Internet e lo scambio di informazioni dalla prospettiva del

Dipartimento di Scienze giuridiche
CERADI – Centro di ricerca per il diritto d’impresa
Internet e lo scambio di
informazioni
dalla prospettiva del diritto
antitrust
Maria Teresa Marseglia
Febbraio 2011
© Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o
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sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione
Indice
Introduzione
p. 4
CAPITOLO I
Lo scambio di informazioni
1. Lo scambio di informazioni: effetti anti e
p. 5
pro competitivi
2.
Lo
scambio
di
informazioni
come
agevolazione di una collusione
p. 9
2.1. (segue) Le informazioni su dati attuali,
passati e futuri e la frequenza degli scambi
p. 12
2.2. (segue) Le informazioni sensibili
p. 14
2.3. (segue) I dati aggregati
p. 15
3. Collusione e parallelismo intelligente
p. 16
4. Le modalità di scambio di informazioni
p. 18
5.
Considerazioni
su
alcuni
casi
giurisprudenziali di divulgazione di informazioni
p. 21
pubbliche
6. Le informazioni pubbliche
p. 25
CAPITOLO II
Internet e il suo utilizzo nello scambio di
informazioni
1. Internet nel mercato concorrenziale
p. 27
1.2. (segue) Il commercio elettronico nel
nuovo regolamento sulle intese verticali
2. L’utilizzo di internet nello scambio di
p. 28
p. 31
informazioni
3. Considerazioni sul corretto utilizzo di
internet nello scambio di informazioni
Bibliografia
p. 33
p. 41
Introduzione
La collusione tramite scambio di informazioni è una delle tematiche del
diritto della concorrenza che più spesso ricorre nella prassi giurisprudenziale
delle Autorità competenti e degli organi giurisprudenziali. Nell’ultimo
decennio, internet ha sempre più occupato un posto di rilievo, se non
preminente, nell’ambito dei mezzi di comunicazione delle imprese. Esso
rappresenta una finestra sempre aperta sul mondo, dalla quale un’impresa si
presenta, si promuove e si offre a tutti i potenziali clienti, controparti pubbliche
e private. Allo stato, non si è identificato, in dottrina o in giurisprudenza, un
approfondimento sulla possibile valenza della comunicazione via internet ai fini
del diritto della concorrenza e, in particolare, dello scambio delle informazioni.
Scopo di questo lavoro è, dunque, partendo da un breve esame sullo scambio
di informazioni tra imprese concorrenti a fini e/o con effetti collusivi, di
fornire alcune riflessioni sull’utilizzo di internet da parte delle imprese, sui
propri ambiti e sulle possibili cautele da adottare, al fine di prevenire
preoccupazioni di carattere “antitrust”.
CAPITOLO I
Lo scambio di informazioni
1. Lo scambio di informazioni: effetti anti e pro competitivi
Le nuove guidelines della Commissione europea, in materia di accordi
orizzontali, prevedono la possibilità di applicare l’art. 101 TUE allo scambio di
informazioni, solo ove tale scambio determini, o faccia parte, di un accordo, di
una pratica concordata o di una decisione di un'associazione di imprese, avente
per oggetto o per effetto la restrizione della concorrenza1. Occorre, dunque,
distinguere un tale scambio di informazioni, dalle c.d. stand alone information,
ossia da quelle informazioni diffuse da un’impresa in assenza di uno specifico
accordo collusivo2. Solo in quest’ultimo caso, infatti, può parlarsi, secondo la
1 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, 2010, p. 55. Affinché uno
scambio di informazioni abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell'articolo 101,
paragrafo 1, deve sussistere la probabilità che esso abbia significativi effetti negativi su uno o
più parametri di concorrenza, come il prezzo, la produzione, la qualità o la varietà del prodotto
o l'innovazione. Nella valutazione si devono confrontare i probabili effetti dello scambio di
informazioni rispetto alla situazione concorrenziale che si verrebbe a creare in assenza
dell'accordo di scambio di informazioni.
2 E’ stato, infatti, rilevato, (OECD (Organisation for Economic Co-operation and
Development) “Theories of harm based on coordinated effects”, in ROUNDTABLE ON
INFORMATION EXCHANGES BETWEEN COMPETITORS UNDER COMPETITION
LAW, pp.10, ss. 2010) come, per matenere un efficace e duraturo equilibrio collusivo sul
mercato, occorra che si presentino alcune circostanze in più rispetto al mero scambio di
informazioni. In primo luogo, cioè, le imprese che partecipano alla collusione dovrebbero
accordarsi su una “politica comune” da seguire e, allo stesso tempo, accertarsi che gli altri
Commissione eropea, di un'azione veramente unilaterale3 che, in quanto tale, non
rientra nel campo di applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1. La
Commissione europea, dunque, non si è mostrata contraria all’attività di
scambio di informazioni tra imprese. La stessa dottrina4 risulta unanime sul
punto che la condivisione di informazioni di per sè stessa non implichi che le
imprese sul mercato abbiano operato in regime collusivo.
Ciò premesso, occorre precisare che la distinzione tra uno scambio di
informazioni legittimo ed uno che sia frutto di una pratica collusiva, rileva per i
partecipanti all’intesa si adeguino alla medesima politica. In secondo luogo, occorre che la
politica adottata sia “sostenibile”, il che vale a dire che le imprese aderenti dovrebbero sentirsi
realmente incentivate a sostenere tale “common policy”. Ciò, a sua volta, implica la previsione di
un efficace meccanismo di ritorsione, con fini deterrenti o punitivi, a carico delle imprese che si
discostino dalla politica comune. Infine, le possibili reazioni dei consumatori, o degli altri
concorrenti sul mercato, alla politica comune adottata, dovrebbero risultare prevedibili, al fine
di non compromettere i risultati sperati dalla politica comune stessa. In altri termini, occorrerà
valutare, in via preventiva, che, l’aumento del prezzo realizzato congiuntamente, sia idoneo a
scoraggiare l’ingresso di nuove imprese sul mercato, o sia rivolto a categorie di clienti che non
siano così sofisticate da contrastare ogni tentativo di successo dell’aumento congiunto.
3 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p. 56: “Se non vi è alcun
accordo sullo scambio di informazioni, andrà valutato caso per caso se si è in presenza di una pratica concordata
o se, ad esempio, la diffusione regolare di informazioni di un'impresa è un'azione veramente unilaterale che non
rientra nel campo d'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1”. Nella valutazione si devono
confrontare i probabili effetti dello scambio di informazioni rispetto alla situazione
concorrenziale che si verrebbe a creare in assenza dell'accordo di scambio di informazioni.
Affinché uno scambio di informazioni abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi
dell'articolo 101, paragrafo 1, deve sussistere la probabilità che esso abbia significativi effetti
negativi su uno o più parametri di concorrenza, come il prezzo, la produzione, la qualità o la
varietà del prodotto o l'innovazione.
4 D. CARLTON, R GERTNER,. A ROSENFIELD, Communication among Competitors:
Game Theory and Antitrust, in George Mason Law Review, vol. 5, n. 3, 1997, pp.423,440.
differenti effetti che da essi derivano: uno scambio di informazioni avvenuto
nell’ambito di un’intesa collusiva5 consente, alle imprese partecipanti, di
allineare le loro strategie più facilmente e di intervenire tempestivamente su
eventuali variazioni rispetto a quanto concordato in termini collusivi, a danno,
così, della libera concorrenza, nonchè dei consumatori, limitati nella loro
possibilità di scelta delle offerte sul mercato. Determinandosi una trasparenza
maggiore, perchè “artificiale”, all’interno del mercato, cioè, le imprese parte
dell’intesa rivestono una posizione migliore per identificare quale di esse si sia
dissociata e su quali prodotti, nonchè migliore per identificare le opportunità di
entrata sul mercato di nuovi operatori, al fine di coordinare le proprie strategie
di risposta.
Da uno scambio di informazioni che non sia oggetto di una pratica
collusiva, invece, possono derivare effetti pro competitivi, sia per le imprese
che per i consumatori.
5 Commissione europea, provv. del 21 novembre 2001, n. IP/01/1625, Vitamine, da
www.agcm.it. Nel caso di specie la Commissione infliggeva ammende per un totale pari a
855.22 milioni di euro a otto imprese partecipanti ad otto diversi cartelli segreti, aventi per
oggetto e per effetto la ripartizione del mercato e la fissazione dei prezzi dei prodotti
vitaminici. All'impresa svizzera Hoffman-La Roche, in particolare, era inflitta l'ammenda
cumulativa più elevata, per avere svolto il ruolo di istigatrice e per aver partecipato a tutti i
cartelli. Questo caso risultò emblematico perchè lo scambio di informazioni tra le imprese
coinvolte era specificamente mirato a costituire un’intesa illecita che consentisse alle
imprese coinvolte di imporre prezzi più elevati rispetto a quelli che si sarebbero registrati
sul mercato nell’ambito di una libera concorrenza, a danno, così, dei consumatori. Il
comportamento collusivo adottato dalle imprese partecipanti, inoltre, appariva ancor più
inaccettabile poichè avente ad oggetto sostanze che costituiscono elementi vitali per la
nutrizione e il sostentamento degli esseri viventi, quali le vitamine.
Una conoscenza più approfondita, da parte delle imprese, del mercato e
delle sue caratteristiche principali facilita, infatti, lo sviluppo di strategie
commerciali efficienti ed efficaci tra gli operatori e consente, ad esempio, di
fissare i prezzi in modo tale da conciliare la domanda con l’offerta. Allo stesso
modo, condividere know how e tecnologie, può contribuire al raggiungimento di
un equilibrio pro competitivo tra imprese nel settore della ricerca. Una
maggiore trasparenza, peraltro, consente anche ai nuovi operatori di conoscere
“il terreno” cui accederanno e, di conseguenza, di competere più ferocemente
ed in maniera più efficace sul mercato. Ancora, lo scambio di informazioni può
aiutare gli operatori presenti sul mercato ad identificare il miglior
posizionamento del prodotto, al fine di essere più competitivi. Oppure ancora,
qualora ad un produttore sia ignota la domanda futura circa un determinato
prodotto, acquisire informazioni in merito, può incentivare lo stesso ad
investire sapientemente negli impianti e nelle attrezzature necessari ad
incrementare la produzione negli anni successivi. Vi sono, poi, alcuni settori,
come quello assicurativo, in cui un certo grado di trasparenza tra gli operatori si
presenta necessario6.
