UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
Anno accademico 2016/2017
Corso di laurea in Scienze storiche e del patrimonio culturale
Insegnamento di Storia romana A
Handout n. 12
L. L’ECONOMIA ROMANA DALLE ORIGINI AL PRIMO TRIUMVIRATO
1. Varrone, La campagna 1.10.2
Due iugeri [1/2 ha] formano un heredium, così detto perché corrisponde all’estensione di terra che
si vuole sia stata per la prima volta distribuita da Romolo a ciascun cittadino con la facoltà di
trasmetterla agli eredi. In seguito 100 heredia si chiamarono centuria.
2. Plinio, Storia naturale 18.3.9
Iugerum era definita la superficie arabile in un giorno da una coppia di buoi aggiogati (iugum
boum).
3. Plutarco, Vita di Publicola 21.10
[504 a.C.] [Publicola] incorporò le famiglie [dei parenti e amic di Atta Clauso] nello Stato romano e
attribuì a ciascuno un terreno di due iugeri ni pressi del fiume Aniene. A Clauso assgnò venticinque
iugeri di terreno, iscrivendolo tra i senatori.
4. Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione 5.30.8-9
[393 a.C.] Dovevano essere assegnati a ciascun plebeo sette iugeri di terre di Veio, e non soltanto ai
padri di famiglia, ma in modo che in ogni casa si facesse calcolo su tutte le persone libere”.
5. Macrobio, Saturnali 1.16.34
I Romani istituirono le nundinae al nono giorno allo scopo che i contadini lavorassero otto giorni
nei campi e nel nono, interrotti i lavori agricoli, venissero a Roma per commerciare e per prendere
conoscenza delle leggi.
6. Plutarco, Vita di Numa 17.1-4.
Tra gli altri suoi [i.e. di Numa] provvedimenti politici è ammirata soprattutto la suddivisione della
plebe secondo i mestieri [...]: flautisti, orefici, falegnami, tintori, cuoiai, conciatori, fabbri, vasai; gli
altri mestieri li riunì insieme, costituendo con tutti essi un’unica corporazione. Infine, assegnò
assemblee, convegni e culti appropriati a ciascuna categoria.
7. Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione 2.27.5
[495 a.C.] Era sorto un contrasto tra i consoli su chi dei due dovesse dedicare il tempio di Mercurio.
Il Senato rimise la questione al popolo: stabilì che quello dei due a cui per volere del popolo fosse
toccata la dedica sarebbe stato anche a capo dell’annona, avrebbe istitutio il collegio dei mercanti e
celebrato il rito al cospetto del pontefice.
8. Polibio, Storie 3.22.4-11
1
[509-508 a.C.] A queste condizioni ci sia amicizia tra i Romani e gli alleati dei Romani e i
Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi. [...] A quelli che vengono per commercio non sia possibile
concludere alcuna transazione senza la presenza di un araldo o di un pubblico ufficiale.
9. Catone, L’agricoltura Praef. 4
È dagli agricoltori (ex agricolis) che nascono gli uomini più forti e i soldati più coraggiosi, ed essi
conseguono un guadagno sommammente pio (maximeque pius quaestus), il più stabile e il meno
soggetto all’invidia, e per null’affatto coloro che sono impegnati in questa attività sono soggetti a
cattivi pensieri.
10. Cicerone, La vecchiaia 7
E in verità l’agricoltore, per vecchio che sia, a chi gli domanda: «per chi semini?», non esita a
rispondere: «per gli dèi immortali, i quali vollero che io non solo ereditassi questi beni dai miei
padri, ma anche li trasmettessi a quelli che poi verranno».
11. Columella, La campagna Praef. 20
Gli dei insegnarono alla loro progenie la coltivazione dei campi.
12. Macrobio, Saturnali 1.7.21
Giano ospitò Saturno giunto per mare presso di lui e da quello imparò l’arte dell’agricoltura,
migliorando così il sistema di alimentazione che prima della scoperta delle messi era selvaggio e
rozzo.
13. Virgilio, Georgiche 1.6.11
Libero e Cerere dispensatrice di vita, per vostro dono (munus) la terra cambiò la ghianda caonia
nella grassa spiga e mescolò la bevanda dell’Acheoloo con la scoperta dell’uva; [...] i vostri doni
(munera) io canto.
14. Cicerone, I doveri 1.42.150-151
Riguardo alle professioni e alle fonti di guadagno, quali debbano ritenersi onorevoli e quali sordide,
questa è all’incirca la tradizione che abbiamo ricevuto (haec fere accepimus). [...] Indegni di un
uomo libero e sordidi sono i guadagni di tutti i braccianti (mercennarii), dei quali si compra il
lavoro manuale, non l’ingegno; poiché in essi il salario stesso è quasi prezzo di servitù. Abietti sono
da reputarsi anche coloro che acquistano dai grossi mercanti cose da rivendere subito al minuto:
costoro non farebbero nessun guadagno se non dicessero tante bugie; e il mentire è la più gran
turpitudine del mondo. Tutti gli artigiani (opificesque omnes), inoltre, esercitano un mestiere
volgare: non c’è ombra di nobiltà in una bottega. Ancor più in basso sono quei mestieri che servono
al piacere: «Pescivendoli, macellai, cuochi, salsicciai, pescatori», per dirla con Terenzio [...]. Ma fra
tutte le occupazioni, da cui si può trarre qualche profitto, la migliore, la più feconda, la più dolce, la
più degna di un vero uomo e di un libero cittadino è l’agri cultura.
