l'editore il Ed. Monnier & Cie. ha uscito con
una serie di romanzi romantici per cui
Grasset ha preparato questa immagine
memorable che eloquently ricapitola l'età del
romanticism: una donna giovane in velluto
ed in merletto, profondamente assorbiti in
una vita reale limitata immaginaria. Anche
con lei indietro li ha accesi, i suoi yearnings
chiaramente sono espressi. Grasset tratta il
suo oggetto con massima discrezione,
tuttavia riesce glie li ha lasciati dentro
sopprime i longings. Il manifesto è stato
usato per l'intera serie, con i nomi di diversi
volumi cambiati giustamente nell'oro
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Eugene Grasset
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Giuseppe Riccobaldi del Bava
Giuseppe Riccobaldi del Bava
E' del 1928 La Rampa realizzata da Giuseppe
Riccobaldi del Bava, opera di raffinata
stilizzazione grafica con chiare reminiscenze
futuriste, ispirata alla rampa d'accesso dello
stabilimento del Lingotto. Dello stesso autore è il
manifesto per la Littorina Fiat Riviera Sestrieres, progenitrice del Pendolino-Eurostar,
che nel 1934 reclamizza la nuova motrice
ferroviaria (d'incredibile velocità, in cinque ore
collegava Sestrieres a Ventimiglia) con stile
riecheggiante sia il cubismo sia il futurismo.
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Jules Cheret
jules cheret
uIn Jules 1858 Chéret ha stampato il suo primo
manifesto di colore in Francia. Infine è stato
conosciuto come "il padre della litografia
moderna", come pure "il padre del manifesto".
La pubblicità è stata introdotta al mondo di
colore.
Chéret ha rivoluzionato lo sguardo dei
manifesti, usando le illustrazioni come le
caratteristiche dominanti mentre riduceva il
testo ad un ruolo esplicativo secondario. I
metodi del Chéret hanno provocato i manifesti
commerciali visivamente affascinanti che erano
comprensibili anche alla gente illetterata.
Come la maggior parte dei mezzi di stampa, le
arti grafiche dipendevano dall'invenzione del
torchio tipografico. Ciò ha tenuto conto la
fabbricazione in serie di tutti i figure e formati
dei manifesti pure. La tecnica che è usata per
stampare i manifesti, è denominata la litografia.
Ciò sta stampando disponendo l'inchiostro su
una serie di sculture della pietra o del metallo
("lithos") che sono realmente rilievi delle regioni
di colore sul manifesto.
L'arte della litografia è stata inventata da un
Ceco chiamato Alois Senefelder in 1798 in
Austria. Entro 1848, il processo era stato
raffinato al punto che era possibile stampare
10.000 cesoie all'ora, tuttavia, Cheret era la
prima persona per produrre i manifesti nella
massa con la litografia.
Mentre Senefelder ha aperto la strada al campo
della litografia e certamente molti "manifesti"
sono stati generati prima dell'arrivo di Cheret, è
Cheret si merita di essere chiamato "il padre del
manifesto". In primo luogo, i suoi contributi al
processo tecnico hanno permesso il colore
veloce che stampa nel volume. In secondo
luogo, ha svolto un ruolo importante nella
trasformazione della natura estetica del
manifesto, dandogli un'identità e un'autonomia
da tutti i altri campi dell'arte pittorica.
Cheret è stato conosciuto per i suoi manifesti
arancioni, blu e verdi luminosi popolari del
corridoio di musica. Ha realizzato che un
manifesto non ha dovuto mostrare il prodotto;
soltanto ha dovuto produrre "una reazione di
divertimento, di curiosità, dell'eccitamento o di
una certa sensibilità positiva che contribuirà a
fare i giusti punti, ''come Harold Hutchinson
scrive" nel manifesto: Una Storia Illustrata Da
1860''(Viking). Hutchinson nota quello da
Cheret 1880 era così buono al suo mestiere che
un critico di arte de Parigi ha scritto, `` là era
mille volte più talento nel più piccolo dei
manifesti del Cheret che nella maggior parte
delle immagini sulle pareti del ''del salone de
Parigi.
Un secolo fa, Barclay detto, "ogni parete a
Parigi è stato affittato fuori per i manifesti, in
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Jules Cheret
modo da il governo ha dovuto passare un invio
di fattura di limitazione di legge al ''specifico di
zone.
