La persona umana è fondamento e fine della

III giorno “La Comunità politica”
La Comunità Politica
CDSC Cap. VIII
Riflettiamo oggi sulla comunità politica, sul CDSC e sul ruolo di ciascuno di noi e
dei cristiani in politica. Il punto di partenza è sempre il dato evangelico. Gesù non
tratta espressamente la dimensione politica, ma non si sottrae alle sue implicazioni
(“date a Cesare…”) → restituite a Cesare. Già questo significa che Cesare, l’autorità
pubblica dà qualcosa a noi; e questo non ci può lasciare indifferenti. San Pietro e San
Paolo nelle loro lettere parlano della necessità di pregare per i governanti, rispettarli e
obbedire.
Anche oggi la dimensione della comunità politica ci riguarda direttamente come
persone e come cristiani: il cristiano non può disinteressarsi della politica! Questo
non vuol dire fare un partito cristiano o votare tutti lo stesso partito.
Da sempre il Magistero sociale è stato attento alla politica. All’inizio (Rerum
novarum) si voleva sollecitare l’azione politica alla soluzione della “questione
operaia”, alla promozione di un corretto ordine sociale (Pio XI); con Giovanni XXIII
fino ad oggi il punto di partenza è lo sguardo alla società nel suo darsi storico (i segni
dei tempi): una società preesistente alla politica, da cui la politica riceve e a cui può la
politica dare parecchio. La DSC continua ad offrire il proprio contributo che consiste
nel richiamare l’attenzione della politica dal livello proprio istituzionale alla
considerazione dell’importanza dei rapporti che lo precedono e lo fondano: quelli
personali e sociali. Sono i livelli e rapporti irrinunciabili anche per l’istituirsi dei più
alti gradi dell’attività politica. Da questo punto di vista la politica parte dal basso e la
verità dell’attività politica, cioè il bene delle persone e delle loro forme associate,
deve essere ricercata a partire dai livelli primari che precedono ogni sviluppo
istituzionale. Sentite che dice la GS, al nr 74:
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“Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono
consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di
rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di
una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo
delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica”.
E questo aspetto è ripreso dal n. 384 del CDSC che dice:
“La persona umana è fondamento e fine della convivenza politica” e poi “La
comunità politica, realtà connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine
altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri,
chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune, sotto la spinta
della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene”.
Ogni impegno politico deve avere questo dato, un pre-dato, connaturato. Tutto parte
dalla persona umana. È il fondamento della politica (senza l’uomo la politica non
esiste; è un’opera, un’attività umana) ed è il fine della politica che deve far sì che la
persona possa vivere bene, realizzarsi e raggiungere il bene comune.
Prima della politica, intesa come attività di governo, la DSC riconosce la politica in
quanto azione della persona e della società tutta.
Senza la comunità politica ci manca qualcosa: non riusciamo a raggiungere un fine
fondamentale che è la crescita della persona. È importante ripeterlo e non
dimenticarlo: all’origine della società e di ogni attività sociale e politica vi è la
persona umana.
Abbiamo parlato della persona come fondamento e fine della comunità politica; da
questo deriva che un elemento costitutivo da cui deve partire la politica è il popolo.
Che non è massa indistinta e amorfa. Il popolo è una realtà che vive di vita propria,
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formato da persone che nei rispettivi ruoli esprime un proprio modo di pensare;
mentre la massa non è capace di autonomia, di vita autonoma e agisce per impulsi
non per decisioni razionali. Il popolo è parte attiva nello stato e nella comunità
politica, la massa è passiva. Noi cosa siamo?
TUTELA E PROMOZIONE DIRITTI UMANI: è la conseguenza del considerare la
persona umana fondamento e fine della comunità politica; per tutelare e promuovere
la dignità umana è necessario impegnarsi per il riconoscimento dei diritti umani
fondamentali e inalienabili non possono essere ignorati dalla comunità politica, sono
norma oggettiva che sta alla base del diritto positivo. La persona è in tutti i sensi
precedente alla comunità politica.
La comunità politica persegue il bene comune operando per la creazione di un
ambiente umano in cui ai cittadini sia offerta la possibilità di un reale esercizio dei
diritti umani e di un pieno adempimento dei relativi doveri. (CDSC 389)
Per far questo duplice azione della comunità politica: di difesa e di promozione. È un
aspetto imprescindibile di ogni attività politica.
AUTORITA’ POLITICA.
