Il trattato di Maastricht e la nascita dell`UEM (1)

Il trattato di Maastricht e la nascita dell’UEM
Economia delle Amministrazioni Pubbliche
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Il trattato di Maastricht e la nascita dell’UEM (1)
Il programma per la realizzazione dell’Unione Economica e Monetaria si
avviò nel 1990 e culminò con la firma del Trattato sull’Unione Europea.
Il Trattato di Maastricht, approvato nel Dicembre del 1991 dai 12 capi
di governo della Comunità Europea, definì le politiche monetarie comuni,
fissò l’unità di valuta europea (ECU) come base per l’attuale Euro ed
impostò i criteri per la creazione della BCE.
Con esso, gli Stati membri, si impegnarono a realizzare l’unione monetaria
attraverso un processo graduale, di convergenza crescente dei risultati
economici dei paesi membri, composto da 3 fasi:
1.
2.
3.
liberalizzazione dei movimenti dei capitali e completamento del
mercato interno
rafforzamento della convergenza economica, istituzione della BCE
fissazione irrevocabile dei tassi di cambio e conduzione di una politica
monetaria unica, sotto la responsabilità della BCE
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Il trattato di Maastricht e la nascita dell’UEM (2)
Il Trattato di Maastricht definì una serie di condizioni economiche,
i c.d. “criteri di convergenza”, che ogni Stato, per entrare a far
parte dell’UM doveva rispettare.
I punti di convergenza erano:
Stabilità della
finanza pubblica:
• rapporto disavanzo
pubblico/PIL non
superiore al 3%
• rapporto debito
pubblico/PIL non
superiore al 60%
Stabilità
dei prezzi
Stabilità
dei tassi
d’interesse
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Stabilità
dei cambi
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Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC)
Il Patto di stabilità e crescita nacque nel giugno del ’97 al Consiglio Europeo
di Amsterdam. L’idea alla sua base quella di trasformare i criteri d’ingresso
di Maastricht, in regole che garantissero, definitivamente, la disciplina di
bilancio nell’area euro, dal momento che dopo l’introduzione dell’Euro, era
diventata ancora più forte l’esigenza di indurre i Paesi europei a politiche
economiche rigorose, per evitare “deragliamenti” delle politiche fiscali ( che, al
contrario di quelle monetarie, restavano di pertinenza dei singoli governi
nazionali).
Il Patto impose il vincolo del pareggio del bilancio e il suo raggiungimento
secondo un rigido programma concordato, in modo definitivo,
indipendentemente dalla congiuntura mondiale e dagli andamenti dell’economia
nell’Unione. Chiese agli Stati membri di riequilibrare i propri conti nel “medio
periodo”, non fissando, dunque, una data precisa.
Si trattò di un vincolo rigido, giacché anche nelle fasi cicliche sfavorevoli, il
rapporto tra l’indebitamento pubblico ed il PIL non doveva superare il 3% (salvo
il caso di situazioni eccezionali e temporanee), “pena” l’apertura di una
procedura per deficit eccessivo o l’emanazione di un avvertimento
preventivo, il c.d. earlywarning, da parte della Commissione.
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Il Patto di Stabilità Interno (PSI) (1)
Il PSI nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri
della UE verso i parametri comuni e condivisi a livello europeo in seno al
PSC e nel trattato di Maastricht. Trae origine dal documento di
programmazione economico- finanziaria approvato dal Consiglio dei ministri
nell’aprile del ’98 e si traduce nell’impegno collaborativo che il Governo
centrale richiede alle autonomie territoriali, gestori di una consistente
porzione della spesa pubblica complessiva.
Infatti, obiettivo primario delle regole fiscali che costituiscono il PSI, è
proprio il controllo dell'indebitamento netto degli enti territoriali (regioni ed
enti locali).
Dal 1999 ad oggi l'Italia ha formulato il proprio PSI esprimendo gli obiettivi
programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno
in modi differenti. La definizione delle regole del PSI avviene durante la
predisposizione ed approvazione della manovra di finanza pubblica.
