CAPITOLO 5 – PICCOLE OSCILLAZIONI § 21. Oscillazioni lineari libere Esiste un tipo di movimento molto frequente in meccanica: quello delle piccole oscillazioni effettuate da un sistema in prossimità della sua posizione di equilibrio stabile. Noi affronteremo lo studio di questi movimenti con il caso più semplice: quello di un sistema ad un solo grado di libertà. Un sistema è in equilibrio stabile quando la sua energia potenziale U(q) è minima; uno scostamento da questa posizione dà origine ad una forza -dU/dq che tende a ricondurre il sistema al punto di partenza [il segno negativo indica che tale forza si oppone all'aumento dell'energia potenziale]. Indichiamo con q0 il valore corrispondente della coordinata generalizzata. Quando si sviluppa in serie la differenza U(q) – U(q0) rispetto a q – q0 per piccoli scostamenti dalla posizione di equilibrio, è sufficiente limitarsi al primo termine che non si annulla. In generale questo termine è quello del secondo ordine [il 1° è nullo poiché siamo in presenza di un minimo] k 2 U q−U q0 ≃ q−q0 , 2 dove k è un coefficiente positivo (valore della derivata seconda U”(q) per q = q0). Nel seguito misureremo l'energia potenziale a partire dal suo valore minimo (vale a dire porremo U(q0) = 0) e indicheremo con x = q – q0 (21,1) lo scostamento della coordinata rispetto al suo valore di equilibrio. Quindi U x = k x2 . [quindi la forza di richiamo è del tipo F = - kx (es. quella di una molla)] (21,2) 2 Nel caso generale l'energia cinetica di un sistema ad un grado di libertà è della forma 1 1 2 2 a q q̇ = a q ẋ . 2 2 Nell'ambito di tale approssimazione è lecito sostituire la funzione a(q) con il suo valore per q = q0 . Ponendo per semplificare la scrittura1 a(q0) = m , otteniamo alla fine, per la funzione di Lagrange di un sistema che effettua piccole oscillazioni lineari2, l'espressione seguente: m ẋ 2 k x 2 L= − . 2 2 (21,3) L'equazione del moto corrispondente a questa funzione si scrive: m ẍk x=0, [sostituendo L nella (2,6)] (21,4) oppure ẍ 2 x=0, (21,5) con 1 Precisiamo tuttavia che la grandezza m coincide con la massa solo se x è la coordinata cartesiana della particella. 2 Un tale sistema è chiamato di solito oscillatore lineare. 1 = k . m (21,6) L'equazione differenziale lineare (21,5) ha due soluzioni indipendenti: cos ωt e sin ωt , da cui la soluzione generale x = c1 cos ωt + c2 sin ωt . (21,7) Si può anche scrivere questa espressione nella forma x = a cos (ωt + α). (21,8) Poiché cos (ωt + α) = cos ωt cos α – sin ωt sin α, il confronto con la (21,7) evidenzia che le costanti arbitrarie a e α sono legate alle costanti c1 e c2 da a= c1 c 2 , 2 2 tg =− c2 . c1 (21,9) Così, in prossimità della sua posizione di equilibrio stabile, un sistema effettua un moto oscillatorio armonico. Il coefficiente a davanti al fattore periodico nella (21,8) si chiama ampiezza delle oscillazioni, e l'argomento del coseno la loro fase; α è il valore iniziale della fase, e dipende evidentemente dalla scelta dell'origine dei tempi. La grandezza ω è la frequenza angolare [più spesso chiamata pulsazione] delle oscillazioni; in fisica teorica peraltro, la si chiama semplicemente frequenza, cosa che noi faremo. La frequenza, che non dipende dalle condizioni iniziali del moto, è la caratteristica fondamentale delle oscillazioni. Tenuto conto della formula (21,6), essa è completamente determinata dalle proprietà del sistema meccanico in quanto tale. Notiamo tuttavia che questa proprietà della frequenza è valida nell'ipotesi delle piccole oscillazioni, e scompare quando si passa ad un grado di approssimazione superiore. Dal punto di vista matematico ciò significa che essa è valida se l'energia potenziale è funzione del quadrato della coordinata1. L'energia di un sistema che effettua delle piccole oscillazioni è E= m ẋ 2 k x 2 m 2 2 2 = ẋ x 2 2 2 cioè, sostituendovi la (21,8) [ ẋ=−a sint ] 1 2 2 E= m a . 2 (21,10) Essa è proporzionale al quadrato dell'ampiezza delle oscillazioni. Spesso è comodo rappresentare la relazione tra la coordinata del sistema oscillante ed il tempo mediante la parte reale di una espressione complessa x=R e {Aei t }, (21,11) dove A è una costante complessa; scrivendola nella forma A=a e i , (21,12) torniamo all'espressione (21,8). La costante A è chiamata ampiezza complessa; il suo modulo coincide con l'ampiezza ordinaria, e il suo argomento con la fase iniziale. E' più semplice dal punto di vista matematico operare con dei fattori esponenziali che con fattori trigonometrici, in quanto la derivazione non ne cambia la forma. Nel seguito, tutte le volte 1 Di conseguenza, non è valida se per x = 0 la funzione U(x) ha un minimo di ordine più elevato, vale a dire U ≈ xn, n > 2 (ved. problema 2a, § 11). 2 che effettuiamo solamente delle operazioni lineari (addizione, moltiplicazione con coefficienti costanti, derivazione,integrazione), possiamo non considerare la parte reale per ritornarvi solo nel risultato finale dei calcoli. Problemi 1. Esprimere l'ampiezza e la fase iniziale delle oscillazioni in funzione dei valori iniziali x0 e v0 della coordinata e della velocità. Risposta: 2 0 a= x x˙0=−a sin ] v 20 2 , tg =− v0 . [è sufficiente ricavare a e tg α da x0 = a cos α e x0 2. Trovare il rapporto delle frequenze ω e ω' di due molecole diatomiche composte di atomi di diversi isotopi; le masse degli atomi sono uguali rispettivamente a m1, m2 e m'1, m'2. Soluzione. Poiché gli atomi degli isotopi interagiscono allo stesso modo, k = k' . Le masse ridotte delle molecole giocano quindi il ruolo dei coefficienti nelle energie cinetiche. Allora in base alla (21,6) si ha m1 m 2 m' 1m' 2 ' = . m' 1 m' 2 m 1m 2 3. Trovare la frequenza delle oscillazioni di un punto di massa m, che può spostarsi su una retta ed è fissato ad una molla avente l'altra estremità fissa in un punto A (Fig. 22) ad una distanza l dalla retta. La molla, quando la sua lunghezza è uguale a l, è tesa con una forza F. Soluzione. L'energia potenziale della molla (trascurando gli infinitesimi di ordine superiore) è uguale al prodotto della forza F per l'allungamento δl della molla. Per x « l si ha l = l x −l ≃ 2 2 x2 , 2l di modo che U = F x2/(2l). E poiché l'energia cinetica è m ẋ 2 /2 , si ha = F . ml [in realtà non è necessario fare alcuna approssimazione perché la componente orizzontale della forza agente su m vale comunque Fx = kx, essendo k = F/l la costante elastica della molla, e quindi U = -kx2/2 è l'energia 3 potenziale] 4. Stesso problema, con il punto m che si sposta su un cerchio di raggio r (Fig. 23). Soluzione. In questo caso, l'allungamento della molla (per φ « 1) vale l= r 2lr 2−2 r lr cos −l≃ r lr 2 . 2l 1 2 2 L'energia cinetica è T = m r ̇ . Si ricava la frequenza 2 = F r l . rl m [La variabile in questo caso è φ, che rappresenta l'arco descritto dal punto m, contato a partire dalla verticale. Approssimando cos φ ~ 1 – φ2 /2 e poi la radice quadrata, si ha r lr 2 r lr 2 ecc. ; l ≃ r 2lr 2−2 r lr r lr 2= l 2 1 ≃l 1 2 l 2l2 F l r lr 2 ecc. , essendo come prima k = F/l la costante elastica della l 2l F r lr 2 =0 ] molla. L'equazione differenziale del moto è: m r ̈ l U =−F⋅ l=−k l l=− 5. Trovare la frequenza delle oscillazioni del pendolo rappresentato in Fig. 2, il cui punto di sospensione (di massa m1) può muoversi su una retta orizzontale. Soluzione. Per φ « 1 dalla formula ottenuta nel problema 3, § 14 si ha m1 m 2 l 2 2 T= ̇ , 2 m 1m 2 U= m2 g l 2 . [si approssima cos2φ ~ 1, e cos φ ~ 1 – φ2/2] 2 Quindi = g m1m2 . m1 l [ Il problema, di per sé a 2 gradi di libertà, è stato ridotto ad 1 grado di libertà mediante l'integrale primo dell'impulso, e poi al caso dell'oscillatore lineare con le approssimazioni indicate] 6. Determinare la forma della curva lungo la quale (in un campo gravitazionale) un punto materiale è in moto oscillatorio tale che la frequenza delle oscillazioni non dipenda dall'ampiezza. Soluzione. La condizione imposta sarà soddisfatta da una curva lungo la quale la particella abbia un'energia potenziale U = k s2/2, dove s è la lunghezza di arco contata a partire dalla posizione di equilibrio; l'energia cinetica sarà allora T =m ṡ 2 /2 (m massa della particella) e la frequenza delle oscillazioni = k /m indipendentemente dal valore iniziale di s. Ma in un campo gravitazionale, U = mgy , dove y è la coordinata verticale [si assume un riferimento con l'origine nel punto di equilibrio e l'asse y diretto verso l'alto]. Di conseguenza si ha ks2/2 = mgy , cioè y= 2 2 s . 2g D'altra parte, ds2 = dx2 + dy2 da cui: 4 x=∫ 2 ds g −1 dy= ∫ −1 dy . 2 dy 2 y Per facilitare l'integrazione poniamo: y= g 1−cos . 2 4 Si ha allora x= g sin . 2 4 Queste due uguaglianze determinano in forma parametrica l'equazione della curva cercata: si tratta di una cicloide. 22. Oscillazioni forzate. Consideriamo ora le oscillazioni in un sistema sottoposto all'azione di un campo esterno variabile; le chiamiamo oscillazioni forzate, per distinguerle dalle oscillazioni dette libere che abbiamo studiato nel paragrafo precedente. Essendo sempre supposte piccole le oscillazioni, si sottintende che il campo esterno deve essere sufficientemente debole, diversamente potrebbe provocare uno spostamento x troppo grande. 1 2 k x , il sistema possiede in questo caso una 2 energia potenziale Ue (x,t) dovuta all'azione del campo esterno. Sviluppando in serie quest'ultima rispetto alla quantità piccola x , si ottiene Oltre alla sua energia potenziale propria ∣ ∣ U e x , t≃U e 0, t x ∂U e . ∂ x x=0 Il primo termine è funzione solo del tempo, e può quindi essere trascurato (in quanto derivata totale rispetto a t di un'altra funzione del tempo) nella funzione di Lagrange. Nel secondo termine, la derivata -∂Ue /∂x è la “forza” esterna che agisce sul sistema nella sua posizione di equilibrio; è una funzione data del tempo che indicheremo con F(t). Pertanto nell'energia potenziale compare il termine -xF(t), e la funzione di Lagrange del sistema sarà L= m ẋ 2 k x 2 − x F t . 2 2 (22,1) La corrispondente equazione del moto è m ẍkx=F t , oppure 2 m ẍ x= 1 F t , m (22,2) dove abbiamo nuovamente introdotto la frequenza ω delle oscillazioni libere. Come è noto, la soluzione generale di una equazione differenziale lineare con secondo membro [non omogenea] a coefficienti costanti si ottiene come somma di due espressioni: x = x0 + x1 , dove x0 è la soluzione generale dell'equazione senza secondo membro, e x1 un integrale particolare dell'equazione con secondo membro. Nel caso in questione x0 rappresenta le oscillazioni libere studiate nel paragrafo precedente. 5 Consideriamo il caso interessante in cui la forza esterna è anche una funzione periodica semplice del tempo, di frequenza γ: F(t) = f cos (γt + β). (22,3) Cerchiamo l'integrale particolare dell'equazione (22,2) nella forma x1 = b cos (γt + β) con lo stesso fattore periodico. Sostituendo nell'equazione, si ha b = f/m (ω2 – γ2). Aggiungendo la soluzione dell'equazione senza secondo membro, si ottiene l'integrale generale seguente: x=a cos t f cos t. m −2 2 (22,4) Le costanti arbitrarie a e α sono determinate dalle condizioni iniziali. In questo modo, sotto l'azione di una forza esterna periodica, il sistema effettua un moto che si presenta come l'insieme di due oscillazioni, l'una con la frequenza propria ω del sistema e l'altra con la frequenza γ della forza esterna. La soluzione (22,4) non si applica ai casi così detti di risonanza, nei quali la frequenza della forza che provoca le oscillazioni del sistema coincide con la frequenza propria di quest'ultimo. Per trovare in questo caso la soluzione generale dell'equazione del moto, scriviamo l'espressione (22,4) nella forma x=a cos t f [cos t−cos t]. 2 m − 2 [ è soluzione dell'equazione omogenea anche la somma di due termini in cos (ωt + …)] Quando γ → ω il secondo termine dà un'indeterminazione del tipo 0/0. Sviluppiamo secondo la regola di L'Hospital: x=a cos t f t sint . 2m (22,5) Così, nel caso della risonanza, l'ampiezza delle oscillazioni cresce linearmente col tempo (fintanto che le oscillazioni non cessano di essere piccole e che tutta la teoria esposta resta applicabile). Mostriamo ancora come si esprimono le piccole oscillazioni nei pressi della risonanza, cioè quando γ = ω + ε dove ε è piccolo. Scriviamo la soluzione generale in forma complessa x= A ei t B ei t = AB e i t e i t . (22,6) Poiché la quantità A + Beiεt varia poco nel corso di un periodo 2π/ω rispetto al fattore eiωt , si può considerare il moto nei pressi della risonanza come [costituito da] piccole oscillazioni, ma di ampiezza variabile1. Se C è quest'ampiezza, si ha: C=∣AB e i t∣. Indicando rispettivamente A e B con aeiα e beiβ si ottiene: [ considerando direttamente le quantità complesse oppure determinando il modulo del vettore somma di A (anomalia α) e di Beiεt (anomalia β + εt), che formano tra loro l'angolo π – (εt + β – α)] c2 = a2 + b2 + 2ab cos (εt + β - α ). Così l'ampiezza oscilla periodicamente con la frequenza ε e varia tra i limiti ∣a−b∣≤c≤ab. Questo fenomeno è chiamato battimenti. 