Attualità in tema di poliposi colica familiare

Attualità in tema di poliposi colica familiare
Concetta Dodaro
Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate
Università di Napoli “Federico II”
Tel: +39 081 746.25.16, Fax: +39 081 746.25.16, email: [email protected]
Abstract
La FAP è una sindrome relativamente rara a trasmissione autosomica dominante. Rappresenta una condizione
precancerosa “obbligata. La malattia è dovuta alla mutazione del gene APC. È recente la scoperta del ruolo del
gene MutYH. Attualmente alcune novità in campo nosografico, diagnostico e clinico meritano una
puntualizzazione.
Keywords
FAP, Cancro colo rettale, Mutazioni geniche, CHRPE
1. MANIFESTAZIONI CLINICHE
La FAP ha un’incidenza stimata in Italia di 1 caso ogni 7.000-23.000 nati vivi. Il quadro clinico classico è
caratterizzato dall’insorgenza (in media intorno ai 25 anni) di 100-1000 polipi su tutto il colon, di piccole
dimensioni (< 1 cm), sessili o peduncolati, tubulari, villosi e tubulo-villosi; esordio sintomatologico intorno a
33 anni (diarrea muco-sanguinolenta, dolori addominali crampiformi).
Alcuni pazienti presentano un numero basso di adenomi (< 50) ed un’età d’insorgenza in età più
avanzata dei polipi (10-15 anni dopo la forma classica) e del cancro (55 anni), localizzati per lo più
nel tratto prossimale del colon, e sono inquadrati in una varinte definita “Attenuated Familial
Polyposis Coli (AFAP) o “hereditary flat adenoma syndrome”.
Accanto ai polipi colici possono essere presenti, le ECM: tumori desmoidi, polipi gastrici e adenomi
duodenali ed altre neoplasie, sia benigne che maligne (carcinoma periampollare della V.B.P., del pancreas,
dello stomaco, del surrene, della tiroide, epatoblastoma, carcinoidi, sarcoma osteogenico, tumori del S.N.C.),
anomalie dentarie, cisti dermoidi, osteomi, ipertrofia congenita dell’epitelio pigmentato della retina
(CHRPE). Alcune ECM, insorgendo prima dei polipi colici, possono assumere un ruolo predittivo ed essere
indicate come marker clinico di FAP, altre hanno un importante ruolo prognostico nella storia naturale della
malattia come cause di morte nei pazienti con FAP.
2. GENETICA
Negli anni ‘90 i geni di alcune sindromi di cancro ereditario sono stati localizzati, identificati e clonati [1].
La FAP è causata da mutazioni nel gene "Adenomatous Polyposis Coli" (APC), un oncosoppressore
localizzato sul cromosoma 5, in posizione 5q21. Il cDNA é lungo 8535 bp ed é costituito da 16 esoni che
codificano per una proteina di 2843 aminoacidi, molto complessa, che non presenta omologie con altre
proteine già note. Il ruolo principale della proteina APC è quello di regolare la concentrazione delle betacatenine; inoltre interviene nel processo di adesione cellula-cellula, nella stabilità dei microtubuli del
citoscheletro, nella regolazione del ciclo cellulare e probabilmente è anche coinvolta nell’apoptosi.
Un numero significativo di famiglie con FAP classica (> 100 adenomi colici) ed attenuata (15–100 adenomi)
non presentano mutazioni del gene APC. I test genetici non evidenziano infatti alterazioni in oltre il 20 % dei
casi di FAP classica e in percentuali ancora più alte in quelle attenuate [2]. In questa variante diverse
mutazioni sono state identificate agli estremi 5’ e 3’ del gene APC. Recenti studi hanno messo in evidenza
che un sottogruppo di queste famiglie, soprattutto con AFAP, APC negative, presentano mutazioni del gene
MYH della riparazione [3,4].
Mutazione del gene MYH sono trasmesse con modalità autosomiche recessive e caratterizzate
dall’insorgenza di multipli adenomi colo-rettali ed elevato rischio di cancerizzazione [5]. I dati raccolti in
alcuni studi hanno portato ad ipotizzare l’esistenza una sindrome poliposica recessiva MYH-associata. [6,7].
Mutazioni bialleliche del MYH possono causare mutazioni di altri geni coinvolti nel cancro colo-rettale
come APC e Ki-ras [8] (Fig. 1).
