considerazioni sull`esternalizzazione delle funzioni amministrative

CONSIDERAZIONI SULL’ESTERNALIZZAZIONE
AMMINISTRATIVE NELLE AUTONOMIE LOCALI.
DELLE
FUNZIONI
di Pierino Rossini – pubblicato in www.diritto.it, marzo 2001
SOMMARIO. 1. Funzioni e servizi pubblici : una distinzione ancora valida. 2.1 Potere, funzione e
procedimento : profili statici e dinamici dell’azione amministrativa. 2.2 Forme di esternalizzazione.
3.1 Cenni ad alcune concrete esperienze di esternalizzazione di funzioni amministrative. 3.2
Esperienze di esternalizzazione nell’ambito delle funzioni inerenti alla fiscalità locale. 3.3
Esperienze di esternalizzazione in altri settori funzionali della pubblica amministrazione locale. 4.1
Cenni conclusivi sugli aspetti problematici più rilevanti dell’esternalizzazione delle funzioni
amministrative : a) l’incompletezza e l’incoerenza del quadro giuridico-normativo. 4.2 b) effetti
dell’esternalizzazione delle funzioni amministrative sull’organizzazione e sul personale degli enti
pubblici.
1. Funzioni e servizi pubblici : una distinzione ancora valida. Tradizionalmente, la dottrina
amministrativistica intendeva per funzione pubblica l’esercizio autoritativo di una potestà giuridica
da parte dello Stato o di altro ente pubblico e per servizio pubblico l’attività svolta dai medesimi
soggetti in campo prevalentemente economico e produttivo, senza manifestazione di potere
sovrano.
Tale distinzione, affermatasi nei primi decenni del ‘900, dopo la prima legge giolittiana sulle
municipalizzazioni e l’istituzione dei primi grandi servizi pubblici nazionali (Ferrovie dello Stato ;
Istituto Nazionale delle Assicurazioni ; ecc.), può ritenersi ora superata per gli effetti del processo
storico sulla struttura sociale ed economica e sull’ordinamento giuridico ed istituzionale del nostro
Paese, anche in considerazione della sua appartenenza all’Unione Europea. Infatti, da un lato, la
nozione di servizio pubblico si è estesa fino a ricomprendere attività tese a realizzare fini sociali o a
promuovere lo sviluppo civile, prive quindi di contenuto economico-produttivo in senso stretto ;
dall’altro lato, si ritiene , in particolare dopo la legge 8.6.1990 n. 142 di riforma dell’ordinamento
delle autonomie locali, che le stesse funzioni amministrative possano configurarsi come servizio
pubblico “in modo tale che le funzioni, inglobando l’intero arco dell’attività amministrativa nei
vari settori, possano tradursi in servizi pubblici, in un rapporto di genus a species” (1). Questa tesi,
in base alla quale, se non viene meno del tutto, si riduce sensibilmente la tradizionale distinzione
tra funzioni e pubblici servizi, è condivisibile e trova conferma anche dopo l’approvazione del
Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali con il Decreto Legislativo 18.8.2000
n.267 ; non di meno, a parere dello scrivente, restano ferme rilevanti differenze tra funzioni
amministrative espressione della, sia pure residua, posizione di supremazia delle pubbliche
amministrazioni e servizi pubblici a contenuto economico o sociale, nell’espletamento dei quali lo
Stato e gli altri enti pubblici operano, sostanzialmente, jure privatorum. Ciò sembra tanto più vero,
se si pone la questione di cui si tratta in relazione con il profondo dibattito in corso, nelle sedi
politiche ed istituzionali ed in quelle dottrinali e culturali, sulla c.d. privatizzazione dei servizi
pubblici ; sul principio di sussidiarietà ; ecc..
Infatti, “le attività caratterizzate da una stretta inerenza con l’azione amministrativa, (...), in
ragione della partecipazione (di volta in volta con funzioni di supporto logistico, istruttorio, ecc.)
all’esercizio del potere, sono sottratte alla logica concorrenziale. Anzi, a ben guardare in questi
casi si potrebbe fondatamente dubitare che siano in gioco ‘servizi’ poiché, trattandosi di vere e
proprie fasi del procedimento aventi diretta rilevanza sul provvedimento finale, andrebbero più
correttamente qualificate come vere e proprie attività (sostanzialmente) amministrative” (2).