In 1881, una legge è stata approvata che ha
generato il funzionario "che invia dispone" e
un'intera industria è stata generata. Ogni
manifesto ha richiesto un bollo di imposta
indicare che una tassa era stata pagata la
destra inviarla. Sulla base di metraggio
quadrato, la tassa ha condotto all'approvazione
dei formati standard. I advertisers hanno
funzionato con gli artisti, stampatori ed
aziende di invio per generare, inviare ed
effettuare il manifesto sulla via.
Il reign del manifesto ha cominciato si sbiad
dopo 1900. Per la maggior parte degli artisti
che avevano aperto la strada al campo (Cheret
compreso), la mania del manifesto ha
rappresentato semplicemente una fase di
sviluppo per i loro talenti. Molti degli artisti del
manifesto più prominenti hanno entrato in altri
campi di ricerca e lavoro. Tale è il caso con
Jules Cheret che, dopo avere prodotto più di
1000 manifesti nella sua carriera illustrious, si
è girato verso la pittura. In 1906, la sua
assenza dalla scena del manifesto di Parisienne
si è rammaricata da molti. Parisiennes
potrebbe essere sentito spesso che detto
"perchè gli occhi dei passers-by sono offenduti
da tali pubblicità spaventose? L'cOh! per i
buoni vecchi giorni dei manifesti del Cheret!".
In 1928, il governo del francese ha inaugurato
il museo di Chéret a Nizza. In 1932, in questa
stessa città, Cheret è stato sormontato con
cecità ed è stato morto. Jules Cheret ha
passato via all'età di 96, lasciante un'eredità
nel mondo dell'arte competuto in da pochi.
Oggi i suoi manifesti, le cartoline, le pitture ed
altre opere d'arte sono alcuni degli articoli
raccolti dal periodo.
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Jules Cheret
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Leopoldo Metlicovitz
Leopoldo Metlicovitz
(Trieste 1868 - Ponte Lambro/Como
1944)
Pittore, cartellonista, illustratore e
scenografo teatrale di origine oriundodalmata (il cognome originario della
famiglia era Metlicovich), inizia a
lavorare giovanissimo; a quattordici
anni riesce a mantenersi fuori di casa
viaggiando per l'Italia probabilmente
grazie all'attività commerciale del
padre Leopoldo, che possiede una ditta
di minuteria meccanica fine a Trieste.
Se della madre dell'artista si ignorano
le origini e l'influenza esercitata sul
figlio, il lavoro del padre può avergli
aperto la strada verso una sapienza
tecnica che ben presto diviene
apprendistato tradotto in un percorso
formativo che si snoda tra Udine e
Milano. A Udine infatti impara il
mestiere di aiuto-litografo e viene
notato da Giulio Ricordi, che lo invita a
trasferirsi a Milano.
Qui, dopo un breve periodo di
collaborazione con la ditta Tensi
specializzata nella produzione di carte
e lastre per la fotografia, nel 1892
entra definitivamente alle Officine
Grafiche Ricordi in veste di direttore
del reparto tecnico.
Metlicovitz affinerà la tecnica
litografica sulla base degli esempi di
importanti cartellonisti di Casa Ricordi
(Hohenstein, Mataloni e Villa), ma
inizierà presto la sua attività di
cartellonista autonomo nel 1896: La
Sera (1892) e Distillerie Italiane
(1898) sono tra i primi manifesti
firmati.
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Marcello Dudovich
Marcello Dudovich
(Trieste, 1878 - Milano, 1962)
Marcello Dudovich, cartellonista, illustratore,
decoratore e pittore nasce il 21 marzo 1878 a
Trieste e si forma nel clima artistico triestino e
mitteleuropeo.
Dopo aver frequentato le scuole "Reali" ed essere
stato introdotto dal cugino Guido Grimani negli
ambienti artistici della sua città natale, si
trasferisce attorno al 1898 a Milano - luogo
deputato allo sviluppo dell'istruzione
professionale, dell'arte applicata all'industria e
quindi della moderna pubblicità - dove viene
assunto alle Officine Ricordi come litografo dal
conterraneo e all'epoca già affermato cartellonista
Leopoldo Metlicovitz. Questi avverte l'eccezionale
talento del giovane cui affida, oltre al lavoro di
cromista, quello di pittore incaricandolo di
eseguire dei bozzetti.
