RELAZIONE : Ispettrice LUCILLA D’ANTONIO.
LA PRECOCITA’ DELL’INTERVENTO A PARTIRE
DALLA SCUOLA DELL’INFANZIA.
L’ attività educativa nei confronti dei bambini in difficoltà è talmente articolata che
affrontarla nelle sue diverse implicazioni, richiede necessariamente la messa a fuoco
di alcune premesse e punti –chiave che ritengo facciano da pilastro all’argomento di
riferimento che qui si vuole trattare.
-Ciò posto, appare opportuno considerare che la problematica dell’handicap porta
inevitabilmente ad osservare ed a ritenere come nella nostra società, caratterizzata
dalla violenza, conflittualità, dallo stress,, l’esigenza di recuperare L’UOMO, come il
più alto valore sociale – civile, venga ad imporsi sempre più alla nostra attenzione.
Ed in questo sforzo di promozione umana, lontana da ogni intenzione di far retorica,
non possiamo escludere il debole, l’handicappato, il diversamente abile che dir si
voglia, poiché nel momento in cui si verifica l’emarginazione di un individuo, si
assiste credo, ad un arresto della crescita di tutti.
-Prevenire, quindi, curare e gestire l’handicap per intervenire opportunamente; -ecco
la prima chiave di lettura che il nostro discorso intende privilegiare.
Oggi più che mai, la convinzione che la fascia di età 3-6 anni rappresenti un
momento dello sviluppo umano di grande valenza psico-pedagogica formativa, (vista
la pregnanza e complessità dei processi che si delineano proprio in questa fase di
vita), credo abbia raggiunto livelli di grossa consapevolezza in tutte le realtà sociali,
culturali, scolastiche, grazie al contributo della ricerca psico-pedagogica e di studiosi
di grosso calibro che hanno sostenuto con ricerche e studi significativi, sia
l’importanza di questo periodo di vita(3-6 anni ) e sia l’intervento educativo posto in
essere dalla Scuola dell’Infanzia.
-Ma come la Scuola dell’Infanzia si inserisce in un discorso così complesso dalle
varie sfaccettature pedagogiche, sociali, politiche?....
Già gli Orientamenti 91, come pure il recente testo delle Indicazioni Nazionali della
Legge 53, hanno ben delineato il profilo educativo-istituzionale rappresentato dalla
Scuola dell’Infanzia.
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-Si tratta, devo dire, di un profilo coerente, efficace ed attuale, che evidenzia uno
spazio d’ impegno educativo volto ad assicurare, a coloro che la frequentano, la
massima promozione possibile di tutte le capacità e potenzialità personali.
Promozione alla quale dobbiamo attribuire un valenza di ampia significatività, poichè
tale promozione viene a configurarsi come diritto soggettivo di ogni bambino, di ogni
alunno.
-In questo quadro, la Scuola dell’Infanzia,riconosciuta da tutta la psico-pedagogia
moderna Scuola “Pleno Jiure” e 1° anello della Scuola di base, rappresenta
un’Istituzione fondamentale, perché ad essa viene affidato il compito di interpretare e
governare i processi di apprendimento e di sviluppo del bambino, il quale inizia il suo
iter formativo , partendo proprio dalla Scuola dell’Infanzia.
In questo ambiente, infatti, il bambino viene posto al centro del rapporto educativo,
ed impegnato attivamente attraverso esperienze significative, a raggiungere la
maturazione dell’Identità, dell’Autonomia, della Competenza, a costruire quindi, la
propria personalità.
*-E se tutto questo è inconfutabile per il bambino sano, lo è tanto più per il bambino
in difficoltà, che presenta deficit- per cui l’inserimento nella Scuola dell’Infanzia
diventa per lui determinante per un’azione tempestiva, precoce, diretta a rafforzare la
sua identità sotto il profilo corporeo-cognitivo-psico-dinamico.
-Del resto sia gli Orientamenti 91, che il testo delle Raccomandazioni, che
accompagnano le Indicazioni Nazionali, affrontano congiuntamente, i problemi delle
difficoltà di adattamento, di apprendimento, determinati da disabilità nel paragrafo
Diversità ed Integrazione. In questo paragrafo si legge che “ La Scuola dell’Infanzia
accoglie tutti i bambini, anche quelli che presentano difficoltà di apprendimento, per i
quali costituisce un’opportunità educativa rilevante. Ogni bambino deve potersi
integrare nelle esperienze educative che essa offre, così da essere riconosciuto e
riconoscersi, come membro attivo della comunità scolastica e coinvolto nelle attività
che vi si svolgono.”
