PRINCIPIO di INDETERMINAZINE di HEISENBERG Alcuni anni

PRINCIPIO di INDETERMINAZINE di HEISENBERG
Alcuni anni dopo che Bohr aveva proposto il suo modello, i fisici fecero due scoperte destinate a cambiare
la nostra visione dell’atomo; la prima era una scoperta di tipo teorico: nasceva da considerazioni
matematiche sulle proprietà di certe grandezze, e poneva dei limiti alla precisione con cui è possibile
valutare certe coppie di grandezze. La seconda era allo stesso tempo teorica e sperimentale, e metteva in
evidenza che l’elettrone e le altre particelle elementari non rientrano in nessuna delle categorie note alla
fisica classica.
Quando si fa una misura non si trova mai un valore esatto, ma un valore approssimato: l’approssimazione
può essere più o meno grande; ciò è vero sia per le misure che riguardano il mondo macroscopico, sia per
la determinazione di grandezze relative alle particelle che costituiscono il mondo microscopico. Ad ogni
misura è quindi associata una indeterminazione (cioè un certo grado di incertezza) che può essere espressa
quantitativamente: il principio di indeterminazione di Heisenberg riguarda l’indeterminazione associata alla
misura di alcune coppie di grandezze e pone delle restrizioni alla precisione con cui è possibile conoscerle.
Una di tali coppie è costituita da due grandezze molto importanti per la descrizione dello stato
dell’elettrone all’interno di un atomo: la posizione e la quantità di moto; il principio di indeterminazione
viene espresso attraverso una relazione matematica di facile comprensione.
Per scriverla indichiamo con x la posizione dell’elettrone, con p la sua quantità di moto, con x
l’indeterminazione associata alla posizione e con p l’indeterminazione associata alla quantità di moto; con
queste notazioni possiamo scrivere che:
x  p 
h
4
dove h è la costante di Planck.
Questa relazione ci dice che il prodotto delle due indeterminazioni non può essere inferiore a un certo
valore; di conseguenza le due indeterminazioni non possono mai essere entrambe molto piccole nello stesso
momento: maggiore è la precisione nella determinazione di una delle due grandezze, più grande è
l’incertezza nella determinazione dell’altra.
La quantità di moto è una grandezza legata all’energia cinetica Ec tramite la relazione:
Ec 
p2
2m
Questo significa che un’incertezza nella determinazione della quantità di moto implica un’incertezza anche
nella determinazione dell’energia cinetica della particella (nel nostro caso specifico l’elettrone).
In base al principio di indeterminazione, non è possibile determinare contemporaneamente e con precisione
illimitata sia la posizione che la quantità di moto dell’elettrone: di conseguenza non è nemmeno possibile
determinare contemporaneamente e con precisione illimitata la posizione e l’energia dell’elettrone. In
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definitiva non è possibile descrivere la situazione dell’elettrone nell’atomo in modo analogo a come si
descrive quella di un oggetto in moto nel mondo macroscopico.
Per comprendere meglio il significato di questa conclusione, confrontiamo la situazione dell’elettrone con
quella di un esempio appartenente al mondo macroscopico: se un’automobile sta viaggiando su una certa
strada, siamo sempre in grado di determinare la sua posizione e la sua velocità in un dato istante, e dalla
velocità possiamo risalire alla quantità di moto e all’energia cinetica. Posizione ed energia dell’automobile
possono essere conosciute senza restrizioni al grado di precisione, eccetto quelle che nascono dalla
raffinatezza dei nostri strumenti di misura.
Per l’elettrone non è possibile una cosa analoga: è necessario fare una scelta, decidere se ci interessa
maggiormente conoscere con grande precisione la sua posizione o la sua energia; per una miglior
comprensione dei fenomeni nel mondo microscopico, è importante conoscere l’energia delle particelle.
Pertanto, si cerca di determinarla con il massimo grado di precisione; questo lascia la posizione
ampiamente indeterminata e costringe ad abbandonare il concetto di orbita per la descrizione dell’elettrone
nell’atomo.
La descrizione dell'elettrone che tiene conto del principio di indeterminazione sostituisce al concetto di
orbita quello di orbitale, visualizzabile come una regione dello spazio all’interno della quale si può trovare
l’elettrone: in questo modo non si parla più della posizione dell’elettrone, ma soltanto della probabilità di
trovarlo in una certa zona.
