La nascita del Turismo e il suo esordio nella Comunicazione L’uomo e il viaggio, due costanti nella storia legate indissolubilmente. L’uomo viaggia dall’alba dei tempi e ha da sempre accompagnato il viaggiare con il resoconto della sua avventura. Ciò che con i secoli muta è la motivazione per cui lo fa. La ricerca edonistica, dell’estetico, del bello, non era contemplata fino al ‘700, le motivazioni del viaggiare erano le più svariate, dalle navigazioni in cerca di nuovi territori, ai viaggi spionistici per informazioni, al semplice commercio, c’era insomma una motivazione concreta. Nel ‘700, però i giovani aristocratici vengono mandati con un seguito di insegnanti, pittori, maggiordomi, alla scoperta delle magnifiche e rinomate bellezze delle città europee, ed in particolare di quelle italiane per compiere il famoso Gran Tour. Eugene Boudine (Honfleur 1824 - Deauville 1898) On the beach, Dieppe, 1864 Così ritroviamo nei classici della letteratura odeporica i resoconti di viaggio di moltissimi letterati, scrittori, filosofi dell’epoca, come ad esempio Goethe, Stendhal, Dickens, che ci invogliano a visitare Roma, Firenze, Napoli, Venezia. Era un’esperienza riservata prettamente agli aristocratici, dato che nessun’altro poteva permetterselo; poteva durare per mesi, addirittura anni, erano serviti e riveriti, il loro unico compito era visitare e tenere un diario aggiornato delle esperienze e dei luoghi. Comincia, quindi, ad affacciarsi l’idea del “viaggiare per il gusto di farlo”, che si fisserà con il viaggio borghese dell’800. W. Goethe in der campagna, 1786-87 Johann Heinrich Wilhelm Tischbein (Haina 1751 - Eutin 1829) Prima pagina de Il Bel Paese di A. Stoppani Prima edizione, 1878 Gli italiani all’epoca, nonostante la proclamata unificazione ed indipendenza, non avevano la minima consapevolezza dell’Italia come paese, non avevano idea di quanto diversificati e spettacolari fossero i paesaggi. Era un popolo diviso sotto molti punti di vista, linguisticamente, geograficamente e culturalmente. L’uomo che istruì ogni italiano sulla geografia, sulle bellezze, sulle stranezze del proprio paese fu l’ormai quasi dimenticato Antonio Stoppani che scrisse un libro, che oggi alla maggior parte ricorda solo un noto formaggio, o forse i versi di Dante (“il bel paese che Appennin parte e ‘l mar circonda e l’Alpe..”) e Petrarca, ma che in realtà è stato uno dei testi più conosciuti e amati dagli italiani dell’800: Il Bel Paese. In una serie di serate in famiglia lo zio narra le sue avventure dalle Alpi alla Sicilia, consapevolizzando i lettori sul loro Bel Paese. Ne Il Bel Paese illustrazione dello stesso Stoppani su il vesuvio che erutta nel 1822 Rapallo,1949 Mario Luppo (Levanto 1905- Chiavari 1977) S.A.I.G.A. già Barabino & Graeve, Genova litografia, cm. 70 x 100 Santa Margherita Ligure, 1938 Walter Molino (Reggio Emilia 1915 - Milano 2000) S.A.I.G.A. già Barabino & Graeve, Genova litografia, cm. 70 x 100 Bisogna tener presente, che mare e montagna, come mete turistiche, nascono in quel periodo, prima di allora non erano considerate, in quanto pericolose. E’ solo nel ‘900 che il vero viaggio di massa si affaccia all’orizzonte; prima riservato solo a baldi aristocratici, poi ai nuovi borghesi, si assiste ora, con l’avanzare del secolo, al moltiplicarsi di turisti di tutti gli strati sociali. Con l’aumento progressivo del numero di viaggiatori, ci si rende conto che per invogliare i viaggiatori a scegliere una meta piuttosto che un’altra era ottimale e funzionale l’uso della pubblicità dei luoghi. E’ proprio dalla fine dell’800 che il manifesto pubblicitario si sviluppa, fino a diventare un must