Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede
Le equazioni di Maxwell
A un certo punto non fu più la biologia a dominare il destino dell’uomo,
ma il prodotto del suo cervello: la cultura. - James Clerk Maxwell
James Clerk Maxwell (1831-1879) nacque l’anno in cui Faraday scoprì la legge dell’induzione elettromagnetica e morì l’anno in cui nacque Einstein, quasi a rappresentare
anche anagraficamente l’anello di congiunzione fra le intuizioni e le ricerche sperimentali
di Faraday, che Maxwell tradusse in linguaggio matematico, e la Relatività Ristretta di
Einstein che proprio dal lavoro di Maxwell prese origine. Il sistema di quattro equazioni che Maxwell elaborò dal 1864 al 1873, costituisce l’unificazione fra l’elettricità, il
magnetismo e l’ottica, fino ad allora ritenuti indipendenti. Il legame fra queste equazioni e l’ottica si può evincere dal fatto che queste equazioni prevedono l’esistenza delle
onde elettromagnetiche con una velocità di propagazione pari a quella della luce. L’importanza della teoria di Maxwell si può comprendere anche considerando che i moderni
sistemi di comunicazione si basano sulle suddette equazioni. Possiamo perciò affermare
che l’opera di Maxwell gioca nell’elettromagnetismo un ruolo pari a quello dell’opera di
Newton in meccanica.
Maxwell era un fautore del progresso della fisica mediante analogie con altre branche
di essa stessa. La teoria di Maxwell nacque, infatti, da concetti dell’idrodinamica e
della fisica dei corpi elastici applicati all’ottica, allora vista come un fenomeno elastico.
Per convincersene basterebbe osservare che la matematica usata è connessa con quella
utilizzata dagli studiosi di elasticità e di idrodinamica (si pensi ad es. al concetto di
flusso). Per tale ragione in un primo tempo non si notò il legame fra la teoria di Maxwell
con l’allora nascente tecnologia delle trasmissioni elettriche (la teoria delle oscillazioni
elettriche in un circuito la elaborò Kelvin nel 1866). Hertz fu uno dei primi, con Augusto
Righi, a cogliere e fondere questi due aspetti sperimentalmente.
Per concludere, queste quattro equazioni, assieme alle definizioni operative dei campi
elettrici e magnetici, possono essere assunte come postulati da cui ricavare e risolvere,
con più o meno complesse elaborazioni matematiche, tutte le proprietà e i problemi
dell’elettromagnetismo.
→
−
→
−
→
−
Le due definizioni operative dei campi sono: F = q E e la forza di Lorentz F =
→
−
−
q→
v × B 1 . Operative nel senso che indicano un modo per determinare E e B misurando
la forza con la quale agiscono su una carica q.
Prima di scrivere brevemente sulle equazioni di Maxwell è bene ricordare che tre di
queste equazioni sono riformulazioni delle ricerche eseguite da Coulomb, Gauss, Oersted,
Ampère, Faraday, Neumann, Lenz, ecc.. La quarta equazione, invece, introduce la felice
ipotesi di Maxwell della corrente di spostamento.
Riporteremo le equazioni in una forma matematica ben diversa da quella opportuna
per ulteriori sviluppi.
I EQUAZIONE
La prima equazione di Maxwell è la legge di Gauss per il campo elettrico:
→
−
ΦS E =
1
P
qint
.
ε0
Ä−
−
→
→ → −
→ä
Molti testi indicano come forza di Lorentz F = q E + −
v ×B .
Il flusso del campo elettrico uscente da una superficie chiusa 2 S è pari alla somma
algebrica delle cariche contenute nella superficie stessa diviso la costante dielettrica.
Questo presupposto reca in sé la condizione secondo cui le linee di forza del campo
elettrico debbono iniziare (sorgenti) e terminare (pozzi) su cariche elettriche. In altre
parole le cariche elettriche sono separabili.
II EQUAZIONE
La seconda equazione di Maxwell contiene una delle principali differenze tra il campo
elettrico e magnetico. Infatti, sempre ricorrendo alla formula di Gauss, si ha:
→
−
ΦS B = 0.
Il flusso del campo magnetico uscente da una superficie chiusa S è sempre nullo. Ciò
significa che le linee di forza uscenti da una superficie chiusa sono pari alle linee di
forza entranti nella stessa superficie. In altre parole: non esistono poli magnetici singoli
(monopoli).
III EQUAZIONE
La terza legge di Maxwell scaturisce dalla legge dell’induzione di Faraday-Neumann-Lenz.
→
−
Per la legge di Faraday, in una spira conduttrice dove c’è una variazione di Φ B
concatenato ad una spira conduttrice si osserva una corrente indotta iI . Ricordando
→
−
che una corrente è un flusso di cariche provocato da un campo E , possiamo scrivere le
seguenti implicazioni (in blu) che possono portare all’introduzione di un campo elettrico
−
→
EI (campo elettrico indotto).