-Ciò posto, è facile osservare che, sia la filosofia sia degli Orientamenti 91, che delle
Raccomandazioni, è pienamente a favore dell’integrazione dei diversamente abili ,
svantaggiati, dei bambini cosiddetti a rischio; filosofia che esprime il concetto di
“Diversità” come ricchezza e valore e come tale va considerato all’interno dell’azione
educativa, tesa alla personalizzazione degli interventi e strategie appropriati per ogni
singolo caso.
**Ora, in questa sede , non potendo soffermarci a sviscerare tutti gli aspetti legati al
cosiddetto “handicap solare”, che si configura quando esistono reali ed oggettive
difficoltà di sviluppo e maturazione della personalità, dovute a cause psicofisiche o
motorie, volgeremo l’attenzione ai vari disagi e difficoltà di adattamento e
apprendimento che si manifestano nei bambini nella Scuola dell’Infanzia dovuti a
svantaggi , a deprivazioni di ordine socio-economico-culturale, ed a particolari
caratteristiche ambientali.
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Si tratta di disagi ai quali è costretta la personalità infantile quando, soprattutto, la
famiglia e l’extrascuola, non si sentono adeguatamente corresponsabili nella gestione
del problema educativo, o quando viene a mancare , un preciso progetto da
perseguire. In questi casi appare chiaro che i conseguenti compiti per la Scuola
dell’Infanzia siano più evidenti; compiti che, sia gli Orientamenti 91 e le Indicazioni
Nazionali, hanno ben evidenziato nell’identificarla come luogo di educazione, luogo
di vita, luogo di tutti e per tutti, in quanto il suo progetto punta all’accoglienza
pedagogica, alla cura educativa, all’interazione totale di tutti gli alunni, sia di quelli
con difficoltà di adattamento e di apprendimento, sia dei bambini con handicap.
-Gli stessi Campi di Esperienza educativa,denominati dalle Indicazioni Nazionali
Obiettivi Specifi di Apprendimento, e quindi Aree di Apprendimento, vengono
proposti anche agli alunni che si trovano in condizioni di handicap o di
svantaggio,poiché non devono venire esclusi da nessuno di essi, ma aiutati a
percorrerli , stabilendo per ciascuno di essi, specifici Obiettivi formativi, percorsi
metodologici adeguati e indicatori di verifica, tramite le Unità di Apprendimento, per
la valorizzazione delle loro capacità, potenzialità e competenze acquisite.
*Ma parlare di Obiettivi Formativi, di interventi specifici e strategie d’intervento,
significa dover conoscere prioritariamente le situazioni e le modalità utili per
individuare gli alunni definiti ”Problema” perché è chiaro, per educarli, è necessario
prima conoscerli.
-Certamente la Scuola dell’Infanzia, rispetto alle altre Istituzioni educative, è la prima
che si trova a conoscere la storia del Bambino, ad osservare,e quindi a ricevere i
segnali inviati dal bambino stresso, a cogliere i suoi bisogni di gratificazione, di
autostima, a dover e saper ascoltare.
*Uno sguardo veloce sull’attuale società, ci fa osservare che essa è caratterizzata da
varie problematiche, quali: grossi dislivelli socio-culturali, economici, insediamento
di immigrati, extracomunitari, incertezza occupazionale, tossicodipendenze. Realtà
sociali queste, che inducono spesso i bambini a crescere in ambienti familiari,
scarsamente adeguati ai loro bisogni evolutivi.
-Le caratteristiche più frequenti di questi modelli familiari sono: -“l’iperprotezionismo e la svalutazione del bambino. “
*Nel 1° caso( iperprotezionismo) si può osservare nel Bambino, una carenza di
impegno ad affrontare nuove situazioni, le difficoltà quotidiane, l’accettazione di
regole, poiché nell’ambiente familiare trova l’adulto che si sostituisce a lui
nell’affrontare le difficoltà, ad anticipare i suoi desideri , ad evitargli i necessari
ostacoli che l’esperienza quotidiana richiede. Quando poi arriva alle soglie della
Scuola dell’Infanzia, non avendo a fianco la figura iper-protettrice, il Bambino non si
sente preparato ad affrontare da solo le esperienze quotidiane,ed il
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rapporto con i coetanei (socializzazione) viene meno, generando in lui facili sconfitte,
che progressivamente potrebbero strutturare la sfiducia in sé.