Quindi, se alla luce delle considerazioni che precedono si può accogliere una nozione di funzione
amministrativa latamente intesa, che cioè ricomprenda un insieme di attività sia giuridiche sia
materiali, connesse o meno all’esercizio di potestà autoritative ; non viene meno del tutto la
distinzione tra funzioni e servizi pubblici con riguardo ad una serie di variabili : il contenuto
autoritativo ; la possibilità di svolgimento in regime di concorrenza (c.d. liberalizzazione),
variamente regolato; la possibilità di dismissione da parte dell’ente pubblico (c.d. privatizzazione),
più o meno ampia. Sotto questo profilo, pur in presenza di un rilevante fenomeno di
contrattualizzazione del diritto amministrativo sancito sia sul piano legislativo (dalla legge 7.8.1990
n. 241 in poi) sia sul piano giurisprudenziale (si veda la storica sentenza della Corte di Cassazione
n. 500\1999 sulla risarcibilità degli interessi legittimi), è innegabile la natura pubblicistica di alcune
attività giuridiche e sociali, se si escludono posizioni ideologiche di estremismo neo liberistico che
però, ad avviso di chi scrive, sono in contrasto con la Costituzione italiana e con il modello di Stato
sociale di diritto radicato nei Paesi dell’Unione Europea. Si pensi oltre alle tradizionali funzioni
giuridiche dello Stato : difesa, sicurezza ed ordine pubblico, giustizia, fisco, ecc. ; alle funzioni
sociali del c.d. Welfare State : sanità, assistenza e sicurezza sociale, previdenza sociale, istruzione
pubblica, ecc.. Si tratta di funzioni e compiti che lo Stato e gli altri enti pubblici continueranno a
svolgere ed ai quali non potranno sottrarsi. Ciò non toglie che anche per questi settori di attività
siano possibili ed auspicabili forme di collaborazione con i privati.
Premesso quanto sopra sul piano generale, si intende nel prosieguo restringere la riflessione alle
funzioni amministrative strettamente intese, connesse cioè all’espletamento di poteri pubblicistici,
con riferimento alle possibilità, modalità, ampiezza della loro esternalizzazione ed ai riflessi che le
innovazioni gestionali potranno avere sull’organizzazione e sul personale delle pubbliche
amministrazioni.
2.1 Potere, funzione e procedimento : profili statici e dinamici dell’azione amministrativa. Si è
accennato separatamente in precedenza ad alcune nozioni fondamentali del diritto amministrativo :
potere, funzione e procedimento. Nella realtà dell’azione amministrativa questi concetti, frutto
dell’analisi teorica e dottrinale, sono strettamente correlati. Essi esprimono, da un lato, la staticità
oggettiva della struttura organizzativa ( i poteri pubblici) ; dall’altro, rappresentano tale struttura
nel suo divenire, nella sua dinamicità (funzioni e procedimenti). “ (...) l’evidenziazione della natura
dinamica del concetto di funzione aiuta a meglio comprendere l’affermazione (...) secondo cui
quest’ultima implica un’attività seriale, cioè una serie di atti finalizzati all’emanazione dell’atto
attraverso il quale si realizza (se si vuole, ‘si fruisce’ del) potere” (3).Dall’attività al procedimento.
“Esso è il riflesso, nell’attività, dell’organizzazione : come quest’ultima è ordinata sul principio
della distribuzione delle funzioni, la prima è ordinata sul principio dell’articolazione, per cui i
momenti in cui essa si svolge sono distintamente rilevanti e regolati. Insomma, il procedimento è il
profilo dinamico dell’organizzazione “ (4) cioè, in altre parole, l’organizzazione in movimento.
In altre parole, le pubbliche amministrazioni esercitano i loro poteri, ovvero funzionano, attraverso
procedimenti ; la loro attività si articola in fasi distinte ma preordinate ad un fine che si concretizza
nell’emanazione di un provvedimento (per esempio : una concessione edilizia ; un avviso di
accertamento tributario ; ecc.), risultato finale dell’azione amministrativa a contenuto giuridico che
corrisponde ad un prodotto o ad una prestazione (per esempio : l’energia elettrica ; una visita
medica ; l’assistenza educativa alla prima infanzia ; ecc.), risultato finale dei servizi pubblici a
contenuto economico-produttivo o sociale.