per più di mezzo secolo. In Italia la nascita del manifesto è associata alle officine grafiche di Giulio Ricordi, dove, alla fine del XIX secolo, si formò un gruppo di artisti, capeggiato da Adolf Hohenstein. Quest’ultimo svolse un ruolo artistico fondamentale all’interno della casa Ricordi, fu un originale e primissimo Art Director. All’interno del gruppo si formarono personalità del calibro di Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Giovanni Maria Mataloni, Leopoldo Metlicovitz e Aleardo Terzi, che grazie ai manifesti per la Bitter Campari, per la Rinascente, sono oggi, a più di un secolo di distanza, riconosciuti come i fondatori della moderna cartellonistica italiana. All’inizio la pubblicità ruotò intorno allo spettacolo, con manifesti, cartoline, libretti d’opera, ma andando a braccetto con le esigenze sociali, culturali ed economiche del paese presto si affermò in molti campi diversi, ad esempio ci fu un grandioso sodalizio con la ditta di grandi magazzini Mele, i cui manifesti sono celebrati e messi in mostra ancora oggi (è stata inaugurata nel novembre 2012 una mostra permanente al museo di Capodimonte dei famosi manifesti). Il linguaggio di quei primi manifesti era liberty, con l’utilizzo di immagini allegoriche, ma presto gli artisti compresero l’esigenza di distaccarsi da uno stile illustrativo per raggiungere una sintesi di gusto più moderna. Nei primi decenni del secolo si affacciò nell’immaginario un sintetismo dell’idea pubblicitaria, che Cappiello riassunse con la frase: “La soluzione grafica deve rendere impossibile la dissociazione dell’idea dalla forma”. Le tecniche di produzione intanto si perfezionarono e la litografia cominciò ad evolversi nella fotomeccanica, tecnica che permette di riportare su una matrice di metallo le illustrazioni, e con l’ausilio della stampa tipografica, la riproduzione risulta più veloce e semplice. Con la comparsa sulla scena dei nuovi media, come la radio e la televisione, il manifesto pubblicitario perse il ruolo di protagonista che deteneva ormai da decenni. Manifesto “Baci” Perugina, 1922 Federico Seneca (Fano 1981 - Casnate 1976) Manifesto cane a sei zampe E.N.I , 1954 Luigi Broggini (Cittiglio 1908 - Milano 1983) e Giuseppe Guzzi (Genova 1902 - Roma 1982) Un’altra grande figura nel panorama di inizio secolo fu Severo Pozzato, soprannominato Sepo, che non solo fondò la prima scuola italiana del Manifesto, a Livorno, ma contribuì a trasformare la funzione decorativa del manifesto in una più incentrata sulla comunicazione; suoi sono i manifesti del panettone Motta. Federico Seneca, altra personalità di spicco, curò invece i manifesti della Perugina, della Buitoni, della Fiat e della Cinzano. Il manifesto del celeberrimo cane sputa-fuoco a sei zampe della E.N.I. è frutto della collaborazione tra Luigi Broggini e Giuseppe Guzzi. Immancabile in questa breve rassegna è Armando Testa, forse l'artista-pubblicitario più conosciuto d'Italia, i manifesti della Pirelli, di Borsalino, di Punt e Mes sono conosciuti, ammirati e rievocati. Sintetiche, essenziali ed incisive, le sue pubblicità hanno un'efficacia comunicativa grandiosa. I suoi lavori sono stati protagonisti di numerose mostre. Ciò che risulta chiaro, è che nella storia della pubblicità, l'Italia può vantare nomi di maestri conosciuti e amati in tutto il mondo. Documentazione e ricerca a cura di Margeaux Santarelli - Media Star Editore Rimini, 1922 Marcello Dudovich (Trieste 1878 - Milano 1962) litografia, cm. 140 x 100 Manifesto per la ICI Industria Colori Inchiostri s.a. Milano, 1937 Armando Testa (Torino 1917 - Torino 1992) Prima campagna importante realizzata da Testa