1 Il termine “costante” nella fase delle oscillazioni varia anch'esso. 6 (22,7) L'equazione del moto (22,2) si può ugualmente integrare nella sua forma generale qualunque sia la forza esterna F(t). Ciò è facile se la si scrive preliminarmente nella forma d 1 ẋi x−i ẋi x = F t dt m oppure d 1 −i = F t , dt m (22,8) introducendo la quantità complessa = ẋi x . (22,9) L'equazione (22,8) non è più di secondo ordine, ma di primo. Senza secondo membro, la sua soluzione sarebbe ξ = A e iωt con A costante. Secondo la regola generale, cerchiamo per l'equazione con secondo membro [completa] una soluzione del tipo ξ = A(t) e iωt ; per la funzione A(t) si ottiene l'equazione Ȧt = 1 −i t F t e , m [essendo ̇= Ȧi Ae i t ] la cui integrazione porta per l'equazione (22,9) alla soluzione {∫ t =e i t 0 } 1 F t e −i t d t0 , m (22,10) in cui la costante di integrazione ξ0 è scelta in modo da rappresentare il valore di ξ all'istante t = 0. Questa è la soluzione generale cercata; la funzione x(t) è data dalla parte immaginaria dell'espressione (22,10) (divisa per iω)1. [infatti nella (22,9), essendo x reale, la ξ è la somma di una parte reale ẋ e di una parte immaginaria iωx] L'energia di un sistema che effettua delle oscillazioni forzate evidentemente non si conserva; il sistema acquista energia a spese della sorgente della forza esterna. Determiniamo l'energia totale trasmessa al sistema durante tutto il tempo in cui agisce la forza (da - ∞ a +∞), supponendo nulla l'energia iniziale. Secondo la formula (22,10) (con - ∞ al posto di zero come limite inferiore dell'integrale e con ξ(- ∞) = 0) si ha per t → ∞: 1 ∣∞∣ = 2 m 2 ∣∫ 2 ∞ −i t F t e ∣ dt . [per la successiva (22,11)] −∞ D'altra parte l'energia del sistema stesso è data dall'espressione E= m 2 m ẋ 2 x 2= ∣∣2 . 2 2 (22,11) Portando in essa |ξ(∞)|2 , otteniamo per l'energia trasmessa il valore ∞ 2 1 E= ∣∫ F t e−i t dt∣ ; 2 m −∞ (22,12) essa è quindi definita dal quadrato del modulo della componente [trasformata] di Fourier della forza F(t) con una frequenza uguale alla frequenza propria del sistema. In particolare, se la forza esterna agisce solo per un breve intervallo di tempo (piccolo rispetto a 1/ω) si può porre e−i t ≃1 . Allora 1 Resta inteso che la forza F(t) deve essere scritta qui nella sua forma reale. 7 1 E= 2m ∫ ∞ 2 F t dt . −∞ Questo risultato è evidente a priori: esprime il fatto che una forza di breve durata comunica al sistema un impulso ∫ F(t) [uguale a m ∆v ] che non ha il tempo di provocare uno spostamento significativo. [L'aver esteso l'integrale che dà il valore dell'energia all'intervallo di integrazione (-∞, 0) non ne cambia il valore, perché in tale intervallo, per l'ipotesi iniziale, F(t) è sempre nulla, ma consente di far comparire nell'espressione dell'energia acquistata la trasformata di Fourier della forza esterna. Adottando la rappresentazione trigonometrica dell'espressione complessa che dà il valore di ξ nella (22,10), e indicando per maggior chiarezza con τ la variabile di integrazione, si ottiene: =P ti Q t = = [ [ t t cos t sin t F cos d ∫ ∫ F sin d x˙0 cos t− x 0 sin t m 0 m 0 t ] + ] t −cos t sin t F sin d ∫ ∫ F cos d x 0 cos t x˙0 sin t . m m 0 0 Lo spostamento x, come detto, è dato da Q(t)/(iω) e la velocità da P(t). Se la forza esterna agisce per un tempo molto breve, possiamo (idealmente) prendere il limite per t → 0 di queste due espressioni, e si vede allora che, mentre la velocità tende a x˙0 + il valore del 1° termine di P(t) (in altre parole si incrementa), lo spostamento tende a x0 (in altre parole non varia); il che giustifica la frase finale del paragrafo, anche se, come si vede, bisogna intendere molto piccolo, non la variabile di integrazione, ma l'intervallo di tempo su cui si effettua l'integrazione stessa. Va detto ancora che, per ottenere un integrale di valore finito su un intervallo di tempo molto piccolo, bisogna supporre che la forza esterna assuma in tale intervallo valori grandissimi: è ciò che in Dinamica impulsiva si chiama la percossa.] + i Problemi. 1. All'istante iniziale t = 0 un sistema è in quiete e in equilibrio (x = 0, x˙0 ). Determinare le oscillazioni forzate del sistema, dovute ad una forza F(t), nei casi seguenti: a) F = cost = F0. F0 1−cos t ; Risposta: x= m 2 l'azione di una forza costante conduce ad uno spostamento dalla posizione di equilibrio attorno a cui si effettuano le oscillazioni. b) F = at. a t−sin t . Risposta: x= 3 m c) F = F0 e-αt . F0 e− t−cos t sin t . Risposta: x= 2 2 m d) F = F0 e-αt cos βt. F0 Risposta: x= x m[22−2 24 2 2 ] − 2 2−2 cos t 222 sin te− t [2 2− 2 cos t−2 sin t ] { } (si troverà più facilmente questa soluzione scrivendo la forza nella forma complessa F = F0 e(-α +iβ)t. [I risultati precedenti si ottengono sostituendo l'espressione della forza esterna nella formula che dà lo spostamento x evidenziata nel commento a fine § 22 (con x0 = x˙0 = 0), ed eseguendo gli 8 integrali.] 2. Determinare l'ampiezza finale delle oscillazioni di un sistema, dopo l'azione di una forza esterna tale che F = 0 per t < 0, F = F0 t/T per 0 < t < T , F = F0 per t > T (Fig. 24); prima dell'istante t = 0 il sistema si trovava in quiete e in equilibrio. Soluzione. Nell'intervallo di tempo 0 < t < T , le oscillazioni, che soddisfano alla condizione iniziale, hanno la forma F0 x= t−sin t . [ved. esercizio 1 b)] m T 3 Per t > T cerchiamo una soluzione del tipo F0 x=c1 cos t−T c 2 sin t−T . m 2 Dalla condizione di continuità di x e x˙0 per t = T, si ricava F0 F0 c 1=− sin T , c 2= 1−cos T . 3 mT mT 3 Quindi l'ampiezza delle oscillazioni 2 F0 T 2 2 a= c1 c 2= sin . 3 2 mT Notiamo che essa è tanto più piccola quanto più lenta è la “messa in gioco” della forza F0 (cioè quanto più T è grande). 3. Stesso problema nel caso di una forza F0 costante che agisce per un tempo limitato T (Fig. 25). Soluzione. Si può seguire lo stesso metodo del problema 2, ma è più semplice utilizzare la formula (22,10). Per t > T abbiamo delle oscillazioni libere attorno alla posizione x = 0 F 0 i t T −i t F = e ∫ e d t= 0 1−e−i T e i t ; m i m 0 e il quadrato del modulo di ξ dà l'ampiezza in base alla formula ∣∣2=a 2 2 . Si ha infine: 2 F0 T a= sin . 2 2 m [E' anche possibile utilizzare l'espressione dell'energia (22,12) tenendo conto che l'ampiezza massima si raggiunge quando l'energia totale, di valore massimo e costante dopo l'esaurimento della forza esterna, è tutta k x 2max 2 E ∣ f ∣ di tipo potenziale: E= ; da cui x max = (ricordando che k =m 2 ), dove f(ω) = k m 2 è la trasformata di Fourier della forza esterna. Nel nostro caso F0 = [sin T −i 1−cos T ]; 9 T f =∫ F 0 e−i t dt = 0 F ∣ f ∣= 0 2−2cos T , da cui il risultato già indicato sopra] 4. Stesso problema nel caso di una forza agente durante un intervallo di tempo compreso tra zero e T, e tale che F = F0 t/T (Fig. 26). Soluzione. Si ottiene allo stesso modo F0 2 2 a= T −2 T sin T 21−cos T . 3 T m T F 0 t −i t F e dt= 2 0 [cos T T sin T −1i T cos T −sin T ]; [Come sopra, f =∫ T T 0 2 2 ∣ f ∣= T −2T sin T 2 1−cos T . ] 5. Stesso problema nel caso di una forza agente durante un intervallo di tempo compreso tra zero 2 e T= e tale che F =F 0 sin t (Fig. 27). Soluzione. Ponendo nella (22,10) F 0 i t −i t F t=F 0 sin t= e −e 2i e integrando da zero a T, si ottiene F a= 0 2 . m [In termini più generali, se ω' è la pulsazione dell'onda (limitata ad una durata di un periodo) che descrive la 2 / ' forza esterna, calcoliamone la trasformata di Fourier : f = ∫ F 0 sin ' t e −i t d t = 0 2 / ' F 0 e i ' − t −1 e−i ' t −1 F 0 ' 1−e−i T e −e −i t e dt = − = = F0 ∫ 2i 2 '− ' ' 2− 2 0 −i T ∣= 2 sin T , si ottiene: (tenendo presente che e i ' T =e i 2 =1 ). Essendo ∣1−e 2 F0 sin q . La funzione g(q), come si può vedere x max = g q , con g q=2 q e q= 2 2 ' 1−q m anche dal grafico sottostante, raggiunge il massimo uguale a π per q = 1 (cioè quando la pulsazione della i' t −i ' t ∣ ∣ ∣ ∣ forza esterna coincide con la pulsazione propria del sistema)]. § 23. Oscillazioni dei sistemi a molti gradi di libertà. La teoria delle oscillazioni libere dei sistemi a s gradi di libertà si stabilisce nel medesimo modo che per le oscillazioni studiate al § 21. Supponiamo che l'energia potenziale U di un sistema in funzione delle coordinate generalizzate qi (i = 1, 2, …., s) passi per un minimo per qi = qi0 . Introduciamo i piccoli spostamenti xi = qi – qi0 (23,1) 10 e sviluppiamo in serie U rispetto agli xi , fino agli infinitesimi del secondo ordine; otteniamo l'energia potenziale come forma quadratica definita positiva [avendo supposto che la funzione U abbia un minimo nel punto considerato. Una forma quadratica è un'espressione del tipo x1 f x 1 , x 2 , ... x n=∑ a i k x i x k = X ' A X , dove l'ultima notazione è quella matriciale; infatti X = ... è i,k xn ∣∣ il vettore colonna delle variabili xi , X' (trasposta di X) è il corrispondente vettore riga e A = [ai k] è la matrice dei coefficienti. Il rango r della matrice può essere eventualmente minore di n. Una forma quadratica si può sempre ridurre alla forma f(yi) = h1x12 + h2x22 + … hrxr2 con un'opportuna trasformazione lineare X = BY che diagonalizza la matrice: A* = B' A B . La forma quadratica è definita positiva se i coefficienti hi sono tutti positivi (e quindi può assumere solo valori non negativi)]: 1 U = ∑ k ik x i x k , (23,2) 2 i, k in cui noi esprimiamo di nuovo l'energia potenziale a partire dal suo valore minimo. Poiché i coefficienti kik e kki nella (23,2) sono moltiplicati per la stessa quantità xixk , è chiaro che si possono sempre considerare come simmetrici rispetto ai loro indici ki k = kk i . Per l'energia cinetica, che in generale è della forma 1 ∑ a q q̇i q˙k 2 i , k ik (ved. (5,5)), poniamo nei coefficienti qi = qi0 ; designando le costanti ai k (q0) con mi k [è la stessa approssimazione già fatta per il caso di sistemi a un grado di libertà], otteniamo l'energia cinetica come forma quadratica definita positiva 1 ∑ m ẋ x˙ . (23,3) 2 i,k ik i k I coefficienti mi k possono anch'essi essere sempre considerati simmetrici rispetto ai loro indici mi k = mk i . Così, un sistema che compie piccole oscillazioni libere ha come funzione di Lagrange [costituita da s(s+1) termini, tra i quali quelli che non contengono i quadrati delle coordinate o delle velocità, sono a due a due uguali in quanto differiscono solo per uno scambio di indici].]: 1 L= ∑ mi k ẋ i x˙k −k i k xi x k . (23,4) 2 i ,k Stabiliamo ora le equazioni del moto. Per determinare le derivate che esse contengono, scriviamo il differenziale totale della funzione di Lagrange 1 dL= ∑ m i k ẋ i d x˙ k mi k x˙k d ẋ i−k i k x i dx k −k i k x k dx i . 2 i ,k Poiché il valore della somma non dipende evidentemente dalla scelta degli indici di sommatoria, sostituiamo nel primo e nel terzo termine in parentesi i con k e k con i ; tenendo conto della simmetria dei coefficienti mi k e ki k , si ottiene dL=∑ m i k x˙k d ẋ i −k i k x k dx i . i ,k Da questa relazione è chiaro che ∂L ∂L =∑ mi k x˙k , =−∑ k i k x k . ∂ ẋ i k ∂ xi k Le equazioni di Lagrange di conseguenza sono ∑ mi k x¨k ∑ k i k x k =0. k k (23,5) Esse costituiscono un sistema di s ( i = 1,...., s ) equazioni differenziali lineari senza secondo 11 membro [omogenee] a coefficienti costanti. Secondo la regola generale di risoluzione di questo tipo di equazioni, cerchiamo s funzioni incognite xk (t) della forma x k =A k ei t , [quindi x¨k =−2 Ak e i t=− 2 x k ] (23,6) dove le Ak sono delle costanti, per il momento indeterminate. Portando le (23,6) nel sistema (23,5) e dividendo tutto per eiωt , otteniamo un sistema di equazioni algebriche lineari ed omogenee, a cui devono soddisfare le costanti Ak : ∑ −2 mi k k i k Ak =0. [ i = 1,...., s ] (23,7) k Affinché questo sistema abbia delle soluzioni non nulle, deve annullarsi il suo determinante ∣k ik − 2 mi k∣=0. (23,8) 2 L'equazione (23,8) detta caratteristica, è un'equazione di grado s rispetto a ω . Essa ha in generale s radici reali e positive distinte ω2α (α = 1, 2, …., s) (in alcuni casi particolari alcune delle radici possono coincidere). Le grandezze ωα così definite si dicono frequenze proprie del sistema. [ Le frequenze proprie del sistema sono gli autovalori della matrice delle rigidezze k , i cui corrispondenti autovettori sono i coefficienti Ak . L'equazione (23,8) si può anche scrivere come det |U – λT] = 0 , le cui radici λ = ω2 sono dette gli autovalori generalizzati della matrice U rispetto alla matrice T. Le matrici U e T possono essere simultaneamente diagonalizzate mediante un'unica matrice G, le cui colonne sono gli autovettori generalizzati, cioè mediante la trasformazione lineare X = GY per cui: U*= G' U G e T* = G' T G (ved. problema 4)] Delle considerazioni fisiche rendono evidente a priori il carattere reale e positivo delle radici dell'equazione (23,8). Infatti, supponiamo che ω abbia una parte immaginaria; nelle relazioni (23,6) che danno le coordinate xk in funzione del tempo (e di conseguenza anche le velocità x˙k ) si avrebbe allora un fattore crescente o decrescente esponenzialmente. Ma l'esistenza di un tale fattore nel caso considerato è inammissibile, in quanto condurrebbe ad una variazione nel tempo dell'energia totale E = U + T del sistema, in contraddizione con la legge di conservazione di quest'ultima. Si può arrivare alla stessa conclusione per una via puramente matematica. Moltiplicando l'equazione (23,7) per la quantità coniugata A*i e sommando rispetto ad i, si ha ∑ −2 mi k k i k A∗i Ak =0, i ,k da cui k i k A∗i Ak ∑ = . ∑ mi k A∗i Ak 2 Essendo reali e simmetrici i coefficienti ki k e mi k , le forme quadratiche al numeratore e al denominatore di questa espressione sono reali; infatti ∗ k i k A∗i Ak =∑ k i k Ai A∗k =∑ k k i Ai A∗k =∑ k i k Ak A∗i . ∑ i,k i ,k i,k i ,k [l'espressione è reale in quanto coincide con la sua complessa coniugata] Esse sono essenzialmente positive, e di conseguenza ω2 è ugualmente positivo1. Una volta trovate le frequenze ωα , introduciamole una per volta nelle equazioni (23,7), ottenendo i corrispondenti valori dei coefficienti Ak . Se tutte le radici ωα dell'equazione caratteristica sono distinte, i coefficienti Ak sono, come è noto, proporzionali ai minori [cioè ai complementi algebrici di una qualsiasi riga] del determinante (23,8), in cui ω è sostituito dai suoi 1 Il carattere definito positivo della forma quadratica costruita sui coefficienti kik è evidente in base alla loro definizione nella (23,2) per i valori reali delle variabili. Ma se si scrivono le grandezze complesse nella forma esplicita ak + ibk , otteniamo (sempre per la simmetria dei kik ): ∑ k i k A∗i A k =∑ k i k a i−ibi a k ibk =∑ k i k ai a k ∑ k i k bi b k , i ,k i ,k i ,k i ,k [ infatti scambiando gli indici i termini immaginari si elidono a due a due] cioè la somma di due forme definite positive. 