Nel 1899 il litografo Edmondo Chappuis lo invita a
Bologna, dove inizia a produrre cartelloni
pubblicitari e, in seguito, copertine, illustrazioni e
schizzi per varie riviste - tra cui "Italia Ride"
(1900) - ed è tra i fondatori di "Fantasio" (1902),
svelando un altro aspetto della sua poliedrica
personalità artistica. Nel capoluogo emiliano
conosce anche la sua futura moglie, Elisa Bucchi.
Nel 1900 è premiato all'Esposizione Universale di
Parigi con la medaglia d'oro e negli anni successivi
collabora alle illustrazioni degli albi strenna di
"Novissima" (Milano e Roma, 1901-1913) e dal
1906 a "Il Giornalino della Domenica" di Firenze.
Tra gli altri periodici che recano la sua firma
ricordiamo "Varietas", "Ars et Labor", "Secolo XX"
(Milano, 1907-1933) e le copertine a colori de "La
Lettura" e "Rapiditas".
Dopo una breve parentesi genovese, nel 1905 è
nuovamente a Milano presso le Officine Grafiche
Ricordi ove continua la produzione di manifesti,
tra i quali restano famosi quelli per i magazzini
Mele si Napoli (1907-1914) e per Borsalino,
premiato nel 1911.
Nel 1906 vince il concorso per il manifesto
celebrativo del Traforo del Sempione, che però
non verrà mai dato alle stampe.
Nel 1911 è chiamato a Monaco di Baviera dove
sostituisce Reznicek come disegnatore nella
redazione di "Simplicissimus" per illustrare la
moda e la mondanità. Resta nella città bavarese dove sposa Elisa Bucchi e nasce la figlia Adriana fino al 1914, pur proseguendo l'attività per Ricordi
e viaggiando per la Francia e l'Europa cercando
spunti per le sue tavole. Questa felice stagione si
interrompe con lo scoppio della prima guerra
mondiale; Dudovich collabora ai fascicoli
antiaustriaci "Gli Unni... e gli altri!" (1915), di G.
Antona Traversi, a "Pasquino", a "Satana Beffa"
(1919) e quindi a "Illustrazione Italiana" (1922).
Tra il 1917 e il 1919 lavora a Torino per varie
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Marcello Dudovich
aziende (Fiat, Alfa Romeo, Pirelli, Carpano e
Assicurazioni Generali) producendo anche molti
cartelloni per il cinema.
Tra il 1920 e il 1929 realizza i manifesti per "La
Rinascente" di Milano, stampati dalle Officine d'Arti
Grafiche Gabriele Chiattone, e nel 1922 diventa
direttore artistico dell'Igap.
Nel 1920 e 1922 partecipa anche alla Biennale di
Venezia. Nel 1930 esegue il famoso manifesto per i
copertoni Pirelli. Nel 1925 è presente a Monza alla II
Biennale di Arti Decorative e a Parigi all'Esposizione
Internazionale delle Arti Decorative e Industriali
Moderne, dove espone cartelloni eseguiti per Chappuis
nella sezione italiana di "Arte della via", meritando la
medaglia d'oro.
Dalla fine degli anni Venti prevale l'attività di
illustratore dove Dudovich accoglie alcuni assunti
novecentisti nella resa delle masse con un accennato
chiaroscuro, pur senza abbandonare la tradizionale
eleganza del suo segno grafico.
Negli anni Trenta collabora a "Dea" (1933), a
"Mammina" (1937), a "Le Grandi Firme" e a "Il
Milione" (1938). Tra il 1931 e il 1932 realizza la
decorazione a fresco della sala mensa del Ministero
dell'Aeronautica a Roma. Nel 1936 e nel 1937
soggiorna in Libia, dove torna nel 1951. Nel 1945
muore la moglie, alla quale sopravvive per diciassette
anni, morendo per emorragia cerebrale il 31 marzo
1962 a Milano.
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Marcello Dudovich
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Marcello Nizzoli
Marcello Nizzoli
(Boretto, 1887 – Camogli, 1969) è
stato un designer, architetto,
pittore e pubblicitario italiano.
Dopo essersi diplomato all'Istituto
d'Arte di Parma ha iniziato a farsi
conoscere come pittore, unendosi
al gruppo Nuove Tendenze e
realizzando manifesti pubblicitari
per la Campari.