Gli effetti derivanti da uno scambio di informazioni possono
presentarsi favorevoli, poi, non solo per gli imprenditori, ma anche per i
6 Regolamento CE n.3932/92, “relativo all’applicazione dell’art. 81.3 del Trattato a talune
categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate nel settore assicurativo”. La Commissione ha previsto
un regime di esenzione per gli accordi stipulati tra imprese di assicurazione, finalizzati alla
raccolta comune di dati statistici in forma aggregata, necessaria per una corretta stima del
rischio da assicurare, o per il calcolo del rischio puro; A. MINGARDI “Cartello a perdere”,
Rubbettino/Leonardo Facco, 2008, pp.83, ss.
consumatori finali. Una maggiore trasparenza, infatti, permette ai consumatori
di confrontare sapientemente termini e condizioni delle varie offerte sul
mercato, consentendo loro di operare la scelta più consona alle proprie
esigenze. Tale trasparenza, inoltre, si traduce in una diminuzione dei costi di
ricerca a beneficio dei consumatori stessi.
Ai fini della valutazione circa la legittimità o meno di uno scambio di
informazioni occorrerà, dunque, tener conto rispettivamente della sussistenza:
a) di benefici in termini di efficienza;
b) di potenziali effetti collusivi.
2. Lo scambio di informazioni come agevolazione di una
collusione
Uno scambio di informazioni può agevolare una collusione a seconda:
a) delle condizioni economiche di mercati rilevanti
b) delle caratteristiche delle informazioni scambiate.
Quanto al primo aspetto, occorre considerare che un mercato di tipo
oligopolistico, caratterizzato dalla presenza di poche imprese sul mercato,
possa, per definizione, facilitare l’interdipendenza delle imprese stesse
nell’esercitare le proprie strategie di mercato, agevolando, così, il rischio di una
collusione7. A tal proposito, la Corte di Giustizia, nella sentenza John Deere Ltd8,
ha chiarito che: ”In un mercato oligopolistico fortemente concentrato, un accordo che
preveda un sistema di scambio di informazioni tra le imprese di questo mercato riduce o
annulla il grado di incertezza relativo al funzionamento del mercato e può alterare la
concorrenza tra gli operatori economici”.
In un mercato oligopolistico, dunque, in forza della maggiore
trasparenza che caratterizza lo stesso, uno scambio di informazioni può
contribuire a limitare ancor più l’incertezza sulle future strategie dei concorrenti
(prezzi, produzione, domanda, costi, etc.), facilitando, così, la probabilità di
risultati collusivi. E’ più agevole, infatti, per un numero limitato di imprese, dar
vita ad un’intesa sulle condizioni di coordinamento e monitorare eventuali
deviazioni dal coordinamento medesimo9.
7 Tale teoria economica, discende dalla famosa decisione del caso dei Trattori britannici
(Commissione europea, decisione del 17 febbraio 1992, n. IV/31.370 e 31.446, UK Agricultural
tractor registration Exchange, in GUCE L 068 del 13 marzo 1992, 19). Secondo tale teoria, essendo
le imprese che costituiscono un oligopolio interdipendenti, l’impresa che diminuisce il prezzo
di un prodotto sottrae quote di mercato alle altre imprese, le quali, per non perdere volumi,
seguiranno la prima impresa nella diminuzione. Tale parallelismo consapevole si verifica in
assenza di un accordo espresso tra imprese.
8 Corte di Giust., sent. del 28 maggio 1998, causa C-7/95 P., John Deere Ltd c.
Commissione in Racc. Giur. 1998, I-03111.
9 C. OSTI, Brevi puntualizzazioni in tema di collusione oligopolistica, in Foro Italiano, fasc.
10, pt. 3, pp. 509, ss. 2002; L. LAMBO, Parallelismo consapevole e collusione nei mercati oligopolistici, in
Foro Italiano, fasc. 9, pp.386, ss. 2001; S. BASTIANON, Mercati oligopolistici, “conscious
parallelism” e pratiche concordate: quale intesa tra TIM e OMNITEL?, in Foro Italiano, fasc. 9,
pp.394, ss. 2001; sul punto anche G. COLANGELO, L’antitrust e la “camicia di Nesso” delle intese
restrittive, in Il Diritto Industriale, n. 4, pp.362, ss. 2001; S. BASTIANON, Parallelismo consapevole
e collusione nei mercati oligopolistici, in Foro Italiano, pt. 3, pp.386, ss., 2001; F. MASSIMINO,
Oligopolio tra parallelismo consapevole e pratiche concordate, in Riv. di Diritto Industriale, fasc. 3, pt.2,
pp.309, ss. 1999.
Per altro verso, considerare che l’interdipendenza
tra le scelte
imprenditoriali, non di rado, si presenta come diretta conseguenza della
struttura oligopolistica di un mercato, può escludere che un eventuale
parallelismo comportamentale sia da addebitarsi ad un’intesa collusiva tra le
imprese. Nella famosa sentenza Wood Pulp10, ad esempio, la Corte di Giustizia
annullava parzialmente una precedente decisione della Commissione11, nella
parte in cui individuava una pratica concordata tra imprese, sulla base del
parallelismo di prezzo. Per giungere a tale conclusione, la Corte si avvaleva di
una perizia economica, commissionata ad esperti da essa nominati, che rivelava
come la simultaneità dell’annuncio dei prezzi fosse dovuta alla grande
trasparenza del mercato, propria di un oligopolio12.
Sembra opportuno, infine, specificare che, non solo in un mercato di
tipo oligopolistico lo scambio di informazioni possa considerarsi idoneo ad
alterare l’equilibrio concorrenziale, ma anche all’interno di un mercato in cui
l’offerta risulti meno concentrata, contribuendo, lo stesso, ad accrescere un
grado di interdipendenza tra le imprese inizialmente minore. Non a caso, nel
10 Corte di Giust., 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, 104/85, 114/85, 116/85,
117/85, 125 - 129/85, Pasta di Legno (Wood Pulp); in Foro it., 1994, IV, cc. 65 e ss.
11 Commissione europea, provv. del 19 dicembre 1984, 85/202/CEE, IV/29.725 -
Pasta per carta, in GUCE 1985, L 85, pag.1, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo 85 del
Trattato CEE e annullata nella parte relativa alla Pulp Paper and Paperboard Export
Association of the United States.
12 L’onere di provare l’esistenza di una pratica collusiva spetta, infatti, all’Autorità
procedente. Un’inversione dello stesso si ravvisa solo quando, contestualmente al parallelismo
comportamentale, sia stata ravvisata dall’Autorità procedente la sussistenza di contatti tra le
imprese.
caso RC Auto13, il Consiglio di Stato14 ha affermato che “i mercati non possono
essere semplicisticamente suddivisi tra mercati effettivamente concorrenziali e mercati
oligopolistici fortemente concentrati, esistendo, tra i due poli opposti, mercati con caratteristiche
intermedie”.
Molto di recente, inoltre, la Corte di Giustizia, nella sentenza T-Mobile
Netherlands BV e altri15, ha precisato che “lo scambio di informazioni tra concorrenti
ha oggetto anticoncorrenziale qualora sia idoneo ad eliminare le incertezze in relazione al
comportamento previsto dagli operatori interessati, segnatamente in relazione al momento,
alla
portata
e
alle
modalità
dell’adeguamento”,
intendendo,
così,
che,
indipendentemente dalle caratteristiche del mercato, uno scambio di
informazioni possa agevolare un risultato collusivo tra imprese, qualora renda
facilmente prevedibile il comportamento che le stesse terranno sul mercato,
tenuto conto delle diverse circostanze in cui l’adeguamento delle condotte si sia
delineato.
13 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 28 luglio 2000, n°
8546, Rc Auto, da www.agcm.it. Nel pragrafo 115 della chiusura istruttoria si legge che tra le
numerose imprese assicurative intercorreva un “pervasivo scambio di informazioni [...] relativo a tutti
gli aspetti dell’attività assicurativa, ovvero prezzi, sconti, incassi, costi dei sinistri e di distribuzione”.
14 Cons. St., provv. del 30 aprile 2002, n. 2199, Assicurazioni Generali s.p.a. ed altri c.
Autorità garante della concorrenza e del mercato da www.giustizia-amministrativa.it.
15 Corte di Giust., sent. del 4 giugno 2009, C-8/08, T-Mobile Netherlands BV e altri, in
Racc., 2009, p. I-04529.
2.1 (segue) Le informazioni su dati attuali, passati e futuri
e la frequenza degli scambi
Sembra pacifico, nella letteratura economica e nella pratica della
politica della concorrenza, ritenere che uno scambio di informazioni sulle
circostanze attuali del mercato non possa essere addotta come prova
dell’esistenza di un regime collusivo. Uno scambio di informazioni, infatti, si
presenta problematico solo nella misura in cui faciliti in misura apprezzabile il
monitoraggio del comportamento dei rivali, consentendo di identificare
eventuali deviazioni dal comportamento accordato. Uno scambio di
informazioni relativo all’attuale livello della domanda, ad esempio, risulterà
poco efficace per facilitare tale monitoraggio. Un tale scambio, infatti, potrà
ridurre l’incertezza sulla domanda, rendendo così più precisa la stima sul
comportamento dei rivali, ma non potrà eliminare del tutto l’incertezza circa
tale condotta. Inversamente, uno scambio di informazioni sulla futura condotta
di un’impresa renderà più agevole il monitoraggio. Nel caso di una
comunicazione sui prezzi futuri, tuttavia, gli effetti da essa derivanti dovranno
essere valutati con cautela, dovendosi considerare, da un lato, la potenziale
anticoncorrenzialità degli stessi, ma dall’altro, i possibili guadagni di efficienza
rivendicati dalle parti. Ad esempio, come si vedrà nel capitolo successivo,
qualora i prezzi futuri non siano rivelati esclusivamente alle imprese, ma siano
resi pubblici così da rappresentare dei potenziali “impegni” nei confronti dei
consumatori, risulta molto più evidente la sussistenza di guadagni di efficienza.
Quanto, infine, agli scambi di dati riferiti al passato, la Commissione europea16
ha precisato che le informazioni c.d. storiche, non si presentano idonee ad
influenzare il comportamento futuro delle imprese concorrenti, in ragione del
continuo mutamento delle strategie adoperate dalle singole imprese sul
mercato. Per informazioni storiche devono intendersi, generalmente, quelle
risalenti ad almeno dodici mesi dalla data attuale, ma la valutazione deve essere
svolta caso per caso, tenuto conto delle specifiche caratteristiche del mercato e
del prodotto in esame17.