Giovanni XXIII ci parla dell’autorità:
“La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa
non è presente un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del
bene comune in grado sufficiente … non vi può essere "società che si sostenga, se
non c’è chi sovrasti gli altri, muovendo ognuno con efficacia ed unità di mezzi
verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile è indispensabile
l’autorità che regga; la quale, non altrimenti che la società, è da natura, e perciò
stesso viene da Dio”. (Pacem in Terris, 27)
L’autorità politica deve permettere e garantire la vita ordinata della società, senza
sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola verso il bene
comune.
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L’autorità è perciò necessaria e il Catechismo della Chiesa ci dà una definizione
precisa: “Si chiama « autorità » il titolo in forza del quale persone o istituzioni
promulgano leggi e danno ordini a degli uomini e si aspettano obbedienza da parte
loro”(1897). C’è un legame tra autorità e potere, in quanto un potere non giustificato
porterebbe e si manifesterebbe come forza bruta, come violenza; un potere
giustificato si manifesterebbe come autorevole e comporterebbe spontaneamente
l’obbedienza.
Dice Paolo VI:
“L’autorità non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo
ragione. Trae quindi la virtù di obbligare dall’ordine morale”.
È importante questo aspetto: l’autorità, quando comanda secondo ragione, obbliga
(spontaneamente o quasi … ) ad obbedire non ad un comando considerato nella sua
formalità, cioè posto da persone che per dignità sono uguali ad altri cittadini, ma al
contenuto del suo comando che essa ha reso il più possibile conforme all’ordine
morale. Una legge ha la sua cogenza nel fatto di essere posta in essere dalla
maggioranza, ma è giusta se rispetta l’ordine morale e uno la rispetta
spontaneamente, se rispetta cioè la dignità delle persone, i diritti umani, ecc.
In questa sezione del CDSC si parla dell’autorità, del diritto all’obiezione di
coscienza e alle pene giuste da infliggere in caso di trasgressione (399-405). È
interessante che la Chiesa si occupi con decisione di argomenti che riguardano il
“potere” politico, l’esercizio del potere. E l’unica spiegazione è data proprio dal fatto
che si vuole salvaguardare la forza morale dell’autorità; che sia legata a valori
riconosciuti e riconoscibili. In ultima analisi a Dio. In una società laica, o peggio
laicista, questo discorso può essere accolto fino ad un certo punto… Questo aspetto
dell’autorità è collegato con il seguente: la democrazia come forma di governo. Non
sempre la Chiesa è stata favorevole alla democrazia per situazioni storiche precise
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(pensate alla Rivoluzione francese), ma dalla I enciclica sociale Leone XIII mostra
interesse per questa forma di governo.
La democrazia (dal greco démos: popolo e cràtos:potere) etimologicamente significa
"governo del popolo", ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata,
direttamente o indirettamente, dall'insieme dei cittadini. È una definizione standard;
una definizione che mi piace molto l’ha data in una lettera don Milani: “democrazia è
uguaglianza di diritti”. Questo ci fa entrare nella dimensione del magistero sociale
che sempre ha guardato con attenzione alla democrazia.
Dice la CA (46):
“La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la
partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la
possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in
modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la
formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini
ideologici usurpano il potere dello Stato.
Un'autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una
retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni
necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la
formazione ai veri ideali, sia della «soggettività» della società mediante la
creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità”.
Da questo cosa deriva? Che un’autentica democrazia non è solo regole o procedure,
ma è l’accettazione di chiari principi: la dignità umana, il rispetto dei diritti umani, il
bene comune come fine dell’attività politica. Il rischio è che democrazia si riduca
oggi in maggioranza. Ciò che decide la maggioranza è giusto. Attenzione la
maggioranza è importante, è uno strumento, ma non è il criterio assoluto.
Oggi ha valore una corretta argomentazione, valori veri o dobbiamo accettare tutto
ciò che dice la maggioranza? È una discussione importante. La democrazia non è un
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qualcosa di filosofico. Ma un sistema di governo. La Chiesa stessa oggi dice che è il
migliore per garantire la dignità umana, il rispetto dei diritti umani, il bene comune
come fine dell’attività politica, la partecipazione di tutti i cittadini.
Da più parti si sostiene che la democrazia non si può fondare che sul relativismo
etico. Se ci fosse qualcosa di assoluto, non sarebbe più possibile il pluralismo e
quindi
la
democrazia.