12 corrispondenti valori ωα : siano Δkα questi minori. Si ha allora come soluzione particolare del sistema (23,5) i t x k = k C e , dove Cα è una costante (complessa) arbitraria. [Se nel sistema (23,7) la matrice dei coefficienti ha rango s – 1(infatti il suo determinante è nullo), significa che una (qualsiasi) equazione è combinazione lineare delle altre, quindi inutile ai fini della determinazione delle soluzioni. Risolvendo il sistema privato di una equazione e ricavando col metodo di Cramer s – 1 incognite in funzione dell'unica rimanente, si ottiene appunto che i rapporti di ogni incognita col proprio complemento algebrico rispetto alla riga soppressa sono costanti] La soluzione generale è data dalla somma delle soluzioni particolari. Prendiamo la parte reale che scriviamo nella forma {∑ s x k =R e =1 } k C e i t ≡∑ k , [s termini] (23,9) dove abbiamo posto =R e {C e i t } . (23,10) Pertanto la variazione nel tempo di ognuna delle coordinate del sistema è la sovrapposizione di s oscillazioni periodiche semplici Θ1, Θ2, ...Θs di ampiezze e fasi arbitrarie, ma di frequenze completamente determinate. Si pone naturalmente la domanda se non è possibile esprimere le coordinate generalizzate in modo tale che ciascuna di esse compia una sola oscillazione semplice. La forma stessa dell'integrale generale (23,9) indica la strada per risolvere questo problema. In effetti, considerando le s relazioni (23,9) come un sistema di equazioni con s incognite Θα , possiamo risolvendo questo sistema esprimere le quantità Θ1, Θ2, ...Θs in funzione delle coordinate x1, x2, ...xs . Di conseguenza, si possono considerare le Θα come delle nuove coordinate generalizzate. Queste coordinate sono dette normali (o principali), e le oscillazioni periodiche semplici che esse effettuano sono dette oscillazioni normali del sistema. Le coordinate normali Θα soddisfano, come mostra la loro definizione, alle equazioni ̈2 =0. (23,11) Ciò significa che in coordinate normali le equazioni del moto si trasformano in s equazioni indipendenti. L'accelerazione di ogni coordinata normale dipende solo dal valore della coordinata stessa, e per determinare questa completamente in funzione del tempo, basta conoscere il suo valore iniziale e quello della corrispondente velocità. In altri termini, le coordinate normali di un sistema sono completamente indipendenti. Da tutto ciò risulta in modo evidente che la funzione di Lagrange espressa in coordinate normali si scinde in una somma di espressioni ciascuna delle quali corrisponde ad una oscillazione lineare di frequenza ωα , cioè assume la forma m 2 2 2 L=∑ ̇− . (23,12) 2 dove le mα sono delle costanti positive. Dal punto di vista matematico ciò significa che mediante la trasformazione (23,9) le due forme quadratiche – energia cinetica (23,3) e energia potenziale (23,2) - si riducono simultaneamente ad una forma diagonale.[Si dimostra infatti che, date due forme quadratiche T (energia cinetica del sistema) e U (energia potenziale) dello stesso ordine e di cui una definita positiva (nel nostro caso lo sono entrambe), esiste una trasformazione lineare delle variabili che rende le due forme entrambe diagonalizzate] Di solito si scelgono le coordinate normali in modo tale che i coefficienti dei quadrati delle velocità nella funzione di Lagrange siano unitari. Per questo è sufficiente definire le coordinate normali (che indicheremo ora con Qα ) mediante le uguaglianze Q = m . (23,13) Allora si ha 13 1 2 2 2 Q̇− Q . ∑ 2 Tutto quanto abbiamo detto rimane all'incirca valido nel caso in cui l'equazione caratteristica abbia una o più radici multiple. La forma generale (23,9), (23,10) dell'integrale delle equazioni del moto resta la stessa (essendo lo stesso il numero s dei termini) con la sola differenza che i coefficienti Δkα corrispondenti alle frequenze multiple non sono più dei minori del determinante, i quali, come è noto, in questo caso si annullano1. A ciascuna frequenza multipla (o come si dice degenere) corrisponde un numero di coordinate normali distinte uguale al grado di degenerazione, ma la scelta delle coordinate non è univoca. [un esempio di degenerazione è illustrato nel problema 4] Poiché nell'energia cinetica e nell'energia potenziale le coordinate normali (della stessa ωα ) compaiono sotto forma di somme ∑ Q̇ 2 e ∑ Q 2 che si trasformano nello stesso modo, le si può sottoporre ad ogni trasformazione che lascia invariata la somma dei quadrati. Per le oscillazioni tridimensionali di un punto materiale posto in un campo esterno costante, la determinazione delle coordinate normali è molto semplice. Ponendo l'origine delle coordinate cartesiane nel minimo dell'energia potenziale U(x,y,z), otteniamo quest'ultima come forma quadratica delle variabili x, y, z ; l'energia cinetica m T = x˙2 ẏ 2 z˙2 2 (m massa della particella) non dipende dalla scelta della direzione degli assi coordinati [perché legata solo al modulo della velocità]. Di conseguenza è sufficiente ricondurre l'energia potenziale, con una opportuna rotazione degli assi, ad una forma diagonale. Allora m 2 2 2 1 2 2 2 L= ẋ ẏ z˙ − k 1 x k 2 y k 3 z , (23,14) 2 2 e si hanno lungo gli assi x, y, z oscillazioni principali di frequenze k k k 1 = 1 , 2= 2 , 3= 3 . m m m Nel caso particolare di un campo a simmetria centrale (k1 = k2 = k3 ≡ k, U = k r2/2), queste tre frequenze coincidono (ved. problema 3). L'uso di coordinate normali offre la possibilità di ricondurre il problema delle oscillazioni forzate di un sistema a più gradi di libertà al problema delle oscillazioni forzate lineari. Tenuto conto dell'azione di forze esterne variabili, la funzione di Lagrange del sistema si scrive L=L0∑ F k t x k , (23,15) L= k dove L0 è la funzione di Lagrange delle oscillazioni libere. Sostituendo alle coordinate xk le coordinate normali si ottiene 1 2 2 2 L= ∑ Q̇− Q ∑ f t Q , (23,16) 2 dove k f t=∑ F k t . k m Le equazioni del moto sono allora Q̈2 Q= f t (23,17) e contengono ciascuna solo una funzione incognita Qα(t). 1 Il fatto che non possano essere presenti, nell'integrale generale, accanto ai fattori temporali esponenziali, dei fattori algebrici, è evidente, in base alle stesse considerazioni fisiche che escludono l'esistenza di “frequenze” complesse: la presenza di tali fattori contraddirebbe la legge di conservazione dell'energia. 14 Problemi 1. Determinare le oscillazioni di un sistema a due gradi di libertà se la funzione di Lagrange è 2 1 2 2 0 2 2 L= ẋ ẏ − x y xy 2 2 (due sistemi lineari identici di frequenza propria ω0 legati da una interazione - αxy). Soluzione. Equazioni del moto ẍ 20 x= y , ÿ 20 y= x. La (23,6) dà: Ax (ω02 - ω2) = αAy,, Ay (ω02 - ω2) = αAx . (1) 2 2 2 2 Equazione caratteristica: (ω0 - ω ) = α , da cui ω12 = ω02 – α , ω22 = ω02 + α . Per ω = ω1 le equazioni (1) danno Ax = Ay , e per ω = ω2 , Ax = -Ay . Di conseguenza, 1 x= Q1 Q2 , [x =A x1 cos 1 t Ax 2 cos 2 t ] 2 1 Q1−Q 2 , [ y= Ax 1 cos 1 t−A x 2 cos 2 t] 2 (i coefficienti 1/ 2 corrispondono alla normalizzazione delle coordinate indicate nel testo). Per α << ω02 (legame debole) si ha: 1 ≃0− , 2≃ 0 . 2 0 2 0 La variazione di x e y rappresenta in questo caso la somma di due oscillazioni di frequenze vicine, in altri termini costituisce un battimento di frequenza ω2 - ω1 = α/ω0 (ved. § 22). [nelle ultime tre espressioni algebriche nel testo comparirebbero i termini α/2 oppure α, anziché quelli riportati; si tratta evidentemente di errori tipografici, come appare anche dall'analisi dimensionale] Nell'istante in cui l'ampiezza della coordinata x passa per il suo massimo, l'ampiezza di y passa per il suo minimo e viceversa. [Con la notazione della (22,6) x = (Ax1 + Ax2 ei εt)ei ωt , y = (Ax1 - Ax2 ei εt)ei ωt , per cui quando la prima parentesi è massima, la seconda è minima e viceversa] 2. Determinare le piccole oscillazioni di un pendolo doppio oscillante in un piano (Fig. 1). Soluzione. Per piccole oscillazioni (φ1 << 1, φ2 << 1) la funzione di Lagrange trovata nel problema 1, § 5, prende la forma [approssimando cos φ ~ 1 – φ2/2 ed eliminando i termini costanti] m 1m 2 2 2 m 2 2 2 m 1m 2 m2 2 2 L= l 1 ̇1 l 2 ̇ 2m 2 l 1 l 2 ̇ 1 ̇ 2− gl 1 1− gl . 2 2 2 2 2 2 Equazioni del moto: m1m2 l 1 ̈1m2 l 2 ̈2 m1 m2 g 1=0 l 1 ̈ 1l 2 ̈ 2g 2=0. Dopo la sostituzione delle (23,6): A1 m1m2 g−l 1 2 −A2 2 m2 l 2=0, −A1 l 1 2 A2 g −l 2 2 =0. Radici dell'equazione caratteristica: g 2 1,2 = {m1m2 l 1l 2 ± m1m2 [m 1m2l 1l 2 2−4m 1 l 1 l 2 ]}. 2m 1 l 1 l 2 Quando m1 → ∞, le frequenze tendono ai limiti g /l 1 e g / l 2 che corrispondono alle oscillazioni indipendenti dei due pendoli. 3. Trovare la traiettoria di una particella in un campo centrale U = kr2/2 (oscillatore spaziale). [Il problema è già stato trattato in coordinate polari nell'Appendice 3 del Cap. III come moto in un campo centrale elastico. Questo è l'unico caso in cui non è necessaria alcuna approssimazione, in quanto l'energia y= 15 potenziale ha per sua natura la forma (23,2)] Soluzione. Come in ogni campo centrale, il moto avviene in un piano. Sia x, y tale piano. La variazione di ciascuna coordinata x, y è un'oscillazione semplice della stessa frequenza = k /m ; x = a cos (ωt + α), y = a cos (ωt + β) oppure x = a cos φ, y = b cos (φ + δ) = b cos δ cos φ – b sin δ sin φ, dove abbiamo posto φ = ωt + α, δ = β – α. [ Indicando con P la posizione della particella e con O il centro del campo, dall'equazione di Newton abbiamo a = -k/m (P – O), oppure, ponendo ω2 = k/m, a + ω2(P – O) = 0 da cui si ricavano le equazioni in x e y nella forma (21,5)] Ricavando di qui cos φ e sin φ e formando la somma dei quadrati, si ottiene l'equazione della traiettoria: x 2 y 2 2 xy 2− cos =sin 2 . 2 ab a b E' un'ellisse avente per centro l'origine delle coordinate1. Per δ = 0 o π, la traiettoria degenera in un segmento di retta. [la traiettoria è la sovrapposizione di due oscillazioni di ugual frequenza su due assi ortogonali] [ 4. Oscillazioni di un sistema a 4 gradi di libertà. Consideriamo il sistema illustrato in figura, costituito da 4 masse m1, m2, m3, m4 che si possono muovere su una guida circolare senza attrito, e collegate tra loro con delle molle di rigidezza k12, k23, k34, k14. Il moto è monodimensionale ed è caratterizzato dalle posizioni xi delle singole masse. 1° caso: m1 = m2 = m3 = m4 = m ; k12 = k34 = 2k , k23 = k14 = k ; poniamo ω02 = k/m. Funzione di Lagrange del sistema: m k L= ẋ12 x˙22 x˙23 ẋ 24−k [ x 2 −x 12 x 4−x 3 2 ]− [ x 3− x 22 x 1− x 4 2 ] = 2 2 m 2 ˙2 ˙2 2 k 2 2 2 2 ẋ x x ẋ − 3x 13x2 3x 33x 4−4x 1 x 2 −2x 2 x 3−4x 3 x 4−2x1 x 4 . = 2 1 2 3 4 2 Le equazioni del moto sono: m x¨1=3 k x 1−2 k x 2−k x 4 , m x¨2=3 k x 2 −2 k x 1−k x 3 m x¨3=3 k x 3−2 k x 4 −k x 2 , m x¨ 4=3 k x 4−2 k x 3−k x1 che si possono ricavare ovviamente anche dalle equazioni di Newton: m x¨1=F 21−F 14=2 k x 2 −x 1−k x 1−x 4 ecc. Con la sostituzione (23,6): xk = Ak eiωt , si ottiene il sistema: 2 2 3− 2 A1 −2 A2 −A4 =0 3− 2 A2−2 A1 −A3=0 (1) 0 0 2 2 3− 2 A3−2 A 4−A2 =0 3− 2 A4−2 A3−A1=0 0 0 in cui la condizione di esistenza di soluzioni non nulle si traduce nella ricerca degli autovalori della matrice delle rigidezze: 1 Il fatto che in un campo di energia potenziale U = k r2/2 il moto si svolga secondo una curva chiusa è già stato richiamato al § 14. 16 [ ] ∣∣∣ ∣∣ ∣ 3− −2 0 −1 −2 3− −1 0 =0 . 0 −1 3− −2 −1 0 −2 3− 2 2 dove λ = ω / ω 0 . Si ottiene λ = 0, 2, 4, 6. Il valore λ = 0 implica una vibrazione con pulsazione nulla, che corrisponde sia alla situazione limite in cui tutte le masse sono in quiete, sia al caso di spostamento rigido del sistema lungo la guida circolare; infatti si può facilmente verificare che le equazioni del moto sono soddisfatte dalle funzioni xi (t) = A + Bt (i = 1, .. 4), con A e B costanti . Calcoliamo gli autovettori, che, essendo i valori di ω tutti distinti, risultano a due a due ortogonali (il prodotto scalare è nullo). Per fare questo, risolviamo il sistema (1) rispetto a A1, A2, A3 in funzione di A4, e attribuiamo a quest'ultima grandezza il valore 1. Si trova: λ = 0: A = [1, 1, 1, 1]; λ = 2: A = [-1, -1, 1, 1]; λ = 4: A = [1, -1, -1, 1]; λ = 6: A = [-1, 1, -1, 1], da cui ricaviamo l'espressione degli spostamenti (tralasciando la componente relativa a ω = 0): x 1=−A1 cos 2 0 t A2 cos 2 0 t−A3 cos 6 0 t x 2=−A1 cos 2 0 t− A2 cos 2 0 t A3 cos 6 0 t x 3= A1 cos 2 0 t−A2 cos 2 0 t−A3 cos 6 0 t x 4 =A1 cos 2 0 t A2 cos 2 0 t A3 cos 6 0 t dove α e β sono le fasi della 2° e 3° armonica. Come si vede, gli spostamenti delle masse sono in generale, come in questo caso, funzioni non periodiche. Vediamo ora la trasformazione lineare che permette di diagonalizzare contemporaneamente l'energia potenziale e l'energia cinetica; come già detto, essa è data dalla matrice avente per colonne gli autovettori trovati: x1 1 −1 1 −1 1 x 2 1 −1 −1 1 2 = ∗ x3 1 1 −1 −1 3 1 1 4 x4 1 1 e, operando la sostituzione, si ottiene: L=2 m ̇21̇22̇23̇24 −4 k 22 2 32324 ; è immediato verificare che il precedente sistema di equazioni nelle incognite Ai si trasforma ora in quattro equazioni indipendenti del tipo elementare (21,5). 