Il rischio di una collusione, inoltre, può aumentare nel caso in cui gli
scambi di informazioni tra imprese risultino frequenti. Uno scambio frequente
di informazioni consente alle imprese una migliore comprensione comune del
mercato, nonchè un miglior controllo delle deviazioni comportamentali delle
altre imprese. Nei mercati con contratti a lungo termine, che denotano una
bassa frequenza di rinegoziazione dei prezzi, infatti, uno scambio meno
frequente di informazioni potrebbe risultare sufficiente per raggiungere un
esito collusivo rispetto ai mercati con contratti a breve termine, caratterizzati
da rinegoziazioni dei prezzi più frequenti. Tuttavia, la valutazione varia a
seconda delle caratteristiche strutturali dei mercati, potendo anche uno
16 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p.86.
17 Commissione europea, UK Agricultural tractor registration Exchange, cit.
scambio
isolato
di informazioni costituire
elemento
sufficiente
del
coordinamento collusivo tra imprese18.
2.2 (segue) Le informazioni sensibili
Quanto alle caratteristiche delle informazioni, occorre sottolineare che,
sono da considerarsi suscettibili dell’applicazione dell’art. 101 TUE, gli scambi
aventi ad oggetto informazioni sensibili. Per informazioni sensibili devono
intendersi tutte quelle che possono risultare utili sotto il profilo strategico,
aventi ad oggetto, cioè, dati individuali sullo status di imprese19. Più
precisamente, secondo la Commissione, per scambio di informazioni sensibili
s’intende “uno scambio organizzato di dati particolari relativi alle singole imprese”, quali
“le quantità prodotte e vendute, i prezzi e le condizioni praticate per gli sconti, gli aumenti e
le riduzioni di prezzi, gli accrediti, nonchè le condizioni generali di vendita”20. Dal canto
suo, la Corte di Giustizia, nella sentenza John Deere Ltd21, ha aggiunto che le
informazioni scambiate possono alterare la concorrenza tra imprese quando
18 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p. 58.
19 Le guidelines sull’applicabilità dell’art.101 TUE agli accordi di cooperazione
orizzontale definiscono informazioni sensibili quelle aventi ad oggetto “prezzi (prezzi effettivi,
sconti, aumenti, riduzioni, abbuoni), elenchi di clienti, costi di produzione, quantità, fatturati, vendite, capacità,
qualità, progetti di marketing, rischi, piani, investimenti, tecnologie, programmi e risultati di R&S”.
20 Commissione europea, Settima relazione sulla politica della concorrenza, 1978.
21 Corte di Giust., sent. del 28 maggio 1998, causa C-7/95 P., John Deere Ltd c.
Commissione in Racc. Giur. 1998, I-03111.
“sono segreti commerciali e consentono alle imprese partecipanti all'accordo di conoscere le
vendite effettuate dai loro distributori sia all'esterno sia all'interno dei confini attribuiti, così
come quelle delle altre imprese concorrenti e dei loro distributori”. Condividere dati
strategici, infatti, può determinare effetti restrittivi della concorrenza,
riducendo l'indipendenza decisionale delle parti e, pertanto, facendone
diminuire gli incentivi a competere con i concorrenti. Ciò in contrasto con
l’orientamento della Corte di Giustizia, secondo il quale “ogni operatore economico
deve autonomamente determinare la condotta che egli intende seguire sul mercato comune”.22
Appare calzante, in questo contesto, il caso “Rifornimenti aeroportuali”23, in cui
l’AGCM rilevava che le informazioni scambiate tra le società petrolifere,
sebbene giustificate dalle operazioni di un’impresa comune, si spingevano al di
là di quanto, a giudizio dell’Autorità, risultasse strettamente necessario
all’operatività dell’impresa e contribuivano, pertanto, ad una convergenza
collusiva dei comportamenti.
22 Corte di Giust., cause riunite 40-48, 50, 54-56, 111, 113-114/73, Cooperatieve
Vereniging “Suiker Unie” U. A. ed altri c Commissione, in Foro it., 1976, IV, 118.
23 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 14 giugno 2006,
n.1641, Rifornimenti aeroportuali, da www.agcm.it. Il caso di specie interessava la
commercializzazione del carburante per aviazione, denominato jet fuel, destinato agli aeromobili
con motore a reazione e a turboelica. I comportamenti rilevati in istruttoria dall’AGCM e posti
in essere dalle imprese ENI, ESSO, KUWAIT, SHELL, SHELL IAV, TAMOIL e TOTAL,
costituivano, a giudizio dell’Autorità, un’intesa avente per oggetto e per effetto la ripartizione
del mercato della fornitura di jet fuel e l'impedimento all'ingresso di nuovi operatori, realizzatasi
mediante lo scambio di informazioni sensibili, il coordinamento delle rispettive strategie di
2.3 (segue) I dati aggregati
Di particolare rilievo risulta anche il grado di aggregazione dei dati
comunicati. Un rischio di collusione risulta meno probabile quando le imprese
si scambino informazioni effettivamente aggregate, ossia tali da rendere
difficoltoso il riconoscimento delle informazioni di una singola impresa.
Viceversa, maggiore sarà il livello di disaggregazione dei dati scambiati,
maggiore risulterà il rischio di collusione, poichè ciò consente alle imprese
parte dell’intesa di controllare il comportamento delle altre e di indirizzare,
così, più facilmente “punizioni” verso chi di esse si sia discostata da quanto
concordato24.
3. Collusione e parallelismo intelligente
Secondo la Corte di Giustizia, l’esigenza di autonomia nella politica che
gli operatori economici devono esercitare sul mercato, non vieta loro di
“adattarsi intelligentemente al comportamento che i loro concorrenti tengono o
gara, l'adozione di comportamenti punitivi e di ostacoli opposti all'accesso al mercato di nuovi
operatori e all'autofornitura di jet fuel da parte dei vettori aerei.
24 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p.85. Tuttavia, le guidelines
precisano che anche lo scambio di dati aggregati può portare ad un esito collusivo. Ad
esempio, le imprese di un oligopolio rigido e stabile che si scambiano dati aggregati potrebbero
automaticamente supporre chi di esse abbia deviato dall’intesa collusiva qualora notino un
prezzo di mercato al di sotto di un certo livello.
presumibilmente terranno”25. Pertanto, il fenomeno del c.d. parallelismo intelligente o
consapevole26, nei comportamenti tra imprese concorrenti, non sembra potersi
considerare di per sè sinonimo di una pratica collusiva27. Nel caso Prezzi del latte
per l’infanzia, il TAR Lazio28, nel confermare il precedente provvedimento
25 Corte di Giust., provv. del 2 ottobre 2003, n. 82/2003, cause riunite C-179/99 P
e.a., ARBED c. Commissione, in Racc. giur. 2003, I-10725; il 16 febbraio 1994 la Commissione
adottava una decisione con la quale accertava la partecipazione di 14 imprese siderurgiche
europee e di una loro associazione professionale (Eurofer) a una serie di accordi, decisioni e
pratiche concordate riguardanti la fissazione dei prezzi, la ripartizione dei mercati e lo scambio
di informazioni riservate sul mercato comunitario delle travi in acciaio, in violazione
dell'articolo 65, paragrafo 1, del trattato CECA. A un totale di 14 imprese sono state inflitte
ammende per infrazioni commesse tra il 10 luglio 1988 e la fine del 1990.
26 E. A. RAFFAELLI, Oligopolio e normativa antitrust, in Antitrust fra diritto nazionale e
diritto comunitario, UAE (Unione Avvocati Europei), Giuffrè, 1996, pp. 29, ss.
27 La stessa Corte Comunitaria ha, infatti, considerato come, nella particolare
difficoltà di fare del parallelismo consapevole piena prova di una pratica collusiva, censurare lo
stesso ai sensi delle norme antitrust risulterebbe tanto rigoroso quanto vano e ha chiarito,
perciò, che il parallelismo consapevole, non sia in grado, ipso facto, di suffragare un’ipotesi di
pratica collusiva. Più precisamente, la Corte, in un primo momento, ha catalogato il
parallelismo consapevole, come un “serio indizio” di una concertazione tra imprese, qualora
idoneo a determinare condizioni di concorrenza non rispondenti a quelle normali di mercato
(Corte di Giust, sent. 14 luglio 1972, C-48-57/69, in Racc., 1972, p.619, Materie Coloranti),
dovendosi intendere per “condizioni normali di mercato” quelle scaturienti da un’analisi su: natura
del prodotto, entità e numero delle imprese presenti sul mercato, volume del mercato.
Successivamente la Corte ha “addolcito” il proprio orientamento, sostenendo che il
parallelismo consapevole costituisca piena prova di una pratica collusiva, solo ove la stessa si
presenti come unica spiegazione plausibile del comportamento parallelo (Corte di Giust. CE,
cause riunite 40-48/73, 50/73, 54-56/73, 111/73, 113-114/73, Cooperatieve Vereniging “Suiker
Unie” U. A. ed altri c Commissione).
28 TAR del Lazio, sent. del 21 giugno 2006, n. 9878/2006, Prezzi del latte per l’infanzia,
da www.giustizia-amministrativa.it.
dell’AGCM29, affermava, infatti, che il parallelismo tra imprese “non può
costituire ex se indizio idoneo a suffragare l’esistenza di una pratica concordata, salvo il caso
in cui l’anomalia dell’appiattimento non sia spiegabile altrimenti che come frutto di un’intesa
illecita sul versante concorrenziale”30. Solo ove un caso di parallelismo non si
giustifichi in altro modo che come conseguenza di una pratica concordata,
dunque, il comportamento delle imprese rientrerà nell’applicazione dell’art. 101
TUE. In un tale caso, infatti, l’allineamento di comportamenti tra imprese si
configurerebbe come del tutto “razionale” e, pertanto, come precisato dalla
Corte di Giustizia nel caso Vendomusica31, teso all’unico fine della
“massimizzazione dei profitti congiunti”32.
29 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. n. 14775 (I623), 12
ottobre, 2005, Prezzi del latte per l’infanzia, da www.agcm.it.
