parkinson, safinamide in add-on alla levodopa aumenta i tempi on e

PARKINSON, SAFINAMIDE IN ADD-ON ALLA
LEVODOPA AUMENTA I TEMPI ON E RIDUCE LE
DISCINESIE
26 luglio 2014
In pazienti affetti da malattia di Parkinson (PD) con discinesia di grado da moderato a grave, la
somministrazione add-on di safinamide alla levodopa ha dimostrato di ridurre la discinesia stessa e
di determinare significativi benefici clinici in relazione all’aumento dei tempi ON (senza discinesia
fastidiosa), alla riduzione dei tempi OFF, alla capacità di svolgimento delle attività quotidiane, al
miglioramento della sintomatologia motoria, al miglioramento della qualità di vita e alla riduzione
dei sintomi depressivi. È quanto dimostra uno studio apparso online su Movement Disorders.
«La safinamide agisce fondamentalmente come inibitore reversibile delle monoaminossidasi-B
(MAO-B), enzimi che metabolizzano la dopamina all’interno del cervello» spiega Fabrizio Stocchi,
responsabile del Centro per la cura e la diagnosi del Parkinson dell’IRCCS San Raffaele Pisana di
Roma, tra gli sperimentatori coinvolti nello studio internazionale.
I meccanismi d’azione della safinamide
«Le MAO-B» prosegue «sono localizzate prevalentemente nella glia e metabolizzano la dopamina e
a livello fisiologico giocano un ruolo abbastanza marginale in quanto il metabolismo della
dopamina è affidato soprattutto a un sistema di reuptake nel neurone presinaptico e alle MAO-A
che si trovano all’interno del neurone dopaminergico e a livello gliale».
«Ovviamente quando nella PD il neurone presinaptico degenera e muore si perde il compartimento
presinaptico e di conseguenza diminuisce molto il meccanismo di ricaptazione» continua Stocchi.
«Il metabolismo della dopamina si sposta verso le MAO-B gliali ed è a quel punto che gli inibitori
delle MAO-B cominciano a giocare un ruolo piuttosto importante, che aumenta man mano che
diminuisce il sistema di reuptake presinaptico. Quindi bloccare le MAO-B in un soggetto malato di
Parkinson vuol dire aumentare la dopamina ancora esistente (la cosiddetta dopamina endogena).
L’uso di un inibitore delle MAO-B insieme alla levodopa comporta l’aumento della dopamina che
viene prodotta dalla levodopa esogena e anche l’emivita della dopamina all’interno del cervello».
«Gli inibitori delle MAO-B finora disponibili sono rasagilina e selegilina, tutti e due inibitori
irreversibili delle MAO-B. Quindi la prima differenza tra questi farmaci e la safinamide è proprio la
reversibilità» prosegue il neurologo. «La safinamide è infatti il primo inibitore reversibile delle
MAO-B: ciò significa che, nel giro di 24 ore, l’effetto del farmaco svanisce». La safinamide fu
inizialmente testata in aggiunta a farmaci di tipo dopaminoagonista – proprio in un lavoro di
Stocchi su Neurology –dimostrando di migliorare le performance dei pazienti parkinsoniani. Si è
visto cioè un effetto farmacologico dal punto di vista clinico. Fu poi fatto uno studio add-on alla
levodopa e si è notato lo stesso effetto, per cui sono stati avviati vari trial.
«Nel frattempo il farmaco è stato studiato meglio» continua Stocchi «e si è dimostrato che svolge
anche un’azione sui canali del calcio e un effetto inibitorio sul glutammato e ciò aumenta l’interesse
per questa molecola. Il glutammato, infatti entra in 2 processi. Il primo è quello della
neurodegenerazione: il glutammato è una sostanza potenzialmente neurotossica e bloccarlo può
dunque avere effetto neuroprotettivo, inoltre entra in gioco nella patofisiologia dei movimenti
involontari e delle discinesie. I canali del calcio, invece, sono importanti soprattutto nella
funzionalità del recettore postsinaptico e quindi della trasmissione del messaggio a livello
postsinaptico. Un farmaco che modula i canali del calcio può migliorare l’effetto postsinaptico e,
anche qui, entrare in gioco nel discorso delle discinesie».