2° caso: m1 = m2 = m3 = m4 = m ; k12 = k23 = k34 = k14 = k ; poniamo ancora ω02 = k/m. La funzione di Lagrange e la relativa equazione agli autovalori sono ora le seguenti: m L= ẋ12 x˙22 ẋ 23 x˙24 −k x 21x 22 x 23 x 24−x 1 x 2− x 2 x 3− x 3 x 4−x 1 x 4 , 2 2− −1 0 −1 −1 2− −1 0 =0 ; 0 −1 2− −1 −1 0 −1 2− autovalori: λ = 0, 2 (radice doppia), 4; frequenze: ω = 0, 2 , 2. Per gli autovalori semplici 0 e 4 si procede come nel caso 1.Diverso è il caso dell'autovalore doppio. Sostituendo a λ il valore 2 la matrice assume rango 2, quindi gli autovettori corrispondenti si determinano in base a due scelte arbitrarie, anziché una; al fine di poter successivamente effettuare la diagonalizzazione, gli autovettori devono sempre essere tra loro ortogonali. Risolto il sistema rispetto a A3 e A4 , possiamo proseguire in almeno due modi. Nel primo modo diamo a A3 e A4 prima i valori 0 e 1 poi 1 e 0 . Nel secondo modo diamo a A3 e A4 i valori 1 e 1, e -1 e 1. Si ottiene allora: [ 17 ] 1° modo: λ = 0: A = [1, 1, 1, 1]; λ = 2: A ' = [0, -1, 0, -1]; A'' = [-1, 0, 1, 0]; λ = 4: A = [-1, 1, -1, 1]; 2° modo: λ = 0: A = [1, 1, 1, 1]; λ = 2: A ' = [-1, -1, 1, 1]; A'' = [ 1, -1, -1, 1]; λ = 4: A = [-1, 1, -1, 1]. Spostamenti: 1° modo x 1=−A ' ' 1 cos 2 0 t −A2 cos 2 0 t , x 2=−A' 1 cos 2 0 t A2 cos 2 0 t , x 3= A' ' 1 cos 2 0 t− A2 cos 2 0 t , x 4 =−A' 1 cos 2 0 t A2 cos 2 0 t , Trasformazione lineare: 1° modo x1 1 0 −1 −1 1 x 2 1 −1 0 1 ∗ 2 ; = 1 −1 3 x3 1 0 0 1 4 x4 1 1 ∣∣∣ 2° modo x 1=−A' 1 A' ' 1 cos 2 0 t− A2 cos 2 0 t , x 2=− A' 1 A ' ' 1 cos 2 0 tA2 cos 2 0 t , x 3= A ' 1−A ' ' 1 cos 2 0 t−A2 cos 2 0 t , x 4 = A' 1 A' ' 1 cos 2 0 t A2 cos 2 0 t . ∣∣ ∣ ∣ ∣ ∣ 2° modo ∣∣ ∣ x1 1 −1 1 −1 1 x 2 1 −1 −1 1 2 = ∗ . x3 1 1 −1 −1 3 1 1 4 x4 1 1 Diagonalizzazione della funzione di Lagrange: 1° modo: L=m 2 ̇21̇22 ̇23 2 ̇24 −2 k 22234 24 ; 2° modo: L=2 m ̇21̇22̇23̇24 −4 k 22 23 2 24 . ] § 24. Oscillazioni delle molecole. Se abbiamo a che fare con un sistema di particelle che interagiscono ma non sono situate in un campo esterno, non tutti i gradi di libertà del sistema hanno carattere vibratorio. Un tipico esempio di questi sistemi è dato dalle molecole. Oltre ai movimenti costituiti dalle oscillazioni degli atomi attorno alla loro posizione di equilibrio all'interno della molecola, questa può effettuare anch'essa dei movimenti di traslazione e di rotazione. Al movimento di traslazione corrispondono tre gradi di libertà. In generale, ne esistono altrettanti per la rotazione, di modo che, dei 3n gradi di libertà di una molecola di n atomi, 3n – 6 gradi corrispondono ad un movimento vibratorio. Fanno eccezione le molecole nelle quali tutti gli atomi sono distribuiti lungo una retta. Parlare di rotazione attorno a tale retta non ha senso, per cui i gradi di libertà corrispondenti al movimento di rotazione sono solo più due, e si hanno allora 3n – 5 gradi di libertà vibratori. Per risolvere il problema meccanico delle oscillazioni di una molecola, è utile escludere fin dall'inizio i gradi di libertà corrispondenti ai movimenti di traslazione e di rotazione. Per eliminare il movimento di traslazione, bisogna porre uguale a zero l'impulso totale della molecola. Poiché questa condizione equivale a considerare come immobile il centro d'inerzia della molecola, possiamo esprimerla scrivendo che le tre coordinate di quest'ultimo sono costanti. Ponendo ra = ra0 + ua (dove ra0 è il raggio vettore della posizione di equilibrio immobile dell' aesimo atomo, e ua il suo scostamento rispetto a questa posizione), scriviamo la condizione ∑ ma r a=cost=∑ ma r a 0 nella forma (24,1) ∑ ma u a=0. Per eliminare la rotazione della molecola, bisogna annullare il suo momento cinetico totale. Poiché questo momento non è la derivata totale rispetto al tempo di una funzione delle coordinate, la condizione che esso sia nullo non si può esprimere in generale ponendo uguale a zero una tale funzione. Il caso delle piccole oscillazioni presenta tuttavia un'eccezione. Infatti, ponendo di nuovo ra = ra0 + ua e trascurando gli infinitesimi del secondo ordine rispetto agli spostamenti ua , 18 mettiamo il momento cinetico della molecola nella forma seguente [si trascura ua ×u̇ a ] d M =∑ ma r a ×v a ≃∑ ma r a 0×u˙a = ∑ ma r a 0×u a . dt Con questa approssimazione, esso si annullerà di conseguenza se (24,2) ∑ ma r a 0×u a=0 (qui l'origine delle coordinate può essere scelta arbitrariamente). Le oscillazioni normali di una molecola possono essere classificate secondo il carattere del moto degli atomi, sulla base di considerazioni legate alla simmetria di ripartizione degli atomi nella molecola (posizioni di equilibrio). Esiste a questo proposito un metodo generale fondato sull'impiego della teoria dei gruppi; esso sarà esposto in un altro volume di questo corso1. Qui prenderemo in considerazione solo qualche esempio elementare. Se gli n atomi della molecola sono situati sul medesimo piano, si possono distinguere le oscillazioni normali che lasciano gli atomi in questo piano, e le oscillazioni normali per cui gli atomi escono dal piano. E' facile determinare il numero degli uni e degli altri. Poiché per un moto piano ci sono in tutto 2n gradi di libertà, di cui due di traslazione e uno di rotazione, il numero delle oscillazioni normali che lasciano gli atomi nel piano è uguale a 2n – 3. Gli altri (3n – 6) – (2n – 3)= = n – 3 gradi libertà di vibrazione corrispondono alle oscillazioni per cui gli atomi escono dal piano. Nel caso di una molecola lineare, si possono distinguere le oscillazioni longitudinali, che conservano la forma rettilinea della molecola, e le oscillazioni che spostano gli atomi dalla retta. Poiché al moto di n particelle su una linea corrispondono n gradi libertà, di cui uno di traslazione, il numero delle oscillazioni per cui gli atomi non fuoriescono dalla linea è uguale a n – 1. Essendo 3n – 5 il numero dei gradi libertà di vibrazione di una molecola lineare, si avranno 2n – 4 oscillazioni per cui gli atomi usciranno dalla retta. A queste oscillazioni tuttavia corrispondono n – 2 frequenze distinte, poiché ogni oscillazione può avvenire in due modi indipendenti, cioè in due piani perpendicolari (passanti per l'asse della molecola); considerazioni di simmetria mostrano con evidenza che ogni coppia di oscillazioni normali così ottenuta ha un'unica frequenza. Problemi. 1. Determinare le frequenze delle oscillazioni lineari di una molecola triatomica simmetrica ABA (Fig. 28). Si suppone che l'energia potenziale della molecola dipenda solo dalle distanze AB e BA e dall'angolo A B A. Soluzione. Gli spostamenti longitudinali degli atomi x1 , x2 , x3 sono legati in base alla (24,1) dalla relazione mA (x1 + x3) + mBx2 = 0. Mediante questa, eliminiamo x2 dalla funzione di Lagrange del moto longitudinale della molecola: m m k L= A x˙21 x˙23 B ẋ 22− 1 [ x 1−x 2 2 x 3−x 2 2 ], 2 2 2 poi introduciamo le nuove coordinate Qa =x 1 x 3 , Q s= x1− x 3 . mA Q aQ s m A Qs Q a , x 1−x 2 = Qa = Q a Otteniamo [si ha −x 2= , mB 2 mB 2 mB 2 Q −Qs m A Q x 3− x 2= a Q a= Q a− s ] 2 mB 2 mB 2 2 mA 2 m A 2 k 1 2 k 1 2 L= Q̇ Q̇ − Q − Q 4 mB a 4 s 4 m 2B a 4 s 1 Vedere Meccanica quantistica. 19 (μ = 2mA + mB massa della molecola). Si vede di qui che Qa e Qs sono (a meno di una normalizzazione) delle coordinate normali. La coordinata Qa corrisponde ad una vibrazione antisimmetrica rispetto al centro della molecola (x1 = x3 ; Fig. 28 a) e di frequenza k1 a= . m A mB La coordinata Qs corrisponde ad una vibrazione simmetrica (x1 = - x3 ; Fig. 28 b) di frequenza k s 1= 1 . [ci sono n – 1 = 2 gradi di libertà sulla retta, quindi 2 frequenze]. mA Gli spostamenti trasversali degli atomi y1, y2, y3 sono legati in base alla (24,1) e (24,2) dalle relazioni mA (y1 + y3) + mB y2 = 0, y1 = y3 [dalla (24,2) scegliendo l'origine in B] (oscillazioni simmetriche di curvatura [la molecola, inizialmente rettilinea, assume una forma “incurvata”]: Fig. 28 c). Sia k2 l2δ2/2 l'energia potenziale di curvatura della molecola, in cui δ è lo scostamento dell'angolo A B A rispetto a π ; la sua espressione in funzione dello spostamento è lm 1 − = [ y 1− y 2 y 3− y 2 ]. y 2 ; y1 y 3= B ] [= l l mA Esprimendo tutti gli spostamenti y1 , y2 , y3 in funzione di δ, otteniamo la funzione di Lagrange dell'oscillazione trasversale nella forma m A 2 ˙2 m B 2 k 2 l 2 2 m A m B 2 2 k 2 l 2 2 L= ẏ 1 y 3 ẏ − = l ̇ − , 2 2 2 2 4 2 da cui la frequenza 2 k2 [n – 2 = 1 gradi di libertà in senso perpendicolare alla retta] s 2= . m A mB 2. Stesso problema per una molecola ABA di forma triangolare (Fig. 29). Soluzione. In base alle (24,1) e (24,2) le componenti dello spostamento u degli atomi nelle direzioni X e Y (Fig. 29) sono legate da mA (x1 + x3) + mB x2 = 0, mA (y1 + y2) + mB y2 = 0, sin α(y1 – y3) - cosα( x1 + x3) = 0. [eq. di momento rispetto a B] Le variazioni δl1 e δl2 delle distanze AB e BA si ottengono proiettando i vettori u1 -u2 e u3 – u2 sulle rette AB e BA: δl1 = (x1 - x2) sin α + (y1 – y2)cos α, 20 δl2 = -(x3 - x2) sin α + (y3 – y2)cos α. La variazione dell'angolo A B A si ottiene proiettando gli stessi vettori sulle direzioni perpendicolari ai segmenti AB e BA: 1 1 = [ x 1−x 2 cos − y1 − y 2 sin ] [− x 3− x 2 cos − y 3− y 2 sin ]. l l Funzione di Lagrange della molecola mA ˙ 2 ˙2 mB 2 k 1 k2 l 2 2 2 2 L= u1 u3 u̇ − l 1 l 2− . 2 2 2 2 2 Introduciamo le nuove coordinate Qa = x1 + x3 , qs1 = x1 – x3 , qs2 = y1 + y3 . Le componenti dei vettori u si esprimono in funzione di queste coordinate con le relazioni mA 1 1 x 1= Q aq s1 , x 3= Q a −q s 1 , x 2 =− Q , 2 2 mB a m 1 1 y 1= q s 2Qa ctg , y 3= q s 2−Q a ctg , y 2=− A q s 2 , 2 2 mB e svolti i calcoli, otteniamo per la funzione di Lagrange m 2 mA m m k 2mA 2 mA 2 1 1 L= A 2 Q̇2a A q̇ 2s1 A q̇ 2s 2−Q 2a 1 2 1 sin 4 m B sin 4 4 mB 4 m B sin mB q 2s 1 2 2 2 2 2 2 k sin 2 k cos −q k 1 cos 2k 2 sin q s 1 q s 2 2k 2 −k 1 sin cos . 1 2 s2 2 4 2 mB 4 mB Questa relazione evidenzia che la coordinata Qa corrisponde ad una oscillazione normale di frequenza k 2m A 2 2a= 1 1 sin , mA mB antisimmetrica rispetto all'asse Y (x1 = x3 ; y1 = -y3 ; Fig. 29 a). Le coordinate qs1 e qs2 corrispondono assieme a due oscillazioni (simmetriche rispetto all'asse Y: x1 = -x3 ; y1 = y3 ; Fig. 29 b e c) le cui frequenze sono definite come radici dell'equazione caratteristica di secondo grado rispetto a ω2 : k 2 mA 2k 2 mA 2 2 k 1 k2 4− 2 1 1 cos 2 2 1 sin =0. 2 mA mB mA mB mB mA [le frequenze sono in tutto 3, essendo 2n -3 = 3] Per 2α = π queste frequenze coincidono con quelle trovate nel problema 1. 3. Stesso problema per una molecola lineare asimmetrica ABC (Fig. 30). Soluzione. Gli spostamenti longitudinali (x) e trasversali (y) sono legati dalle relazioni mA x1 + mB x2 + mC x3 =0, mA y1 + mB y2 + mC y3 =0, mAl1y1 – mC l2y3 = 0. [conservazione degli [ ] impulsi secondo x e y e del momento angolare] Scriviamo l'energia potenziale di dilatazione e di curvatura nella forma 21 k1 k '1 k2 l2 2 2 2 l 1 l 2 2 2 2 (2l = l1 + l2). [δl1 = x1 – x2 , δl2 = x3 – x2 , δ = (y1 – y2)/ l1 + (y3 – y2)/ l2 ]. Calcoli analoghi a quelli del problema 1 conducono al valore k l2 l 2 l2 4 l2 2t = 22 2 1 2 l 1 l 2 mC m A m B per la frequenza dell'oscillazione trasversale, e all'equazione di secondo grado (rispetto a ω2) k1k '1 1 1 1 1 4− 2 k 1 k ' 1 =0 [ μ = massa totale ] mA mB mB mC m A mB mC [ ] per le frequenze ωl1 e ωl2 delle due oscillazioni longitudinali. [ nel testo il numeratore di 1/mA sarebbe 4 anziché 1, ma è sicuramente un errore tipografico, anche perché non si capisce perché la massa mA dovrebbe essere privilegiata rispetto alle altre. Abbiamo le seguenti espressioni per l'energia cinetica e quella potenziale, dopo aver ricavato x3, y2 , y3 in funzione delle rimanenti variabili: m m m T = A x˙21 y˙21 B ẋ 22 ẏ 22 C x˙23 y˙23 = 2 2 2 mA m A ˙2 m B m B ˙2 mA m B mA 4 m A l 2 mA l 21 2 1 x 1 x ẋ x˙ 1 ẏ , = 2 mC 1 2 mC 2 mC 1 2 2 mB l 22 mC l 22 1 U= = k1 k' k l 2 y 1− y 2 y 3− y 2 x 1−x 2 2 1 x 3−x 2 2 2 2 2 2 l1 l2 2 = k 1 k ' 1 m2A 2 k 1 k ' 1 m BmC 2 2 k ' 1 mA mBmC x 1 x 2 −k 1 x 1 x 2 + 2 2 2 m2C 2 m2C m2C 2 2 2 2 2 2 l l 4l 2 1 . Per quanto riguarda la variabile y1, essa è normale, quindi si ricava 2 4 2 l 1 l 2 m B m A mC immediatamente la relativa frequenza propria; per le variabili x1 e x2, occorre risolvere l'equazione caratteristica |U – λT| = 0, dove λ = ω2, e U e T sono le matrici associate alle forme quadratiche esprimenti le energie potenziale e cinetica ] k 2 mAl § 25. Oscillazioni smorzate. Fin'ora abbiamo sempre sottinteso che il moto dei corpi avvenga nel vuoto o che l'influenza del mezzo sia trascurabile. Nella realtà, quando un corpo si muove in un mezzo, quest'ultimo sviluppa una resistenza che tende a rallentare il movimento. L'energia del corpo allora si trasforma alla fine in calore o, come si dice, si dissipa. In queste condizioni il moto non è più un processo puramente meccanico, e il suo studio impone che si tenga conto del moto del mezzo stesso e dello stato termico interno sia del mezzo che del corpo. Infatti non si può più considerare in generale che l'accelerazione del corpo in moto sia funzione solo delle sue coordinate e della sua velocità ad un dato istante: in altri termini non si può parlare di equazioni equazioni del moto nel senso della Meccanica. Così il problema del moto di un corpo in un mezzo non è più un problema di Meccanica. Esiste tuttavia una particolare categoria di casi in cui il moto in un mezzo può essere descritto approssimativamente mediante le equazioni della Meccanica, introducendo certi termini complementari. E' il caso, per esempio, delle oscillazioni di frequenze piccole rispetto alle frequenze che caratterizzano i processi interni di dissipazione. A queste condizioni, si può considerare che il corpo sia sottoposto all'azione di una “forza di attrito” dipendente solamente (per 22 un particolare mezzo omogeneo) dalla sua velocità. Si può inoltre sviluppare la forza di attrito in serie di potenze della velocità se questa è sufficientemente piccola. Il termine di ordine zero dello sviluppo è nullo, in quanto nessuna forza di attrito agisce su un corpo in quiete, e il primo termine che non si annulla è proporzionale alla velocità. Così la forza di attrito generalizzata ffr agente su un sistema che esegue delle piccole oscillazioni lineari si può scrivere [l'indice fr richiama il termine francese frottement ] f fr =− ẋ , dove x è la coordinata generalizzata e α un coefficiente positivo; il segno meno indica che la forza agisce in senso opposto a quello della velocità. Aggiungendo questa forza al secondo membro