Ora, a prescindere da forme di parziale o totale liberalizzazione o privatizzazione che si ritengono
applicabili in misura pressoché esclusiva ai servizi pubblici a carattere economico-produttivo e
sociale ; l’esperienza concreta, il c.d. diritto vivente, dimostra anche l’esistenza di diverse modalità
di collaborazione dei privati allo svolgimento di funzioni amministrative, espressione di poteri
pubblici.
2.2 Forme di esternalizzazione. Il concetto di procedimento amministrativo che, come si è visto
più sopra, presuppone, si compenetra e si identifica con i concetti di potere e funzione, insieme ad
altri istituti giuridici, è utile anche per la migliore comprensione del concorso di soggetti privati alla
realizzazione di funzioni pubbliche.
Il procedimento amministrativo, si è detto, consiste in un’attività articolata in più fasi, in una
sequenza di atti ed operazioni che hanno come risultato finale l’adozione di un provvedimento. La
dottrina distingue essenzialmente tre fasi : fase preparatoria ; fase costitutiva ; fase integrativa
dell’efficacia. La prima delle tre fasi, quella preparatoria, si suddivide a sua volta in tre sottofasi :
sottofase di impulso ; sottofase istruttoria; sottofase predecisionale. Trattandosi di funzioni connesse
a poteri pubblici, la collaborazione dei privati si verifica prevalentemente nella fase preparatoria,
cioè nella serie di attività che precede l’emanazione formale del provvedimento (fase costitutiva),
fase quest’ultima che resta, di regola, saldamente nelle mani del funzionario pubblico. La fase
integrativa dell’efficacia è eventuale, non essendo sempre prevista, consiste, per lo più, nel
controllo e nella pubblicazione di atti ed è curata anch’essa da funzionari pubblici, della stessa o di
diversa amministrazione. Gli istituti giuridici, di grande rilevanza sul piano organizzativo,
attraverso i quali si attua la collaborazione dei privati alla gestione di funzioni amministrative, come
avviene peraltro anche per i servizi pubblici privi di contenuto autoritativo, sono la concessione ; il
contratto di appalto di servizio ; il contratto d’opera intellettuale.
Il primo istituto, la concessione, è regolato dal diritto amministrativo, gli altri due hanno natura
negoziale ed, in quanto tali, sono regolati dal diritto privato. In realtà la distinzione fra concessione
amministrativa e appalto di servizio, quanto agli effetti pratici, è piuttosto relativa. Già da tempo, da
parte di autorevole dottrina si è avuto modo di rilevare che “Analoghi risultati si ottengono quando,
anziché dello strumento pubblicistico della concessione, ci si serva del contratto di appalto . E’
questa una figura che trova giustificazione in una storia ormai remota, ma l’istituto ha subito tali
adattamenti ed è talmente intrecciato con disposizioni speciali di diritto pubblico che, tranne la sua
natura ed il diverso modo di operare in alcuni momenti (ad es. risoluzione del contratto anziché le
forme pubblicistiche della revoca o della decadenza), esso non si comporta, in pratica,
diversamente dalla concessione” (5). Si deve tenere presente, peraltro, che la normativa
comunitaria , pur non ignorando l’esistenza della concessione amministrativa in alcuni paesi
dell‘Unione Europea, parla soltanto di “appalti di pubblici servizi” intendendo per essi “...i contratti
a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un’amministrazione
aggiudicatrice” (Direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18.6.1992 recepita con il Decreto
Legislativo n. 157 del 1995).
La distinzione fra concessione amministrativa e appalto di pubblico servizio non appare
particolarmente significativa neanche per quanto attiene ai sistemi di scelta del contraente. Infatti, in
entrambi i casi, le amministrazioni pubbliche devono, di regola, fare ricorso a forme di gara
pubblica : l’asta pubblica (“procedura aperta” nel diritto comunitario) ; la licitazione privata con
due distinti criteri di aggiudicazione : il prezzo più basso o l’offerta economicamente più
vantaggiosa ; l’appalto concorso ; questi ultimi due tipi di gara, com’è noto, sono definiti dal diritto
comunitario “procedure ristrette” . La trattativa privata (“procedura negoziata” secondo il diritto
comunitario), preceduta o meno da gara ufficiosa o informale, è un procedimento eccezionale
utilizzabile soltanto se sussistono particolari condizioni previste dalle norme di contabilità pubblica.