Negli anni trenta ha insegnato
all'ISIA di Monza.
Ha preso parte all'allestimento di
varie mostre tra cui la Mostra
della Rivoluzione Fascista (1932),
la Mostra dell'Aeronautica (1934),
il Salone della Vittoria alla VI
Triennale di Milano del 1936.
La sua fama è legata
principalmente all'Olivetti dove
alla fine degli anni trenta iniziò a
collaborare come pubblicitario e in
seguito designer, realizzando tra
l'altro la famosa Lettera 22.
Parallelamente lavorò come
architetto realizzando numerosi
edifici come quello per la ditta
Olivetti. Nel 1966 ricevette dal
Politecnico di Milano la Laurea Ad
Honorem in architettura.
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Marcello Nizzoli
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Mario Borgoni
Mario Borgoni
un maestro dell'affiche tra Liberty e Deco, tra
Marche e Europa
Pesaro 1869 - Napoli 1936
Pittore e cartellonista. Insegnante di Ornato
all'Istituto di Belle Arti di Napoli, dal 1905
collabora con lo "Stabilimento Richter & C." di
Napoli, uno dei maggiori produttori italiani di
manifesti, divenendone il direttore artistico. E'
creatore di numerose e felicissime
composizioni grafiche per pubblicità turistica,
pubblicità di prodotti industriali e di servizi,
pubblicità di eventi, propaganda patriottica e
politica.
Sono celebri soprattutto le sue affiche per la
pubblicità di località turistiche italiane ed
europee (tra cui Nizza e Montecarlo). Negli
anni Venti realizza una serie numerosissima di
cartelloni per ENIT/FFSS (Ente Nazionale
Industria Turistica e Ferrovie dello Stato) e per
alberghi di gran lusso: "Ferrara - Castello
Estense", "Excelsior Palace Hotel - Venice
Lido", "Taormina- Teatro greco", "Amalfi",
"Sorrento", "Portofino", "Stresa", "Teatro di
Pompei", "Napoli", "Hotel Royal - Bordighera".
Negli anni Trenta si stabilisce per sei anni a
New York, ove continua l'attività, fino al suo
rientro definitivo a Napoli, ove muore. Mario
Borgoni fu autore di numerose e felicissime
composizioni grafiche; consistente è, infatti, il
corpus di suoi manifesti presente presso la
Raccolta Salce del Museo Civico di Treviso. Tali
opere, di cui abbiamo le riproduzioni
fotografiche, versano per la maggior parte in
buono stato di conservazione e ci hanno
permesso di constatare l'ottima qualità della
produzione dell'artista pesarese. E' risultata
rilevante la varietà dei temi e, dunque, il
numero dei committenti per i quali il Borgoni
ideò i suoi manifesti. Le affiches da lui ideate
sono state infatti realizzate per promuovere
innumerevoli località turistiche, italiane ed
europee, per incentivare il Prestito Nazionale
di guerra e quindi di pace, per pubblicizzare
numerose aziende produttrici di beni di
consumo e per divulgare, infine, eventi e
manifestazioni di ogni genere. I committenti
più importanti, che affidarono la loro notorietà
nelle mani dell'artista pesarese, furono l'ENIT
(l'Ente Nazionale dell'Industria Turistica) e le
Ferrovie dello Stato che diedero diffusione
internazionale alle sue opere.
Le opere di Mario Borgoni
Nota di Gina Tedesco, gruppo di lavoro del
LABORATORIO DI STORIA E TECNICA DELLA
PUBBLICITÀ Pesaro, 11 maggio 2001
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Mario Borgoni
Le affiche presenti nella Raccolta Salce coprono circa
un trentennio della produzione del nostro artista
pesarese e appartengono al periodo in cui egli
collaborò con lo stabilimento Richter & C. di Napoli,
del quale divenne direttore artistico, dando
un'impronta modernista, di qualità, alla produzione
di manifesti di questa officina. Durante tale lasso di
tempo , sono riscontrabili i cambiamenti intervenuti
nello stile grafico dell'autore, che seppe rinnovare il
suo linguaggio visivo attingendo alle tendenze
artistiche dell'epoca, dal liberty all' art decò fino a
giungere alle soglie del futurismo. Il Borgoni fu un
ottimo interprete della corrente liberty, ed è infatti
imputabile al periodo della diffusione di questa
particolare corrente artistica la sua migliore e più
prolifica produzione di manifesti.