3. CORRELAZIONE GENOTIPO-FENOTIPO
Nella FAP sono descritte >300 mutazioni del gene APC. Quelle localizzate nei primi quattro esoni
esprimono il fenotipo attenuato o AFAP. Le macchie retiniche (CHRPE) sono assenti nei pazienti in cui la
mutazione è localizzata tra gli esoni 1 e 9 e presenti in quelli in cui la mutazione è compresa tra 10 e 15 (dal
codone 463 al 1387). Le mutazioni localizzate tra i codoni 1403 e 1578, sono associate ad un maggior
numero di ECM (desmoidi, osteomi) e all’assenza di CHRPE, quelle tra i codoni 1250 e 1464 ad un rischio
aumentato di cancro del moncone rettale. Mutazioni al codone 1309 sono correlate al fenotipo ad esordio
precoce (“early onset”) con un maggior numero di polipi rettali (Fig. 2). [9]
4. SCREENING
Tradizionalmente nelle famiglie affette da FAP ci si basava su un’accurata anamnesi familiare seguita
dall’esame endoscopico, ripetuto ogni 1-2 anni a partire dai 10-12 anni d’età.
Con l'identificazione della delezione del cromosoma 5 [10] e, in seguito, del gene APC, la genetica ha
compiuto incredibili progressi e l'uso dei "DNA testing" abbinati allo screening clinico (endoscopia, esame
del fondo oculare) hanno consentito una diagnosi con una specificità del 95% dei pazienti con un'accuratezza
predittiva del 98% [11].
Per la FAP lo schema attuale di screening prevede un prelievo di sangue venoso periferico per l’analisi
molecolare e l’esame del fondo oculare, già attuabili in epoca neonatale o pediatrica. Nei soggetti positivi
l’esame endoscopico di conferma è previsto a 15 anni e ripetuto annualmente fino allo sviluppo dei polipi,
continuando l’esame fino a 45 anni nei casi di famiglie con esordio tardivo. Per i soggetti in cui non si trova la
mutazione del gene va eseguita una coloscopia a 18, 25 e 35 anni, per non trascurare le possibilità di falsi
negativi (regioni del gene non analizzate, limiti delle tecniche o errori tecnici di laboratorio) a mosaicismi o
mutazioni “de novo”.
Nei soggetti affetti da poliposi multiple, in particolare con degenerazione maligna o tumori sincroni associati
con FAP classica o attenuate, con negatività al test per il gene APC andrebbero investigate eventuali
mutazioni del gene MYH [12]. I soggetti risultati sicuramente non portatori dell’anomalia genetica all’esame
molecolare sono risparmiati dallo screening endoscopico.
5. TERAPIA
L’approccio terapeutico nella FAP è particolarmente complesso ed impegnativo, perché comprende la
profilassi ed il trattamento dell’adenomatosi, del cancro colico e delle ECM potenzialmente letali.
L’IPAA offre le maggiori garanzie oncologiche, ma maggior rischio di complicanze e peggiori risultati
funzionali, dovendo ricorrere ad un’ileostomia definitiva in caso di insuccesso tecnico. D’altro canto l’IRA
espone, com’è universalmente noto, al rischio di cancro del moncone rettale. Già negli anni ’80 sono apparsi i
primi studi che ne mettevano in risalto l’ incremento esponenziale negli anni successivi alla colectomia
profilattica, anche per pazienti puntuali a controlli endoscopici, come nell’esperienza del St Mark’s con
segnalazioni di insorgenza di ca anche a meno di sei mesi dall’ultima rettoscopia negativa [13].
L'analisi mutazionale può avere un ruolo di primo piano per stabilire l’età in cui sottoporre il paziente al
trattamento chirurgico profilattico. La colectomia va, infatti, anticipata nelle famiglie “early onset” e
procrastinata in quelle "late onset” o che presentino un rischio significativamente alto di sviluppare ECM
come i desmoidi. Per mutazioni nei primi 4 esoni (AFAP) o nella regione dell’esone 15 associata ad un
rischio elevato di desmoidi, è giustificato un atteggiamento più attendistico, rimandando l’intervento oltre i 20
anni.
La correlazione genotipo/fenotipo può essere determinante nella scelta tra IRA o IPAA, affiancandosi agli
altri criteri clinici di scelta. Alcune delezioni (dopo il codone 1250), predisponendo maggiormente allo
sviluppo del cancro, controindicherebbero un’IRA. Vasen [14] ha evidenziato, infatti, come nel corso di
follow-up dopo IRA in 87 pazienti la necessità di un secondo intervento sia stata significativamente più alta
nei pazienti con mutazione ai codoni > 1250 ed anche Church [15] ha segnalato come la maggior parte di
pazienti sottoposti a proctectomia fossero portatori di mutazioni tra i codoni 1309 e 1328.