15. Aulo Gellio, Notti attiche 4.12.1
Se qualcuno aveva lasciato coprirsi di erbacce il proprio campo e se ne prendeva poca cura e non lo
aveva arato e sarchiato, o se uno aveva lasciato in abbandono i propri alberi e la vigna, ciò non fu
esente da pena, ma ciò era competenza dei censori, e i censori lo rendevano aerarius.
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16. Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione 21.63.3-4
[218 a.C.] [Flaminio] era anche malvisto dai senatori a causa della nuova legge che il tribuno della
plebe Q. Claudio aveva presentato contro il parere del senato e con il favore del solo senatore C.
Flaminio, secondo la quale nessun senatore o figlio di senatore poteva possedere una nave atta a
percorrere il mare della portata di più di trecento anfore [1 anfora = l 26,196]. Questa misura parve
sufficiente per il trasporto dei prodotti agricoli. Ogni ricerca di guadagno (quaestus) era considerata
indegna per i senatori.
17. Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione 2.23.3-6
[495 a.C.] Un uomo d’età avanzata si precipitò nel Foro coi segni visibili di tutte le sue sciagure. Era
coperto di luridi cenci, e ancora più ripugnante era l’aspetto del suo corpo disfatto dal pallore e dalla
magrezza; oltre a ciò la barba e i capelli lunghi avevano dato al suo volto un che di selvaggio. Pur
così sfigurato la gente lo riconosceva, diceva che era stato un ufficiale dell’esercito, e tra le
commiserazioni di tutti vantava altre sue benemerenze militari; egli stesso ostentava sul petto le
cicatrici a testimonianza delle battaglie onorevolmente combattute in vari luoghi. A coloro che gli
chiedevano come mai fosse così malridotto, così sfigurato, mentre la folla gli si accalcava intorno
come in un’adunanza, rispose che durante il suo servizio militare contro i Sabini, poiché a causa
delle devastazioni non solo era rimasto privo dei prodotti del suo campo, ma gli era stata bruciata la
fattoria, saccheggiata ogni cosa, predato il bestiame e imposto per di più in un momento per lui così
difficile il tributo, aveva contratto dei debiti (aes alienum fecit). Questi, col cumulo degli interessi,
l’avevano spogliato prima del campo paterno ed avito, poi degli altri suoi averi; infine anche il suo
corpo ne era stato intaccato come da un male contagioso, ed egli s’era trovato ridotto dal suo
creditore, non in asservimento, ma ai lavori forzati e alle torture (non in seruitium, sed in ergastulum
et carnificinam)”.
18. Appiano, Le guerre civili 1.7.26-30
I Romani, man mano che sottomettevano con le armi le regioni dell’Italia, si impadronivano di
parte del territorio e vi fondavano delle città oppure nelle città già esistenti deducevano propri
coloni [...]. Del terreno volta a volta da loro conquistato dividevano subito la parte coltivata fra i
coloni dedotti, o la vendevano, oppure l’affittavano; la parte che in seguito alla guerra era allora
incolta, ed era la maggior parte, [...] permettevano con un editto che la coltivasse nel frattempo chi
voleva. [...] I ricchi, occupata la maggior parte della terra indivisa [...], quante altre piccole proprietà
di poveri erano loro vicine o le compravano con la persuasione o le prendevano con la forza, sì da
coltivare estesi latifondi al posto di semplici poderi. Essi vi impiegavano, nei lavori dei campi e nel
pascolo, degli schiavi, dato che i liberi sarebbero stati distolti per il servizio militare dalle fatiche
della terra. [...] In tal modo i ricchi continuavano a diventarlo sempre di più e gli schiavi
aumentavano per le campagne.
19. Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione 6.35.4-5
[367-366 a.C.] Una volta eletti, i tribuni Gaio Licinio e Lucio Sestio promulgarono delle leggi tutte
dirette contro la potenza dei patrizi e a vantaggio della plebe: una sui debiti, in virtù della quale,
defalcato dal capitale quanto era stato pagato per gli interessi, il resto venisse liquidato in tre anni in
rate uguali; un’altra sulla limitazione delle terre, in virtù della quale nessuno potesse possedere più
di cinquecento iugeri di terra [125 ha]”.
20. Appiano, Le guerre civili 1.9 (37-38)
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[133 a.C.] [Tiberio Gracco] rinnovò la legge che nessuno potesse occupare più di 500 iugeri di agro
pubblico. Aggiunse però alla vecchia legge la clausola che i figli degli occupanti potessero possedere
altri 250 iugeri: quello che fosse sopravanzato, tre persone elette all’uopo lo avrebbero ripartito tra i
poveri [...]. Ciò che principalmente urtò i ricchi fu proprio questo, che non potevano più come
prima trascurare la legge, a causa della commissione distributrice, né ricomprare dagli assegnatari le
parcelle assegnate, dal momento che Gracco, prevedendo anche questa possibilità, aveva proibito
l’alienazione dei lotti.
21. Plutarco, Vite di Ti. e C. Gracco 26.1-2
[123 a.C.] Delle leggi che Caio Gracco presentò [...] una era quella agraria, che prevedeva la
divisione dell’agro pubblico tra i cittadini poveri; un’altra, quella militare, che disponeva che il
vestiario venisse fornito a spese dello stato e che nulla fosse dedotto a tale titolo dai compensi dei
soldati [...]. Un’altra, frumentaria, abbassava i prezzi delle derrate per i poveri.
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