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Il Patto di Stabilità Interno (PSI) (2)
Nella sua forma originaria di “patto tra gentiluomini” con lo Stato, attraverso le
regole in esso dettate, le Regioni e gli Enti Locali, che così concorrono agli
obiettivi di finanza pubblica, s’impegnavano a:

migliorare il saldo finanziario (aumentare l’avanzo finanziario o ridurre il
finanziamento in disavanzo delle spese)
 ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito ed il PIL
Le azioni correttive richieste alle Amm.ni Locali, ovvero l’aumento della produttività
e la riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici, il contenimento del tasso di
crescita della spesa corrente, il potenziamento dell’attività di accertamento dei tributi
propri, l’aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi
pubblici a domanda individuale, le dismissioni di immobili di proprietà non funzionali
allo svolgimento delle attività istituzionali; devono conseguire un incremento delle fonti
ed una contrazione degli impieghi di parte corrente, dunque, la manovra da realizzare
riguarda, in generale, il miglioramento dei saldi.
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Il Patto di Stabilità Interno (PSI) (3)
L’obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ha assunto valenza
costituzionale con la nuova formulazione dell’articolo 119 della
Costituzione - operata dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1- il
quale, oltre a specificare che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali, è
assicurata nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, prevede al
contempo che tali enti sono tenuti a concorrere ad assicurare
l’osservanza dei vincoli economici e finanziari (sostenibilità del debito
pubblico) derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Legge di stabilità per il 2014:
• misure volte a ridefinire gli obiettivi del PSI per
gli anni 2014-2017(esclusione dai vincoli di
determinate tipologie di spese),
• misure volte alla definizione del concorso agli
obiettivi di finanza pubblica da parte delle
aziende speciali, istituzioni e società partecipate
dalle amministrazioni locali.
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D.Lgs. 149/2011 :
misure sanzionatorie
D.L. 98/2011:
criteri di virtuosità
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Il “Fiscal Compact”
(Trattato sulla Stabilità, il Coordinamento e la Governance
nell’UEM – TSCG)
Nel marzo 2011, i Capi di Stato e di governo dell’area euro hanno adottato il Patto
Europlus, un accordo non giuridicamente vincolante attraverso il quale gli Stati
dell’area euro ed altri Stati membri dell’UE hanno assunto l’obbligo di recepire le
regole del PSC e che si ricorda anche per l’aver posto le basi per l’approvazione, nel
2012, del c.d. Fiscal Compact, un accordo europeo che prevede una serie di
norme comuni e vincoli di natura economica che hanno come obiettivo il
contenimento del debito pubblico nazionale di ogni Paese.
Fra le molte cose contenute nel Trattato, le più importanti sono:
1) inserimento del “pareggio di bilancio” (sostanziale equilibrio
tra entrate ed uscite) di ogni Stato in “disposizioni vincolanti e
di natura permanente”
2) il vincolo dello 0,5% di deficit “strutturale” rispetto al PIL
3) obbligo di mantenere al massimo al 3% il rapporto deficit/PIL
4) per i paesi con un rapporto debito/PIL superiore al 60%,
l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20 all’anno
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Il “principio” del pareggio di bilancio:
- contesto europeo Il Fiscal Compact all’art.3 co.1 impegna le parti contraenti ad applicare ed
introdurre, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con una norma
preferibilmente di rango costituzionale, l’obbligo del perseguimento del
pareggio di bilancio.
Il Trattato stabilisce che, tale regola si considera rispettata se:
il saldo strutturale (corretto per il ciclo ed al netto delle misure una tantum)
della P.A. risulta pari all’obiettivo di medio termine (MTO), cosi come definito
nel PSC, con un limite inferiore di disavanzo strutturale dello 0.5% del PIL.
Per gli Stati membri che hanno adottato l’Euro, gli MTO sono specificati in
una forcella stabilita tra il -1% del PIL ed il pareggio o l’attivo, in termini
corretti per il ciclo ed al netto di misure temporanee, sono rivisti ogni 3 anni
o in caso di attuazione di riforme strutturali con notevole impatto sulla
sostenibilità delle finanze pubbliche.
Gli Stati contraenti potranno deviare dall’MTO solo nel caso di circostanze
eccezionali o periodi di grave recessione.
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Il “principio” del pareggio di bilancio in Italia (1)
Il DDL costituzionale recante l’introduzione del principio del pareggio di bilancio
nella Carta costituzionale è stato approvato nel 2012 ed è poi divenuto la Legge
Costituzionale n.1/2012 che novellava gli artt. 81,97,117,119 Cost.