La TEORIA ATOMICA MODERNA
Il principio di indeterminazione di Heisenberg indicava chiaramente che non era più possibile trattare
l’elettrone come una particella classica, cioè come una particella che avesse le caratteristiche e il
comportamento previsti dalla fisica classica.
Già l’introduzione dell’ipotesi della quantizzazione, nel modello di Bohr, aveva segnato uno stacco con i
modelli della fisica classica; ma, per il resto, Bohr aveva trattato l’elettrone come una particella classica,
che si muove su orbite ben determinate, il cui raggio può essere calcolato in base a semplici considerazioni
meccaniche sulle forze in gioco. Le nuove scoperte, però, segnalavano la necessità di un modo
completamente diverso di affrontare il problema: ciò portò all’elaborazione di una nuova fisica, la
meccanica quantistica.
L’equazione di Schrodinger è il fulcro della meccanica quantistica, e conviene quindi conoscerla un po’ da
vicino: ciò ci aiuterà sia a capire meglio le differenze fra la meccanica classica e la meccanica quantistica,
sia a conoscere gli aspetti fondamentali della moderna descrizione del mondo microscopico.
Quando si descrive un oggetto nell’ambito della meccanica classica si utilizzano direttamente i simboli
delle grandezze per scrivere le equazioni; ad esempio, se si vuole descrivere il moto di un oggetto che si
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muove con moto rettilineo uniforme, si fornisce l’equazione che collega lo spazio percorso x al tempo t
impiegato a percorrerlo:
x=vt
In questa equazione, ogni simbolo rappresenta una grandezza, e si può usare l’equazione per calcolare il
valore di una qualsiasi delle grandezze che vi compaiono, se si conoscono le altre due.
Quando si vuole descrivere un oggetto nell’ambito della meccanica quantistica, lo si analizza in termini
dell’energia: sulla base di tale analisi si imposta l’equazione di Schrodinger; risolvendo questa equazione si
ottiene la descrizione completa del sistema.
L’equazione di Schrodinger è diversa dalle equazioni che già conoscete; voi conoscete le equazioni che
hanno per soluzione dei numeri: quando si risolve l’equazione, si trovano dei numeri che, sostituiti al posto
dell’incognita, verificano l’uguaglianza fra i due membri dell’equazione. Quando si risolve l’equazione di
Schrodinger, invece, si trovano delle funzioni, comunemente indicate con la lettera greca  (psi).
Quando si vuole studiare un sistema nell’ambito della meccanica quantistica, bisogna innanzitutto
individuare tutti i fattori che contribuiscono alla sua energia: quando si studia un atomo, quindi, è
necessario esprimere tutti i contributi all’energia dei suoi elettroni.
Un elettrone nell’atomo possiede due tipi di energia: energia cinetica, dovuta al fatto che è in movimento,
ed energia potenziale, dovuta alle interazioni di tipo elettrostatico fra elettrone e nucleo (attrazione) e fra un
elettrone e l’altro (repulsione, perché sono particelle con carica dello stesso segno).
L’energia cinetica è legata alla velocità; per quanto riguarda invece l’energia potenziale, il numero dei
contributi varia da caso a caso, perché dipende dal numero totale di elettroni presenti nell’atomo: nel caso
dell’idrogeno c’è un solo contributo, quello dovuto all’attrazione fra l’elettrone e il nucleo.
Nel caso dell’atomo di elio, invece, i contributi all’energia potenziale sono tre: due dovuti all’attrazione fra
il nucleo e ciascuno dei due elettroni, uno dovuto alla repulsione fra i due elettroni.
Dopo aver definito tutti i contributi di energia propri dell’atomo considerato, si procede alla risoluzione
dell’equazione di Schrodinger: l’impresa non è però facile, tanto che una sua soluzione esatta è stata
ottenuta soltanto per l’atomo di idrogeno. Già per l’atomo di elio, e ancor più per gli altri atomi, la forma di
alcuni dei termini dell’equazione di Schrodinger impedisce di trovare soluzioni esatte: si ricorre allora a
metodi di approssimazione, cioè a procedimenti matematici che permettono di trovare soluzioni vicine a
quella che sarebbe la soluzione esatta, semplificando però il procedimento di calcolo.