Lo
stato,
autodefinitosi
laico,
non
può
che
essere il “notaio” che registra quello che avviene permettendo non solo che ciascuno
viva in base ai propri valori morali, com’è ovvio, ma arrivando anche a legiferare su
scelte e comportamenti che gruppi di cittadini, in nome dei diritti della persona,
ritengono di poter legittimamente vivere e chiedono allo stato tutele e
riconoscimento. Ne risulta inevitabilmente una democrazia di tipo procedurale dove
l’unica cosa che conta è rispettare le procedure democratiche per arrivare ad una
legge, al di là dei suoi contenuti.
Il pensiero cristiano e la DSC è molto lontano da questa impostazione e crede che lo
stato debba avere dei riferimenti valoriali su cui si fonda. Di fatto tutte le moderne
democrazie si fondano su una Costituzione che contiene i valori di riferimento, i
diritti fondamentali dell’uomo, i doveri dei cittadini e dello stato, le libertà che sono
garantite a tutti. Proprio la presenza delle Costituzioni ci porta a dire che non esiste, e
non potrebbe esistere, neanche in democrazia una assoluta neutralità etica.
Ma ogni linea politica, in ogni istituzione politica viene portata avanti secondo il
principio di maggioranza. Guardate il parlamento, il governo, ma anche un partito
politico o un ordine religioso.
Ci sarebbe da discutere molto, ma mi sta a cuore cercare di sottolineare il perché un
cristiano fa politica e in che modo è chiamato a farla. Penso che le motivazioni siamo
fondamentali, poi potremo approfondire i vari aspetti concreti di cui ci parla anche il
CDSC. Una caratteristica della democrazia è senza dubbio la divisione dei poteri:
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ogni potere è bilanciato da un altro in modo da evitare derive totalitariste. Questo è lo
Stato di diritto dove è sovrana la legge. Dice il CDSC 408:
Nel sistema democratico, l'autorità politica è responsabile di fronte al popolo. Gli
organismi rappresentativi devono essere sottoposti ad un effettivo controllo da
parte del corpo sociale. Questo controllo è possibile innanzi tutto tramite libere
elezioni, che permettono la scelta nonché la sostituzione dei rappresentanti.
L'obbligo, da parte degli eletti, di rendere conto del loro operato, garantito dal
rispetto delle scadenze elettorali, è elemento costitutivo della rappresentanza
democratica
Naturalmente questo non significa che gli eletti debbano essere soggetti passivi; si
snaturerebbe il loro incarico e la loro responsabilità.
Uno degli aspetti drammaticamente attuali del sistema democratico, o meglio delle
sue deformazioni è la corruzione (CDSC 411). Si utilizzano gli “strumenti” della
democrazia per scopi personali. È una piaga sempre più diffusa. Dice Papa Francesco
nella bolla di indizione del Giubileo della misericordia:
Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo,
perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione
impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e
avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. E’ un male che si
annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione
è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro
come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e
dall’intrigo … Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie
prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la
si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza.
Questo è il momento favorevole per cambiare vita!
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Quello che deriva dal compendio e dal magistero sociale è che la politica riguarda il
cristiano e si vede la necessità di un impegno politico serio del credente. Fa parte
della missione della Chiesa il partecipare alla costruzione della società, di un’umanità
più fraterna. E l’impegno sociale del laico non è in contrapposizione con la scelta
religiosa: sono due scelte che si integrano a vicenda.
La Politica è importante nella nostra vita. Chi di voi non ha mai toccato con mano che
le decisioni politiche condizionano la vita sociale e personale? La Politica, quando e
se è vissuta bene, è un’attività importante perché riguarda la vita dell’uomo, la nostra
vita e tocca gli aspetti fondamentali della vita: la famiglia, il lavoro, la salute, la
scuola, la casa, i diritti umani. E ogni scelta politica incide anche sulle generazioni
future (pensioni … ). Come abbiamo visto ieri però non va assolutizzata, non è tutto
per l’uomo.
Innanzitutto non esiste una politica cristiana; il Vangelo non ci dà una ricetta e la
Politica è laica in quanto i suoi mezzi sono dell’ordine naturale non rivelato, ma
esiste un modo di fare politica ispirandosi al Vangelo!
Il cristiano che fa politica non deve rendere più religiosa la società o tutelare gli
interessi della Chiesa.
La Chiesa allora non deve fare politica, ma deve dare visibilità sociale al
soprannaturale, al trascendente. La verità cristiana mai deve essere imposta, ma
proposta. Gesù mai ha costretto alcuno a pensarla come lui.