I riferimenti normativi generali, in materia di affidamento a terzi di servizi pubblici, sono costituiti
dalla citata direttiva 92/50/ CEE del Consiglio del 18.6.1992 , recepita con il D. Lgs. n. 157/1995,
e, per i contratti al di sotto della soglia comunitaria, dal R.D. 18.11.1923 n. 2440 e relativo
Regolamento di esecuzione R.D. 23.5.1924 n. 827 (6).
Diverso discorso deve farsi invece per quanto riguarda il contratto d’opera intellettuale, previsto
dall’articolo 2222 e seguenti del Codice Civile. Esso è lo strumento giuridico generale che
disciplina gli incarichi ai liberi professionisti, eventualmente integrato da norme di settore. La scelta
dei professionisti per consulenze specialistiche, assistenza e rappresentanza legale, progetti di varia
natura, ecc. è avvenuta, per prassi storicamente consolidata, su base fiduciaria, per “intuitus
personae”.
Per la verità, questa prassi comincia ormai ad essere superata, almeno in determinati settori. Infatti,
la legge quadro sui lavori pubblici 11.2.1994 n. 109 ha introdotto (articolo 17, commi 10, 11 e 12)
forme di gara e procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di attività di progettazione,
direzione dei lavori e accessorie. Anche la Corte dei Conti sta introducendo, per via giurisdizionale,
dei vincoli nella scelta dei professionisti che tendono a ridurre la discrezionalità delle
amministrazioni pubbliche nell’affidamento degli incarichi (7). Al riguardo, si è rilevato in generale
che “(...) la esigenza di completare il sistema concorrenziale tramite una riforma delle professioni
intellettuali ha registrato una più che significativa implementazione sia - a livello normativo - con
la recente abrogazione (ad opera dell’art. 24 della legge n. 266 del 1997) del divieto di esercizio in
forma societaria dell’attività professionale di cui all’art. 2 della legge n. 1815 del 1939, sia - a
livello di prospettive di riforma del regime delle professioni protette - dalla inequivoca posizione
assunta dall’Antitrust nazionale nei confronti delle ormai datate discipline interne in totale
assonanza con i principi del mercato concorrenziale comunitario” (8).
Pur prendendo atto delle tendenze evolutive in corso, si ritiene che i criteri della fiduciarietà e dello
”intuitus personae” continueranno ancora ad essere impiegati dalle amministrazioni in argomento
per la scelta dei professionisti, soprattutto per quanto attiene alle tradizionali libere professioni
regolamentate dalla legge e dalle normative degli Ordini Professionali. Resta fermo, in ogni caso,
quanto detto più sopra relativamente alle professioni di architetto e ingegnere.
3.1 Cenni ad alcune concrete esperienze di esternalizzazione di funzioni amministrative. Nei
primi due paragrafi di questo breve saggio si è creduto opportuno svolgere alcune considerazioni di
carattere generale per un inquadramento concettuale e normativo della problematica della
esternalizzazione di funzioni pubbliche ; ora si cercherà di mettere in evidenza la grande importanza
sul piano pratico della suddetta problematica per il migliore funzionamento dell’organizzazione
delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento alle Autonomie Locali.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha elaborato un
progetto finalizzato intitolato “Esternalizzazione delle funzioni amministrative”, per la
presentazione del quale ha inviato, nella scorsa primavera del 2000, un documento di presentazione
ad alcune amministrazioni pubbliche italiane. Nel citato documento, dopo aver rilevato l’emersione
di “un fenomeno di crescente affidamento all’esterno di segmenti di funzioni amministrative, fasi
del procedimento amministrativo o attività specifiche e circoscritte” si sottolinea che “la
particolarità caratterizzante questi fenomeni di esternalizzazione - oggetto di studio ed
approfondimento del presente progetto sperimentale - è costituita dal fatto che le funzioni sono e
rimangono pubbliche. Questo è l’elemento discriminante rispetto a tutte le altre modalità di
‘dismissione’ in senso lato di funzioni pubbliche (siano esse di tipo gestorio, di regolazione o di
altro tipo” (9). Gli obiettivi generali che il progetto si propone sono 4 :
n ricognizione delle esperienze di esternalizzazione ;
n valutazione delle esperienze monitorate ;
n elaborazione di proposte operative ;
n sperimentazione delle soluzioni operative individuate.