Quando si risolve l’equazione di Schrodinger per un certo atomo, si trova l’espressione matematica delle
funzioni  di quell’atomo e i valori di energia corrispondenti a ciascuna : il nome abitualmente usato per
le funzioni  dell’atomo è però quello di orbitale.
Le funzioni  dipendono da tre numeri quantici, che vengono indicati con le lettere n, l, ml: questi numeri
sono presenti nell’espressione matematica degli orbitali; a seconda dei valori assunti da questi tre numeri,
le funzioni  hanno una forma matematica diversa e, di conseguenza, una forma geometrica diversa.
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Secondo l’interpretazione di Max Born, il quadrato della funzione  in un certo punto è direttamente
proporzionale alla probabilità di trovare l’elettrone in quel punto: è interessante studiare come varia questa
probabilità per le varie funzioni  di un certo atomo; un modo comodo di rappresentare l’andamento della
probabilità è quello utilizzato nelle figure delle pagine seguenti, perché permette di visualizzare
l’andamento stesso in maniera immediata: dove i puntini sono più fitti, la probabilità di trovare l’elettrone è
maggiore.
Questi grafici mostrano anche chiaramente che la regione intorno al nucleo nella quale è possibile trovare
l’elettrone (la regione che spesso chiamiamo orbitale) non ha confini netti e definiti: d’altra parte, per la
discussione di molti degli aspetti che interessano il chimico è sufficiente conoscere soltanto la forma degli
orbitali, e non i dettagli dell’andamento della probabilità al loro interno. Allora segniamo una linea che
delimita l’orbitale, cioè segniamo un contorno: tale contorno viene scelto in modo da racchiudere la zona di
spazio in cui la probabilità di trovare l’elettrone sia molto alta: esiste però una probabilità (sia pure bassa)
di trovare l’elettrone anche al di fuori di questi «confini».
Ogni atomo ha un suo sistema di orbitali atomici: per conoscerlo, bisogna scrivere e risolvere l’equazione
di Schrodinger per quell’atomo; si è constatato, però, che gli orbitali atomici dei vari atomi presentano una
serie di analogie, sia per la loro forma, sia per l’ordine secondo cui cresce l’energia al crescere del numero
quantico n e, per un dato n, del numero quantico l.
In base a questa constatazione, si può ricorrere all’approssimazione di utilizzare le soluzioni trovate per
l’atomo di idrogeno anche nella discussione degli atomi degli altri elementi: in questo modo, si considera
uno schema di orbitali atomici valido per tutti gli atomi. Tale schema, che verrà descritto dettagliatamente
in seguito, consente di discutere e interpretare in maniera soddisfacente molti comportamenti degli atomi,
compresa la formazione dei legami fra un atomo e l’altro.
Gli ORBITALI ATOMICI
Il termine orbitale indica ciascuna delle funzioni che descrivono lo stato dell’elettrone nell’atomo (le
funzioni si ottengono come soluzione dell’equazione di Schrodinger): ad ogni orbitale atomico corrisponde
un valore di energia, che è l’energia dell’elettrone che si trova in quell’orbitale.
È pratica comune visualizzare gli orbitali come regioni dello spazio intorno al nucleo, nelle quali è alta la
probabilità di trovare l’elettrone: come abbiamo già visto, nell’espressione matematica degli orbitali
atomici compaiono tre numeri interi (numeri quantici), che vengono denotati rispettivamente con i simboli
n, l e m: tali numeri caratterizzano l’orbitale e quindi, per identificare un orbitale, è sufficiente indicare la
«terna» di numeri quantici che lo caratterizza.
I numeri quantici n ed l compaiono anche nell’espressione dell’energia corrispondente ai vari orbitali, per
cui l’energia dipende dai loro valori (essendo questi ultimi quantizzati, anche l’energia degli orbitali è
quantizzata).