«Nei trial pivotali, in realtà, si è andati a vedere l’effetto clinico dell’aggiunta della safinamide ai
dopaminoagonisti e alla levodopa. Questo farmaco ha dimostrato di migliorare le performance dei
pazienti parkinsoniani in entrambi i casi» sostiene Stucchi. «Non ci sono a oggi studi ad hoc mirati
sulla discinesia». Segnali importanti in questo senso sono emersi da una post hoc analisi dell’attuale
studio add-on alla levodopa dalla quale è emerso che, nei pazienti con discinesie, si registrava un
miglioramento delle discinesie stesse a 24 mesi.
Lo studio attuale: disegno, analisi e risultati
«Lo studio è nato per avere come endpoint primario il miglioramento dell’ON» illustra Stocchi.
«Sono stati pertanto selezionati soggetti con almeno 2 ore di OFF al giorno, documentate dal diario,
e su questi dati si è calcolato quanto il farmaco ha migliorato l’ON (in genere è quanto richiesto
dalle autorities per registrare il farmaco)».
In una prima fase di 6 mesi in doppio cieco, controllata con placebo di pazienti con PD e
fluttuazioni motorie, la safinamide a 50 e 100 mg/die ha significativamente aumentato il tempo ON
senza aumentare la discinesia. «Questo studio» prosegue lo scienziato «al contrario di altri era stato
disegnato per essere in doppio cieco e della durata di 24 mesi (di solito sono a 6 mesi) mirati
soprattutto alla safety. Pertanto finiti i primi 6 mesi (richiesti dalle autorities per la registrazione)
rimanendo lo studio in cieco, ovvero senza aprire il codice, si è deciso di cambiare l’endpoint
primario, cioè di passare dal miglioramento dell’ON al miglioramento delle discinesie».
L’endpoint primario sui 24 mesi dunque era ora la modificazione del punteggio totale alla
Dyskinesia Rating Scale durante il tempo ON. Tale cambiamento non è stato significativo nel
gruppo safinamide rispetto a quello placebo, ma un’analisi ad hoc su un sottogruppo di pazienti con
discinesia da moderata a severa alla baseline (36% dei pazienti) ha dimostrato una riduzione della
discinesia con safinamide alla dose di 100 mg/die rispetto al placebo (p=0,00317). I miglioramenti
nella funzione motoria, nelle attività delle vita quotidiana, nei sintomi depressivi, nello stato clinico
e nella qualità di vita osservati a 6 mesi sono rimasti significativi a 24 mesi. Gli eventi avversi e i
tassi di sospensione del trattamento sono risultati simili nei due gruppi.
«A noi interessavano inizialmente i pazienti con ON/OFF» spiega Stocchi «e non è detto che questi
debbano avere necessariamente la discinesia. Spesso si associano fluttuazioni motorie ma si
possono non avere discinesie. Pertanto, non essendo stata selezionata una popolazione dall’inizio
che fosse solo discinetica, in qualche modo si è indebolito il dato e si è registrato un trend di
miglioramento delle discinesie sui 24 mesi ma non statisticamente significativo. Analizzando la sola
popolazione di pazienti con discinesie da moderate a gravi, però, si è notato un miglioramento delle
discinesie statisticamente significativo. In altre parole, occorreva delimitare la popolazione che,
avendo il problema, poteva anche migliorare».
Dalle origini a oggi, breve storia della molecola
«Safinamide è una molecola che viene da lontano, addirittura era della Farmitalia, ed è poi passata a
una piccola biotech, la Newron» ricorda Stocchi. «Il padre della safinamide è il professor Fariello,
neurofarmacologo che lavorava nella prima azienda e poi ha fondato la seconda».
Newron, coadiuvata da Zambon, ha già presentato all’Ema lo scorso mese di dicembre il file
registrativo per safinamide in base a due studi pubblicati e due non ancora usciti per la terapia della
PD sia come add on alla levo dopa, sia come add con ai dopaminoagonisti.
Arturo Zenorini
Borgohain R, Szasz J, Stanzione P, et al. Two-year, randomized, controlled study of safinamide as
add-on to levodopa in mid to late Parkinson's disease. Mov Disord, 2014 Jul 10. [Epub ahead of
print]