Anche se su certi aspetti è dura per un cristiano, bisogna avere chiaro che la validità
degli argomenti è fondamentale, ma conta finché si discute; quando si tratta di
decidere si contano i voti e la maggioranza vince. È una procedura, questa,
fondamentale in democrazia. È la più preziosa?
La politica, ricordiamo, deve cercare un pezzetto del bene comune. Si può discutere
che cosa è bene. Ma il bene comune riguarda tutti.
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Di fronte alla questione di certi valori fondamentali il cristiano impegnato in politica
si trova davanti a due questioni: a livello personale certamente si riconosce nella
visione cristiana dell’uomo e crede che essa sia profondamente umana e quindi
argomentabile, sostenibile e condivisibile; a livello del confronto politico si trova a
fare i conti con altre posizioni e con la necessità di contribuire all’elaborazione
di scelte legislative.
Da una parte, è convinto delle sue idee e non teme di presentarle, argomentarle e
difenderle, ma a livello pratico si trova davanti a un bivio quando sono in gioco
questi valori importanti: ritirarsi dal confronto e dalle decisioni per non cedere a
compromessi con quello in cui crede; oppure accettare di stare dentro il dibattito e il
confronto per difendere alcune posizioni ma disponibile ad accettare ciò che è
possibile in una realtà segnata dal pluralismo. Accettare il confronto sapendo che, in
ogni caso, alla fine il suo voto sarà negativo renderebbe superfluo lo stesso confronto
politico emarginando di fatto il cristiano.
La prima scelta è certamente profetica ma, a livello operativo, la sua uscita dai luoghi
decisionali potrebbe lasciare campo libero alle posizioni più radicali in senso
contrario. La stessa astensione o voto contrario potrebbe non avere nessun effetto
pratico ma certamente di forte testimonianza profetica. Il suo rimanere nella
discussione politica, da una parte, potrebbe portare frutti pratici a livello legislativo,
anche se non perfetti rispetto al suo modo di pensare, dall’altra, potrebbe però dare
l’impressione di un cedimento sui valori.
Moralmente siamo responsabili della coerenza con la nostra coscienza ma anche delle
conseguenze delle nostre scelte. Affermare che i cristiani rappresentano nella società
l’utopia, l’ideale potrebbe aprire la strada a una Chiesa che indica principi e valori ma
poi lascia agli altri le scelte politiche per non dover scendere a compromessi.
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È importante imparare a pensare non solo in termini di principi e ideali, ma
anche “politicamente” nel senso di provare a calare i principi nella storia per costruire
una società sempre più giusta pur tra realizzazioni parziali.
È veramente un’arte nobile e difficile, come dice la GS. E il cristiano in quanto
cristiano, forse oggi più che mai, deve accettare il rischio della politica, come forma
di carità. Come abbiamo visto non è facile perché comporta il prendere coscienza
dell’autonomia della politica da ogni forma o ipoteca confessionale. Ma lo scendere
sulla strada di Gerico, diceva don Tonino Bello, e lo sporcarsi le mani fa si che si
vinca la tentazione, sempre in agguato, dell’integralismo: senza l’impegno si rischia
di ridurre il cristianesimo a un’ideologia sociale.
Un aspetto da considerare nella vita politica: il discernimento, leggere i segni dei
tempi. Cercare di fare il massimo e il meglio possibile.
Gli ultimi due temi trattati dal CDSC che sono alla fine ma hanno una rilevanza
notevole:
- la comunità politica a servizio della società civile (ne abbiamo già accennato), con il
primato di quest’ultima; e l’importanza dell’applicazione del principio di
sussidiarietà;
- il rapporto tra Stato e comunità religiose: l’importanza della libertà religiosa che
deve essere tutelata e promossa dalla comunità politica; l’autonomia e
interdipendenza tra Chiesa e comunità politica; la collaborazione reciproca.
Vale la pena impegnarsi in politica oggi? Sì!
Sempre don Milani:
“Posso solo dir loro [ai ragazzi] che essi dovranno tenere in tale onore le leggi
degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del
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debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il
sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Un cristiano dovrebbe avere nel suo DNA interiore un’opzione politica. E il suo
compito, di ogni politico, è raggiungere il massimo possibile.