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I tre numeri quantici hanno ruoli diversi nella descrizione dell’atomo: ciascuno di essi può assumere inoltre
valori in un ambito specifico; consideriamoli in dettaglio:
-
il numero quantico principale n: questo numero può assumere valori interi positivi da l in poi; ha il
ruolo più importante nel determinare l’energia di un orbitale e, per tale motivo, i livelli energetici
vengono definiti in funzione di n. Diciamo che degli orbitali appartengono a uno stesso livello
energetico se hanno lo stesso numero quantico principale: in altre parole, un livello energetico è un
insieme di orbitali aventi lo stesso numero quantico principale n;
-
il numero quantico secondario l: può assumere come valori i numeri interi da 0 a n-l e, assieme al
numero quantico n, contribuisce a determinare l’energia di un orbitale; all’interno di uno stesso livello
energetico (cioè per orbitali che hanno lo stesso valore di n), hanno energia maggiore gli orbitali con
un valore più alto di l. Il numero l determina anche la «forma» degli orbitali;
-
il numero quantico magnetico m può assumere come valori i numeri interi che sono compresi fra -l e
+l; esso determina l’orientazione degli orbitali nello spazio e non ha nessun ruolo nel determinare il
valore dell’energia per l’atomo isolato: orbitali che hanno lo stesso valore di n e di l, ma diversi valori
di m, hanno quindi tutti la stessa energia e si definiscono orbitali degeneri.
Come abbiamo detto, la «forma» degli orbitali atomici è determinata dal numero quantico l: orbitali con lo
stesso valore di l hanno la stessa forma, anche se si protendono più o meno distanti dal nucleo a seconda
del valore di n. Per convenzione, tutti gli orbitali caratterizzati dallo stesso valore di l vengono anche
indicati con la stessa lettera; conviene quindi considerare insieme la forma degli orbitali atomici
corrispondente ai vari valori di l e la lettera con cui li si denota, per imparare ad associare immediatamente
una certa forma a una certa lettera-simbolo:
-
quando l = 0, l’orbitale ha forma sferica e viene indicato con la lettera s;
-
quando l = 1, ciascun orbitale ha la forma di due lobi opposti l’uno all’altro rispetto al punto in cui si
trova il nucleo: ciascuno dei tre orbitali è diretto lungo una delle tre direzioni dello spazio. Questi
orbitali vengono indicati con la lettera p: quando è importante specificarne l’orientazione nello spazio,
si aggiunge la notazione dell’asse lungo cui sono diretti e li si indica rispettivamente come px, py e pz;
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-
quando l = 2, la forma è diversa a seconda dei diversi valori di ml e per questo motivo questi orbitali
vengono indicati con la lettera d a cui si associa una notazione che definisce la precisa orientazione
nello spazio.
-
quando l = 3, la forma degli orbitali è piuttosto complessa e si utilizza la lettera f.
Le dimensioni degli orbitali dipendono dal numero quantico principale n: più alto è il numero quantico
principale, più l’orbitale si protende lontano dal nucleo; così, ad esempio, gli orbitali s hanno tutti forma
sferica, ma l’orbitale s con numero quantico n pari a 2 ha raggio maggiore dell’orbitale s con numero
quantico n pari a 1.
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Gli orbitali si denotano scrivendo il numero quantico principale (che indica il livello energetico a cui
l’orbitale appartiene) seguito dalla lettera che indica il valore del numero quantico l: così il simbolo 2s
significa “orbitale di tipo s (cioè con numero quantico l nullo) del secondo livello energetico.
Abbiamo visto che, nell’atomo isolato, il valore dell’energia corrispondente a un orbitale dipende dai
numeri quantici n ed l che caratterizzano quell’orbitale: poiché per un dato valore di n sono possibili diversi
valori di l, all’interno di uno stesso livello energetico sono possibili diversi valori di energia, in
corrispondenza dei diversi valori di l. Ciascuno di questi valori di energia viene a costituire un sottolivello;
spesso un sottolivello viene indicato con la stessa lettera che si usa per il corrispondente valore di l: si parla
quindi di sottolivello s, sottolivello p, sottolivello d, e così via.
Inoltre, nell’atomo isolato l’energia di un orbitale non dipende dal numero quantico magnetico m: orbitali
con valori uguali di n e di l e diverso valore di m hanno quindi forma e orientazione diversa (sono descritti
da funzioni matematiche diverse), ma hanno la stessa energia; si dice che questi orbitali sono degeneri.