Tra gli obbiettivi del nostro laboratorio vi è stato
quello di analizzare il contesto storico e artistico in
cui operò il Borgoni, al fine di raffrontare le sue
creazioni con le opere dei grandi maestri della
comunicazione cartellonistica dell'epoca, quali il
triestino Dudovich, il Mataloni, il russo Hohenstein e
il Metlicocovitz. Grazie a questo raffronto siamo
riusciti a constatare che, benché fosse pratica
comune attingere al repertorio iconografico dei
cartellonisti più famosi, il nostro artista riuscì a dare
valore aggiunto ai modelli ai quali si ispirò,
reinterpretando tali pattern e dando loro una nuova e
personalissima veste grafica. Una ulteriore e
fondamentale tappa del nostro percorso, effettuata
grazie all'intervento del prof. Boccia Artieri, è stata
l'analisi critica delle opere del Borgoni, analisi che ci
ha consentito non solo di apprezzare la qualità del
suo stile, ma anche di individuarne le matrici di
riconoscimento.
Primo elemento tipico delle sue creazioni, è la
presenza costante del cromatismo rosso; nei
manifesti per il prestito nazionale è il rosso della
bandiera italiana che evoca il sangue e il dolore dei
combattenti, nelle affiche turistiche è il rosso
romantico del cielo al tramonto che fa da cornice agli
scorci delle città balneari, in altri manifesti ancora è
semplicemente un guizzo di colore e perciò ancor più
significante in quanto non necessariamente dettato
dal contesto.
Un'altra costante è l'ambientazione paesaggistica,
alla quale il Borgoni non rinuncia anche là dove essa
non è necessariamente richiesta dalla natura
pubblicitaria del messaggio. Numerosi sono infatti i
manifesti creati per promuovere prodotti commerciali
nei quali il prodotto pubblicizzato emerge da uno
sfondo paesaggistico che spesso va a connotare il
luogo di produzione del prodotto stesso.
Ulteriori elementi tipici dello stile borgoniano sono
rappresentati dalla raffinatezza dei componimenti,
dal grande equilibrio grafico fra testo e immagine e
infine dalla resa del movimento. Tale movimento che
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Mario Borgoni
nelle immagini viene raffigurato grazie a sapienti
giochi di luci e ombre, a contrasti che vanno a creare
efficaci effetti di tridimensionalità, nel testo, viene
reso grazie alle diverse grandezze del lettering e alla
differente disposizione dei blocchi che forniscono un
ritmo e un percorso di lettura degli stessi.
Immancabili protagoniste dei manifesti stile liberty
del Borgoni sono giovani donne, antesignane
testimonial pubblicitarie, le cui fattezze mutano in
funzione del contenuto trasmesso dal messaggio;
possiamo dunque riscontare un modello femminile
aulico, attinto all'iconografia della carta moneta, e un
ideale femminile più moderno dagli inequivocabili
riferimenti alla tipologia delle popolane napoletane.
Componente irrinunciabile dei manifesti borgoniani è,
infine, la presenza di grovigli lineari, di arabeschi che
vanno a formare una sorta di quinte, la cui funzione
sembra essere quella di creare un varco fra il
"mondo reale" dell'osservatore e quello
rappresentato dall'affiche. Dinanzi ai manifesti del
Borgoni, all'iperrealismo delle scene raffigurate, si ha
sì la consapevolezza di trovarsi di fronte a un
artefatto grafico con missione informativa,
propagandistica e commerciale, ma al tempo stesso,
il fascino di queste "sirene di carta" trascina colui che
le osserva al loro interno, lo coinvolge emotivamente
fino a renderlo pienamente partecipe. I personaggi
presenti nelle affiche Borgoniane non occupano mai
una posizione centrale, non guardano in faccia il
soggetto che si pone loro dinanzi, , ma gli lasciano
spazio affinché possa inserirsi nel loro mondo.
Alla luce della densità di significati e di tematiche,
che a nostro avviso, emerge dalle opere del Borgoni,
e data la riconoscibilità delle stesse all'interno del
panorama di affiches di inizio secolo, riteniamo che
tale materiale si presti perfettamente all'allestimento
di una mostra che abbia come finalità quella di far
conoscere e di divulgare la produzione cartellonistica
di questo autore ingiustificatamente dimenticato.