Possiamo pensare ad un’interpretazione diversa, dovuta a Maxwell, (in rosso) per
spiegare l’insorgere
di iI nella spira. Questa interpretazione dice che se in una regione di
→
−
spazio si ha Φ B 6= 0, si crea una nuova proprietà dello spazio che chiamiamo campo
elettrico indotto. Questa proprietà dello spazio poi si manifesta, su una eventuale spira
conduttrice presente nella regione, con una corrente indotta iI .
−
→
L’espressione del campo elettrico indotto EI si può ottenere osservando che le due
interpretazioni devono portare a risultati compatibili: ad esempio il lavoro W fatto per
spostare una carica q0 lungo una spira deve essere lo stesso in entrambe le interpretazioni.
2
Quando si dice superficie chiusa si deve intendere una superficie tridimensionale che divide lo spazio
fra un dentro ed un fuori, ed orientata da dentro verso fuori.
→
−
Quindi da un lato W = q0 εI , dall’altro W = q0 CΓ E Deve essere:
→
−
q 0 εI = q 0 C Γ E
⇒
→
−
εI = C Γ E
Se interpretiamo l’induzione elettromagnetica in termini di campo elettrico indotto, cioè
la fem indotta in termini di circuitazione del nuovo campo elettrico generato, possiamo
scrivere la legge di Faraday come:
CE (t) = −
∆ΦB (t)
∆t
o meglio, pasando dalla variazione media a quella istantanea tramite la derivata:
CE (t) = −
dΦB (t)
dt
che diventa la terza legge di Maxwell e stabilisce che un flusso magnetico variabile nel
tempo genera un campo elettrico indotto. Le linee di campo del campo elettrico indotto
sono concatenate alle linee di forza del campo magnetico inducente.
Tale campo elettrico indotto non è però conservativo.
Se consideriamo nell’equazione il caso:
→
−
dΦB (t)
B (t) costante ⇒ ΦB (t) = 0 ⇒
= 0 ⇒ CE (t) = 0
dt
ossia il campo elettrico è conservativo, ma non è più un campo elettrico indotto!
Quindi la terza eq. di Maxwell automaticamente include il caso stazionario, ovvero
quello del campo elettrostatico, pertanto possiamo scrivere generalizzando:
CE (t) = −
dΦB (t)
dt
(generalizzazione del teorema della circuitazione) dove E è il campo elettrostatico per
casi stazionari e il campo elettrico indotto per casi non stazionari.
IV EQUAZIONE
→
−
L’equazione precedente, dice che in una regione di spazio dove c’è un campo B (t) si crea
→
−
un campo E (t). Questa interpretazione della legge di Faraday, fa sorgere una naturale
domanda: è vero anche la situazione simmetrica? Se in una regione di spazio c’è un
→
−
→
−
campo E (t) si crea un campo B (t)?
Dopo l’interpretazione di Maxwell della legge di Faraday, si cercarono evidenze spe→
−
→
−
rimentali dirette circa la possibilità di creare un campo B (t) da un campo E (t), ma
i risultati sono stati tutti negativi. Maxwell, non si arrese all’evidenza sperimentale e
sviluppò una teoria, qui di seguito accennata, che partiva dall’evidenziare i limiti della
legge di Ampère scritta come
→
−
CΓ B = µ0 i c
Infatti questa espressione, valida in casi stazionari (i = ic = costante implica linee di
correnti chiuse), non è valida in casi non stazionari quando i = i(t) e le linee di correnti
sono aperte (e quindi ic = 0). Se colleghiamo due punti a potenziale V (A) e V (B)
(inizialmente V (A) > V (B)) con un filo conduttore, in esso si instaura una corrente non
stazionaria i(t).
∆V = V (A) − V (B) = ∆V (t)
Se i(t) 6= 0 ⇒ B(t) 6= 0 ⇒
→
−
(scelta la curva Γ in figura) CΓ B 6= 0.
Mentre la linea di corrente (essendo aperta)
non risulta concatenata con Γ e si ha ic = 0.
Quindi in casi non stazionari il teorema di
Ampere ci porta ad un’incongruenza:
→
−
0 6= CΓ B = µ0 ic = 0
Per risolvere questa incongruenza, l’ipotesi di Maxwell è stata quella di aggiungere
al teorema di Ampère, così come scritto per casi stazionari, un termine che tenga conto
dei casi non stazionari, ovvero di aggiungere un termine di corrente is scrivendo:
Dobbiamo trovare l’espressione dell’eventuale iS . Osserviamo che se la corrente è
non-stazionaria, ossia circola su una linea aperta, nella zona dove la linea è interrotta
deve esserci un campo elettrico E(t) in quanto esiste un ∆V (t), quindi dove manca
una corrente di conduzione i(t) esiste un E(t) e quindi variazioni di i(t) con tempo
potrebbero essere equivalenti, nell’interruzione, a variazioni di E(t). Analizziamo meglio
questa situazione, facendo riferimento al processo di carica di un condensatore piano di
capacità C con armature di area S distanti d.