Allora è fondamentale per poter fare politica molta più formazione: innanzitutto
cristiana e spirituale che deve permeare una formazione politica più specifica. Una
formazione che deve essere fondante. Volete fare politica? Siete cristiani? Leggete il
Vangelo e il CDSC. Rifletteteci e discutetene. Dopo, magari partecipate e formate
una scuola politica; anche questo è fare politica! Formare la coscienza politica. Non
vi stancate. Non vi scoraggiate da quello che vedete e dagli spettacoli a volte
vergognosi che assistiamo in Parlamento o nei discorsi dei nostri politici.
Interessatevi, informatevi.
Quello che deve animarci è uno slogan; lo prendo, tanto per cambiare, da don Milani.
I CARE. Mi importa, mi sta a cuore. Ci dovrebbe stare a cuore a tutti noi, adempiere i
nostri dovere civici di cittadini, provare a prenderci cura del nostro paese in senso
pratico. Secondo le nostre possibilità e carismi.
“Dovevo ben insegnare come un cittadino reagisce all'ingiustizia. Come ha libertà
di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al
vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete
della nostra scuola c'è scritto grande: I CARE. E' il motto intraducibile dei giovani
americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. E' il contrario esatto del motto
fascista: Me ne frego”.
E a me? Sta a cuore?
Dopo diverse citazioni chiudo con Papa Francesco che nella Evangelii Gaudium al nr
205 dice:
Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico
dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza
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dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima,
è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune
E recentemente, il 30 aprile, in un incontro con le CVX (Comunità di vita cristiana) e
LMS (Lega missionaria studenti), organizzazioni laicali dei gesuiti in Vaticano ha
detto:
Un partito cattolico “non serve”, “la chiesa non è un partito politico”, ma “un
cattolico deve fare politica” … La politica “è il martirio quotidiano di cercare il
bene comune senza lasciarti corrompere” …
Di fronte alla cultura della illegalità, della corruzione e dello scontro, voi siete
chiamati a dedicarvi al bene comune, anche mediante quel servizio alle gente che si
identifica nella politica. Essa, come affermava il beato Paolo VI, ‘è la forma più
alta ed esigente della carità’. Se i cristiani si disimpegnassero dall'impegno diretto
nella politica, sarebbe tradire la missione dei fedeli laici, chiamati ad essere sale e
luce nel mondo anche attraverso questa modalità di presenza”.
Alla luce di ciò che abbiamo detto ieri ed oggi chiediamoci quali sono gli aspetti
importanti per un cristiano che si impegna in politica. in che modo, direbbe P.
Bartolomeo Sorge, fare “politica da cristiani”.
P. Sorge individua per chi vuole fare politica la fedeltà ad alcuni criteri:
1. Coerenza con i valori del vangelo. Questo significa una coerenza non solo
teorica, am vissuta, testimoniata anche nell’attività pubblica. Certo, abbiamo
visto, non è facile. Il Card. Martini diceva che uno degli impegni del cristiano
in politica deve essere quello di trasformare i principi della fede in valori per
la città e per l’uomo.
2. Metodo democratico del fare politica. i principi del Vangelo e i criteri che ci
dà la DSC servono poco senza questo metodo democratico. È l’aspetto dei
valori di cui parla la CA. Come posso garantire quei valori attraverso un agire
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moralmente discutibile? Pensate a Mussolini … Un cristiano non darà mai
un’adesione ideologica ad un partito politica, ma l’adesione sarà critica e
avente come finalità il bene, umano e spirituale, dell’uomo.
3. Laicità della politica. dalla fede non si può dedurre direttamente un modello
politico di società, di governo o di partito. Il vangelo indica i valori a cui
ispirarsi e secondo cui costruire la città dell’uomo, non dice però attraverso
quali scelte o con quali programmi si debba realizzare. La laicità esclude che
la politica dei cristiani degeneri nel clericalismo (politica al servizio degli
interessi
della
Chiesa)
o
nel
confessionalismo
(finalizzarla
all’evangelizzazione o all’azione pastorale);
4. Autonomia delle scelte politiche. I fedeli laici devono essere responsabili e
autonomi nelle scelte che compiono, non sono esecutori dei pastori (papa,
vescovi o sacerdoti) che devono illuminare la coscienza dei laici.
5. Spiritualità e professionalità. Per fare politica da cristiani è necessario che vi
siano autentici cristiani. Non è banale ribadirlo. C’è una duplice fedeltà del
laico cristiano nella politica: ai valori cristiani dati dal Vangelo e alle regole
proprie della politica che non dipendono dalla rivelazione sovrannaturale. Per
essere buoni politici non basta essere buoni cristiani, ma è necessaria una
formazione seria: spirituale e professionale.
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