*Nel 2° caso, cioè la caratteristica della svalutazione del Bambino , si manifesta
quando lui vive in ambienti non sani (modelli parentali aggressivi,, disoccupazione,
carcerazione di un genitore, scarsa attenzione affettiva verso di lui ) che non gli
garantiscono stimoli educativi adeguati, provocando in lui una continua svalutazione
delle proprie esperienze e di ogni sorta di acquisizione.
*Tutto questo finisce col provocare nel Bambino la consapevolezza della propria
incapacità a dare risultati soddisfacenti, ed in risposta all’effetto di svalutazione,
manifesta nel rapporto con i coetanei e con l’adulto, momenti di incertezza, di
aggressività, di malessere generale che si identificano con difficoltà di rapporto con i
compagni, rifiuto ad affrontare nuove attività, atteggiamenti di sudditanza, o di
dominanza sugli altri, scariche di aggressività sia motoria che verbale, piccoli tic,
disturbi alimentari, balbuzie.
*A fronte di questi problemi, la Scuola dell’Infanzia si pone come Istituzione
educativa, la 1° direi, chiamata a fornire, attraverso la precocità dell’intervento,
risposte educative a domande diversificate di formazione , d’integrazione e di aiuto.
Infatti la tempestività e la precocità dell’intervento posto in essere dalla Scuola
dell’Infanzia, risulta molto più efficace poiché interviene nel periodo di sviluppo del
bambino quando la sua personalità si sta organizzando.
*Il tempo sappiamo, è un parametro fondamentale dell’evoluzione psicologica, e
l’elasticità mentale decresce con l’età; per cui è da ritenersi che le problematiche,
quando non vengono risolte in tempo, difficilmente verranno poi superate, anzi si
trasformeranno in “disagio”, dando origine a situazioni irreversibili.
*Dalle ragioni accennate, appare chiaro che l’intervento educativo, per garantire una
sicura prevenzione, deve essere focalizzato, programmato,reso osservabile e
valutabile.
-La prevenzione più efficace e specifica è quella che ha alla base una diagnosi
precoce che consente di progettare interventi funzionali alle singole problematiche.
*Certamente sappiamo che non è compito della Scuola curare e prevenire “vere
patologie”, perché questo rientra nella dimensione medica ; ma essa , la Scuola
dell’Infanzia, ha la funzione di una sentinella, quella cioè di stare in guardia, all’erta
per ricercare e scoprire “indicatori sotterranei nascosti, che solo una competenza
pedagogica ed una sensibilità educativa da parte dei docenti, possono far emergere.
*Per l’appunto, risulta molto importante guardare la realtà esterna per cogliere i
condizionamenti che essa produce nel Bambino, tenendo sotto osservazione il microsistema sociale nel quale il Bambino si trova inserito e vive.
*In campo psicanalitico, lo studioso BION , ha posto in evidenza che i
comportamenti dei Bambini spesso esprimono ansie,angosce interiori, paure,
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che vengono proiettate all’esterno come segni di condizionamento subito da
comportamenti violenti, per cui , se non si interviene tempestivamente, tali situazioni,
nell’adolescenza, possono originare comportamenti devianti, trasgressivi, che vanno
dalla tossicodipendenza al fenomeno del bullismo giovanile,alla strutturazione di
condizioni di emarginazione sociale.
Per questi motivi, la Scuola dell’Infanzia è chiamata oggi, più di ieri, a porre in
essere interventi preventivi ,ed a sfondo riparatore, e soprattutto a promuovere con
intelligenza pedagogica la prevenzione dei disturbi della comunicazione ,dello
sviluppo cognitivo, delle difficoltà di adattamento all’Istituzione.
-Tutto questo sarà possibile se l’insegnante, l’adulto, saprà ascoltarlo- osservarlo e
stilare per lui un progetto educativo personalizzato, così come ci indicano le recenti
Indicazioni Nazionali, per facilitargli il processo di Apprendimento.