Corrente di spostamento
Dato il circuito in figura, consideriamo il tratto di esso in cui si trova il condensatore di
capacità C.
Ad un istante t, sulla singola armatura del condensatore abbiamo una carica q(t)
e una differenza di potenziale fra le armature ∆V (t). Mentre si sta caricando, fra le
armature del condensatore vi sarà dunque un campo elettrico di intensità:
E(t) =
∆V (t)
d
Å
=
d.d.p.
dist. tra armature
ã
ovvero sulle armature ci sarà una carica:
q = CV = CEd
C e d sono costanti, a variare nel tempo sono solo q ed E. Quindi:
∆E
∆q
= Cd
.
∆t
∆t
Ricordando che C = ε0 (S/d) [S area delle armature] e che ∆q/∆t è una corrente i,
otteniamo:
i = ε0 S
∆E
.
∆t
→
−
che diventa, essendo S∆E = ∆ΦS E 3 :
i = ε0
→
−
∆ΦS E
∆t
.
→
−
In conclusione, supponendo che quando varia E una corrente pari a i = ε0 ∆ΦS E /∆t
attraversi il condensatore avremo un flusso continuo4 di corrente che circola nell’intero
circuito. Si comprende perché una corrente alternata percorre un circuito contenente
un conduttore: fra le armature, il campo E cambia continuamente
e ciò produce una
→
−
corrente fluente attraverso esse. Maxwell chiamò i = ε0 ∆ΦS E /∆t corrente di spostamento: is . Egli introdusse questa corrente come un artificio matematico affinché,
comunque scelta la superficie concatenata col circuito, il risultato del calcolo della circuitazione lungo un percorso concatenato fosse univoco. Infatti, se invece della sola
corrente di conduzione che attraversa il circuito si introduce questa corrente addizionale
di spostamento, numericamente is è uguale a i, si ottiene la IV equazione di Maxwell:
→
−
→
∆Φ
S E
−
C Γ B = µ 0 i + µ 0 ε0
∆t
Ä−
Ä−
→ä −
→ −
→
−
→ −
→
→ä
ΦS E = E · S , se E e S sono perpendicolari ΦS E = ES.
4
... non una corrente continua.
3
o anche:
→
−
CΓ B = µ0 (i + is )
La IV legge di Maxwell può essere anche enunciata così: un campo elettrico variabile
è equivalente ad una corrente elettrica - la corrente di spostamento - la quale come tutte
le correnti produce un campo magnetico.
Osserviamo che i esiste solo nel circuito, ma non nel condensatore. Viceversa is .
Aggiungere is non significa che nel circuito circola una corrente maggiore, ma solo che lì,
dove il circuito è interrotto da un condensatore, la corrente prosegue in un’altra natura.
Fu proprio il porsi la domanda su quale fosse questa natura che fece prevedere e capire
la propagazione delle onde elettromagnetiche.
Osserviamo poi che
µ0 ε0 = 4π · 10−7 · 8, 86 · 10−12 ≈ 10−17 s2 m−2
e quindi il termine aggiunto da Maxwell è estremamente piccolo e quindi i suoi effetti
difficilmente misurabili direttamente in un esperimento! Altrimenti uno sperimentatore
attento come Faraday si sarebbe accorto di questo nuovo genere d’induzione
Maxwell predisse che le variazioni nel tempo di un campo elettrico, anche in assenza
di correnti di conduzione, avrebbero generato un campo magnetico
Corrente di spostamento
La teoria di Maxwell, precedentemente descritta, permise la sintesi di tutti i fenomeni
elettrici e magnetici, stazionari e non, con 4 equazioni note come le equazioni di Maxwell.
Questa teoria lasciò subito intravedere l’esistenza di fenomeni non ancora osservati!
Se scriviamo le quattro equazioni precedenti per uno spazio vuoto dove non ci sono nè
cariche elettriche (q = 0) nè correnti (i = 0) otteniamo delle equazioni completamente
simmetriche:
Esse dicono che:
→
−
→
−
• un campo B (t) genera, tramite l’equazione 2, un campo E (t) che genera, tramite
→
−
l’equazione 4, un campo B (t) ecc, ecc ...
→
− →
−
• I campi E e B hanno entrambi linee chiuse.
Il segno − è fondamentale per il sostentamento dei campi (vedi fig.)
→
−
→
−
Questo nuova realtà fatta di campi E e B che esistono nello spazio vuoto, che si
autogenerano e autosostengono sono le onde elettromagnetiche.
L’esistenza delle onde elettromagnetiche è la verifica sperimentale della teoria di
Maxwell.