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Plinio Codognato
Plinio Codognato
Verona 1878 - Milano 1940
Pittore, grafico e cartellonista. È allievo di
Mosè Bianchi all'Accademia Cignaroli di
Verona. Si dedica alla grafica pubblicitaria
a partire dal 1904 (manifesto per la Fiera
di Verona); trasferitesi a Milano nel 1919,
si specializza nella reclame 'motoristica' e
viene definito «il cantore della velocità»
per il fascino che esercitano su di lui tutti i
mezzi di trasporto e per la bravura con cui
realizza circa cento cartelloni riguardanti
auto, moto e motoscafi, tutti caratterizzati
da colori molto vivaci uniti alla ricerca
della sintesi e del senso della velocità. Il
suo nome è legato principalmente alla Fiat
con la quale collabora per oltre vent'anni,
creando alcuni manifesti considerati dei
veri capolavori in campo pubblicitario
come il Fiat in pista (disegnato nel 1923
dopo le vittorie della vettura tipo 804 al
Gran Premio di Francia pilotata da Felice
Nazzaro ed al Gran Premio d'Italia guidata
da Pietro Bordino); come il Centauro che,
sovrastando il Lingotto, solleva con una
mano la 509; e come il Piedistallo su cui
poggia la 514. Il più noto cartellone di
Codognato è senza dubbio il Balilla nel
quale la figura del ragazzine fascista
predomina rispetto all'immagine della
vettura posta in secondo piano.
(Cat., Il manifesto FIAT 1899 - 1965, a
cura di A. C. Quintavalle, mostra GAM
Torino, Ed. GAM, Torino 2001)
Cartellonista e grafico pubblicitario.
Compie i suoi studi presso l'Accademia
Cignaroli di Verona, allievo di Mosè
Bianchi. Nel 1905 ottiene la medaglia
d'oro e il premio "Ricordi" alla I
Esposizione d'Arte nella Pubblicità. Nel
1919 inizia la sua collaborazione con i
maggiori stabilimenti grafici di quel
periodo, in particolare con le Arti Grafiche
Cohen, le Officine Ricordi, l'Agenzia GrosMonti, l'Istituto di Arti Grafiche di
Bergamo. E' stato definito "il cantore della
velocità" nel manifesto pubblicitario, per il
fascino esercitato su di lui dai nuovi mezzi
di trasporto (auto, treni, motociclette).
(Mughini G., Scudiero G., Il manifesto
pubblicitario italiano, Nuova Arti Grafiche
Ricordi, Milano 1997)
Studiò alla scuola veronese Brenzoni,
divenendo in seguito allievo del pittore
Mosé Bianchi, ma abbandonando ben
presto la pittura per l'illustrazione
pubblicitaria, a cui si dedicò per oltre 35
anni, creando quasi 150 manifesti di
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Plinio Codognato
carattere commerciale e sportivo. Si distinse nel
1904 con un vivace cartellone per la Fiera dei
cavalli di Verona (utilizzato per diversi anni) e
con una serie di interessanti soggetti per le
rappresentazioni teatrali all'Arena. Mostrò
frequentemente una grafica umoristica che ne
avvalora l'adesione ai contemporanei modelli
pubblicitari di Cappiello e Mauzan (cfr.
entrambi). Lavorò per molti marchi di rilevanza
internazionale (Pirelli, Campari, Cinzano, ecc.),
ma soprattutto fu uno dei più abili ideatori di
manifesti per la Fiat nel corso degli anni Venti.
In quel periodo affinò progressivamente il
proprio stile, avvicinandosi a linee di vaga
ispirazione futurista.
(AA.VV., Catalogo Bolaffi del Manifesto Italiano,
Giulio Bolaffi Editore, Torino 1995) .
Il manifesto FIAT. 1899 - 1965
Il primo dei manifesti della Fiat era in realtà
destinato a pubblicizzare la "Welleyes", una
carrozzella con motore posteriore, ultimo
prodotto dell'industria ciclistica di proprietà dei
fratelli Ceirano.
La pubblicità del 1899 ancora in bozzetto,
ideata da Giovanni Battista Carpanetto, giunse
nelle mani di Agnelli quando rilevò l'azienda
Ceirano, che sarebbe poi diventata la Fiat. Il
manifesto che ritrae una elegante coppia seduta
sulla vettura, fu quindi utilizzato per
pubblicizzare la 3,5 HP, primo veicolo prodotto
dalla casa torinese.
