L`associazione in partecipazione trova i limiti Con la riforma del mercato del lavoro vengono riviste anche le disposizioni sull`associazione in partecipazione, istituto giconosciuto perché disciplinato dal Codice civile ma riforinato e reso dal decreto Biagi del 2003 (Dlgs 276) una vera e propria nuova tipologia contrattuale. Conil contratto di associazione in partecipazione l`associante attribuisce all`associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o pi affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Si tratta, quindi, di un contratto attraverso il quale devono essere rese prestazioni di lavoro autonomo, con la conseguenza che, per distinguerlo dal lavoro subordinato, l`attivitdell`associato non deve essere stabilmente inserita nell`organizzazione dell`associante e deve essere caratterizzata da un`effettiva partecipazione al rischio di impresa. Gidal 2003, proprio alfine di evitare un uso non corretto di questo istituto, il legislatore avevaprovveduto a regolare, in chiave sanzionatoria, le ipotesi di elusione della relativa disciplina cheprevede, significativamente, che a fronte dell`apporto di una prestazione da parte dell`associato corrisponda una vera e propria partecipazione agli utili (o alle perdite) con obblighi di rendicontazione da parte dell`associante. Tanto vero che al fine di evitare fenomeni elusivi con la Biagi era stato previsto che, nell`ipotesi in cui si accerti l`assenza di una effettiva partecipazione e di adeguate erogazioni a chi lavora, l`associato ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attivito, in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, fatta salva la prova contraria, da parte dell`associante. Come spesso avviene in situazioni di "confine" e tenendo conto della finalitdi contrastare in modo pi incisivo fenomeni elusivi posti in essere attraverso forme di lavoro autonomo o parasubordinato che possano, invece, presentare in tutto e per tutto i caratteri della subordinazione, ilprogetto Fornero ha previsto di circoscrivere il pi possibile il ricorso a questa tipologia contrattuale che, a quanto consta, viene applicata con successo in alcuni settori quale quello del terziario, facendo salvi; tuttavia, fino alla loro cessazione i contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge purché siano stati certificati. La riforma prevede infatti, da un lato, di limitare il numero complessivo di associati impegnati in una medesima attivit(non superiore a, tre) con la sola eccezione delle prestazioni rese nei confronti di associanti che siano legati all`associato da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinitentro il secondo grado. La sola violazione del divieto comporta, con presunzione assoluta, la riqualificazione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Da altro punto di vista e, in questo caso con presunzione semplice che ammette quindi la prova contraria da parte dell`associante (come era giprevisto dalla legge Biagi), lariconduzione del rapporto con` l`associato al rapporto dilavoro subordinato a tempo indeterminato viene prevista nell`ipotesi in cui venga accertato che non vi sia stata effettiva partecipazione agliutili (qualora ovviamente ve ne siano) da parte dell`associato o nel caso in cui venga accertato che allo stesso non sia stato consegnato il rendiconto, coscome nell`ipotesi in cui venga accertato che l`apporto da parte dell`associato non possa qualificarsi in senso effettivo come prestazione di lavoro autonomo sulla base di criteri di riconducibilitdella stessa a specifiche competenze tecniche o teoriche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell`esercizio concreto dell`attivit Si tratta, in quest`ultimo caso, del medesimo criterio introdotto dalla riforma per la orretta qualificazione delle prestazioni di lavoro autonomo rese da titolari dpartita Iva.