I LAVORATORI ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE È doveroso premettere che NIdiL-Cgil, congiuntamente alla Filcams-Cgil e all’Ufficio vertenze nazionale, ritiene i contratti di associazione in partecipazione una elusione sostanziale del contratto di lavoro subordinato. Pertanto tali contratti vanno scoraggiati e contrastati. Riteniamo però che, nell’attesa di un provvedimento legislativo che modifichi la norma del codice civile che ha permesso il proliferare di questa tipologia contrattuale, sia necessario nell’interesse dei lavoratori dare un’informazione il più possibile corretta ed esauriente. Che cos’è l’associazione in partecipazione Il contratto di associazione in partecipazione, disciplinato dall’articolo 2549 del codice civile, stabilisce che l’associante (imprenditore) attribuisca all’associato (lavoratore) una partecipazione agli utili dell’azienda. Gli elementi che caratterizzano tale contratto sono costituiti dall’apporto dell’associato e dalla sua partecipazione agli utili dell’impresa o di un determinato affare. Può costituire oggetto dell’apporto dell’associato una prestazione di carattere patrimoniale oppure una prestazione d’opera. Qualora il contratto non specifichi la quota di utili spettanti all’associato, essa deve essere calcolata in proporzione al valore dell’apporto dato dall’associato rispetto al valore dell’impresa. Il calcolo è effettuato sulla base dei criteri di valutazione del bilancio dell’impresa. L’associante ha diritto ad essere informato sull’andamento dell’azienda e ad esercitare i controlli. L’associato ha diritto al rendiconto periodico della gestione dell’impresa. Nel caso di associazione in partecipazione a uno o più affari, il rendiconto si limiterà agli affari compiuti. La cessazione del rapporto contrattuale avviene per decorrenza del termine fissato dalle parti; per inadempimento contrattuale di una delle parti (salvo risarcimento); per perdite gravi o di entità tale da non consentire la prosecuzione dell’esercizio d’impresa. Se prevista nel contratto, la cessazione può avvenire anche per giusta causa. I nuovi obblighi di legge Il decreto attuativo della legge 30/03, con l’intento di evitare i fenomeni elusivi del contratto di lavoro subordinato, introduce per l’associazione in partecipazione un’importante novità. Infatti si chiarisce in modo esplicito che, ove manchino adeguate erogazioni a chi lavora o un’effettiva partecipazione all’impresa, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato per figure corrispondenti nel medesimo settore d’attività. La legge però, ancora una volta, apre una via d’uscita al datore di lavoro che, attraverso attestazioni o documentazione, può dimostrare che il lavoro che svolge l’associato in partecipazione non ha natura subordinata, ma rientra in altre tipologie di lavoro esistenti. In questo caso, dunque, l’equiparazione economica, contributiva e normativa al lavoro dipendente non esiste.