In particolare, il pareggio è contenuto nel novellato art.81, le cui disposizioni di
attuazione sono contenute nella Legge 24/12/2012 n.243
La Legge 243/2012 reca disposizioni volte a:
• disciplinare i principi e le regole di bilancio riferite al complesso delle
amministrazioni pubbliche, ovvero la definizione dell’equilibrio di bilancio,
l’introduzione di una regola sull’evoluzione della spesa e le regole in materia di
sostenibilità del debito pubblico;
• far fronte ad eventuali scostamenti (diversi da quelli dovuti ad eventi
eccezionali) degli obiettivi di finanza pubblica da quelli progammatici,
prevedendo un meccanismo di correzione;
• definire il contenuto della legge di bilancio dello Stato;
• istituzione dell’Ufficio Parlamentare di bilancio, organismo indipendente con
funzioni di analisi e valutazione degli andamenti di finanza pubblica;
• affidare nuove funzioni di controllo sui bilanci delle amministrazioni pubbliche
alla Corte dei Conti
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Il “principio” del pareggio di bilancio in Italia (2)
Le disposizioni per assicurare l’equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli
Enti Locali entreranno in vigore a decorrere dal 1 Gennaio 2016.
L’art. 9 L. 243/2012 stabilisce che i bilanci di Regioni ed E.L. si
considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di
rendiconto, registrano:
 un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra entrate
finali e spese finali;
 un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra entrate
correnti e spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di
ammortamento dei prestiti (le entrate correnti devono assicurare
risorse sufficienti per rimborsare i prestiti assunti)
E’ previsto (comma2) l’obbligo di adottare misure di correzione di un
eventuale squilibrio riscontrato nei 2 saldi, nel triennio successivo.
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Enti locali (e sostanzialmente Regioni)
Equilibrio finale
Entrate finali
Spese finali
Tit. 1 - Entrate tributarie
Tit. 2 - Trasferimenti correnti
Tit. 1 - Spese correnti
Tit. 3 - Entrate extratributarie
Tit. 4 - Entrate in c/ capitale
Tit. 2 - Spese in conto capitale
Equilibrio corrente
Entrate correnti
Spese correnti
Tit. 1 - Entrate tributarie
Tit. 2 - Trasferimenti correnti
Tit. 1 - Spese correnti
Tit. 4 - Rimborso Prestiti
Tit. III - Entrate extratributarie
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Il pareggio di bilancio:
- equilibrio tra entrate finali e spese finali Nella logica del pareggio di bilancio ed ai fini del PSC, il
SALDO FINANZIARIO non è solo il pareggio di tutte le entrate
e tutte le spese, ma è dato da entrate finali e spese finali
dove, tra le entrate non è incluso il ricorso all’indebitamento
(accensione prestiti) e fra le spese non è incluso il rimborso
dei prestiti, dunque al netto di queste “partite finanziarie”.
In quest’ottica, le entrate proprie devono finanziare sia le
spese correnti che quelle d’investimento, a meno di un
disavanzo fisiologico dell’1% (da recuperare in futuro).
Non si pareggia più col ricorso all’indebitamento ma con
risorse proprie, ai fini della riduzione dello stock di debito.
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Il “principio” del pareggio di bilancio in Italia (3)
L’art. 81 Cost pone l’obbligo per lo Stato di assicurare per il proprio
bilancio “l’equilibrio tra le entrate e le spese” tenendo conto “delle
fase avverse e favorevoli del ciclo economico”, prevedendo possibili
deroghe a tale regola e stabilendo che il ricorso all’indebitamento è
consentito solo per considerare gli effetti del ciclo economico al
verificarsi di circostanze eccezionali, previa autorizzazione delle
Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
L’art. 14 L.243/2012 reca la definizione del principio dell’equilibrio
del bilancio dello Stato, stabilendo che esso corrisponde ad un
valore del saldo netto da finanziare o da impiegare (indicato nella
legge di bilancio per ognuno degli anni del triennio di riferimento),
coerente con gli obiettivi programmatici di equilibrio stabiliti nei
documenti di programmazione finanziaria.
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