Parte da questo "Primo" il lungo percorso tra i
manifesti pubblicitari Fiat, in mostra alla GAM di
Torino, in un'esposizione che ripercorre ben 60
anni di attività e che propone uno sguardo
complessivo sulla cartellonistica pubblicitaria dai
primi del Novecento alla fine dei cinquanta, anni
nei quali la pubblicità disegnata lascia il passo a
nuovi mezzi di comunicazione.
Tra questi manifesti si trovano vere e proprie
opere d'arte di autori che fecero brevi incursioni
nel mondo della comunicazione di massa, per
poi tornare alla loro attività artistica, tra questi
Giorgio De Chirico, che illustrò la 1400,
rendendo la vettura di una bellezza superiore
all'originale.
Oggi il manifesto pubblicitario è oggetto di studi
e considerazioni che oscillano su diverse
posizioni e si interrogano sul ruolo effettivo di
questi capolavori grafici, nati senza la pretesa e
la dignità d'opere d'arte.
Se infatti esiste un "certo ingenuo giudizio di
artisticità" come sottolinea Arturo Carlo
Quintavalle nel suo saggio introduttivo al
catalogo, che tende a considerare arte ciò che
arte non voleva essere, il manifesto
pubblicitario va incluso in un proprio sistema di
analisi tenendo conto del suo essere "una figura
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Plinio Codognato
di strada". Il manifesto Fiat offre un ottimo materiale
di studio, la sua storia infatti si lega alle vicende socio
politiche di un paese in grande evoluzione e mostra
caratteristiche dissimili e multiformi.
Dagli anni venti in poi, l'azienda si avvale della
collaborazione dei migliori illustratori italiani. A Plinio
Codognato si devono numerosi soggetti di rara
efficacia tra cui l'imponente "Centauro" che sovrasta il
Lingotto. Giuseppe Riccobaldi del Bava realizza tre
capolavori, uno del 1928, è "La Rampa" con evidenti
influenze futuriste, l'altro del 1934 è "La Littorina Fiat
Riviera Sestrieres" che pubblicizza il progenitore del
Pendolino.
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Renato Zavagli detto Gruau
Renato Zavagli detto Gruau
René Gruau, uno dei più importanti "creatori di sogni"
di questo secolo, è nato a Rimini nel 1909 da un
padre riminesissimo (il conte Alessandro Zavagli) e da
una madre parigina Marie Gruau). Fino all'adolescenza
il suo rapporto con Rimini è stato "intermittente" ma
profondo. A Rimini ha appreso i primi rudimenti della
pittura e del disegno attraverso le lezioni del pittore
Gino Ravaioli. La Rimini di Gruau non è la Rimini più
nota dal punto iconografico, quel "borgo" tanto amato
da Federico Fellini. La Rimini di Gruau è "l'altra
Rimini", la città cosmopolita ed elegante raccolta
attorno al Kursaal dove ogni estate nei primi decenni
del secolo si riuniva la più ristretta élite
dell'aristocrazia e della borghesia industriale italiana e
mitteleuropea.
Ed elegante e cosmopolita è lo stile di Gruau, sempre
contraddistinto dalla piccola "G" stellata posta a
garantire la denominazione d'origine di ciascun lavoro.
Uno stile a cui i più grandi sarti di questo secolo, da
Dior a Givenchy, da Chanel a Balenciaga, hanno
affidato la comunicazione delle proprie opere, delle
proprie idee e del proprio modo d'intendere l'eleganza
consapevoli di trovare nell'amico Gruau l'artista
capace di dare forma ai sogni di intere generazioni di
donne e di uomini.
La Francia, suo paese di adozione, più volte lo ha
celebrato con grandi mostre, ora è Rimini a celebrarlo
dedicandogli due sale del Museo della Città con
un'esposizione permanente del suo lavoro, una
produzione immensa di disegni, dipinti e grafica, 600
dei quali acquisiti dal Comune di Rimini. Lo
spazioaperto il 15 dicembre 2000 vede l'esposizione di
una parte del fondo acquisito dal Comune di Rimini, il
quale riserva per il futuro nuovi allestimenti al fine di
esporre e tematizzare l'intera opera dell'artista italofrancese.
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