CAPITOLO 22
Tito Livio
Tito Livio nacque a Padova nel 59 a.C. da una famiglia agiata. Si trasferì a Roma dove conobbe Augusto che lo
chiamava pompeiano per il suo nostalgico filo repubblicanesimo senza che ciò comunque nocesse alla loro
amicizia. Attorno al 27 iniziò a scrivere la sua opera storia Ab Urbe Condita e morì nel 17 d.C. Livio è il primo
storico latino non appartenente a una famiglia senatoria o non legato a quell’ambiente.
Da giovane Livio scrisse solo dialoghi storico-filosofici e altre opere filosofiche. Ab urbe condita è un epopea del
popolo romana che può essere paragonata per mole, per l’impatto propagandistico, per il peso esercitato sulla
tradizione posteriore all’Eneide di Virgilio. Dell’opera liviana ne è arrivata fino a noi solo un quarto.
L’opera trattava in 142 libri la storia romana dalla fondazione (dalle origini troiane) al 9 o a.C. o d.C. Livio
pubblicava periodicamente gruppi di cinque o dieci libri detti rispettivamente pentadi e decadi. A noi sono
pervenuti 35 libri non consecutivi della prima parte dell’opera. La prima decade tratta del periodo monarchico e
dei primi anni della repubblica. La seconda decade (non pervenuta) era dedicata alla guerra contro Pirro e
alla prima guerra punica. I libri dal 21 al 55 trattano i 52 anni che videro la grande espansione di Roma sul
Mediterraneo.
Possediamo inoltre le Periochae ovvero dei riassunti molto scarni scritti tra il III e il IV secolo. La narrazione si
fa via via più dettagliata più ci si avvicina all’età contemporanea per la maggiore quantità di documenti
disponibili e per un maggiore interesse dell’autore per la storia recente.
Livio rimette in auge la tradizione della storiografia annalistica realizzando il grandioso disegno di una storia
generale del popolo romano dalle origini troiane ai suoi giorni. La scansione cronologia del I libro fa riferimento
ai re e ai loro anni di regno, ma possiamo anche trovare una datazione diastematica, nella quale viene indicato il
diastema, cioè l’intervallo di tempo a partire da un avvenimento epocale come la fondazione di Roma o la
cacciata dei re. La totale adesione alla tradizione annalistica comporta la spezzatura del racconto in una
serie di sezioni annuali con parti dedicate alla politica interna, estera e altri avvenimenti con l’uso di notizie
leggendarie.
La storia di Livio è di tipo politico militare, ogni blocco di libri ruota attorno ad una guerra; scarso è invece
l’interesse per gli aspetti economici sociali e culturali.
Livio si serve esclusivamente di fonti letterarie ossia delle opere storiche scritte da autori precedenti,
rinunciando alla ricerca e alla consultazione di documenti. Le sue fonti sono gli annalisti romani e le Storie
di Polibio. Livio segue Polibio abbastanza fedelmente salvo incorrere in errori di traduzione o interpretazione o
sorvolare su alcuni dettagli e ampliarne altri per fornire una versione dei fatti più favorevole alla parte romana.
Gli altri limiti di Livio come storico sono: lo scarso interesse per i problemi sociali e economici e l’incapacità
di tracciare una chiara linea dell’evoluzione costituzionale dello stato. Inoltre troviamo alcune deformazioni
della realtà storica operate nell’intento di fornire un’immagine positiva dei romani nei confronti degli altri
popoli e una caratterizzazione negativa dei nemici di Roma riflettendo alcuni stereotipi: come la slealtà dei
Cartaginesi o la litigiosità dei Greci; anche le indicazioni geografiche e toponomastiche sono descritte in modo
approssimativo.
Livio condivide la concezione didascalica e moralistica della storia che ha caratterizzato la storiografia
romana: la ricostruzione del passato non è un’operazione scientifica, ma con fine etico e civile. Si tratta di
presentare ai cittadini romani i comportamenti positivi e negativi, affinché il lettore possa imitare gli esempi
virtuosi e evitare quelli dannosi.
© Federico Ferranti
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