30 P. MANZINI, La collusione tra imprese nella disciplina antitrust comunitaria, in Il Diritto
del Commercio Internazionale, fasc. 4, pp. 821, ss, 2009. Nel caso citato, infatti, dalle indagini
disposte dall’AGCM, risultava che in Italia i prezzi praticati dalle imprese produttrici di latte
per l’infanzia erano più elevati rispetto a quelli che le stesse praticavano, per il medesimo
prodotto, negli altri Paesi europei ed, inoltre, non erano previste importazioni dei prodotti
medesimi da Paesi esteri. Tale pratica collusiva veniva, pertanto, definita dall’Autorità antitrust
come un’intesa idonea ad alterare in maniera “significativa e consistente” la concorrenza, in
violazione dell’art. 101 del Trattato UE.
31 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 9 ottobre 1997, n.
5385, in Foro it., Rep. 1998, voce Concorrenza, nn. 102, 113; TAR del Lazio, sez. I, 15 aprile
1999, n. 873, in Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 139. Nella sentenza Vendomusica, l’AGCM
dichiarava l’esistenza di un’intesa tra le maggiori imprese discografiche presenti sul mercato,
volta a coordinare il comportamento delle stesse in materia di prezzi e di politiche commerciali,
servendosi, peraltro, a tal fine, dell’intermediazione dell’associazione di categoria cui le imprese
appartenevano. Secondo la Corte di Giustizia, l’allineamento tra i prezzi di listino delle imprese
discografiche doveva considerarsi sintomatico di una pratica concordata, poichè, tra i costi
4. Le modalità di scambio di informazioni
Tra le modalità di scambio di informazioni tra imprese concorrenti su
un medesimo mercato è possibile operare una distinzione tra le informazioni
divulgate tramite contatti diretti intercorsi tra imprese, ovvero per il tramite di
un'agenzia comune o di un soggetto terzo, o tramite la pubblicazione delle
stesse. Quanto alla prima categoria, l’esempio più palese di contatti diretti è
rappresentato dalle riunioni, organizzate dalle imprese al fine collusivo di
divulgare informazioni di carattere commerciale, quali quelle relative ai prezzi
futuri e/o al volume delle future vendite33.
effettivamente sostenuti ed i prezzi praticati nei confronti dei consumatori sussisteva scarsa
correlazione.
32 Laddove - precisa la Corte -, a ciascuna impresa risulterebbe “economicamente
conveniente” praticare prezzi differenziati rispetto a quelli praticati dai concorrenti, allo scopo di
rendere il proprio prodotto più appetibile agli occhi dei consumatori. L’aumento parallelo dei
prezzi, si spiega, in un mercato concorrenziale, specie se maggiormente concentrato, in ragione
del fatto che un’impresa, venuta a conoscenza, del prezzo di vendita di un prodotto
commercializzato da un proprio concorrente, adotterà come strategia di mercato quella della
diminuzione del prezzo del medesimo prodotto, sottraendo, così, quote di mercato alle altre
imprese, le quali, al fine di evitare perdite nei volumi di vendita, reagiranno, a loro volta, con
una diminuzione del prezzo. Da tale premessa consegue che le imprese, consapevoli del fatto
che un’operazione “a catena” di ribasso dei prezzi si risolverebbe, per ciascuna di esse, in un
peggioramento della propria redditività, tenderanno alla soluzione di non praticare una reale
concorrenza, ma di mantenere un equilibrio anticoncorrenziale, connotato da un parallelo
aumento dei prezzi.
33 Trib., sent. del 24 ottobre 1991, T-1/89, Rhone Poluenc c. Commissione in Racc. II-867.
La partecipazione a riunioni da parte di imprese concorrenti comporta automaticamente
un’intesa anticoncorrenziale, in base alla presunzione che chi acquisisce informazioni utili al
miglioramento dei propri profitti ne tiene comunque conto, pur in assenza di una esplicita
manifestazione di volontà. A tal propostito il Tribunale ha affermato che l’impresa ricorrente e
il resto delle imprese concorrenti doveva “necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente,
delle informazioni ottenute nel corso di dette riunioni per definire la politica che essa intendeva seguire sul
mercato” (p. 123).
Uno scambio di informazioni a scopo collusivo può realizzarsi, poi,
mediante l’intermediazione delle associazioni di categoria cui le imprese
concorrenti appartengono.34 In tal caso, occorre distinguere se l’associazione
34 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 15 dicembre 2010,
n. I70, Cosmetici, da www.agcm.it: l’AGCM, nella riunione del 15 dicembre 2010, sanzionava 15
aziende
produttrici
di
cosmetici
(Unilever
Italia
Holdings,
Colgate-Palmolive,
Procter&Gamble, Reckitt-Benckiser Holdings [Italia], Sara Lee Household & Body Care Italy,
L'Oreal Italia, Società Italo Britannica L.Manetti-H.Roberts & Co, Beiersdorf, Johnson &
Johnson, Mirato, Paglieri Profumi, Ludovico Martelli, Weruska&Joel, Glaxosmithkline
Consumer Healthcare, Sunstar Suisse) e l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca –
Centromarca, per aver posto in essere un'intesa complessa e continuata nel tempo, tesa al
coordinamento degli aumenti dei prezzi di listino di alcuni prodotti cosmetici, comunicati
annualmente agli operatori della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). In particolare, a
giudizio dell’Autorità, l’associazione di categoria Centromarca eccedeva i limiti del proprio
ruolo istituzionale di “centro di smistamento di informazioni commerciali”, in funzione del
quale l’associazione avrebbe dovuto distribuire informazioni di carattere anonimo ed aggregato,
laddove, essa si serviva di “osservatori”, periodicamente distribuiti alle aziende associate, per
fornire la chiave di decodifica per identificare i nominativi dei gruppi della GDO, i cui dati
erano riportati in formato apparentemente anonimo. Tale operazione di scambio di
informazioni sensibili, si svolgeva durante il corso di apposite riunioni del Centro Chimico di
Centromarca, in cui veniva artificialmente ricreata una situazione di piena e completa
trasparenza sugli aumenti dei prezzi di listino e sulle condizioni di negoziazione con gli
operatori della GDO, attraverso dei “giri di tavolo”, nel corso dei quali ciascuna impresa
produttrice era chiamata a riferire la percentuale media di aumento di listino appena
comunicata e/o da comunicare e le principali indicazioni commerciali di negoziazione annuale
con gli operatori della Grande Distribuzione Organizzata;
Caso RC Auto, cit.: si trattava di uno scambio di informazioni avente ad oggetto, tra
l'altro, i premi commerciali e le condizioni contrattuali, realizzata da numerose imprese di
assicurazione, attraverso il ricorso alla società esterna di consulenza specializzata RC Log. La
società richiamata svolgeva prevalentemente attività di organizzazione e predisposizione di
appositi “osservatori”, a cui partecipavano le sole imprese assicuratrici. Le informazioni
scambiate attraverso tali osservatori riguardavano le singole fasi del processo produttivo del
settore dell’assicurazione auto. Caso Vendomusica, cit.: l’AGCM dichiarava l’esistenza di
un’intesa tra le maggiori imprese discografiche presenti sul mercato, volta a coordinare il
svolga un ruolo attivo o meno nello scambio di tali informazioni.
L’associazione esercita un ruolo attivo quando le proprie deliberazioni siano
dirette a determinare il coordinamento del comportamento delle imprese sul
mercato. In tal caso, la condotta da essa posta in essere, spingendosi al di là
della legittima attività di promozione degli interessi comuni/lobbying, rientra
nel novero delle intese vietate ai sensi dell’art. 101 TUE e/o dell’art. 2 della L.
287/90. Diversamente, l’associazione di categoria può rivestire un ruolo non
attivo nello scambio di informazioni a fini collusivi, restando estranea a tale
attività. Ciò avviene quando essa costituisca solo “occasione” per la
realizzazione del comportamento collusivo, tramutandosi in un forum per la
discussione tra i singoli associati, i quali, si riuniscano separatamente al fine di
accordarsi sui prezzi, sulle quote di mercato, etc. In tali casi, responsabili del
comportamento collusivo saranno i soli associati coinvolti nell’infrazione35.
Altra occasione di scambio indiretto di informazioni può verificarsi
quando le imprese costituenti il cartello si avvalgano dell’ausilio di un organo di
comportamento delle stesse in materia di prezzi e di politiche commerciali, servendosi, a tal
fine, dell’intermediazione dell’associazione di categoria cui le imprese appartenevano. Secondo
la Corte di Giustizia, l’allineamento tra i prezzi di listino delle imprese discografiche doveva
considerarsi sintomatico di una pratica concordata, poichè, tra i costi effettivamente tenuti e i
prezzi praticati nei confronti dei consumatori, sussisteva scarsa correlazione e poteva, pertanto,
tale allineamento, qualificarsi come un comportamento del tutto razionale perchè teso alla
massimizzazione dei profitti congiunti.
35 CONFINDUSTRIA, Le associazioni di imprese e il diritto antitrust, Linee guida in
materia antitrust, 14 maggio 2010; pp. 8, ss.; da www.confindustria.it
consulenza indipendente36, il cui ruolo istituzionale è quello di fornire ai propri
clienti una visione completa del mercato in cui operano, mediante la raccolta di
dati del settore e analisi di mercato37. In tali casi, l’analisi di mercato svolta
dall’organo di consulenza indipendente si tramuta in un comportamento
collusivo, qualora le imprese concorrenti si accordino a conferire un mandato
al consulente circa le informazioni da raccogliere, il quale, a sua volta, le riveli
non in forma aggregata, bensì in modalità tali da consentire di identificare a
quali imprese le informazioni si riferiscano38.
Ai nostri fini, infine, tra le modalità indirette di scambio di
informazioni che agevolino il parallelismo comportamentale, rilevano le
informazioni diffuse tramite annunci pubblicati su stampe specializzate delle
36 Cons. St., sent. n. 1671/2001, RBL – Riello bruciatori Legnago s.p.a. e a. c Autorità
garante della concorrenza e del mercato, da www.giustizia-amministrativa.it. Nel caso di specie, 17
imprese produttrici di caldaie a gas avevano costituito un apposito panel per raccogliere dati
commerciali, affidando il compito di raccolta ed elaborazione dei dati ad una società di
consulenza esterna, la quale, bimestralmente, provvedeva a trasmettere i dati raccolti,
raggruppati per area geografica ed aggregati per settori merceologici omogenei, a ciascuna
società.
37 Il pregio di tali consulenti specializzati per la raccolta di informazioni di mercato
consente alle imprese di risparmiare sui costi di ricerca e di aumentare l’efficienza del business
delle stesse.