dell'equazione del moto otteniamo (ved. (21,4)): m ẍ=−k x− ẋ . (25,1) Dividiamo questa espressione per m e poniamo k 2 =0 , =2 . (25,2) m m ω0 è la frequenza delle oscillazioni libere del sistema in assenza di attrito. La grandezza λ si chiama coefficiente di smorzamento1. Abbiamo quindi l'equazione ẍ2 ẋ 20 x=0. (25,3) Conformemente alle regole generali di risoluzione delle equazioni lineari a coefficienti costanti, poniamo x = ert e troviamo per r l'equazione caratteristica r2 + 2λr + ω02 = 0, da cui r 1,2=−± 2−20 . La soluzione generale dell'equazione (25,3) è x=c1 e r t c 2 e r t . E' opportuno qui distinguere due casi. Se λ < ω0 , abbiamo per r due valori complessi coniugati. La soluzione generale dell'equazione del moto si può allora scrivere x=R e {Aexp − ti 02−2 t} , dove A è una costante arbitraria complessa. Si può scrivere ancora (25,4) x=a e−t cos t , = 20−2 , dove a e α sono delle costanti reali. Un moto espresso mediante queste formule costituisce quelle che si chiamano oscillazioni smorzate. Una oscillazione smorzata si può considerare come un'oscillazione armonica la cui ampiezza decresce esponenzialmente. La velocità di diminuzione dell'ampiezza è determinata dal coefficiente λ, e la “frequenza” ω delle oscillazioni è più piccola di quella delle oscillazioni libere in assenza di attrito; per λ « ω0 la differenza tra ω e ω0 è un infinitesimo del secondo ordine. Ci si poteva attendere a priori che l'attrito abbassa la frequenza, visto che in generale esso rallenta il movimento. Se λ « ω0 l'ampiezza dell'oscillazione smorzata praticamente non varia nel corso di un periodo 2π/ω. In questo caso il fatto di considerare il valore medio (nel corso di un periodo) dei quadrati della coordinata e della velocità ha un senso, trascurando, quando si fa questa media, la variazione del fattore e-λ t . Questi quadrati medi sono evidentemente proporzionali a e-2 λ t . Di conseguenza l'energia media del sistema diminuisce secondo la formula −2 t (25,5) E=E 0 e , dove E0 è il valore iniziale. Sia ora λ > ω0 . I due valori di r sono allora reali ed entrambi negativi. La forma generale della soluzione è 1 2 1 Il prodotto adimensionale λT (essendo T = 2π /ω il periodo) si chiama decremento logaritmico dello smorzamento. 23 − − − t − − t (25,6) x=c1 e c 2 e . Vediamo che in questo caso, che si verifica se l'attrito è molto grande, il moto consiste in un decremento di x , che tende asintoticamente (quando t → ∞) verso la posizione di equilibrio (senza oscillazioni). Questo tipo di moto è chiamato smorzamento aperiodico. Infine, nel caso particolare in cui λ = ω0 , l'equazione caratteristica ha una radice doppia r = - λ. Sappiamo che la soluzione generale dell'equazione differenziale è allora: x=c 1c 2 t e−t . (25,7) E' un caso speciale di moto aperiodico, che non ha come il precedente carattere oscillatorio. Per un sistema a più gradi di libertà, le forze di attrito generalizzate corrispondenti alle coordinate xi sono delle funzioni lineari delle velocità f i fr=−∑ ik x˙k . (25,8) 2 2 0 2 2 0 k Partendo da considerazioni puramente meccaniche, non si può dire nulla sulle proprietà di simmetria dei coefficienti αik rispetto agli indici i e k. Ma i metodi della fisica statistica1 permettono di dimostrare che si ha sempre αik = αki . (25,9) Di conseguenza, le espressioni (25,8) possono essere rappresentate come le derivate ∂F f i fr =− (25,10) ∂ ẋ i della forma quadratica 1 F = ∑ i k ẋ i x˙k , (25,11) 2 i ,k chiamata funzione di dissipazione. Le forze (25,10) devono essere aggiunte al secondo membro delle equazioni di Lagrange d ∂ L ∂ L ∂F = − . (25,12) d t ∂ ẋ i ∂ x i ∂ ẋ i La funzione di dissipazione possiede di per sé un significato fisico importante: essa determina l'intensità della dissipazione di energia nel sistema. Ci se ne può convincere facilmente calcolando la derivata rispetto al tempo dell'energia meccanica del sistema. Si ha dE d ∂L d ∂L ∂L ∂F = ẋ i −L =∑ ẋ i − =−∑ ẋi . d t dt ∑ ∂ ẋ d t ∂ ẋ ∂ x ∂ ẋ i i i i i i i [si deve derivare l'espressione (6,1) supponendo che L non dipenda esplicitamente dal tempo (come del resto d ∂L ∂L d ∂L ∂L ∂L ẋi − L =∑ ẍ i ẋ i −∑ ẋ i ẍ i già discusso al § 2) e si ha: e si ∑ dt i ∂ ẋ i ∂ ẋi d t ∂ ẋ i ∂ xi ∂ ẋi i i elidono i termini contenenti ẍ i ] Poiché F è una funzione di secondo grado delle velocità, il teorema di Eulero sulle funzioni omogenee evidenzia che la somma alla destra di questa formula è uguale a 2F. Allora dE =−2 F , (25,13) dt cioè la velocità di variazione dell'energia del sistema è uguale a due volte il valore della funzione di dissipazione. Poiché i processi di dissipazione comportano una diminuzione di energia, si deve sempre avere F > 0, cioè la forma quadratica (25,11) è essenzialmente positiva. Le equazioni delle piccole oscillazioni in presenza di attrito si ottengono aggiungendo le forze (25,8) al secondo membro delle equazioni (23,5): ∑ mi k x¨k ∑ k i k x k =−∑ i k x˙k . k k (25,14) 1 Vedere Physique Statistique. 24 k Poniamo: x k =A e r t , dividendo tutto per ert si ottiene il seguente sistema di equazioni algebriche lineari nelle costanti Ak : ∑ mi k r 2i k rk ik Ak =0. (25,15) k Uguagliando a zero il determinante di questo sistema, troviamo l'equazione caratteristica che fornisce i valori di r : ǀmik r2 +αik r + kik ǀ = 0. (25,16) E' un'equazione di grado 2s rispetto a r . [s = n° di gradi di libertà] Poiché tutti i suoi coefficienti sono reali, le sue radici sono o reali, o a due a due complesse coniugate. Le radici reali sono sempre negative, e le radici complesse hanno una parte reale negativa. In caso contrario, le coordinate e la velocità, e con esse l'energia del sistema, crescerebbero esponenzialmente col tempo, quando invece la presenza di forze dissipative determina una diminuzione di energia. § 26. Oscillazioni forzate con attrito. Lo studio delle oscillazioni alimentate in presenza di attrito è del tutto analogo a quello delle oscillazioni senza attrito (ved. § 22). Noi ci soffermeremo qui in particolare sul caso più interessante in cui la forza che provoca le oscillazioni è periodica. Aggiungendo al secondo membro dell'equazione (25,1) la forza esterna cos γt e dividendo per m, otteniamo la seguente equazione del moto: f 2 ẍ2 ẋ 0 x= cos t. (26,1) m E' comodo risolvere questa equazione nella forma complessa; al secondo membro sostituiamo eiγt a cos γt f ẍ2 ẋ 20 x= ecos t . m Sia x = Beiγt un integrale particolare; si trova per B : 2 2 f f 0− −2i B= . [= ] (26,2) m 20− 224 2 2 m20−22i Ponendo B = beiδ , si trova per b e δ : f 2 b= , tg = 2 . (26,3) 2 2 2 2 2 − 20 m 0− 4 Separando la parte reale dell'espressione Beiγt = bei ( γ t + δ ), otteniamo un integrale particolare dell'equazione (26,1); aggiungendovi la soluzione generale dell'equazione senza secondo membro [omogenea] (che scriviamo, per fissare le idee, nel caso in cui ω0 > λ), otteniamo alla fine x = ae-λ t cos (ωt + α) + b cos (γt + δ). (26,4) Il primo termine decresce esponenzialmente col tempo, di modo che, dopo un intervallo di tempo sufficientemente lungo, non rimane che il secondo termine x = b cos (γt + δ). (26,5) Anche se l'espressione (26,3), che fornisce l'ampiezza b di una oscillazione forzata, cresce man mano che le frequenze γ e ω0 si avvicinano, essa non tende all'infinito, come succedeva per la risonanza in assenza di attrito. Per una data ampiezza della forza f , l'ampiezza delle oscillazioni è massima quando la frequenza = 20−2 2 ; se λ « ω0 , questo valore differisce da ω0 solo per un infinitesimo del secondo ordine. Consideriamo la situazione vicina alla risonanza. Poniamo γ = ω0 + ε, dove ε è piccolo; supporremo anche che λ « ω0 . Si può allora scrivere approssimativamente nella (26,2): γ2 – ω20 = (γ + ω0)(γ – ω0) ≈ 2ω0ε , 2iλγ ≈ 2iλω0 , di modo che 25 B=− oppure b= f 2 m−i 0 f , (26,6) tg = . (26,7) 2 m 0 Notiamo il carattere particolare della variazione della differenza di fase δ tra l'oscillazione del sistema e la forza esterna quando varia la frequenza di quest'ultima. Questa differenza è sempre negativa, vale a dire che l'oscillazione “ritarda” sulla forza esterna. Lontano dalla risonanza, per i valori γ < ω0 , δ tende a zero, e per i valori γ > ω0 , verso -π. [dalla (26,2) ricaviamo 20−2 −2 sin = 2 0 da cui - π < δ < 0, e cos = 2 2 ] La variazione di 0−2 4 2 2 0 − 4 2 2 δ da zero a - π avviene in un intervallo ristretto di frequenze (di ampiezza ~ λ), vicine a ω0 ; per γ = ω0 la differenza di fase passa per il valore -π/2 . Osserviamo qui che in assenza di attrito la variazione di fase dell'oscillazione forzata uguale a π effettua un salto per γ = ω0 (il secondo termine della (22,4) cambia di segno): l'attrito “spalma” questo salto. Quando il movimento è stabilizzato, cioè quando il sistema effettua le oscillazioni forzate (26,5) la sua energia resta costante. Nello stesso tempo il sistema assorbe continuamente energia (a spese della sorgente della forza esterna), energia che viene dissipata in conseguenza dell'attrito. Indichiamo con I(γ) la quantità di energia dissipata in media per unità di tempo in funzione della frequenza della forza esterna. Si ha sulla base della (25,13) , I =2 F dove F è il valore medio (per un periodo di oscillazione) della funzione di dissipazione. Per un movimento lineare l'espressione (25,11) della funzione di dissipazione si riduce a F =d ẋ 2 /2= m ẋ 2 . Introducendovi la (26,5) otteniamo F = λmb2γ2 sin2(γt + δ). Il valore medio rispetto al tempo del quadrato del seno è uguale a ½, per cui I(γ) = λmb2γ2. (26,8) In prossimità della risonanza, ricavando dalla (26,7) l'ampiezza della vibrazione, abbiamo [essendo γ ~ ω0] f2 I = . (26,9) 2 4 m 2 Questa forma di relazione tra l'assorbimento di energia e la frequenza è chiamata dispersiva. Il valore di |ε| per il quale I(ε) è uguale alla metà del massimo (che si ha per ε = 0) è chiamato semilarghezza della curva di risonanza (Fig. 31). In base alla (26,9) è chiaro che nel caso considerato questa larghezza coincide col coefficiente di smorzamento λ . L'altezza del massimo f2 I 0= 4m è inversamente proporzionale a λ . Allora, quando il coefficiente di smorzamento diminuisce, la curva di risonanza diventa più stretta e più alta, cioè il suo massimo diventa più acuto. Ma la superficie sotto la curva di risonanza rimane invariata. Tale superficie è data dall'integrale ∞ 2 2 ∞ ∫ I d =∫ I d . 0 −∞ Poiché I(ε) decresce rapidamente quando |ε| aumenta, in modo che l'intervallo delle |ε| grandi non gioca alcun ruolo, integrando si può scrivere I(ε) nella forma (26,9) e sostituire il limite inferiore con -∞. Si ha allora 26 ∞ 2 ∞ 2 f = . ∫ I d = f4 m ∫ 2d 2 4m −∞ −∞ (26,10) Problemi Determinare le oscillazioni forzate in presenza di attrito sotto l'azione di una forza esterna f = f0 eα t cos γt. Soluzione. Risolviamo l'equazione del moto in forma complessa f 0 ti t 2 ẍ2 ẋ 0 x= e , m poi estraiamo la parte reale della soluzione. Otteniamo come risultato: x = b eα t cos (γt + δ), dove f0 2 b= , tg =− 2 2 . 2 2 2 2 2 2 0 −22 m 0 − 2 4 § 27. Risonanza parametrica. Esistono dei sistemi oscillanti non isolati, per i quali il risultato dell'azione esterna si riduce ad una variazione nel tempo dei parametri del sistema1. Un sistema monodimensionale ha come parametri i coefficienti m e k nella funzione di Lagrange (21,3); se essi dipendono dal tempo, l'equazione del moto è d m ẋ k x=0 . (27,1) dt Se sostituiamo t con una nuova variabile indipendente τ tale che dτ = dt/m(t) questa equazione dx dx d 1 d = ; = assume la forma [ m ] dt d d t m d d2 x m k x=0. 2 d Per questo motivo, e senza nulla togliere alla generalità dei ragionamenti, è sufficiente considerare l'equazione del moto d2 x 2 t x=0, (27,2) 2 dt che si otterrebbe a partire dalla (27,1) ponendo m = cost. La forma della funzione ω(t) è data dalle condizioni del problema; supponiamo questa funzione periodica di frequenza γ (e di periodo T = 2π/γ). Ciò significa che ω(t + T) = ω(t), e di conseguenza che ogni equazione del tipo (27,2) è invariante rispetto alla trasformazione t → t + T 0. Ne consegue che se x(t) è una soluzione dell'equazione, la funzione x(t + T) è anch'essa una soluzione. In altri termini, se x1 (t) e x2 (t) sono due integrali indipendenti dell'equazione (27,2) [in generale non periodici], essi si trasformano linearmente l'uno nell'altro quando si sostituisce t con t + T [infatti una equazione differenziale di secondo grado non può avere più di due integrali linearmente indipendenti]. Sulla base di ciò, si possono scegliere2 x1 e x2 in modo tale che, quando si sostituisce t con t + T, la loro variazione si riduca semplicemente ad una moltiplicazione per un fattore costante: x1 (t + T) = μ1 x1 (t), x2 (t + T) = μ2 x2 (t). 1 Esempio semplice: un pendolo il cui punto di sospensione effettua un dato movimento periodico su una verticale (ved. Problema 3). 2 Nella misura in cui le costanti μ1 e μ2 non coincidono. 