Anche se attualmente la chirurgia è il trattamento più efficace nei tumori eredofamiliari, negli ultimi anni
alcuni studi hanno posto all’attenzione generale un possibile ruolo della chemioprevenzione (supplementi
orali di Ca+, vit. C, FANS, inibitori della ciclossigenasi 2 – Cox2) [16], Waddel [17], per primo, oltre 20 anni
fa segnalò l’azione del sulindac, in grado di ridurre il numero e le dimensioni degli adenomi colici nella FAP
ed un’importante conferma si ebbe nello studio prospettico di Giardiello. In alcuni trial randomizzati sono
riportati risultati interessanti con sulindac e Celecoxib, così che la FDA negli Usa nel 2001 ha approvato il
ricorso al Cox2 in caso di FAP in aggiunta alla sorveglianza endoscopica, mentre recentemente lo stesso
Giardiello [18] ha svalutato l’efficacia del sulindac.
Nei pazienti con AFAP con pochi adenomi può essere utile la polipectomia endoscopica seguita dalla
somministrazione di Cox2 e successiva sorveglianza endoscopica.
Anche per le forme causate da mutazioni nel gene MYH, sebbene ad insorgenza più tardiva, (circa una
decade dopo la FAP classica – 50.6 anni (range 35-69) ), il solo screening con polipectomia non è sufficiente
per prevenire il cancro. La chirurgia profilattica è indispensabile, sia pur posticipando il tempo
dell’intervento.
6. SORVEGLIANZA
Alla luce dell’ampio spettro di manifestazioni cliniche il follow-up della FAP è particolarmente costoso ed
impegnativo e deve essere indirizzato sia al controllo endoscopico del moncone rettale (dopo IRA) o del
pouch ileo-anale, sia finalizzato alla diagnosi precoce di eventuali lesioni extracoliche con l’adozione di
varie indagini routinarie o “a’la demande”, talora particolarmente sofisticate. Una precisa correlazione
genotipo-fenotipo può consentire una forte limitazione di alcune indagini specifiche per determinate
alterazioni (desmoidi, polipi tratto digerente superiore, neoplasie maligne, etc.) da riservare solo ai pazienti a
rischio, creando schemi differenziati a seconda del livello della mutazione con indiscutibili vantaggi in
termini di spesa sanitaria.
Il cancro del moncone rettale va equiparato ad un tumore metacrono. La sorveglianza endoscopica del
moncone rettale dopo IRA può essere influenzata dal tipo di mutazione genetica. I controlli infatti devono
essere particolarmente serrati nei pazienti con mutazioni localizzate oltre il codone 1250, in cui aumenta il
rischio di cancerizzazione.
Per i pazienti con mutazioni a rischio di ECM potenzialmente letali, come alcuni tumori metacroni,
(desmoidi, polipi gastrici ed adenomi duodenali) è consigliabile eseguire le indagini strumentali a scadenze
più ravvicinate.
l’EGDS è un’indagine obbligatoria per la sorveglianza dei polipi gastro-duodenali a partire dai 30 anni d’età
con un esame annuale in caso di positività oppure ogni 3-5 anni nel caso opposto. Alcuni schemi di
chemioprevenzione potrebbero trovare spazio in alcune condizioni particolari, che l’approccio chirurgico e
quello endoscopico spesso non riescono a tenere sotto controllo.
La prima di queste è la poliposi duodenale, per la quale manca a tutt’oggi un approccio terapeutico
standardizzato; la seconda è la recidiva di adenomi nel moncone rettale dopo intervento di colectomia e
anastomosi ileorettale.
Alcune categorie (giovani donne, operati in età precoce, mutazioni a rischio) necessitano di una sorveglianza
più rigorosa per i desmoidi. Per la terapia dei desmoidi, che, per le loro caratteristiche clinico-biologiche,
richiedono un trattamento multimodale, sono stati adottati vari presidi. La chirurgia, quando attuabile, è il
trattamento di scelta. Radioterapia e terapia medica, sono terapie complementari o alternative in caso
d’impossibilità o insuccesso dell’exeresi chirurgica [19].