38Ancora, per lo scambio di informazioni le imprese possono ricorrere ad un
soggetto terzo. Basti pensare, ad esempio, tra gli scambi verticali, a quelli tra un commerciante
al dettaglio ed un altro, tramite il proprio fornitore comune, o a quelli tra produttori e
rivenditori, idonei a consentire l'identificazione delle vendite degli altri concorrenti. Molto
recentemente è stata, effettuata un’analisi sullo scambio di informazioni mediante l’utilizzo di email da parte di junior staff members, nella prassi dei c.d. Hub and Spoke cartels (HSC), tra fornitori e
venditori al dettaglio. Tali cartelli si riconoscono agevolmente nei mercati maggiormente
concentrati, in cui le imprese possiedono un maggiore interesse all’aumento dei prezzi, ovvero
nei mercati oligopolistici, dove risulta più agevole gestire tali comportamenti. Uno degli esempi
più comuni di cartelli riconducibili alla natura degli Hub and Spoke, è quello in cui il supplier
agisca come hub, fornendo informazioni sui futuri prezzi praticati dai propri retailers. Questa
pratica consente ai venditori al dettaglio di avvantaggiarsi sui futuri prezzi dei rivali, senza la
necessità di dar luogo ad intese orizzontali. CHARLES RIVER ASSOCIATES (CRA)
Competition memo, Effects analysis in Hub and Spoke cartels, 2010.
imprese concorrenti, relativi all’aumento dei prezzi o ad altre caratteristiche del
mercato. Si parla, in questi casi, di “annunci unilaterali” e si tratta della modalità
di scambio di informazioni su cui, in questa sede, preme maggiormente
soffermarsi. La pubblicazione di informazioni strategiche tra un gruppo di
concorrenti potrebbe tramutarsi, infatti, in un modo per raggiungere un’intesa
sui termini del coordinamento.
5. Considerazioni su alcuni casi giurisprudenziali di
divulgazione di informazioni pubbliche
In questo senso si è espressa l’AGCM nell’apertura di indagine del
caso Prezzi dei carburanti in rete, in cui le società petrolifere comunicavano
i prezzi consigliati al pubblico ad un organo di stampa specializzato39.
Secondo l’AGCM, gli annunci pubblici delle variazioni dei prezzi
consigliati al pubblico dalle società petrolifere apparivano funzionali alla
realizzazione di un parallelismo collusivo. L’Autorità, tuttavia, nel
censurare la pubblicizzazione del prezzo consigliato di rivendita che
39 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 18 gennaio 2007,
n.16370, Prezzi dei carburanti in rete, I681, da www.agcm.it. Secondo l’AGCM gli annunci
pubblici delle variazioni dei prezzi consigliati - base dalle società petrolifere (in più casi
comunicati anche in anticipo, sebbene di sole poche ore, rispetto alla loro adozione)
apparivano funzionali alla realizzazione del parallelismo dei prezzi e quindi dell’equilibrio
collusivo, poichè tesi ad individuare con tempestività e precisione sia il segnale fornito dal
price-leader (Eni) sia la risposta dei concorrenti. L’annuncio della variazione con un
comunicato stampa (Staffetta Quotidiana) proveniente direttamente dalle imprese, costituiva,
secondo l’AGCM una modalità più efficiente di scambio di informazioni, che consentiva alle
stesse di eliminare ogni possibile ambiguità o ritardo nella trasmissione dei segnali e di evitare
qualunque forma di mediazione, come quella compiuta dal Ministero, che pubblicava sul
proprio sito internet soltanto dati in forma aggregata e in forma di intervallo.
ciascuna società petrolifera raccomandava alla propria rete di rivenditori
(c.d. “gestori”), ometteva di considerare che la finalità del prezzo
consigliato al pubblico è proprio quella di portare i consumatori a
conoscenza del prezzo che il produttore ritiene di mercato per il suo
prodotto distribuito tramite reti di canali indipendenti. Tale finalità consente,
in un certo modo, di contenere possibili “abusi” nella formazione ed offerta
del prezzo nel mercato dei rivenditori, ma l’AGCM è sembrata attribuire tra il beneficio tratto dai consumatori dal ridursi dell’asimmetria informativa
ed il possibile impatto sulla concorrenza inter brand di una eventuale
maggiore trasparenza -, maggiore rilevo alla seconda circostanza.
Ancora, in un precedente del 2004, il caso Iama40, l’AGCM aveva
dichiarato l’illegittimità di una pratica consistente nello scambio di
informazioni pubbliche tra imprese concorrenti, al fine di arginare il rischio
di una pratica collusiva tra le imprese stesse. La società italiana assicurativa
Iama Consulting disponeva di un software su cui aveva realizzato una banca
dati riportante, in maniera esaustiva, tutte le caratteristiche dei prodotti da
40 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 30 settembre 2004,
n. 13622 (I575), Ras-Generali c. Iama consulting, in Bollettino n.40/2004; R. CAIAZZO, Pratiche
concordate: concertazione e parallelismo cosciente. Limiti e confini di una categoria logico-giuridica molto
speciale, in Foro Amministrativo Consiglio di Stato, fasc. 11, pp. 3179, ss., 2006; S.
BASTIANON, Il caso Iama, in Mercato Concorrenza Regole, fasc. 3, pp. 568, ss., 2005; Tale
database era gestito da un soggetto terzo, con il compito di raccogliere informazioni dalle
imprese assicurative concorrenti. L’accesso al database risultava consentito non solo alle
imprese assicurative che fornivano i propri dati, ma anche a quelle che non mettevano a
disposizione del pubblico i dati stessi, risultando, così “aperto” a tutti i soggetti interessati.
essa commercializzati. Secondo l’Autorità Garante, tali informazioni,
dovevano considerarsi non di natura pubblica, ossia tipiche di ogni sistema
di mercato, ma di “pubblico dominio”, ossia “immediatamente accessibili
senza oneri e realmente utilizzabili a chiunque sia interessato ad
acquistarle”. La banca dati realizzata dalla società assicurativa, pertanto,
sarebbe stata veicolo di collusione poichè consentiva l’acquisizione delle
informazioni in maniera assolutamente celere e non onerosa. Se le
informazioni fossero state acquisite in tempi lunghi, con i relativi costi di
reperimento e non fossero state pienamente attendibili, per contro, non ne
sarebbe derivata un’agevolazione ai fini della creazione di un accordo
collusivo. Inoltre, a giudizio dell’Autorità, non rilevava che le informazioni
fossero pubbliche, essendo sufficiente, sotto il profilo antitrust, il solo fatto
che si trattasse di informazioni sensibili.
Tale decisione è stata, tuttavia, annullata dal TAR Lazio41, che ha
precisato che il flusso di informazioni intercorrente tra imprese concorrenti
possa essere censurato solo a “determinate condizioni”. Nel caso di specie, infatti,
l’AGCM non aveva decisamente tenuto conto nè delle caratteristiche del
mercato oligopolistico in cui le imprese assicurative concorrenti operavano, nè
della natura pubblica delle informazioni. Secondo il TAR Lazio, inoltre, dal
carattere pubblico di un’informazione deriva, implicitamente, l’esclusione che
41 TAR del Lazio, sez.I, sent. del 4 agosto 2005, n. 6088/2005, San Paolo Imi Wealth
Management – San Paolo Imi e a. c. Autorità garante della concorrenza e del mercato.
la stessa possa considerarsi di natura sensibile e dunque, l’impossibilità di
censurare il comportamento delle imprese ai sensi delle norme antitrust42. A
ciò si aggiunga che, indipendentemente dal carattere delle informazioni
scambiate, restava, come ancora rilevato dal TAR, “integra e piena l’incertezza” di
ciascuna impresa concorrente rispetto al comportamento futuro delle altre43.
In questo senso sembra muovere anche l’orientamento della Corte di Giustizia
che, nella citata sentenza Wood Pulp44 - avente ad oggetto il parallelismo dei
42 Secondo il TAR le informazioni contenute in Aequos, la banca dati utilizzata dalle
società assicurative per la diffusione delle informazioni, erano comunque desumibili dai
prospetti informativi e dalla documentazione contrattuale che i consumatori acquisivano al
momento della sottoscrizione della polizza e per dovevano considerarsi pubbliche. Le società
assicurative avevano, dunque, solo ritenuto più opportuno avvalersi della collaborazione della
società di consulenza Iama per svolgere in maniera più proficua il lavoro di raccolta e controllo
dei dati, rispetto all'attività svolta internamente.
43 Nello stesso senso, la Corte di Giustizia, nella sent. Pasta di Legno (cit.). A giudizio
della Corte, lo scambio di informazioni intercorso tra le imprese non poteva dirsi lesivo della
concorrenza, in quanto non idoneo a cancellare tout court l’incertezza dei competitors circa il
futuro comportamento delle imprese sul mercato e risultava, anzi, utile agli acquirenti ad
orientare le proprie scelte sul mercato.
44 Nel caso Pasta di Legno, la Commissione, aveva accertato l'esistenza di una
concertazione tra produttori di pasta di legno, sui prezzi della pasta di legno bianchita al
solfato, destinata alla Comunità durante tutto il periodo 1975-1981, o parte di esso. Tale
concertazione si sarebbe manifestata attraverso un sistema di annunci trimestrali di prezzo.
Tuttavia, la Corte, in primo luogo, ha dichiarato che il sistema di annunci trimestrali di prezzo
non violava in quanto tale l'art. 85, n. 1, del Trattato (punti 64 e 65 della sentenza) e, in
secondo luogo, ha respinto, in quanto infondata, la tesi della Commissione secondo la quale il
sistema di annunci di prezzo costituiva l'indizio di una concertazione che sarebbe avvenuta a
monte. Infatti, la Corte, basandosi su relazioni peritali, ha potuto constatare che il sistema degli
annunci di prezzo poteva ritenersi costituire una risposta razionale al fatto che il mercato della
pasta era un mercato a lungo termine, nonché al bisogno, sentito tanto dagli acquirenti quanto
dai venditori, di ridurre i rischi commerciali. La coincidenza delle date degli annunci di prezzo,
dal canto suo, poteva essere considerata una conseguenza diretta della grande trasparenza del
mercato, che non doveva qualificarsi artificiale. Infine, secondo la Corte, il parallelismo dei
prezzi e l'andamento di questi ultimi trovavano una soddisfacente spiegazione nelle tendenze
oligopolistiche del mercato e nelle particolari circostanze verificatesi in certi periodi (punto 126
della sentenza). Di conseguenza, mancando un complesso di indizi seri, precisi e concordanti di
prezzi della pasta di legno, agevolato dall’annuncio trimestrale degli stessi
pubblicato sulla stampa specializzata -, ha affermato che anche quando i prezzi
siano annunciati pubblicamente da ciascuna impresa, si determina una strategia
di mercato che di per sè “non diminuisce l’incertezza di ciascuna impresa circa il futuro
atteggiamento dei concorrenti”. Secondo questo orientamento, dunque, nonostante
la divulgazione delle informazioni, resta pur sempre una zona non trasparente
entro la quale le imprese possono autodeterminarsi45. Tuttavia, dall’analisi dei
precedenti citati, deriva inevitabilmente la considerazione che la diffusione di
informazioni al pubblico non esclude per se l’intervento delle Autorità antitrust.