3.2 Esperienze di esternalizzazione nell’ambito delle funzioni inerenti alla fiscalità locale. Per
quanto riguarda il settore degli Enti Locali, trattandosi di funzioni amministrative in senso stretto,
fra le maggiori esperienze di esternalizzazione compiute ed in atto rientrano certamente quelle che
si riferiscono alla materia della fiscalità locale : e ciò, sia sotto il profilo storico, sia con riguardo a
tempi più recenti. Infatti, i poteri impositivi dei comuni, in particolare, sono stati spesso oggetto di
concessione a soggetti privati : dal vecchio dazio sui consumi all’imposta comunale sulla pubblicità,
ai diritti sulle pubbliche affissioni, alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche. Fino ai
primi anni ’90, le funzioni tributarie esternalizzate riguardavano l’intero procedimento o l’insieme
dei procedimenti che costituivano il contenuto del potere impositivo : la liquidazione,
l’accertamento e la riscossione della singola imposta o tassa. Successivamente, il Decreto
Legislativo 15.11.1993 n. 507 - articolo 71, comma 4 - ha stabilito che “Ai fini del potenziamento
dell’azione di accertamento, il comune, può stipulare apposite convenzioni con soggetti privati o
pubblici per l’individuazione delle superfici in tutto o in parte sottratte alla tassazione. Il relativo
capitolato deve contenere l’indicazione dei criteri e delle modalità di rilevazione della materia
imponibile nonchè dei requisiti di capacità ed affidabilità del personale impiegato dal contraente”.
La giurisprudenza ha ritenuto tale norma, inserita nel capo del citato decreto relativo alla tassa per
lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, applicabile ed estensibile anche ad altri tributi comunali, non
avendo la norma stessa carattere eccezionale.
In questi casi, le attività affidate a terzi hanno avuto ed hanno, diversamente dalle concessioni più
sopra considerate, carattere di supporto, propedeutico o preparatorio del potere impositivo che
continua ad essere esercitato dall’ente pubblico, attraverso il funzionario o i funzionari preposti al
servizio. Quindi, in tali casi l’esternalizzazione è circoscritta a singoli segmenti o fasi del
procedimento amministrativo, per lo più rientranti nell’attività preparatoria dei provvedimenti veri e
propri (avvisi di liquidazione ; avvisi di accertamento ; ecc.).
Numerosi Comuni hanno utilizzato lo strumento organizzativo introdotto dalla norma richiamata,
applicandolo, come si diceva in precedenza, non solo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani (TARSU) ma anche ad altri tributi comunali, compresa l’imposta comunale sugli immobili
(ICI). Per quest’ultima imposta, anzi, per fare fronte all’estrema complessità della sua gestione, fra
l’ANCI (associazione nazionale comuni d’Italia) e l’ASCOTRIBUTI (associazione dei
concessionari della riscossione) è stato stipulato un apposito Protocollo d’Intesa per lo svolgimento
di attività di supporto e propedeutiche alle funzioni di controllo ed impositive dei Comuni.
Da ultimo, il D. Lgs. 15.12.1997 n. 446 ha operato un organico riordino dei tributi locali, il secondo
degli anni ’90. Questo importante atto normativo, che fra l’altro ha istituito l’imposta regionale sulle
attività produttive (IRAP), ha ampliato notevolmente la facoltà di esternalizzazione delle funzioni
degli Enti Locali in materia tributaria. Esso infatti, all’articolo 53, comma 5, prevede, in aggiunta
alla gestione diretta che :
“a) l’accertamento dei tributi può essere effettuato dall’ente locale anche nelle forme associate
previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8.6.1990, n. 142 ;
b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l’accertamento e
la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, le relative attività sono affidate : 1) mediante
convenzione alle aziende speciali di cui all’articolo 22, comma 3, lettera c), della legge 8 giugno
1990, n. 142, e, nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei
servizi pubblici locali, alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale
pubblico locale previste dall’articolo 22, comma 3, lettera e), della citata legge n. 142 del 1990, i cui
soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 oppure siano già
costituite prima della data di entrata in vigore del presente decreto ; 2) nel rispetto delle procedure
vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la
gestione presso altri comuni, ai concessionari di cui al DPR 28 gennaio 1988, n. 43, ai soggetti
iscritti all’albo di cui al predetto articolo 53”.
Come si vede, nel contesto dei tributi locali, la possibilità di affidare all’esterno degli enti la
gestione delle funzioni amministrative è ampiamente regolata dal diritto positivo, peraltro in
continua evoluzione(10).