7. GENETIC COUNSELING
Varie implicazioni etiche, psicologiche e legali devono essere prese in considerazione e affrontate tra le
quali, la proprietà dell’informazione genetica ed il diritto alla privacy l’informazione corretta sia il paziente
che altri membri della sua famiglia sulla base delle informazioni ottenute attraverso i test genetici ed i
chirurghi hanno l’opportunità di avere un ruolo attivo e di guida in queste ricerche e in questi complessi
processi decisionali [20].
L’introduzione nella pratica clinica dei tests di diagnosi molecolare per l’identificazione dei pazienti “a
rischio” rappresenta la tecnologia dominante oggi, che tuttavia impone impegnative problematiche connesse
agli aspetti etici e medico-legali. di rilevante interesse sia per il medico che per il paziente.
Ovviamente l’emergere di tecnologie che permettono una valutazione genetica di una malattia come il
cancro rende indispensabile che venga richiesto al paziente il consenso informato, dopo ampia ed accurata
discussione, nonché una documentazione scritta sui rischi, i benefici e le limitazioni del test. È necessario,
infine, informare gli individui con un test negativo che essi, comunque, ricadono nel rischio della
popolazione generale di contrarre un tumore sporadico.
Una diagnosi sbagliata può arrecare gravi danni al paziente. Questo non è un evento trascurabile se si
considera che alcuni ricercatori nel 1995, rivedendo 177 tests genetici notarono una cattiva interpretazione
dei risultati nel 31,6% dei casi [20]. Un falso positivo espone erroneamente il paziente a possibili
complicanze e sequele di un eventuale intervento chirurgico profilattico. In caso di falso negativo, al
contrario, un paziente può non intraprendere il corretto programma preventivo e/o trattamenti
complementari. Negli USA sono infatti segnalati processi per errori diagnostici per malattie ereditarie come
per la Tay-Sachs o per mastectomie effettuate in pazienti con positività per il gene BRCA1.
8. CASISTICA FAP
Abbiamo rivisitato la casistica del Dipartimento Universitario di Scienze Biomediche Avanzate
dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” - Area Funzionale di Chirurgia Generale ad Indirizzo
Addominale (Prof. Andrea Renda), nell’intervallo di tempo tra gennaio 1980 e dicembre 2010, relativa a 54
casi di poliposi adenomatosa familiare trattati. I pazienti rientrano in un range d’età da 15 a 63 anni, con un
rapporto maschio:femmina pari a 0.9, appartenenti a 12 famiglie. 3 di questi pazienti presentavano già un
cancro al momento della diagnosi.
I 54 pazienti sono stati tutti operati. 3 (75%) interventi di proctocolectomia con ileostomia definitiva sono
stati effettuati tutti nel primo periodo di riferimento, prima dell’avvento della diagnosi molecolare nel campo
genetico l’ultimo caso, più recente presentava cancro del retto avanzato già alla diagnosi di FAP.
Abbiamo suddiviso la casistica in 2 periodi, considerando quale evento importante, per le implicazioni
sull’approccio chirurgico, lo studio genetico a partire dagli anni ’90.
A regolare la scelta tra IRA e IPAA accanto ai dati clinici e diagnostici strumentali, i risultati genetici hanno
assunto un ruolo di primo piano. Nel periodo 1994-2010 la scelta chirurgica è stata infatti sensibilmente
influenzata dai dati dell’analisi molecolare; i 24 pazienti (età compresa tra 16 e 45 anni e un rapporto M:F
=1) sono stati sottoposti ad intervento chirurgico, tenendo conto dei tests genetici. L’orientamento è stato
fondamentalmente diretto all’IRA nei casi di poliposi in forma attenuata, preferendo l’IPAA nelle forme
severe (codoni 1250-1444) (Tabelle 1-2).
In corso di follow-up, dopo aver raccolto e assemblato i dati, abbiamo selezionato 46 casi su 54 (23 IRA, 22
IPAA, 1 PCT), in cui sono state evidenziate alcune ECM e/o patologie non correlate alla FAP per cui si è
reso necessario procedere a ulteriori trattamenti terapeutici.
Dei pazienti sottoposti a IRA solo due sono stati sottoposti a proctectomia con ileostomia definitiva per
cancro del moncone rettale. Mentre una solo pouch è stato asportato per ascesso pelvico.
In corso di follow-up sono state riscontrate le seguenti neoplasie extracoliche: 1 carcinoma del tenue, 1
adenoma a cellule di Hurtle, 5 desmoidi, 4 osteomi, 9 polipi del tratto gastrointestinale prossimale.