Occorre, pertanto, chiarire quando un’informazione diffusa al pubblico possa
dirsi effettivamente pubblica e, cioè, tale da scongiurare detto intervento.
6. Le informazioni pubbliche
La Corte di Giustizia ha affrontato la questione degli annunci pubblici
nella sua decisione sul caso TACA46, rilevando che se un’informazione sia di
una previa concertazione, la Corte ha dichiarato che la concertazione relativa ai prezzi
annunciati non era stata provata dalla Commissione (punto 127 della sentenza).
45 C. OSTI, Brevi puntualizzazioni in tema di collusione oligopolistica , in Foro it. 2002,
p.509, ss.
46 Corte di Giust., cause riunite T-191/98, T-212/98 e T-214/98, Trans-Atlantic
Conference Agreement ("TACA"), un raggruppamento di compagnie di trasporto marittimo che
prestavano servizi di linea di trasporto di merci containerizzate tra porti dell'Europa del Nord e
degli Stati Uniti. Alla Corte di Giustizia era stato chiesto di rivedere le conclusioni della
Commissione europea secondo la quale gli accordi di negoziazione stipulati tra i membri della
conferenza integravano una violazione dell’art 101 TUE, poichè aventi ad oggetto lo scambio
di dati sensibili a sostegno di un’intesa restrittiva della concorrenza.
dominio pubblico, lo scambio della stessa tra concorrenti non possa
considerarsi contrastante con le norme del Trattato. Secondo un primo
approccio giurisprudenziale, dunque, per informazioni pubbliche dovevano
intendersi quelle di pubblico dominio, ossia quelle che, sebbene pubbliche,
richiedano costi per raccoglierle che “scoraggiano in misura sufficiente altre imprese ed
altri acquirenti dall’agire in tal senso”47. Secondo un nuovo approccio più restrittivo
della Commissione europea, invece, le informazioni sono effettivamente pubbliche
quando risultano:
a) rapidamente acquisibili
b) a disposizione di tutti (consumatori e concorrenti);
c) senza alcun costo48.
Secondo il nuovo orientamento, infatti, non può parlarsi di “informazioni
effettivamente pubbliche” quando, anche se i dati siano, secondo un'accezione
corrente, di dominio pubblico, i costi necessari per raccoglierle siano tali da
scoraggiare in misura sufficiente i consumatori dall'agire in tal senso49.
47 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p. 82.
48 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale” cit., p. 82.
49 In dottrina sono state formulate alcune osservazioni circa la definizione di
informazioni pubbliche resa dalla Commissione. Per un verso, è stato osservato come la
definizione di informazioni che non siano effettivamente pubbliche sembra essere così vasta da
ricoprire qualsiasi tipo di informazione (Delegation of BIAC, Public information v non-public
information, nota a ROUNDTABLE ON INFORMATION EXCHANGES BETWEEN
CAPITOLO II
Internet e il suo utilizzo nello scambio di informazioni
1. Internet nel mercato concorrenziale
L’utilizzo di internet è una prassi, ormai, consolidata in tutti i Paesi del
mondo. Ciò che caratterizza tale strumento rispetto ad altri mezzi di
comunicazione è rappresentato, certamente, dalla dimensione aspaziale ed
atemporale in cui le operazioni di scambio tra gli utenti si svolgono. Il
Consiglio di Stato Francese, agli albori della diffusione di internet, lo ha
definito come “un nuovo spazio di espressione dell’uomo, uno spazio internazionale che
trascende le frontiere, uno spazio decentralizzato che nessun operatore nè nessuno stato può
dominare da solo, uno spazio eterogeneo dove chiunque può agire, esprimersi e lavorare, uno
spazio che esprime libertà”50. La dimensione virtuale consente la libera interazione
COMPETITORS UNDER COMPETITION LAW, OECD, cit., pp.10, ss.). Per altro verso,
sono state manifestate perplessità sulla forma probabilistica utilizzata dalla Commissione
nell’affermare che uno scambio di informazioni pubbliche non costituisca una violazione del
Trattato (p.82 guidelines) (ABI, Proposta di revisione delle norme applicabili agli accordi di cooperazione
orizzontale. Osservazioni dell’Associazione Bancaria Italiana, 2010, da ec.europa.eu). Laddove, la
giurisprudenza del Tribunale sembra aver definito in modo più netto la questione, escludendo
tout court la rilevanza, ai fini delle norme antitrust, dei dati strategici ove si tratti di dati pubblici.
(Trib., provv. del 30 settembre 2003, cause T-191/98 e da T-212/98 a T-214/98, Atlantic
Container Line AB ed altre c. Commissione, in Racc. 2003, II, 3275: il Tribunale evidenzia che
lo scambio di informazioni realizzato tra le parti “rappresenta uno scambio di informazioni pubbliche”
e che “un tale scambio di informazioni non è idoneo a violare le regole di concorrenza del Trattato” (p.
1154)).
50 Consiglio di Stato Francese, in uno studio del 1998 titolato “Internet et les réseaux
numériques”, cit. da F. BRUGALETTA, in Internet per il diritto e la giustizia italiana, Relazione al
VIII Corso di studio per Magistrati Amministrativi, in Riv. Amministrativa della Rep. Italiana,
1998, fasc. 7-8, p.739, ss.
di utenti collocati nei Paesi più disparati; la rete, infatti, consente accessibilità a
tutti e a basso costo. Per tali motivazioni internet si presenta come lo
strumento più accreditato ai fini dell’information sharing. Un archivio
informatizzato consente, infatti, a chiunque vi abbia interesse, di acquisire le
informazioni ricercate in tempo reale.
Nel mercato della libera concorrenza, l’utilizzo di internet a supporto
delle attività aziendali ha dato vita alle prime strategie di e-buisness tra imprese,
tese a migliorare i rapporti delle stesse con il mercato, nonché a favorire la
circolazione delle informazioni all’interno delle organizzazioni produttive.
L’utilizzo di internet, inoltre, si presta necessario nella ricerca di materiali o
prodotti nel web, da parte delle imprese che intendano ottimizzare il ciclo
logistico e di acquisti, comprimendo i tempi di fornitura interni e di
commercializzazione51. Ma la modalità di utilizzo di internet più rilevante, da
parte di un’impresa, è rappresentata dall’e-commerce, ovvero dalla possibilità di
effettuare vendite ed acquisti on line. I principi espressi dall’art. 41 della
Costituzione, relativi alla libertà degli imprenditori nell’iniziativa economica,
devono ritenersi, infatti, applicabili ad ogni segmento del mercato, ivi
compreso quello digitale52. Pertanto, ai giorni nostri, la quasi totalità delle
imprese italiane dispone di una connessione ad internet ed afferma la propria
51 AGCOM, Il sistema italiano delle comunicazioni – Internet, in Relazione annuale, 2001,
da www.agcom.it.
52 S. GRAZIADIO, Mercati digitali e diritto antitrust, in Il Diritto Industriale, 2006, fasc.
6, pp.562, ss.
presenza in rete mediante un sito aziendale autonomo. Al sito web si aggiunge
una piattaforma software che consente alle imprese di sviluppare attività di
commercio on line. Tale piattaforma offre il vantaggio di ampliare la base di
clienti raggiunti attraverso i canali tradizionali.
1.2
(segue)
Il
commercio
elettronico
nel
nuovo
regolamento sulle intese verticali
II commercio elettronico può essere definito, dunque, come l’insieme
di transazioni commerciali tra produttore e consumatore realizzate mediante
l’utilizzo della rete telematica, tese allo scambio di informazioni direttamente
correlate alla vendita di beni e servizi, e si articola nelle categorie di:
- business to business, che ha ad oggetto le operazioni commerciali tra
aziende, ovvero scambio di dati, ordini di beni e servizi, pagamenti on line;
- business to consumer, che ha ad oggetto le operazioni commerciali tra
aziende e consumatori finali: si tratta dei c.d. negozi virtuali, che consentono al
cliente di interagire direttamente con l’azienda, mediante il sito web della stessa,
per conoscere le novità e i prezzi dei prodotti, nonchè per effettuare acquisti
on line.
La Commissione europea si è mostrata particolarmente favorevole
all’utilizzo di internet a sostegno delle attività imprenditoriali, specie
relativamente all’ e-commerce ed ha, pertanto, nell’ambito del diritto della
concorrenza, ad esso riservato una sezione del nuovo regolamento n.
330/201053, che ha sostituito la normativa precedente in materia di intese
verticali54. Nelle guidelines che accompagnano il regolamento, la Commissione
precisa che ad ogni distributore deve essere consentito di utilizzare il proprio
sito internet per la vendita di beni e servizi, il quale rappresenta un modo
ragionevole per i clienti di entrare in contatto con i venditori. Le guidelines
confermano, infatti, che un divieto assoluto di vendere o pubblicizzare un
prodotto sul proprio sito internet costituirebbe una grave restrizione della
concorrenza, poichè limiterebbe la capacità di un distributore di effettuare le
vendite passive, quelle, cioè, non sollecitate55. Le vendite tramite sito web
53 Commissione europea, Reg. (UE) del 20 aprile 2010 n. 330/2010 “relativo
all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento
dell'Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate”, in
GUCE del 23/4/2010, L 102/1.
54 Commissione europea, Reg. (CE) n. 2790/1999 del 22 dicembre 1999 “relativo
all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi verticali e
pratiche concordate” in GUCE del 29/12/1999 n. L 336.