Tuttavia le esperienze di esternalizzazione sono presenti anche in altri settori funzionali, anche se,
per così dire, meno intensamente codificati.
3.3 Esperienze di esternalizzazione in altri settori funzionali della pubblica amministrazione
locale. Come si è appena detto, nella vita amministrativa degli Enti Locali sono individuabili
diverse altre attività, inerenti a funzioni amministrative espressione di poteri pubblici, che sono state
e sono ancora, molto spesso, oggetto di affidamento all’esterno. Se ne fa di seguito un elenco
puramente indicativo, certamente non esaustivo, che deriva dalla semplice osservazione empirica e
dall’esperienza professionale dell’autore di queste note :
n progettazione urbanistica e tecnico-edilizia di lavori pubblici ;
n assistenza e rappresentanza tecnico-legale ;
n prestazioni e servizi di consulenza specialistica resi da altri liberi professionisti ;
n tenuta e aggiornamento degli inventari comunali e, in generale, prestazioni professionali e servizi
connessi alla gestione del patrimonio ;
n tenuta della contabilità del personale (elaborazione di paghe e stipendi ; ecc.) ;
n trascrizione della registrazione audio delle sedute degli organi collegiali per la successiva
verbalizzazione a cura del funzionario preposto; ecc..
E’ agevole notare come le attività sopra elencate costituiscono segmenti o fasi di procedimenti
amministrativi : dalla pianificazione urbanistica, edilizia e dei lavori pubblici alla difesa degli
interessi pubblici in sede giudiziaria, alla gestione patrimoniale, alla gestione del rapporto di lavoro
pubblico, all’assistenza giuridico-amministrativa agli organi collegiali degli enti. Si tratta di
importanti atti ed operazioni endoprocedimentali che gli Enti Locali, sia per l’inesistenza di
apposite strutture organizzative sia per l’insufficienza o per l’inadeguatezza di quelle di cui
dispongono, ritengono necessario, od opportuno, affidare a soggetti esterni.
Come si è già rilevato, l’esternalizzazione di funzioni amministrative, così come d’altro canto
l’affidamento a terzi dei servizi di carattere industriale e commerciale, richiedono di norma
l’osservanza di procedure di evidenza pubblica salvo il caso di prestazioni libero-professionali, in
cui nella prassi amministrativa è prevalente l’incarico diretto su base fiduciaria, per “intuitus
personae”.
4.1 Cenni conclusivi sugli aspetti problematici più rilevanti dell’esternalizzazione delle
funzioni amministrative: a) l’incompletezza e l’incoerenza del quadro giuridico-normativo.
Nel citato documento del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei
Ministri si sottolinea, fra l’altro, che sul “tema dell’esternalizzazione delle funzioni amministrative
sono primariamente due le aree ancora non approfondite.
La prima è quella delle attività strumentali della Pubblica Amministrazione che non si risolvono
tutte nella fornitura di beni e servizi. Queste ultime presentano aspetti particolarmente delicati,
insieme di autonomia e complementarietà, su cui per quel che concerne i profili giuridici, tanto il
legislatore che la giurisprudenza continuano a procedere con difficoltà
La seconda concerne il fenomeno della esternalizzazioni di fasi specifiche di attività
amministrativa. Per quest’ultimo aspetto, si tratta di porre al centro dell’attenzione quella prassi,
adottata dalle amministrazioni a ritmo crescente dall’inizio degli anni Novanta, di collocare
all’esterno quote di attività sostanzialmente amministrativa.
Questi tipi di attività pongono molteplici questioni meritevoli di approfondimento, tra le quali i
confini, gli effetti e l’ambito giuridico-normativo entro cui collocare le modalità gestorie delle
esternalizzazioni, nell’ottica del rispetto del principio di legalità e legittimità (...) e le condizioni
minime indispensabili affinché il ricorso all’esternalizzazione sia a posteriori rispondente ai criteri
di efficacia e di efficienza dell’azione pubblica” (11).