Per ogni valore di l si hanno quindi orbitali con la stessa energia; il loro numero è determinato dal numero
di valori possibili per il numero quantico m:
-
quando l ha valore nullo, il numero quantico m può assumere soltanto il valore 0: quindi ci sarà un
solo orbitale di tipo s per ogni livello energetico;
-
quando l ha valore 1, il numero quantico m può assumere tre valori (-1, 0 e +1): gli orbitali di tipo p
sono quindi tre per ogni livello energetico;
-
quando l ha valore 2, il numero quantico m può assumere cinque valori (-2, -1, 0, +1, +2): gli orbitali
di tipo d sono quindi presenti cinque per ogni livello energetico;
-
quando l ha valore 3, il numero quantico m può assumere sette valori (-3, -2, -1, 0, +1, +2, +3): gli
orbitali di tipo f sono quindi presenti sette per ogni livello energetico.
All’interno di uno stesso livello energetico hanno energia maggiore gli orbitali corrispondenti a un valore
maggiore del numero l: quindi all’interno di uno stesso livello energetico gli orbitali di tipo p hanno energia
maggiore degli orbitali di tipo s, gli orbitali di tipo d hanno energia maggiore degli orbitali di tipo p e gli
orbitali di tipo f hanno energia maggiore degli orbitali di tipo d.
A questo punto, abbiamo tutte le informazioni che ci servono per poter descrivere l’insieme degli orbitali in
un atomo: per maggiore chiarezza, passeremo inizialmente in rassegna gli orbitali livello per livello,
cominciando dal livello energetico più basso e considerando i possibili valori di l e di m per ogni livello.
primo livello energetico: n = 1
In questo caso il numero quantico l può assumere soltanto il valore 0: si ha quindi un solo orbitale, di tipo s,
che indichiamo con 1s.
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secondo livello energetico: n = 2
In questo caso il numero quantico l può assumere i valori 0 e 1: quando l è uguale a 0 si ha l’orbitale 2s;
quando invece l è uguale ad 1 si hanno i tre orbitali 2p.
terzo livello energetico: n = 3
In questo caso il numero quantico l può assumere i valori 0, 1 e 2: a questi valori si possono quindi
associare rispettivamente l’orbitale 3s, i tre orbitali 3p ed i cinque orbitali 3d.
quarto livello energetico: n = 4
Il numero quantico l può assumere i valori 0, 1, 2 e 3, a cui si possono associare rispettivamente l’orbitale
4s, i tre orbitali 4p, i cinque orbitali 4d e i sette orbitali 4f.
Per gli altri livelli energetici si procede in modo analogo: risulta evidente che gli orbitali di tipo s sono
presenti in tutti i livelli energetici, gli orbitali di tipo p sono presenti a partire dal secondo livello, quelli di
tipo d a partire dal terzo livello e quelli di tipo f a partire dal quarto.
La figura sotto riportata consente di definire l’ordine di energia crescente degli orbitali atomici; risultano
evidenti i seguenti aspetti: gli orbitali di tipo d hanno energia leggermente più alta dell’orbitale s del livello
con il numero quantico n immediatamente successivo: così gli orbitali 3d hanno energia più alta
dell’orbitale 4s, gli orbitali 4d hanno energia più alta dell’orbitale 5s, e così via.
Gli orbitali di tipo f hanno energia leggermente più alta dell’orbitale di tipo s con numero quantico
principale maggiore di due unità rispetto a quello dell’orbitale f stesso: così gli orbitali 4f hanno energia più
alta dell’orbitale 6s e gli orbitali 5f hanno energia più alta dell’orbitale 7s.
Il NUMERO QUANTICO di SPIN
Oltre al moto attorno al nucleo, l’elettrone possiede anche un moto di rotazione su sé stesso a cui è
associato un momento angolare proprio o intrinseco: questo momento angolare intrinseco è quantizzato ed i
suoi valori dipendono dal numero quantico di spin ms che può assumere soltanto i due valori opposti +1/2
e – 1/2.
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Quando si vuole tener conto dello spin, si rappresenta l’elettrone con una piccola freccia: quando due o più
elettroni hanno lo stesso numero quantico di spin, si dice che hanno spin paralleli e li si rappresenta con
due frecce parallele orientate nello stesso modo; quando invece due elettroni hanno numero quantico di
spin opposto, si dice che hanno spin opposti o spin antiparalleli e li si rappresenta con due frecce parallele
aventi orientazione opposta:
Lo stato di un elettrone nell’atomo è caratterizzato quindi da quattro numeri quantici: n, l, m ed ms; i primi
tre numeri sono legati all’orbitale nel quale si trova l’elettrone, il quarto è legato alle proprietà intrinseche
dell’elettrone stesso.