55 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., pp. 51 – 59. I casi di
vendita passiva in cui le direttive delineano il configurarsi di restrizioni hardcore, la presenza
dei quali, all’interno di un accordo, priverebbe lo stesso del beneficio dell’esenzione per
categoria possono così distinguersi:
1) qualora ad un distibutore sia imposto di reindirizzare, automaticamente, i clienti al
sito web di altri distributori. Deve, tuttavia, ritenersi lecito richiedere, attraverso il sito web del
distributore, di visualizzare i collegamenti con siti web di altri produttori o distributori.
2) qualora al distributore sia imposto di impedire a clienti situati al di fuori del proprio
territorio designato, di visualizzare il suo sito web.
3) qualora il distributore accetti di chiudere una transazione di vendita poichè i dati
della carta di credito dei clienti rivelino un indirizzo che non rientri nei confini del territorio
designato del distributore stesso.
sono, infatti, qualificabili come vendite passive e dunque, in via di principio,
non limitabili dal produttore. Viceversa, le guidelines prevedono che si configuri
una vendita attiva e, pertanto, suscettibile di essere vietata, quando gli annunci
pubblicitari on line siano rivolti specificamente a determinati destinatari. Un
divieto categorico di vendere su internet potrebbe, dunque, essere giustificato
solo da circostanze eccezionali, quali il caso di un bando pubblico in cui sia
necessario precisare che alcune sostanze, in ragione della loro particolare
pericolosità, possano essere vendute solo a determinate categorie di destinatari,
per motivi di sicurezza o di salute. Inoltre, le linee guida prevedono la
possibilità che un prodotto commercializzato tramite internet possa richiedere
un costo maggiore per il consumatore, rispetto a quello praticato sul medesimo
prodotto per le vendite off line. Ciò si giustifica nel caso in cui al produttore
risulti sostanzialmente più onerosa la vendita on line del medesimo prodotto,
rispetto a quella off line. Infine, le guidelines indicano che un fornitore possa
apporre come condicio sine qua non per effettuare vendite on line, da parte dei
4) qualora sia convenuto con il distributore di limitare la propria percentuale di
vendite complessive effettuate su internet. Appare, invece, lecito, per il fornitore, richiedere al
distributore di vendere una data quantità di prodotti non on line, per garantire un efficace
svolgimento delle proprie attività commerciali anche presso i propri “bricks and mortar stores”
(negozi fisicamente esistenti).
5) qualora sia convenuto che il distributore debba pagare un prezzo più elevato per i
prodotti destinati ad essere rivenduti dal distributore on line rispetto a quello pagato per i
prodotti da vendere off line. E’, tuttavia, consentito al fornitore di accordarsi con il distributore
sul pagamento di un corrispettivo fisso, volto a sostenere le iniziative di vendita on line e off
line del distributore stesso.
distributori, il possesso di uno o più “brick and mortar shops”56. Tale ed altri
requisiti eventualmente richiesti dal fornitore devono, tuttavia, sempre risultare
proporzionati, equivalenti, cioè, a quelli richiesti per le vendite off line e non
devono tramutarsi, pertanto, in obblighi tesi a dissuadere i rivenditori
convenzionati ad utilizzare internet per raggiungere i più e diversi clienti.
Ai nostri fini, quanto sopra esposto vale a sottolineare che la
Commissione europea, nel riconoscere all’imprenditore il diritto di vendita on
line, riconosce di fatto contestualmente quello di pubblicizzare su internet tutte
le informazioni relative alle proprie offerte di vendita, così da renderle
conoscibili pienamente ed immediatamente ai consumatori.
2. L’utilizzo di internet nello scambio di informazioni
Le guidelines delineate dalla Commissione europea che accompagnano le
norme sugli accordi orizzontali57, nell’esempio relativo allo “scambio di prezzi
concorrenti con incrementi sufficienti per i consumatori”, prospettano il caso in cui una
società di turismo si accordi, con alcune società di trasporto autobus di un dato
paese, sulla divulgazione, mediante un sito web liberamente accessibile, di
informazioni sui prezzi dei titoli di viaggio. Al riguardo, le linee guida, da un
56 Con questa espressione si intendono punti vendita o showrooms fisicamente
esistenti.
57 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p. 99.
lato sottolineano che, non trattandosi, quelli pubblicati, di prezzi futuri, bensì
di prezzi correnti, relativi a servizi esistenti e futuri (che consentono, cioè, ai
viaggiatori di acquistare, nell’immediato, i biglietti stessi), sia da escludere il
verificarsi di effetti restrittivi della concorrenza; dall’altro, che, rappresentando
il mercato di trasporto in autobus del Paese X, un mercato molto concentrato,
a differenza dei mercati aerei o ferroviari, nonchè, essendo, le informazioni
divulgate, di natura strategica, potrebbe discendere un coordinamento
restrittivo della concorrenza, ai sensi dell’art. 101, par. 1, TUE. E’ interessante
notare che, tuttavia - come le linee direttrici successivamente precisano -,
nonostante i potenziali effetti restrittivi sulla concorrenza, gli incrementi di
efficienza derivanti dallo scambio di informazioni sarebbero trasferiti ai
consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti restrittivi stessi.
Difatti, uno scambio di informazioni che consenta ai consumatori di acquistare
effettivamente i beni e i servizi dispensati, ai prezzi ed alle condizioni oggetto
dello scambio, comporta un vantaggo diretto per gli stessi, che si traduce nel
risparmio dei costi di ricerca, nonchè nell’aumento delle proprie possibilità di
scelta, stimolandosi così, anche la concorrenza sui prezzi.
Volendo, dunque, riassumere quanto espresso nelle guidelines circa la
diffusione di informazioni mediante l’utilizzo di internet, sembra potersi
affermare che:
a)
la pubblicazione di prezzi correnti (e non futuri) di beni e
servizi immediatamente esigibili da parte dei consumatori
non contrasta con le norme antitrust;
b)
la diffusione di informazioni “strategiche” in un mercato
altamente concentrato aumenta il rischio di una collusione,
ma le norme antitrust non trovano applicazione quando
dalla divulgazione derivino aumenti di efficienza trasferiti ai
consumatori in misura sufficiente da compensare gli effetti
restrittivi
della
concorrenza
(vantaggio
diretto
dei
consumatori in termini di abbassamento dei costi di
ricerca/aumento delle opportunità di scelta).
3. Considerazioni sul corretto utilizzo di internet nello
scambio di informazioni
Appare, dunque, opportuno fornire alcuni spunti sul comportamento
da seguire, da parte delle imprese che dispongano di un sito internet, qualora
intendano avvalersene per pubblicizzare le proprie offerte di vendita. I risultati
delle analisi finora svolte muovono nel senso che uno scambio di informazioni
non sembri risultare “rischioso” ove le informazioni stesse siano accessibili
non solo alle imprese, ma anche ai consumatori, in tempi reali e senza oneri.
Tali aspetti sembrano potersi completamente soddisfare mediante l’utilizzo di
internet. Ciò che distingue tale strumento da altri mezzi di informazione,
infatti, è rappresentato dalla praticità ed efficienza con cui i consumatori
possono essere in grado di acquisire le informazioni desiderate, senza alcun
onere e riducendo i tempi ed i costi di ricerca a proprio vantaggio. Allo stesso
tempo, tuttavia, occorre considerare che, come rilevato dall’AGCM nel caso
Listino prezzi della pasta58, anche la diffusione tramite internet di annunci aventi
ad oggetto prezzi o altre informazioni strategiche, possa fornire “in un settore in
cui l’offerta è dispersa, data la presenza di oltre un centinaio di imprese, un evidente punto di
riferimento per l’aumento del prezzo del prodotto finito” risultando, così, un tale
comportamento, “idoneo a restringere significativamente il gioco della concorrenza sui
mercati interessati”, poichè “finalizzato a sostituire l’adozione di una strategia uniforme
all’operare indipendente delle singole imprese”59. Secondo il giudizio dell’Autorità,
dunque, pubblicare dati strategici mediante strumenti di informazione di larga
diffusione, quali un sito internet, facilitando l’acquisizione da parte di imprese
concorrenti dei dati medesimi, può agevolare un parallelismo comportamentale
58 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provv. del 10 ottobre 2007, n.
17433, (I694) in Bollettino n. 38/2007.
59 L’Autorità rinveniva l’esistenza di pratiche restrittive della concorrenza da parte di
due associazioni di prodotti alimentari, più 25 delle principali imprese produttirici di alimentari,
aventi per oggetto e per effetto l’incremento concertato del prezzo di cessione della pasta secca
di semola sul mercato nazionale. I contatti tra le imprese coinvolte erano avvenuti attraverso la
partecipazione delle imprese ad un’apposita riunione, da cui emergeva l’espressa volontà di
aumentare i prezzi della pasta, come conseguenza dell’aumento del prezzo del grano che,
dall’inizio del 2007, secondo i partecipanti all’incontro, era aumentato del 50% circa. Inoltre,
tale intento risultava dalla pubblicazione di annunci di rincaro apposti su articoli di stampa e
comunicati diffusi su internet, nonchè dall’intermediazione delle associazioni di categoria.
a danno della concorrenza. In dottrina60 è stato, infatti, rilevato come da alcune
modalità di annunci pubblici, possa risultare inequivocabile la funzione di
coordinamento. Basti pensare, ad esempio, al caso in cui l’amministratore
delegato della società X, sul sito web, annunci: “noi crediamo che il prossimo
anno si renderà realmente possibile un incremento del prezzo del 5%, se le
imprese
operanti
nel
medesimo
settore
si
comporteranno
più
responsabilmente”61. Una dichiarazione simile, agevolmente interpretabile dalle
imprese concorrenti nel medesimo settore, si trasformerebbe in un forte
incentivo per le stesse ad adeguarsi al comportamento annunciato dalla società
X. Tale dichiarazione, infatti, si riferisce al settore in cui le imprese operano,
considerato nel suo insieme, ma non vi è ragione per cui un amministratore
delegato debba parlare pubblicamente di come la politica dei prezzi di altre
imprese dovrebbe essere. Viceversa, un annuncio pubblico così strutturato:
“noi, società X, aumenteremo i nostri prezzi del 5% il primo di Luglio”62,
rappresenterebbe, per la società X, un modo certamente efficace di
comunicare, a vantaggio dei consumatori, l’andamento dei prezzi, senza,
tuttavia, risultare un ovvio incentivo al coordinamento delle altre imprese del
60 K. U. KUHN, The Distinction between Private vs. Public Exchanges, in Nota a
ROUNDTABLE ON INFORMATION EXCHANGES BETWEEN COMPETITORS
UNDER COMPETITION LAW (cit.), pp. 14, ss.