In effetti, come si ricordava più sopra, per quanto riguarda le Autonomie Locali, se si esclude la
materia tributaria, la legislazione non prevede particolari discipline per le altre funzioni
amministrative. Il fenomeno di cui si discute sorge, pertanto, dalla prassi amministrativa e dal c.d.
diritto vivente cioè dall’interpretazione e dall’applicazione, non senza forzature talvolta, delle
norme vigenti al fine di soddisfare esigenze organizzative e funzionali a cui la struttura degli enti
non è in grado di fare fronte per le sue carenze quantitative o qualitative. Sulla tematica delle
collaborazioni esterne a supporto dell’azione amministrativa è intervenuta spesso la Corte dei Conti
con una giurisprudenza controversa che, da un lato, ritiene danno erariale l’affidamento all’esterno
di compiti attribuiti dalla legge alla pubblica amministrazione ; dall’altro lato, tende spesso a
giustificare il ricorso a collaborazioni esterne se riconosce l’esistenza di uno stato di necessità
organizzativa ed operativa (12). Recentemente, la questione è diventata di particolare attualità a
seguito di due sentenze della magistratura contabile riguardanti amministratori e funzionari del
Comune di Roma (13).
Sulla base delle considerazioni che precedono, appare evidente che se l’intento del Governo, del
Parlamento, della classe politica locale e dei direttori generali degli enti è quello di promuovere
l’esternalizzazione delle attività amministrative degli enti pubblici, ferme restando in capo ad essi le
funzioni di indirizzo, programmazione, vigilanza e controllo, è necessario un quadro normativo più
completo e coerente che riduca le incertezze degli amministratori pubblici (organi elettivi e
funzionari) ed il loro timore di dover rispondere sotto il profilo amministrativo e patrimoniale di
comportamenti assunti con la sola finalità di rendere più efficiente ed efficace l’azione degli enti
stessi (14).
4.2 b) effetti dell’esternalizzazione delle funzioni amministrative sull’organizzazione e sul
personale degli enti pubblici. Si è detto più sopra che, anche in presenza di un’espansione del
fenomeno dell’esternalizzazione amministrativa, trattandosi comunque di esercizio di poteri
pubblici, i soggetti della pubblica amministrazione resteranno titolari delle funzioni di indirizzo,
programmazione, vigilanza e controllo delle diverse attività. Nella maggior parte dei casi, inoltre,
ad essi resterà la competenza per l’adozione dei provvedimenti finali dei vari procedimenti. Si
ritiene pertanto che, in conseguenza di ciò, all’interno delle strutture organizzative assumerà
maggiore centralità il ruolo dei servizi di staff, o di supporto, rispetto a quello dei servizi di line od
operativi. Si pensi, per esempio, alla sempre maggiore rilevanza organizzativa dei sistemi
informativi automatizzati ; dei servizi di statistica ; ecc.. Per quanto riguarda il personale, invece,
dovrebbero tendenzialmente ridursi le figure professionali con mansioni esecutive ed, al contrario,
aumentare i quadri ed i dirigenti. Per la verità, la realtà degli Enti Locali è ancora lontana da un
assetto organizzativo e funzionale di questo tipo. Come si è di recente notato, in “tema di
composizione qualitativa dell’organico la situazione è abbastanza in linea con il passato : pochi
dirigenti e molto personale operativo. Si evidenzia quindi un profilo di ente locale molto operativo,
ancora distante dall’attuazione di un’idea di comune che esternalizza, decentra ed è composto di
elevate professionalità ; insomma ben distante dall’idea di ‘Comune holding’. ” (15).
Oltre alla composizione qualitativa degli organici degli enti, nella prospettiva riformatrice delineata,
la formazione professionale del personale avrà un particolare significato strategico. I contratti
collettivi nazionali di lavoro del comparto Autonomie locali e Regioni, e in generale del pubblico
impiego, relativi al quadriennio 1998/2001 hanno dato particolare rilievo, rispetto al passato, al
tema della formazione delle risorse umane. E’ stata recentemente costituita la Scuola superiore della
pubblica amministrazione locale, prevista dal decreto istitutivo dell’Agenzia autonoma per la
gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali (nel 1999/2000 è stato inaugurato il primo
anno accademico). Inoltre, prestigiose Università, come la “Bocconi” di Milano, hanno istituito
“Master in management pubblico” o analoghi corsi o scuole di specializzazione “post lauream”. E’
interessante notare come i programmi delle scuole e dei corsi in questione riservino uno spazio
significativo, in aggiunta alle imprescindibili materie giuridiche, alle discipline organizzative, di
carattere sociologico ed economico, alle metodologie e tecniche gestionali di tipo aziendale, ecc..