**L’Apprendimento, sappiamo, non è la risposta semplice ad uno stimolo semplice,
ma piuttosto la ricerca di un significato , di un nuovo equilibrio.
-Risulta allora necessario, in virtù della tesi esposta, promuovere nella scuola , a
partire da quella dell’Infanzia, una seria e reale cultura della parola e dell’ascolto. E’
infatti determinante parlare con quel bambino, con quella bambina, è importante
ascoltarli,se si vuole partire dai loro specifici potenziali di apprendimento, per essere
“produttivi” nel rispetto e nella valorizzazione della diversità di ogni individuo.
*Tuttavia, se l’ascolto diventa un momento fondamentale per attivare un intervento
educativo e di prevenzione, lo è anche di più l’Osservazione. Osservare per capire.
Ed è per tutto questo che i ciascun docente, che voglia davvero osservare deve porsi
questi interrogativi:
-Perché osservare?
-In vista di che cosa?
-Per capire e scoprire che cosa? Cioè qual è lo scopo?
Nel nostro discorso , lo scopo , appunto, è quello di conoscere e intervenire
efficacemente.
**-Un comportamento che non è “come quello degli altri”, che si discosta dalla
norma, comincia a creare problemi alla gestione del gruppo-sezione, richiede infatti
da parte degli insegnanti, la progettazione di un percorso formativo personalizzato ,
differenziando la didattica; cioè, ponendo in essere un itinerario specifico che tenga
conto delle potenzialità , delle carenze dell’alunno, e che soprattutto, possa
configurarsi come punto d’incontro degli interventi pluristituzionali , ossia, della
scuola, della famiglia e dei servizi territoriali.
**-Accertare un handicap per tempo, significa quindi, offrire possibilità di recupero,
possibilità terapeutiche e rieducative tempestive, ma soprattutto, evitare che una
situazione problematica, deficitaria, si strutturi in modo permanente e irreversibile.
Tali affermazioni, trovano riscontro, oltre che nella ricerca pedagogica più attendibile
e recente, anche nelle sollecitazioni contenute sia nel testo degli
Orientamenti 91, e sia nella recente Legge di Riforma.
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-Sollecitazioni che ricordano che”la tempestività degli interventi educativi di
integrazione, costituisce una delle forme più efficaci di prevenzione dei disagi e degli
insuccessi che ancora oggi si verificano lungo la carriera scolastica” e questo
appunto, ci fa pensare al fenomeno della Dispersione e Mortalità scolastica che si
manifesta in età pre-adolescenziale.
***Ora se è vero che l’età dell’individuo che va dai 3 -6 anni è determinante per la
formazione di una personalità armonica ed integrale.
***Se è vero che la scuola dell’Infanzia è una scuola “Pleno Jiure” per le finalità che
mira a far conseguire ai suoi alunni ,quali: identità –autonomia- competenza.
***Se è vero che prevenire è meglio che curare, non possiamo, se è vero tutto questo,
non organizzare l’integrazione senza riconoscere piena validità all’intervento precoce
posto in essere dalla Scuola dell’Infanzia.
§-Concludo ribadendo una mia personale convinzione:
-Tutta la Scuola, a partire da quella dell’Infanzia può fare molto per favorire il
recupero, l’integrazione degli alunni in difficoltà. E’ necessario però che essa sappia
coinvolgere tutti gli alunni, sappia predisporre un ambiente ad hoc, con mezzi e
strumenti adeguati, sappia cioè, progettare itinerari educativi congruenti assieme agli
altri operatori interessati, ma soprattutto , quel che più conta, è che gli insegnanti
sappiano guardare al bambino- al soggetto, come PERSONA, per poterlo osservare,
ascoltarlo, capire, per saper leggere fra le righe minute del suo comportamento, al di
là dell’apparenza, i segni forti di una persona che chiede accoglienza, rispetto e
sensibilità alla Diversità.
Tutto questo potrà rendersi possibile, avere esiti positivi, se nell’ambiente scuola si
creerà un clima culturale, educativo, sociale fondato sul gioco di squadra, sulla
collaborazione fattiva fra i docenti e di tutte le componenti sociali-, politiche,
ricordando che l’aiuto offerto agli alunni in difficoltà, in situazioni di disagio,
rappresenta un grande traguardo di civiltà.
Li,08-06-2006.
Dirigente Tecnico
Ispettrice Lucilla D’Antonio.
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