61 Traduzione del testo originale: “we believe that a price increase of 5% next year is realistic
if the industry behaves more responsibly” di K. U. KUHN, in The Distinction between Private vs. Public
Exchanges, cit., p. 14.
settore. Analogamente, se la medesima società, sul proprio sito internet
liberamente accessibile al pubblico dovesse annunciare: “noi riteniamo che,
l'anno prossimo saremo in grado di praticare un aumento del prezzo del 5 % in
base agli sviluppi del mercato attuale”63, una tale dichiarazione, seppure
teoricamente suscettibile di essere utilizzata dalle imprese concorrenti ai fini del
coordinamento, non manifesta l’intenzione della società X al coordinamento
medesimo. La mera possibilità che dalla dichiarazione rilasciata dalla società X
possa derivare per effetto un parallelismo del comportamento delle imprese
concorrenti non si presenta, pertanto, sufficiente a giustificare un
coordinamento e, quindi, un intervento sanzionatorio delle Autorità antitrust.
Risulterebbe, infatti, per le medesime Autorità, molto difficile provare
l’esistenza di quel quid pluris che fa del mero parallelismo una pratica
concordata.
Al beneficio tratto dai consumatori nell’acquisizione di informazioni
mediante l’accesso ad un sito pubblico, deve aggiungersi, poi, la necessità, per
le imprese, di tener conto che il rischio di intervento delle Autorità antitrust si
presenta maggiormente probabile in caso di divulgazione di informazioni
62 Traduzione del testo originale: “we, company x, will raise our prices by 5% on July 1st” ”,
di K. U. KUHN, in The Distinction between Private vs. Public Exchanges, cit., p.14.
63 Traduzione del testo originale: “we believe that under current market developments we will
be able to achieve a price increase of 5% next year”, di K. U. KUHN, in The Distinction between Private vs.
Public Exchanges, cit., p.14.
sensibili64, nonchè, per le ragioni nel capitolo precedente esposte, in caso di
divulgazione di dati in forma disaggregata. Quanto al tempo delle informazioni
pubblicate, è opportuno ricordare che pubblicare sul proprio sito informazioni
relative a comportamenti futuri risulta certamente più rischioso ai fini della
possibile contestazione di un comportamento collusivo, che pubblicare
informazioni relative a comportamenti correnti o passati.
In altri termini, risulta evidente che, nonostante la finalità sia il
beneficio a favore dei consumatori, la pratica del “posting” di informazioni
sensibili nel proprio sito web, che sia accessibile a tutti e quindi anche ai
concorrenti, di per sè non esclude la possibilità di contestazioni di finalità
collusive da parte delle Autorità preposte. Per prevenire il rischio di una
possibile collusione, allora, occorrerà tener conto del fatto che, se da un lato
l’art. 41 Cost. riconosce e tutela la libertà di iniziativa economica, dall’altro
prevede che la stessa non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Ciò
implica che è opportuno determinare delle regole comportamentali che
64 Commissione europea, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, cit., p. 81: “è più probabile che
lo scambio tra concorrenti di informazioni “sensibili” a livello commerciale […] rientri nel
campo di applicazione dell’art. 101 rispetto agli scambi di informazioni di altro tipo”. La forma
probabilistica anche qui utilizzata dalla Commissione, si giustifica in ragione del fatto che uno
scambio di informazioni debba pur sempre essere valutato caso per caso e, d’altro canto,
appare condivisibile l’orientamento della Corte di Giustizia secondo il quale non sempre
un’informazione sia da considerarsi “sensibile” e dunque, suscettibile di censure, per il solo
fatto che abbia ad oggetto il prezzo o altre caratteristiche riservate del prodotto, poichè ciò che
rileva ai fini dell’applicazione del diritto antitrust è che le informazioni siano idonee a svelare le
future strategie dei concorrenti (sent. Wood Pulp, cit.).
consentano all’impresa, da una parte, di non negare irragionevolmente il diritto
all’informativa del pubblico e, dall’altra, di dimostrare l’intento lecito, dal punto
di vista della concorrenza, della propria attività. Com’è noto, per la normativa
antitrust, la restrizione della concorrenza per oggetto o per effetto ai sensi
dell’art. 101 p.1 TUE, risulta soltanto uno degli aspetti di cui tener conto,
dovendosi, in presenza di una eventuale restrizione, altresì considerare la
deroga all’art. 101 p.1 TUE, di cui al paragrafo 3 del medesimo articolo, che
opera quando la restrizione della concorrenza contribuisca comunque a
migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti, nonchè a promuovere
il progresso tecnico ed economico, determinando così incrementi di efficienza
tali da soddisfare in misura sufficiente gli interessi dei consumatori.65 In
particolare, ove si presentino tali condizioni, è tollerabile ogni restrizione della
65 La deroga di cui all’articolo 101 p. 3 trova applicazione ove siano soddisfatte
quattro condizioni cumulative, due positive e due negative: a) “l’accordo deve
contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a
promuovere il progresso tecnico o economico, ossia determinare incrementi di
efficienza”; b) “la restrizione deve essere indispensabile per raggiungere tali
obiettivi, ossia determinare incrementi di efficienza”; c) “i consumatori devono
ricevere una congrua parte dell’utile che ne deriva; questo significa che gli
incrementi di efficienza (compresi gli incrementi di efficienza qualitativa)
realizzati mediante restrizioni indispensabili devono essere trasferiti in misura
sufficiente ai consumatori in modo che questi siano almeno compensati degli
effetti restrittivi dell’accordo. Non saranno dunque considerate sufficienti le
efficienze che vanno ad esclusivo beneficio delle parti dell’accordo. Ai fini delle
presenti linee direttrici, nel concetto di «consumatori» sono compresi i clienti,
potenziali e/o effettivi, delle parti dell’accordo”; d) “l’accordo non deve dare
alle imprese interessate la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte
sostanziale dei prodotti di cui trattasi” (Commissione europea, Linee direttrici
sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea agli accordi di cooperazione orizzontale; in Gazz. Uff. dell’ UE del
14/01/2011, C11/1, p. 49).
concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti trattati che risulti
indispensabile66 al conseguimento degli incrementi di efficienza detti67.
Alla luce di quanto detto, pertanto, al fine di dimostrare la
indispensabilità della limitazione della concorrenza, occorrerà valutare se le
modalità con le quali tale restrizione si realizza siano proporzionate e necessarie
all’obiettivo che legittimamente si intende perseguire. Tali criteri di
proporzionalità e necessarietà impongono a ciascuna impresa di accertare,
rispettivamente, che i mezzi da esse contemplati per il raggiungimento dello
scopo prefissato risultino adeguati alla realizzazione dello stesso e che non
eccedano il limite di quanto strettamente necessario a tal fine. Ciò vale a dire
che, ove la pubblicazione on line di un’informazione da parte di un’impresa, in
ragione dell’accesso ad internet di imprese concorrenti, possa portare ad una
significativa alterazione della concorrenza, l’impresa stessa dovrà accertare,
affinchè possa operare la deroga di cui all’art. 101, paragrafo 3, che da tale
pubblicazione derivino incrementi di efficienza effettivi. Gli incrementi di
66 Commissione europea, Linee direttrici sull’applicazione dell’art.81, paragrafo 3, del trattato,
in Gazz. Uff. dell’UE del 27/04/2004, C101/08, p. 73. Le linee guida prevedono, come terza
condizione perchè operi la deroga di cui all’art. 81 paragrafo 3, l’indispensabilità della
restrizione della concorrenza derivante da un accordo tra imprese. Tale valutazione implica una
duplice verifica: da un lato l’accordo restrittivo deve risultare ragionevolmente necessario alla
realizzazione di incrementi di efficienza; dall’altro, le singole restrizioni derivanti dall’accordo
devono risultare ragionevolmente necessarie alla realizzazione degli incrementi di efficienza. A tal
fine, le imprese sono tenute a spiegare e documentare, fornendo stime ed altri dati, le ragioni per
cui gli stessi guadagni di efficienza non avrebbero potuto essere verosimilmente realizzati
mediante pratiche meno restrittive. La valutazione del carattere indispensabile deve essere
effettuata nel contesto effettivo in cui opera la restrizione, tenendo conto della struttura del
mercato, dei rischi economici collegati all’accordo restrittivo e dei possibili incentivi per le
parti.
67 Art. 101.3 lett. a): (...ed evitando di) “imporre alle imprese interessate restrizioni che non
siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi”.
efficienza possono così definirsi solo quando siano trasferiti ai consumatori in
misura tale da controbilanciare gli effetti restrittivi sulla concorrenza. E la
pubblicità informativa, fondata su elementi di fatto quali il prezzo e le altre
caratteristiche del prodotto, si presta indispensabile
per consentire
all’imprenditore di portare il consumatore a conoscenza delle proprie
condizioni di vendita, essenziali perchè questi possa prendere le proprie
decisioni in merito e per colmare le asimmetrie informative che, invece, non
consentano al consumatore di scegliere consapevolmente beni e servizi. In tal
modo, l’accesso ad una piena ed immediata informazione determina un
incremento
di
efficienza
tale
da
compensare
gli
eventuali
esiti
anticoncorrenziali da essa derivanti.
Tuttavia, per dimostrare la legittimità delle finalità perseguite, è
possibile introdurre delle cautele nell’accesso e nella gestione delle informazioni
pubblicate. Così, ad esempio, per aggirare il rischio di una collusione, senza,
tuttavia, negare ai consumatori i vantaggi derivanti dalla conoscibilità dei prezzi
o di altri dati strategici, le imprese potrebbero dar vita ad un’area specializzata
del web, riservata all’accesso esclusivo dei consumatori, a contraddistinguere i
quali fungerà un’apposita registrazione dei dati e l’impostazione di una password
d’accesso personalizzata. A ciò potrebbe aggiungersi l’avvertimento che le
informazioni contenute nell’area riservata siano pubblicate al solo fine di
assicurare ai consumatori il diritto all’informativa sulle condizioni di vendita
praticate dall’impresa e che l’uso differente delle stesse determinerebbe un
possibile intervento antitrust. In questo modo, l’onere di provare un eventuale
parallelismo comportamentale dei concorrenti graverà sulle Autorità antitrust
procedenti e, nondimeno, sarà imputabile ai concorrenti la responsabilità
qualora, improvvisandosi consumatori, abbiano acceduto all’area riservata.
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