Si citano, a titolo di esempio, le aree tematiche comprese nel programma della suddetta Scuola
superiore della pubblica amministrazione locale (16) :
n Organizzazione e management ;
n Diritto comunitario e fondi strutturali dell’Unione Europea ;
n Attività, servizi e forme di gestione ;
n Attività produttive e politiche di sviluppo locale ;
n Economia ;
n Urbanistica, ambiente, lavori pubblici e trasporti ;
n Sistemi di governo elettronico degli enti locali ;
n Attività finanziaria ;
n Gestione delle risorse umane ;
n Contabilità e bilancio ;
n Comunicazione interna ed esterna ;
n Innovazione e semplificazione ;
n Servizi ai cittadini e nuove modalità di governo ;
n Ordinamento delle autonomie locali.
E‘ possibile affermare, alla luce di quanto detto più sopra , che le competenze di base dei quadri e
dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni dovranno necessariamente includere, nell’attuale
contesto socio-economico ed istituzionale, l’informatica, le lingue, l’organizzazione, l’economia e il
diritto. Quindi, rilevato che la formazione del personale in servizio si è svolta fino ad oggi
prevalentemente, se non esclusivamente, in modo empirico ( cioè “on the job”, sul posto di lavoro)
ed ha avuto contenuti per lo più di carattere giuridico, sarà indispensabile realizzare nel breve e
medio periodo consistenti interventi formativi e di riqualificazione rivolti prioritariamente al
personale direttivo e dirigenziale, in quanto sarà compito di queste ultime categorie di funzionari
guidare i processi di innovazione e riorganizzazione delle funzioni e dei servizi pubblici.
Pierino Rossini - Dirigente Comune di Cologno Monzese
Dicembre 2000
NOTE
=====
(1) L. CESARINI, “Il servizio pubblico locale : evoluzione e prospettive tra principio di sussidiarietà e regime di
concorrenza”, in http :// www.diritto it./enti locali/cesarini/html, Ottobre 2000, pag. 4.
(2) M. CAMMELLI, “Gli appalti di pubblici servizi e le società a partecipazione pubblica”, in F. MASTRAGOSTINO
(a cura di) , “Appalti pubblici di servizi e concessioni di pubblico servizio”, Cedam, Padova, 1998, pag. 59.
(3) F. BASSI, “Lezioni di diritto amministrativo”, Giuffrè Editore, Milano, 2000, pag. 30.
(4) S. CASSESE, “Le basi del diritto amministrativo”, Scientifica Einaudi, Torino, 1989, pag. 224.
(5) F. BENVENUTI, “Appunti di diritto amministrativo”, Cedam, Padova, 1959, pag. 206.
(6) D. FLORENZANO, “La normativa applicabile agli appalti pubblici di servizi al di sotto della soglia di rilievo
comunitario”, in F. MASTRAGOSTINO (a cura di ), op. cit., pag. 335 e ss.. Nel saggio, fra l’altro, l’autore
evidenzia la problematica applicazione del DPR 18.4.1994 n. 573 all’appalto di servizi pubblici.
(7) A. BARBIERO, “Il tramonto dell’incarico fiduciario”, in “Italia Oggi”, 3 Novembre 2000.
(8) F. PELLIZZER, “ Gli affidamenti di incarichi di progettazione e di servizi tecnici”, in F. MASTRAGOSTINO (a
cura di ), op. cit., pag. 270.
(9) Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, “Presentazione del Progetto
Finalizzato Esternalizzazione delle funzioni amministrative”, Roma, 2000.
(10) P. ROSSINI, “Governo delle entrate degli enti locali”, in “Orientamenti Amministrativi”, Milano, n. 1-Gennaio
1999.
(11) Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, op. cit., punto
2.3.
(12) Corte dei Conti, Sez. II giurisdizionale centrale, sentenza 2.10.1997 n. 264 ; Sezioni Riunite in
sede di Appello, sentenza 22.2.1997 n. 27 ; Sezione giurisdizionale Lazio, sentenza n. 21/1997.
(13) A. BARBIERO, op. cit..
(14) R. GALULLO, “Servizio migliore se non lo fa il Comune”, in “Il Sole 24 Ore”, 10 Maggio1999.
(15) R. RUFFINI, “Nei Comuni calano i dirigenti e il part-time stenta a decollare”, in “Il Sole 24 Ore”, 25 Settembre
2000.
(16) “Corsi, esami e aggiornamento continuo : segretari e funzionari tornano in classe”, in “Guida agli Enti Locali/Il
Sole 24 Ore”, 30 Ottobre 1999 n. 42, pag. 102.