27 La forma più generale di funzioni che posseggono questa proprietà è x1 (t) = μ1t/T Π1(t), x2 (t) = μ2t/T Π2(t), (27,3) dove Π1(t) e Π2(t) sono delle funzioni puramente periodiche del tempo (di periodo T). Le costanti μ1 e μ2 in queste funzioni devono essere legate da una relazione determinata. Infatti, moltiplicando le equazioni x¨1 2 t x 1=0, ẍ 2 2 t x 2=0 rispettivamente per x2 e x1 e sottraendo membro a membro, si ha: d x¨1 x 2− x¨ 2 x 1= ẋ 1 x 2−x 1 ẋ 2 =0 dt oppure x˙1 x 2−x 1 x˙2=cost. (27,4) Ma per delle funzioni qualsiasi x1 (t) e x2 (t) del tipo (27,3), il primo membro di questa uguaglianza si trova moltiplicato per μ1μ2 quando si sostituisce l'argomento t con T. [infatti sostituendo le (27,3), 1 1 ̇ 1 ̇ 2 1 1 ̇1 ̇2 t /T t / T ln − = x1 x 2 ln − =cost , e la l'uguaglianza diventa 1 2 1 2 T 2 1 2 T 2 1 2 parentesi non muta di valore essendo una funzione periodica] Di conseguenza, perché l'uguaglianza (27,4) sia soddisfatta in ogni caso, occorre evidentemente che si abbia μ1μ2 = 1. (27,5) Si possono trarre altre conclusioni sulle costanti μ1 e μ2 partendo dal fatto che i coefficienti dell'equazione (27,2) sono reali. Se x(t) è un integrale di questa equazione, la funzione complessa coniugata x*(t) deve soddisfare questa stessa equazione. Ne deriva che la coppia di costanti μ1 , μ2 deve coincidere con la coppia μ*1, μ*2 , cioè che si deve avere o μ1 = μ*2 , o che μ1 e μ2 sono reali. Nel primo caso, tenuto conto della (27,5), abbiamo μ1 = 1/μ*1 , cioè |μ1|2 = |μ2|2 = 1; i moduli delle costanti μ1 e μ2 sono uguali ad uno. Nel secondo caso, i due integrali indipendenti dell'equazione (27,2) sono della forma x1 (t) = μt/T Π1(t), x2 (t) =μ- t/T Π2(t), (27,6) dove μ è un numero reale positivo o negativo diverso da uno. Una di queste funzioni (l'una o l'altra a seconda che |μ| > 1 o |μ| < 1)cresce esponenzialmente col tempo. Questo significa che lo stato di quiete del sistema (nella posizione di equilibrio x = 0) sarà instabile: basterà uno scostamento piccolo quanto si vuole da questa posizione per provocare uno spostamento x crescente molto rapidamente nel tempo. Questo fenomeno è chiamato risonanza parametrica. [risonanza generata dalla variazione dei parametri interni del sistema] Sottolineiamo il fatto che se x e ẋ hanno valori iniziali strettamente nulli, rimarranno nulli, cosa che non succede nella risonanza ordinaria (§ 22), in cui lo spostamento cresce nel tempo (proporzionalmente a t) anche se il suo valore iniziale è nullo. Ricaviamo le condizioni, nelle quali si manifesta la risonanza parametrica, per il caso importante in cui la funzione ω(t) differisce poco da un valore costante ω0 ed è una funzione periodica semplice ω2(t) = ω20 (1 + h cos γt), (27,7) [ ω0 è la frequenza propria del sistema, come si vede ponendo h = 0 ] dove la costante h << 1 (consideriamo h positivo, ciò che si può sempre ottenere con una scelta appropriata dell'origine del tempo). Come vedremo più avanti, la risonanza parametrica si presenta con la massima intensità quando la frequenza della funzione ω(t) è prossima al doppio della frequenza ω0 . Poniamo allora: γ = 2ω0 + ε, dove ε << ω0 . Cercheremo la soluzione dell'equazione del moto1 [in base al teorema di Floquet] ẍ 20 [1h cos 2 0t ] x=0 (27,8) nella forma 1 Una equazione di questo tipo (con γ e h arbitrari) è chiamata in fisica matematica equazione di Mathieu. 28 tb tsin 0 t , (27,9) 2 2 dove a(t) e b(t) sono funzioni del tempo che variano lentamente (in rapporto ai fattori cos e sin). In questa forma la soluzione non è evidentemente esatta. In realtà, la funzione x(t) contiene anche dei termini le cui frequenze differiscono da ω0 + ε/2 di un multiplo intero di 2ω0 + ε ; questi termini sono, tuttavia, degli infinitesimi di ordine superiore in rapporto a h, e si possono trascurare in prima approssimazione (ved. Problema 1). Portiamo la (27,9) nella (27,8) ed effettuiamo i calcoli tenendo solo i termini di primo grado in ε [trascurando anche i termini che contengono le derivate seconde di a e b]. Supponiamo anche che ȧ≃ a , ḃ≃b (la validità di questa ipotesi in condizioni di risonanza sarà confermata dal risultato). I prodotti dei fattori trigonometrici devono essere sviluppati sotto forma di somme 1 3 1 cos 0 t⋅cos 2 0 t= cos 3 0 t cos 0 t 2 2 2 2 2 ecc. e in accordo a quanto detto prima, si devono trascurare i termini delle frequenze 3(ω0 + ε/2). Otteniamo alla fine h 0 h 0 − 2 ȧb b 0 sin 0 t 2 ḃ−a a 0 cos 0 t=0. 2 2 2 2 Questa uguaglianza è valida a condizione che i coefficienti di ciascuno dei fattori sin e cos si annullino simultaneamente. Di conseguenza otteniamo un sistema di due equazioni differenziali lineari per le funzioni a(t) e b(t). Secondo la regola generale, cerchiamo una soluzione proporzionale a est . Si ha allora [ a=k e st , ȧ=k s e st =s a ecc.] h 0 1 s a b=0, 2 2 h 0 1 − a−s b=0, 2 2 e, affinché si possano risolvere simultaneamente queste due equazioni, deve essere: x=a tcos 0 [ ] 2 1 h 0 (27,10) s= −2 . 4 2 La condizione di risonanza parametrica è che s sia reale [cioè non un immaginario puro che corrisponde ad un moto limitato nello spazio] (vale a dire s2 > 0)1. Così la risonanza parametrica si verifica nell'intervallo h 0 h 0 (27,11) − 2 2 attorno alla frequenza 2ω02. La larghezza di questo intervallo è proporzionale a h e dello stesso ordine di grandezza dei valori del coefficiente di amplificazione delle oscillazioni s nell'intervallo. La risonanza parametrica si verifica pure per delle frequenze γ di variazione del parametro del sistema vicine a valori come 2ω0 /n , dove n è un numero intero qualsiasi. Tuttavia, quando n cresce, la larghezza dei domini di risonanza (domini di instabilità) diminuisce rapidamente, come hn (ved. problema 2). Il valore del coefficiente di amplificazione delle oscillazioni diminuisce in maniera analoga all'interno di questi [domini]. Il fenomeno della risonanza parametrica esiste anche in presenza di debole attrito nel sistema, ma il dominio di instabilità in questo caso si restringe un po'. Come abbiamo visto al § 25, l'attrito produce una diminuzione dell'ampiezza delle oscillazioni secondo e-λt . Di conseguenza, 2 1 La costante μ nella (27,6) è legata a s dalla relazione μ = -exp(sπω0) (quando si sostituisce t con t + 2π/2ω0 i cos e sin nella (27,9) cambiano di segno). 2 Se si è interessati solamente alle frontiere del dominio di risonanza (e non all'espressione di s in esso), si possono semplificare i calcoli notando che su tali frontiere s = 0 , cioè che i coefficienti a e b nella (27,9) sono costanti; troviamo allora subito i valori ε = ± hω0/2 corrispondenti alle frontiere del dominio (27,11). 29 l'amplificazione delle oscillazioni nel caso di risonanza parametrica segue la legge e(s – λ)t (con s positivo dato dalla soluzione del problema senza attrito), e il limite del dominio di instabilità è determinato dall'uguaglianza s – λ = 0. Così, ricavando s dalla (27,10), otteniamo per il dominio di risonanza, invece della (27,11), la disuguaglianza: − 2 h 0 −4 2 2 2 2 h 0 −4 2 . 2 (27,12) 2 h 0 [ si ha s−= 1 h 0 −2−=0 ; −2=2 , da cui segue la (27,12)]. 2 2 2 Stabilito ciò, sottolineiamo che la risonanza non è possibile per una ampiezza h piccola a piacere, ma solamente per un'ampiezza superiore ad una determinata “soglia” hk , uguale nel caso (27,2) a 4 hk= . 0 Si può dimostrare che, per risonanze in prossimità delle frequenze 2ω0 /n, il valore di soglia hk è proporzionale a λ1/ n , cioè crescente con n. [ Senza addentrarci nel complesso campo dei sistemi dinamici, facciamo riferimento alla voce Parametric oscillator di Wikipedia per vedere una trattazione alternativa della risonanza parametrica. Partiamo dall'equazione dell'oscillatore smorzato: ẍ2 t ẋ 20 t x=0, che, mediante la sostituzione t q = e x, in cui D(t) Dt =∫ d e quindi Ḋt =t , si trasforma nel tipo di equazione già 0 precedentemente studiato: q̈ t2 t q t=0 (salvo la sostituzione di x con q) in cui la frequenza propria variabile vale: 2 t= 20−2 −̇2 . Anche in questo caso possiamo supporre tale parametro uguale ad una quantità costante più una funzione periodica del tempo di piccola ampiezza: Ω2(t) = ω2n (1 + h cos 2ωpt) , e cercare una soluzione del tipo: q(t) = a(t) cos ωpt + b(t) sin ωpt , con a(t) e b(t) grandezze variabili lentamente nel tempo (qui l'indice n sta per naturale, e p per pompaggio, vale a dire l'azione che causa la risonanza). Come prima, sostituiamo la soluzione nell'equazione differenziale, trascurando i termini in ä t e b̈ t nonché quelli contenenti funzioni trigonometriche in 3 ωpt, ottenendo il sistema: h h 2 p ȧ= 2n a− 2p− 2n b , 2 p ḃ=− 2n b 2p− 2n a . 2 2 Mediante una nuova sostituzione: a(t) = r(t) cos θ(t) , b(t) = r(t) sin θ(t), il sistema si trasforma in: ṙ = max r cos 2 , ̇=−max sin 2 −sin 2 eq h 2n 2p −2n 2 = cos 2 , = , sin 2 = , = dove si è posto: max eq max eq 2 4p h n (δ è la “desintonizzazione”); la sua seconda equazione è autonoma, ed inoltre si può scrivere: ̇=−2 max cos eq sin−eq ≃−2 max cos 2 eq −eq =−2 −eq ; si ha: =eqt=0− eq e−2 t , ṙ≃ max cos 2 eq= r , r=r 0 e t , ottenendo infine: −D t− D t− D x=q e =r 0 e cos cos p tsin sin p t =r 0 e cos [t− p t ]. Pertanto x(t) può divergere, ridursi a zero o rimanere limitato a seconda che αt è maggiore, minore o uguale a D. Se indichiamo con λ il valore medio del coefficiente di smorzamento nel periodo, allora D = λt, e quindi la condizione precedente si riduce a confrontare α con λ. a) Nel caso in cui l'attrito è nullo, λ = 0 e si ha risonanza quando |δ| < h/2 perché allora 2 2 è un numero reale positivo. Essendo ≃ p− n ∗2 n= e ωn = ω0 , si = max 1− n h 30 ottiene ∣∣ h 0 , che coincide con la (27,11). 2 2 h 2n 2 b) In presenza di attrito, deve essere come già precisato α > λ, e quindi 1− −0 , che 4p h supponendo di essere in condizioni di risonanza (ωp ≈ ωn ), si può scrivere: 2 h n h 2 2n 2 4 2 16 2 2 1− , 1− 2 2 , −4 2 , condizione coincidente con la (27,12), 2 2 4 h n 4 n h h n a parte la sostituzione di ω0 con ωn .] Problemi 1. Determinare fino alle grandezze dell'ordine di h2 le frontiere del dominio di instabilità, se la risonanza si verifica in prossimità di γ = 2ω0 . Soluzione. Cerchiamo per l'equazione (27,8) una soluzione del tipo x=a 0 cos 0 t b 0 sin 0 ta 1 cos 3 0 t b 1 sin 3 0 t , 2 2 2 2 dove, contrariamente alla (27,9), si tiene conto anche dei termini di ordine maggiore rispetto a h . Siccome siamo interessati solo ai limiti del dominio di instabilità, considereremo i coefficienti a0 , b0 , a1 , b1 , come costanti (ved. nota 2 del paragrafo precedente). Sviluppiamo in somme i prodotti di funzioni trigonometriche per portarle nell'equazione (27,8), lasciando da parte i termini di frequenza 5 0 che sarebbero necessari solo per una approssimazione superiore. Otteniamo: 2 [ [ [ −a 0 0 + ] ] ] [ ] 2 h 20 2 h 0 a 0 a cos 0 t + 4 2 2 1 2 −b0 0 h 20 h 20 2 b 0 b sin 0 t + 4 2 2 1 2 2 2 h 0 h 0 a 0−8 20 a 1 cos 3 0 t b 0−8 20 b1 sin 3 0 t=0. 2 2 2 2 Nei termini di frequenza 0 abbiamo tenuto gli infinitesimi del primo e secondo ordine, e nei 2 termini di frequenza 3 0 quelli del primo ordine [tralasciando i termini contenenti i prodotti a1ε, 2 a1 ε2 ecc.]. Ognuna delle espressioni entro parentesi quadre si deve annullare separatamente. Le ultime due danno: h h a 1= a 0 , b1= b0 , 16 16 e le prime due: h 20 2 h2 20 0 ± − =0. 2 4 32 Risolvendo questa equazione fino ai termini dell'ordine di h2 , otteniamo i valori limiti di ε cercati h 0 1 2 =± − h 0 . 2 32 + 2. Determinare i limiti del dominio di instabilità per una risonanza in prossimità di γ = ω0 . Soluzione. Scrivendo γ = ω0 + ε, otteniamo l'equazione del moto 31 ẍ 20 [1h cos 0t ] x=0. Tenuto che i valori limite cercati sono poco diversi da h2 (ε ≈ h2), cerchiamo una soluzione del tipo x = a0 cos (ω0 + ε)t + b0 sin (ω0 + ε)t + a1 cos 2(ω0 + ε)t + b1 sin 2(ω0 + ε)t + c1 , dove si tiene conto dei termini dei due primi ordini [si trascurano i termini in 3(ω + ε)t e in ε2]. Per determinare le frontiere del dominio di instabilità, consideriamo di nuovo i coefficienti come costanti, e otteniamo: 2 2 h 0 h 0 2 −2 0 a0 a h 0 c1 cos 0 t −2 0 b 0 b sin 0t + 2 1 2 1 [ + ] [ 2 −3 20 a 1 ] [ [ ] ] 2 [ 2 ] h 0 h 0 h 0 a 0 cos 2 0t −3 20 b1 b0 sin 2 0t c1 20 a =0. 2 2 2 0 Si ricavano h h h a 1= a 0 , b1= b0 , c 1=− a 0 , 6 6 2 e infine i due limiti 5 1 =− h 2 0 , = h 2 0 . 24 24 3. Trovare le condizioni di risonanza parametrica per le piccole oscillazioni di un pendolo piano il cui punto di sospensione oscilla su una verticale [a = ampiezza delle oscillazioni del punto di sospensione, frequenza = γ ]. ml 2 2 g a ̇ ml 2 2 cos t cos ], trovata nel Soluzione. La funzione di Lagrange [ L= 2 l l problema 3 c § 5 fornisce l'equazione del moto per piccole oscillazioni (φ « 1) a ̈20 14 cos 2 0t =0 [ γ = 2ω0 + ε , γ2 ≈ 4ω02 ] l (dove ω02 = g/l ). E' chiaro che il rapporto 4a/l ha il ruolo del parametro h introdotto nel testo. La condizione (27,11), per esempio, assume la forma 2a g ∣∣ 3/ 2 . l § 28. Oscillazioni anarmoniche Tutta la teoria delle piccole oscillazioni esposta precedentemente è basata su uno sviluppo delle energie potenziale e cinetica del sistema rispetto alle coordinate e alle velocità in cui si conservano solo i termini del secondo ordine; le equazioni del moto sono pertanto lineari, ed è questo che ci ha permesso in questa approssimazione di parlare di oscillazioni lineari. Anche se questo sviluppo è del tutto legittimo quando le ampiezze delle oscillazioni sono sufficientemente piccole, il fatto di tener conto delle approssimazioni successive (cioè dell'anarmonicità o non-linearità delle oscillazioni) conduce tuttavia alla comparsa di particolarità del moto che, per quanto deboli, sono qualitativamente nuove. Effettuiamo lo sviluppo della funzione di Lagrange fino ai termini del terzo ordine. Nell'energia potenziale appaiono allora dei termini di terzo grado rispetto alle coordinate xi , e nell'energia cinetica, dei termini contenenti dei prodotti delle velocità e delle coordinate della forma ẋ i x˙k x l ; tale differenza rispetto all'espressione (23,3) è legata al fatto che noi conserviamo dei termini del primo ordine rispetto a x nello sviluppo delle funzioni aik(q). Di conseguenza, la funzione di Lagrange prenderà la forma 1 1 1 L= ∑ mik ẋi x˙ k −k ik x i x k ∑ nikl ẋ i x˙k x l − ∑ l ikl x i x k x l , (28,1) 2 i ,k 2 i ,k,l 3 i ,k ,l 32 dove le nikl , likl sono dei nuovi coefficienti costanti. Se si passa da coordinate generiche xi alle coordinate normali Qα (approssimazione lineare), in conformità al carattere lineare di questa trasformazione, la terza e quarta somma nella (28,1) si trasformeranno in analoghe somme dove le Q e Q̇ sostituiranno le coordinate x i e le velocità ẋ i . Indicando con λαβγ e μαβγ i coefficienti in queste somme, otteniamo per la funzione di Lagrange 1 1 1 L= ∑ Q̇2− 2 Q 2 ∑ Q̇ Q̇ Q − ∑ Q Q Q . (28,2) 2 2 , , 3 , , Non scriveremo tutte le equazioni del moto che derivano da questa funzione di Lagrange. L'essenziale è che esse hanno la forma Q̈2 Q= f Q , Q̇ , Q̈ , (28,3) dove le fα sono delle funzioni omogenee del secondo ordine delle coordinate Q e delle loro derivate rispetto al tempo. Applicando il metodo delle approssimazioni successive, cerchiamo per queste equazioni una soluzione del tipo Q=Q1 Q 2 , (28,4) dove Q2 ≪Q1 e dove le funzioni Q1 soddisfano le equazioni “non perturbate” Q¨1 2 Q 1 =0, cioè rappresentano delle oscillazioni armoniche ordinarie Q1 =a cos t . (28,5) Per l'applicazione seguente, conservando nel secondo termine delle equazioni (28,3) solo i termini del secondo ordine, otteniamo per le Q2α le equazioni Q¨2 2 Q2 = f Q 1 , Q̇1 , Q̈1 , (28,6) nel cui secondo membro si devono introdurre le espressioni (28,5) [trascurando cioè il contributo delle Q2α]. In definitiva, otteniamo delle equazioni differenziali lineari non omogenee, di cui si può trasformare il secondo membro in somme di funzioni periodiche semplici. Così per esempio Q1 Q1 =a a cos t cos t = 1 a a {cos [ t ]cos[− t − ]}. = 2 Così, nel secondo membro delle equazioni (28,6), si trovano dei termini corrispondenti a oscillazioni di frequenze uguali alle somme e differenze delle frequenze proprie del sistema. Bisogna cercare la soluzione di queste equazioni in una forma che contenga gli stessi fattori periodici, e arriviamo alla conclusione che, nella seconda approssimazione, alle oscillazioni normali del sistema, di frequenze ωα , si sovrappongono delle oscillazioni supplementari di frequenze ± (28,7) (in particolare le frequenze doppie 2ωα e la frequenza 0 corrispondente ad uno spostamento costante). Queste frequenze sono dette combinatorie. Le ampiezze delle oscillazioni combinatorie sono proporzionali ai prodotti aα aβ (o ai quadrati a2α) corrispondenti alle oscillazioni normali. Nelle approssimazioni seguenti, dove si tiene conto dei termini di ordine più elevato nello sviluppo della funzione di Lagrange, compaiono delle oscillazioni combinatorie le cui frequenze sono delle somme e delle differenze di un maggior numero di frequenze ωα . Inoltre vediamo anche comparire un nuovo fenomeno. In effetti, a partire dalle approssimazioni del 3° ordine, si trovano, tra le frequenze combinatorie, delle frequenze che coincidono con le frequenze principali ωα (cioè ωα + ωβ - ωβ ). Applicando il metodo prima descritto al secondo membro delle equazioni del moto, si avranno di conseguenza dei termini di risonanza che faranno comparire, nella soluzione, dei termini la cui ampiezza crescerà nel tempo. Tuttavia è fisicamente evidente che in un sistema chiuso, in assenza di sorgenti esterne di energia, non si può produrre un aumento spontaneo dell'intensità delle vibrazioni. In effetti, nelle approssimazioni di grado superiore, c'è una variazione delle frequenze 33 fondamentali ωα rispetto ai corrispondenti valori non perturbati ω0 α che figurano nell'espressione quadratica dell'energia potenziale. La comparsa di termini crescenti nella soluzione è legata ad uno sviluppo del tipo cos 0 t≃cos 0 t−t sin 0 t , [ cos ≃1 ] evidentemente illegittimo quando t è sufficientemente grande. E' per questo motivo che quando si passa alle approssimazioni seguenti, il metodo delle approssimazioni successive deve essere modificato in modo tale che i fattori periodici che figurano nella soluzione contengano fin dall'inizio dei valori esatti, e non approssimati, delle frequenze. Le variazioni delle frequenze sono esse stesse determinate, nella soluzione delle equazioni, proprio dalla condizione che non ci siano dei termini di risonanza. Applichiamo questo metodo a delle oscillazioni anarmoniche ad un grado di libertà; scriviamo la funzione di Lagrange: 2 m x˙2 m 0 2 m 3 m 4 (28,8) L= − x− x− x . 2 2 3 4 L'equazione del moto corrispondente è: ẍ 20 x=− x 2− x 3 . (28,9) Noi ne cercheremo la soluzione sotto forma di una serie di approssimazioni successive x = x1 + x2 + x3 , dove x1 = a cos ωt (28,10) con un valore esatto per ω che sarà anch'esso cercato successivamente sotto forma di una serie ω = ω0 + ω1 + ω2 + …. (si può sempre, con un'opportuna scelta dell'origine dei tempi, annullare la fase iniziale in x1). Tuttavia la forma (28,9) dell'equazione del moto non è del tutto adatta, poiché quando vi si introduce la (28,10), il primo membro non si annulla esattamente. Scriveremo perciò inizialmente tale equazione nella forma equivalente 20 20 2 2 3 ẍ 0 x=− x − x − 1− 2 ẍ . (28,11) 2 Introducendo in essa x = x1 + x2 , ω = ω0 + ω1 e trascurando gli infinitesimi di ordine 20 20 2 2 x ẍ x x =− x − 1− x¨1 x¨2 , superiore, otteniamo per x2 l'equazione [ 2 0 1 2 1 2 ¨1 2 dove la funzione f dell'equazione (28,3) si riduce al primo termine in questo livello di approssimazione; si ha 2 20 0 2 2 2 2 2 ẍ 0 x 1=0, e semplificando si ottiene: x¨20 x 2= f 1 − 1− 2 x¨1=− x 1 −0 x1 , 2 1 2 2 dove − 0=− 0 0≃2 1 0 ] a 2 a 2 2 2 2 x¨20 x 2=− a cos t 2 0 1 a cos t=− − cos2 t20 1 a cos t . 2 2 La condizione imposta che non vi siano termini di risonanza nel secondo membro comporta semplicemente ω1 = 0, in accordo col metodo di ricerca della seconda approssimazione esposto all'inizio di questo paragrafo. Possiamo ora risolvere nel modo solito questa equazione lineare non omogenea, e troviamo [ovviamente si ignora la soluzione dell'omogenea associata: k cos (ω0t + φ) che introdurrebbe una componente di risonanza] a 2 a2 x 2=− cos 2 t . (28,12) 2 2 2 0 6 0 Successivamente, portando nella (28,11) x = x1 + x2 + x3 , ω = ω0 + ω2 , otteniamo per x3 l'equazione x¨3 20 x 3=−2 x1 x 2− x132 0 2 x1 34 2 [come prima, partendo da: 2 0 x x¨ 2 x¨3 20 x1 x 2 x3 = f 2− 1− 02 x¨1 x¨2 x¨3 , in cui 2 ¨1 f 2=− x 1 x 22− x 1x 2 3 e x¨220 x 2= f 1 (essendo nullo il termine 20 1− 2 ẍ 1 in questo 20 livello di approssimazione), si ha: x¨3 x 3 f 1= f 2− 1− 2 ẍ1 ] cioè, portando nel secondo membro le espressioni (28,10) e (28,12), dopo una semplice trasformazione: 2 5a 2 2 3 2 x¨3 20 x 3=−a 3 cos 3 ta 2 − a cos t . 0 2 4 6 20 6 20 4 2 0 [ ] [ ] [correzione di un segno; nello sviluppo del cubo si è tenuto solo il primo termine] Uguagliando a zero il coefficiente del fattore di risonanza cos ωt noi troviamo una correzione della frequenza fondamentale proporzionale al quadrato dell'ampiezza della vibrazione: 2 3 5 2= − a2 . (28,13) 3 8 0 12 0 L'oscillazione combinatoria è quindi del terzo ordine: 3 2 a x 3= − cos 3 t . (28,14) 2 2 16 0 3 0 2 § 29. Risonanza nelle oscillazioni non lineari I termini anarmonici nelle oscillazioni forzate di un sistema coinvolgono la comparsa di proprietà sostanzialmente nuove nei fenomeni di risonanza. Aggiungendo al secondo membro dell'equazione (28,9) una forza esterna periodica (di frequenza γ) si ottiene: f 2 2 3 ẍ2 ẋ 0 x= cos t − x − x , (29,1) m dove abbiamo scritto anche la forza di attrito, con coefficiente di smorzamento λ (che sarà nel seguito considerata piccola). Strettamente parlando, quando si tiene conto dei termini non lineari nell'equazione delle oscillazioni libere, si devono anche considerare i termini di ordine superiore nell'ampiezza della forza esterna, termini che corrispondono ad una possibile dipendenza di quest'ultima nei confronti dello spostamento x . Se non scriviamo questi termini, è unicamente per semplificare le formule; in effetti, essi non cambiano l'aspetto qualitativo dei fenomeni. Sia γ = ω0 + ε (con ε piccolo), vale a dire che ci troviamo in prossimità della risonanza ordinaria. Per chiarire il carattere del moto possiamo evitare uno studio diretto dell'equazione (29,1), si si utilizzano le considerazioni seguenti. Nell'approssimazione lineare, la relazione tra l'ampiezza b dell'oscillazione forzata da una parte, l'ampiezza f e la frequenza γ della forza esterna dall'altra, è data in prossimità della risonanza dalla formula (26,7) che scriveremo f2 2 2 2 b = . (29,2) 2 2 4 m 0 Il carattere non lineare delle oscillazioni conduce ad una relazione tra la loro frequenza propria e l'ampiezza; scriviamola nella forma 0 b2 , (29,3) 35 dove la costante κ si esprime in funzione dei coefficienti di anarmonicità (ved. (28,13)) [osservando la formula, si può supporre che in generale κ sia positivo] . Sostituiamo di conseguenza nella formula (29,2) (più esattamente nella differenza piccola γ – ω0 ) ω0 con ω0 + κb2 [ cioè ε = γ – ω0 con ε = (γ – ω0) – κb2 ]. Conservando la notazione ε = γ – ω0 otteniamo alla fine l'equazione f2 b 2 [ − b2 22 ] = (29,4) 4 m2 20 [andamento dell'ampiezza vicino alla risonanza] oppure 2 f = b ± −2 . 2 m 0 b L'equazione (29,4) è di terzo grado in b2 , e le sue radici reali determinano l'ampiezza delle oscillazioni forzate. Esaminiamo la relazione tra questa ampiezza e la frequenza della forza esterna per una data ampiezza f di questa. [La curva y = x [(ε – κx)2 + λ2] , che è il valore del 1° membro della (29,4) con x = b2 > 0, è una parabola cubica; la derivata dy/dx = ε2 – 4κεx + 3κ2x2 + λ2 si annulla in due punti 2 ± 2−3 2 di ascissa positiva: x 1,2= se 0 e ≥ 3 ; abbiamo in tal caso un massimo 3 seguito da un minimo, e pertanto una retta orizzontale incontra la curva in uno oppure tre punti]. Per valori sufficientemente piccoli di f l'ampiezza b è anch'essa piccola, di modo che nella (29,4) si possono trascurare i gradi di b superiori al secondo, ciò che ci riporta alla funzione b(ε) (29,2) rappresentata da una curva simmetrica avente il suo massimo nel punto ε = 0 (Fig. 32,a). Man mano che f aumenta la curva si deforma, conservando dapprima il suo aspetto, cioè con un solo massimo (Fig. 32,b); quest'ultimo si sposta (per κ > 0) nel verso delle ε positive. Delle tre radici dell'equazione (29,4) una sola è in questo caso reale. Tuttavia, a partire da un certo valore f = fk (che definiremo più avanti), il carattere della curva cambia. Per ogni valore di f > fk esiste un determinato dominio di frequenze in cui l'equazione (29,4) ha tre radici reali; a questo dominio corrisponde la parte BCDE della curva sulla Fig. 32,c. [il cosidetto effetto foldover] db =∞ nei punti D e C. Derivando I limiti di questo dominio sono definiti dalla condizione d la (29,4) rispetto a ε si ottiene db −b b3 = 2 2 . d −4 b232 b 4 Si determina quindi la posizione dei punti D e C risolvendo contemporaneamente l'equazione [ =2 b2 ± 2 b 4− 2 ] (29,5) 2−4 b 2 3 2 b4 2=0 e l'equazione (29,4); i valori corrispondenti di ε sono tutti e due positivi. Il valore massimo db =0 . Si ha allora ε = κb2 e la (29,4) dà dell'ampiezza è raggiunto nel punto d f b max= ; (29,6) 2 m 0 questo valore coincide con il massimo fornito dalla relazione (29,2). Si può dimostrare (ma noi non ci fermeremo qui) che delle tre radici reali dell'equazione (29,4), la radice media (cioè la parte CD della curva, rappresentata in tratteggio nella Fig. 32,c) corrisponde a oscillazioni instabili del sistema [infatti se ε cresce, b cresce e ω = ω0 + κb2 cresce anch'esso, quindi cresce a sua volta ε che rappresenta lo scostamento della frequenza da ω0 , e viceversa se ε diminuisce]: ogni azione, piccola quanto si voglia, su un sistema che si trovi in questa condizione, condurrebbe ad un regime oscillatorio corrispondente alla radice massima o alla radice minima (cioè ai tratti BC o DE della curva). In tal modo, solo i tratti ABC e DEF corrispondono a delle oscillazioni reali del sistema. La presenza di un dominio di frequenze che ammette due ampiezze diverse di oscillazione 2 36 costituisce una particolarità notevole. Così, quando la frequenza della forza esterna aumenta gradualmente, l'ampiezza delle oscillazioni forzate cresce secondo la curva ABC. Nel punto C si produce una “rottura” dell'ampiezza che scende bruscamente al valore corrispondente al punto E, poi varia lungo la curva EF (quando la frequenza continua ad aumentare). Se ora si diminuisce di nuovo la frequenza della forza esterna, l'ampiezza delle oscillazioni forzate varia seguendo la curva FD, salta dal punto D al punto B, poi diminuisce seguendo BA. [fenomeno dell'isteresi] Per calcolare il valore di fk , notiamo che esso rappresenta il valore di f per il quale le due radici dell'equazione (29,5) di secondo grado rispetto a b2 coincidono; per f = fk tutto il tratto CD si riduce ad un punto di flesso [ad asse verticale]. Uguagliando a zero il discriminante dell'equazione (29,5), si ottiene κ2b4 = λ2 ; la radice corrispondente dell'equazione è ε = 2κb2. Portando questi valori di b e ε nella (29,4), si trova: 8 m2 02 3 2 (29,7) f k= . ∣∣ Oltre al cambiamento di carattere dei fenomeni di risonanza per frequenze γ ≈ ω0 , la non linearità delle oscillazioni conduce anche alla comparsa di nuove risonanze nelle quali oscillazioni con frequenza vicina a ω0 vengono eccitate da una forza esterna la cui frequenza differisce sostanzialmente da ω0 . [vengono esaminati due casi di questo tipo, e un terzo nei Problemi] [Primo caso] Sia γ ≈ ω0 /2 la frequenza della forza esterna, cioè =0 . Nella prima approssimazione (approssimazione lineare) essa provoca nel sistema delle oscillazioni della stessa frequenza e di ampiezza proporzionale all'ampiezza della forza: 4f x 1= cos 0 t 2 2 3 m 0 2 2 2 2 0 (in accordo alla formula (22,4)) [in cui si pone: 0− ≃0 − = 3 20 ] . Ma quando si tiene 4 4 conto dei termini non lineari, nella seconda approssimazione, queste oscillazioni fanno comparire nel secondo membro dell'equazione del moto (29,1) un termine di frequenza 2γ ≈ ω0 . Portiamo x1 nell'equazione [secondo lo schema (28,6)] x¨22 ẋ 2 20 x 2 x 22 x 32=− x 21 , introducendo il coseno dell'angolo doppio e considerando nel secondo membro solo il termine di 37 risonanza [e non invece il termine costante], si ottiene: −8 f 2 x¨22 ẋ 2 20 x 2 x 22 x32= cos 02 t . (29,8) 9 m2 40 Questa equazione differisce dalla (29,1) unicamente per il fatto che al posto dell'ampiezza della forza f , contiene un'espressione proporzionale a f 2 . Questo significa che compare una risonanza dello stesso tipo di quella che è stata considerata precedentemente per le frequenze γ ≈ ω0 , ma di intensità minore. La funzione b(ε) si ottiene sostituendo f con -8αf 2/9mω04 [ cioè f/m con -8αf 2 /9m2ω04] (e ε con 2ε) nell'espressione (29,4): 16 2 f 4 2 2 2 2 b [2 − b ]= . (29,9) 4 10 81 m 0 [Secondo caso] Sia ora γ = 2ω0 + ε la frequenza della forza esterna. Nella prima approssimazione abbiamo [ω02 – γ2 ≈ -3ω02 ] f x 1=− cos 2 0t . 