Di 4 pazienti con osteoma solo 2 sono stati operati .
Si sono verificati 6 tumori desmoidi in 5 pazienti (1 paziente è stato sottoposto anche in un secondo
momento ad exeresi di un tumore recidivo). Le pazienti erano tutte di sesso femminile con età compresa tra
17 e 42 anni (età media 25.2 aa). In tutti i 5 casi i tests genetici avevano rivelato una mutazione della regione
APC a valle del codone 1444. Le pazienti appartenevano tutte a due soli nuclei familiari per cui la storia
familiare era di 3/5 e 2/2. Le localizzazioni sono state parietali in 5 casi (di cui 1 recidivo) ed in 1 intraaddominale. L’insorgenza è stata in tutti i casi successiva alla colectomia. I sintomi principali sono stati:
dolori addominali in corrispondenza della tumefazione (desmoidi di parete) e diffusi perdita di peso e crisi
sub-occlusive (desmoide intra-add.). La terapia è stata chirurgica con asportazione della lesione nell’83,3%
dei casi ed in una sola paziente la massa è risultata non resecabile. Il trattamento nelle forme parietali è stato
sempre chirurgico con exeresi della massa. Non si sono verificate complicanze nel decorso post-operatorio.
La mortalità è stata nulla ed in un sol caso si è avuta una recidiva a due anni dall’exeresi.
1 paziente è stato sottoposto a tiroidectomia totale per adenoma di Hurtle ed un altro a resezione ileale per
carcinoma.
Nessun paziente con polipi del tratto alto del tubo digerente è stato operato e non abbiamo osservato
carcinomi periampollari, né epatoblastomi.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la collaborazione e i preziosi suggerimenti il Prof. A. Renda, i Dott. N. Carlomagno e C.
Grifasi, del Dip. Univ. di Scienze Biomediche Avanzate dell’Università di Napoli “Federico II”, le Prof. P.
Izzo, M. De rosa, la Dott. F. Duraturo, del Dip. di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche e CEINGE
Biotecnologie Avanzate, Università di Napoli Federico II, e il Prof. G.B. Rossi, dell’UO Tumori eredofamiliari gastrointestinali, Ist. dei Tumori “G. Pascale” Napoli
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Figura1.
Il gene MUTYH e le mutazioni
137ins IW
Missense and
in Frame
R227W
R168H
Y114H
W117R
Y165C
R168C
G382D
V23F
P391S
Q400R
1395del GGA
NH2
Codons
COOH
1
200
100
Splice Site
Truncating
Figura 2.
347-G>A
119del GT 252del G
Y90X
300
891+3A>C
E182X
400
500
535
1145-2A>G
E466X
Q300X Q324X
1103del C 1186ins GG
RPA binding domain
DNA minor groove binding
HhH motif
MSH6 binding domain
APE1binding domain
Pseudo HhH motif
Adenine binding motif
PCNA binding domain
1419del C
Associazione genotipo/fenotipo
R499X
W157X Y486X
Q769X
R564X
Q218X
Q208X
778del T FS
l698X
R554X
Q541X
R803X
Y935X
S713X
1464del AG FS
Q1338X
Q1067X
APC Protein
domains
Codons
1000
700
R414C
1300
2000
2400
2842
G1120E
S1234X
S1395C
C1272X
1244del G FS
E1317
I1307K
168
1580
Classical FAP
1250
1464
severe FAP
78
1580
400
AAPC
AAPC
457
1444
CHRPE
1395
Homodimerization domain
Armadilo repeat
15 Amino acids repeat
20 Amino acids repeat
SAMP repeat
2000
DESMOIDS
EB1 binding domain
PDZ binding domain
Microtubule binding domain
Tabella 1 – FAP: casistica globale (periodo 1980-2010)
Anni
Tipi di intervento
1980-94
Proctocolectomia totale +
3
ileostomia definitiva
Proctocolectomia totale
7
restaurativi con anastomosi ileoanale + reservoir ileale (IPAA)
Colectomia totale + ileoretto
20
anastomosi (IRA)
1995-2010
1
17
6
Tabella 2 – Chirurgia DNA –guidata: correlazione tra mutazione del gene APC e tipo di intervento
chirurgico (periodo 1995-2010)
Sede della mutazione
Tipo intervento 1-157
157-1250
1250-1464
>1464
N.I.
IRA
2
2
0
0
2
IPAA
0
1
12
4
0
Proct.
1
Definitiva*
* ca alla diagnosi