La CONFIGURAZIONE ELETTRONICA degli ELEMENTI
Gli orbitali rappresentano i possibili stati per gli elettroni in un atomo: quando un elettrone è in uno di
questi stati, diciamo che «occupa» quell’orbitale.
In un atomo, gli elettroni non occupano gli orbitali in modo casuale, ma secondo criteri che possiamo
esprimere attraverso le seguenti regole:
-
gli elettroni occupano gli orbitali a partire da quello con energia più bassa e proseguendo con gli altri
orbitali in ordine di energia crescente: questo significa che un orbitale non viene occupato se prima
non sono stati occupati tutti quelli con energia minore (l’ordine di energia crescente è quello che
possiamo dedurre dallo schema della pagina precedente);
-
in un atomo non possono esserci due elettroni che abbiano tutti e quattro i numeri quantici uguali
(principio di esclusione di Pauli): ne segue che in un orbitale non possono esserci più di due elettroni,
e questi devono avere spin opposto;
-
quando sono disponibili orbitali con lo stesso valore di energia, gli elettroni tendono a occuparne il
maggior numero possibile (regola di Hund): gli elettroni che sono da soli in due o più orbitali hanno
spin parallelo.
Gli orbitali di uno stesso sottolivello sono orbitali degeneri: quindi se in un atomo ci sono tre elettroni che
devono occupare gli orbitali di tipo p di uno stesso livello energetico, questi elettroni si distribuiscono uno
per orbitale; si avrà cioè la situazione riportata sotto a sinistra e non si verificherà la situazione riportata a
destra:
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In base a queste regole, è facile conoscere il numero massimo di elettroni che possono occupare un
sottolivello: in un sottolivello di tipo s possono esserci al massimo due elettroni (perché tale sottolivello è
costituito da un solo orbitale); in un sottolivello di tipo p possono esserci al massimo sei elettroni (due per
ciascuno dei tre orbitali del sottolivello); in un sottolivello di tipo d possono esserci al massimo dieci
elettroni (due per ciascuno dei cinque orbitali d) e in un sottolivello di tipo f possono esserci al massimo
quattordici elettroni (due per ciascuno dei sette orbitali f).
La configurazione elettronica di un elemento è il modo con cui gli elettroni occupano gli orbitali
nell’atomo di quell’elemento: conoscerla è facile in quanto il numero atomico dell’elemento ci dice qual è
il numero di elettroni presenti; i criteri che abbiamo visto ci permettono poi di stabilire quali orbitali sono
occupati.
Per rappresentare la configurazione elettronica di un atomo, si scrivono i simboli di tutti i sottolivelli
occupati, in ordine di energia crescente, e in alto a destra di ciascun simbolo si scrive il numero di elettroni
presenti in quel sottolivello.
Configurazione elettronica del calcio (numero atomico Z: 20)
1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2
Conoscere la configurazione elettronica degli elementi è di fondamentale importanza in quanto essa ne
influenza le proprietà chimiche.
STATO FONDAMENTALE e STATI ECCITATI
Quando gli elettroni occupano gli orbitali in ordine di energia crescente, senza eccezioni, la configurazione
elettronica risultante è quella che consente all’atomo di avere la situazione energetica più favorevole, cioè
l’energia totale più bassa possibile: si dice allora che l’atomo è nel suo stato fondamentale.
Se l’atomo riceve dall’esterno energia in quantità sufficiente, uno o più elettroni possono passare a orbitali
con energia più alta di quelli che abitualmente occupano nello stato fondamentale: l’energia totale
dell’atomo è in tal caso maggiore di quella relativa allo stato fondamentale; si dice allora che l’atomo è in
uno stato eccitato.
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Gli elettroni che erano passati a orbitali con energia più alta tendono poi a tornare agli orbitali con energia
più bassa: quando lo fanno, emettono energia sotto forma di radiazione elettromagnetica; queste radiazioni
possono essere identificate negli spettri degli atomi.
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