3 m 20 Sostituendo x = x1 + x2 nell'espressione (29,1) non otteniamo dei termini col carattere di una forza esterna di risonanza, com'era nel caso precedente. Compare tuttavia una risonanza di tipo parametrico col termine del terzo ordine proporzionale al prodotto x1x2 . Se di tutti i termini non lineari si conserva solamente questo, si otterrà per x2 l'equazione x¨22 ẋ 2 20 x 2=−2 x 1 x 2 f 2 cos 2 0 t , − x 1 ] ovvero [termini ignorati: m 2 f x¨22 ẋ 2 20 1− cos 2 0 t x 2 =0, (29,10) 3 m 40 cioè un'equazione del tipo (27,8) (tenendo conto dell'attrito), che conduce, come ormai sappiamo, ad una instabilità delle oscillazioni in un intervallo di frequenze determinato. Tale equazione non è tuttavia sufficiente per determinare l'ampiezza risultante delle oscillazioni. Questa ampiezza dipende dagli effetti di non linearità; per tener conto di questi, bisogna conservare nell'equazione del moto i termini non lineari rispetto a x2 : 2 f x¨22 ẋ 2 20 x 2 x 22 x32= cos 2 0t⋅x 2 . (29,11) 2 3 m 0 L'osservazione che stiamo per fare permette di semplificare notevolmente lo studio di questo problema. Ponendo nel secondo membro della (29,11) x 2=b cos 0 t 2 (dove b è l'ampiezza cercata delle oscillazioni di risonanza e δ è uno sfasamento costante che non è essenziale per il seguito) e scrivendo il prodotto dei due fattori periodici sotto forma di somma di due coseni, otteniamo il termine di risonanza ordinaria f b cos 0 t− 2 2 3 m 0 (rispetto alla frequenza propria ω0 del sistema). Quindi il problema è nuovamente ricondotto a quello della consueta risonanza in un sistema non lineare, che abbiamo studiato all'inizio del paragrafo, e come unica differenza quella che c'è adesso la quantità αf b/3ω02 che compare al posto dell'ampiezza della forza esterna (e che al posto di ε abbiamo ε/2). Effettuiamo questa sostituzione nell'equazione (29,4), ed abbiamo [ [ ] [ ] 38 ] [ ] 2 2 f 2 b2 − b2 2 = . 2 36 m2 20 Risolvendo questa equazione rispetto a b , otteniamo per l'ampiezza i seguenti valori possibili: b=0 , (29,12) b2 [ [ 2 ] ] 1 2 f −2 , 3 6 m 0 1 b= − 2 f −2 . 3 6 m 0 b 2= 2 2 (29,13) (29,14) La relazione tra b e ε così ottenuta è rappresentata in Fig. 33 (per κ > 0; se κ < 0 le curve sono dirette in senso inverso). I punti B e C corrispondono ai valori [si ritrovano i limiti (27,12) dell'instabilità] 2 f =± −4 2 . 3 3 m 0 A sinistra del punto B è possibile solo il valore b = 0 , vale a dire che non c'è risonanza e che le oscillazioni di frequenza ≈ ω0 non sono provocate. Nell'intervallo tra B e C abbiamo due radici: b = 0 (segmento BC in Fig. 33) e l'espressione (29,13) (ramo BE). Infine, a destra del punto C coesistono le tre radici (29,12), (29,13), e (29,14). Tuttavia questi valori non corrispondono tutti ad un regime di oscillazione stabile. Il valore b = 0 è instabile nella parte BC1, e si può dimostrare che il regime corrispondente alla radice (29,14) (intermedio tra le altre due) è sempre instabile. In Fig. 33 i valori instabili sono rappresentati in tratteggio. Seguiamo per esempio il comportamento di un sistema inizialmente “in quiete”2 mentre si diminuisce gradualmente la frequenza della forza esterna. Prima che sia raggiunto il punto C, si ha sempre b = 0, poi si produce una “rottura” di questo stato e si passa sul ramo EB. Se ε continua a diminuire, l'ampiezza delle oscillazioni diminuisce fino a zero nel punto B. Se allora si aumenta la frequenza, l'ampiezza delle oscillazioni crescerà seguendo la curva BE3. I casi di risonanza che abbiamo considerato sono i casi fondamentali che si producono in un 1 Questo intervallo corrisponde proprio al dominio di risonanza parametrica (27,12) e dal confronto tra la (29,10) e la (27,8) si ha |h| = 2αf/3mω04. La condizione |2αf /3mω03|>4λ per cui è possibile l'esistenza del fenomeno considerato, corrisponde alla disuguaglianza h > hk . 2 Ricordiamo che qui consideriamo solo le oscillazioni di risonanza. La loro assenza non significa dunque in senso letterale che il sistema sia in quiete; vi si verificheranno delle deboli oscillazioni forzate di frequenza γ . 3 Non bisogna dimenticare che tutte queste formule sono valide solo fintanto che l'ampiezza b (e ε) rimane abbastanza piccola. In effetti, le curve BE e CF non sono infinite, ma si ricongiungono ad un certo punto; quando lo si raggiunge, il regime di oscillazione “si arresta” e si ha b = 0. 39 sistema con oscillazioni non lineari. Nelle approssimazioni superiori, fenomeni di risonanza compaiono anche su altre frequenze. Strettamente parlando, si deve avere risonanza per ogni p 0 frequenza γ tale che nγ + mω0 = ω0 (n, m interi), cioè per ogni = dove p e q sono q anch'essi numeri interi. Tuttavia, man mano che si aumenta il grado di approssimazione, l'intensità dei fenomeni di risonanza (come pure l'ampiezza dei domini di frequenza in cui devono verificarsi) diminuisce ad una velocità tale che in realtà si possono osservare le risonanze solo per frequenze γ ≈ pω0 /q dove p e q sono piccoli. Problema Determinare la funzione b(ε) per una risonanza alle frequenze γ ≈ 3ω0. Soluzione. Nella prima approssimazione f x 1=− cos 3 0 t . 8 m 20 Nella seconda approssimazione (x2) si ricava dalla (29,1) l'equazione x¨22 ẋ 2 20 x 2 x 22 x 32=−3 x 1 x 22 , dove al secondo membro abbiamo scritto solo il termine che dà la risonanza considerata. Sostituendovi x 2=b cos 0 t 3 e ricavando il termine di risonanza dal prodotto dei tre coseni [ cos 3 0t⋅cos 2 0 /3 t = = cos 3 0t⋅1/2 [1cos 2 02/3t ]=1 /2 cos 0/3t.... ; coefficiente: 3 f 2 1 ⋅b ⋅ ] , otteniamo nel secondo membro dell'equazione l'espressione 4 8 m 20 [ ] [ ] 3 b2 f cos 0 t−2 . 2 3 32 m 0 Di qui è chiaro che la relazione tra b e ε si ottiene sostituendo nella (29,4) f con 3βb2f /32ω02 e ε con ε/3 : [ ] 2 1 3 b2 f 9 2 f 2 4 2 2 4 A= ⋅ b −b = 12 2 6 b ≡A b [ 3 4 20 32 m 02 2 m 0 Questa equazione ha come radici: A 1 A A2 b=0, b2 = 2 ± −2 . 3 2 3 4 2 2 In Fig. 34 è rappresentato graficamente il carattere della relazione tra b e ε (per κ > 0). Solo il valore b = 0 (asse delle ascisse) e il ramo AB corrispondono a dei regimi stabili. Al punto A corrispondono i valori k = 40 3 4 2 2−A2 4 2 2 A2 , b2k = . 4 A 4 2 A 2 ] . Il regime oscillatorio [di risonanza] esiste solamente per ε > εk , con un'ampiezza b > bk . Poiché lo stato b = 0 è sempre stabile, ci vuole un “impulso” iniziale per eccitare le oscillazioni. Le formule ottenute sono valide solo per piccoli ε . La piccolezza di ε garantisce quella di λ, se l'ampiezza della forza soddisfa alla condizione A ~ λ . [In effetti A, proporzionale all'ampiezza della forza, non è confrontabile con λ essendo di natura dimensionale diversa; si può eventualmente dire che A deve essere dello stesso ordine di grandezza di κλ, come si vede ad esempio dall'espressione di εκ ] § 30. Moto in un campo con oscillazioni veloci. Consideriamo il moto di una particella sottoposta simultaneamente all'azione di un campo costante U e di una forza f = f1 cos ωt + f2 sin ωt , che varia nel tempo con una frequenza ω elevata (f1 e f2 sono funzioni delle sole coordinate). Per frequenza “elevata” intendiamo una frequenza che risponde alla condizione ω >> 1/T dove T è l'ordine di grandezza del periodo del moto che la particella effettuerebbe nel solo campo U . Il valore della forza f non è supposto piccolo in relazione alle forze che agiscono nel campo U . Ammetteremo tuttavia che lo spostamento oscillatorio della particella prodotto da questa forza sia piccolo (tale spostamento sarà indicato nel seguito con ξ ). Per semplificare i calcoli, consideriamo dapprima un moto lineare nel campo, dipendente solo da una delle coordinate spaziali, sia essa x . L'equazione del moto della particella è allora1 dU m ẍ=− f . (30,2) dx Dato il tipo di campo che agisce sulla particella, è chiaro a priori che il moto di questa apparirà come uno spostamento lungo una traiettoria “non perturbata”, accompagnato da piccole oscillazioni (di frequenza ω) attorno a questa traiettoria. Scriviamo allora la funzione x(t) nella forma x(t) = X(t) + ξ(t) , (30,3) dove ξ(t) rappresenta le piccole oscillazioni in questione. Il valore medio della funzione ξ(t) nel corso di un periodo 2π/ω è nullo, e durante lo stesso tempo la funzione X(t) varia molto poco. Indicando il valore medio con un trattino sopra la lettera, abbiamo dunque x= X t , cioè la funzione X(t) descrive il moto “non perturbato” medio della particella rispetto alle oscillazioni veloci. Cerchiamo l'equazione che determina questa funzione2. Portando la (30,3) nella (30,2) e sviluppando rispetto alle potenze di ξ (fino ai termini del primo dU d U ∂ U d X ∂U d ∂U = =0 ] ordine), si ottiene: [sviluppo di attorno a X: , dx d x ∂ X d x ∂ d x ∂ dU d 2U ∂f m Ẍ m ̈=− − f X ,t . (30,4) 2 dX ∂X dX In questa equazione figurano due gruppi di termini di tipo diverso: oscillanti e “non perturbati”; essi devono evidentemente stare in relazione tra di loro in ciascuno di questi due gruppi. Per i termini oscilli, è sufficiente scrivere: (30,5) m ̈= f X ,t , gli altri contengono il fattore piccolo ξ , e di conseguenza sono piccoli in relazione a quelli che abbiamo scritto (per quanto riguarda la derivata ̈ , essa è proporzionale a ω2 che è grande, e quindi non può essere considerata come piccola). Integriamo l'equazione (30,5) ricavando f dalla (30,1) [quindi si può scrivere f(ξ,t) = f0(ξ) cos (ωt – φ) ] (essendo considerata come costante la grandezza X ), e abbiamo: f =− . [è quindi un campo di forze di tipo elastico] (30,6) m 2 1 La coordinata x non è necessariamente cartesiana, e il coefficiente m non è necessariamente la massa della particella, né necessariamente costante. Questa ipotesi comunque non influisce sul risultato finale (ved. più oltre). 2 L'idea del metodo che segue appartiene a Kapitsa (1951). 41 Calcoliamo ora la media nel tempo dell'equazione (30,4) (nel senso indicato precedentemente). Poiché i valori medi delle prime potenze di f e ξ si annullano, otteniamo l'equazione 2 2 d U d U m ̈= f =0, = =0 ] [ 2 2 dx dx 2 dU ∂f dU 1 ∂f dU 1 ∂ f m Ẍ =− =− − f , − [= − ] dX ∂X d X m 2 ∂ X d X m 2 ∂ X che contiene solo più la funzione X(t) . Scriviamola infine nella forma: d U eff (30,7) m Ẍ =− , dX in cui l'”energia potenziale efficace” è definita da1 [ f 2= f 21 cos 2 t f 22 sin 2 t f 1 f 2 sin 2 t , 1 2 2 cos t=sin t= , sin 2 t=0 ] 2 1 1 2 2 2 U eff =U f =U f 1 f 2 . (30,8) 2 2 2 m 4 m Confrontando questa espressione con la (30,6), è facile vedere che il termine supplementare (rispetto al campo U ) non rappresenta altro che l'energia cinetica media del moto oscillatorio: ∣f∣ m 2 U eff =U ˙ . [ ∣̇∣= ] (30,9) 2 m Così, il moto medio della particella rispetto alle oscillazioni si svolge come se, oltre al campo costante [nel tempo] U, agisse un campo supplementare ugualmente costante dipendente dal quadrato dell'ampiezza di un campo variabile. Si può facilmente generalizzare il risultato ottenuto al caso di un sistema con un numero qualsiasi di gradi di libertà, rappresentato dalle sue coordinate generalizzate qi . Per l'energia potenziale efficace si ottiene (al posto della (30,8)) l'espressione a 1 U eff =U a −1 f i f k =U ∑ ik ̇i ˙k , (30,10) 2 ∑ ik 2 i ,k i ,k 2 dove le a−1 (in generale funzioni delle coordinate) sono gli elementi dell'inversa della matrice dei ik coefficienti aik dell'energia cinetica del sistema (ved. (5,5)). [se con ξ e f indichiamo adesso i vettori (colonna) spostamenti e forze, e con A la matrice delle masse, si ha ̇=i t , A ̈= f =−2 A , 1 −1 1 −1 =− 2 A f , ' =− 2 f ' A (l'apice indica il vettore riga); l'energia cinetica è la forma quadratica 1 1 1 i i −1 1 −1 −1 −1 T = ∑ a i k ̇ i ˙k = ̇' A ̇= − f ' A A − A f = f ' A AA f = 2 2 2 2 2 1 f ' A−1 f , quindi nell'espressione contenente le forze compare l'inversa della matrice delle masse] = 2 2 Problemi 1. Determinare le posizioni di equilibrio stabile di un pendolo il cui punto di sospensione effettua delle oscillazioni verticali di frequenza γ elevata ( ≫ g /l ). Soluzione. La funzione di Lagrange ottenuta nel problema 3 c del § 5 ci dà per la forza variabile dU f = - mlaγ2 cos γt sin φ [essendo U = -mgl cos φ -malγ2 cos γt cos φ, e f =− ] d (la grandezza x è rappresentata qui dall'angolo φ). Da qui ricaviamo l'”energia potenziale efficace” [la “massa” è in questo caso data da ml2 come si vede dall'espressione dell'energia cinetica; inoltre si ha 1 Se m dipende da x , è facile verificare, mediante un calcolo un po' più lungo, che le formule (30,7) e (30,8) rimangono valide. 42 1 1 2 2 2 2 41 2 f = m l a sin ] 2 2 2 2 2 2ml 2ml a 2 2 2 U eff =mgl −cos sin . 4gl Le posizioni di equilibrio stabile corrispondono al minimo di questa funzione. La direzione verticale verso il basso (φ = 0) è sempre stabile. Se la condizione a2γ2 > 2gl è soddisfatta, la posizione verticale verso l'alto (φ = π) sarà anch'essa stabile [pendolo rovesciato. Una −8 g l terza posizione di equilibrio ma instabile corrisponde all'angolo =arc cos 2 2 ] a 2. Stesso problema per un pendolo il cui punto di sospensione oscilla orizzontalmente. Soluzione. Sulla base della funzione di Lagrange ottenuta nel problema 3 b del § 5, troviamo a 2 f = mlaγ2 cos γt cos φ e [ U =−mgl cos cos t sin ] g a 2 2 U eff =mgl −cos cos 2 . 4gl Se a2γ2 < 2gl , la posizione φ = 0 è stabile. Ma se a2γ2 > 2gl , il valore 2gl coa = 2 2 a corrisponde ad un equilibrio stabile. 43