La caduta del Muro di Berlino

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2)Decise poi di riprendere la corsa agli armamenti. Rafforzò i già potenti eserciti
schierati alle frontiere tra Patto di Varsavia ed Europa occidentale e ordinò l’installazione di nuovi missili nucleari, più
potenti, precisi e di maggiore gittata rispetto a quelli esistenti. Misura, quest’ultima, che contraddiceva gli sforzi diplomatici operati negli anni precedenti per
la limitazione degli arsenali atomici.
La caduta del Muro di Berlino
NORVEGIA
25 marzo,
8 aprile
1990
SV E Z I A
Data delle prime
elezioni democratiche
Mosca
DANIMARCA
Copenaghen
R E G NO U N I TO
PA E S I
BASSI
18 marzo 1990
BELGIO
GERMANIA
EST
Bonn
U
4-18 giugno 1989
Berlino
GERMANIA
OVEST
R
S
S
L’invasione sovietica
dell’Afghanistan
Varsavia
P O LO N I A
Praga
LUSSEMBURGO
C ECOSL
8-9 giugno 1990
FRANCIA
OV
AC
C H IA
Vienna
Budapest
UNGHERIA
AUSTRIA
SVIZZERA
25 marzo,
8 aprile
1990
ROMANIA
20 maggio 1990
I U G O S L AV I A
Bucarest
B U LG A R I A
I TA L I A
Sofia 17 giugno 1990
Roma
3)Da ultimo ordinò l’invasione dell’Afghanistan per sostenere il vacillante regime
marxista che si era impadronito del governo del paese: era il 1979 e l’ingresso
dell’Armata Rossa nel paese islamico segnò la fine della «coesistenza pacifica» tra
superpotenze.
TURCHIA
ALBANIA
GRECIA
L’Afghanistan, paese orgogliosamente indipendente, aveva respinto anche in epoca
coloniale tutti i tentativi di assoggettamento
da parte degli inglesi, riuscendo a mantenere la propria autonomia. Nel 1973, la monarchia che governava il paese dal 1919 venne
abbattuta da un colpo di Stato, e la dittatura che ne seguì fu a sua volta rovesciata nel
1978, quando si affermò un regime marxista legato all’Unione Sovietica. I tentativi di
imporre il comunismo agli afghani fallirono
però miseramente. La popolazione era divisa in numerose etnie e clan, che detenevano il governo effettivo del territorio e riva-
Un veicolo cingolato BMD-1 delle truppe sovietiche in Afghanistan, 1979.
leggiavano tra loro: dai pashtun ai tagiki, dai
turkmeni ai kirghisi. Nessuna etnia accettava le misure sociali ed economiche imposte
dai nuovi governanti: l’emancipazione della
donna, la rottura dei vincoli tribali a favore
di obiettivi politici «nazionali», la redistribuzione delle terre e, soprattutto, la modernizzazione e laicizzazione di un paese in cui
il credo islamico giocava ancora un ruolo
ordinatore fondamentale. Contro le autorità comuniste della capitale Kabul si scatenò
in breve tempo una fortissima guerriglia. La
decisione di salvare ad ogni costo il regime
alleato spinse l’Unione Sovietica a intervenire e il 24 dicembre 1979 i carri armati sovietici varcarono la frontiera tra i due paesi.
Il coinvolgimento diretto causò presto a
Mosca gravi problemi. L’Armata Rossa, equipaggiata con armamenti pesanti e addestrata per il combattimento in campo aperto,
L’Europa all’indomani della caduta del Muro di Berlino
13.1 La ripresa della
Guerra fredda
Il peggioramento delle
relazioni internazionali al
principio degli anni Ottanta
Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli
anni Ottanta, le relazioni internazionali e in
particolare i rapporti tra le due superpotenze subirono un improvviso peggioramento.
Principale responsabile fu la rinnovata aggressività dell’Unione Sovietica in politica
estera. La causa di tale svolta era imputabile
forse al desiderio di distogliere l’attenzione
dell’opinione pubblica interna dalle sempre
più difficili condizioni economiche del paese o alla tentazione di approfittare della crisi
di credibilità in cui precipitarono – presso
alleati e avversari – gli Stati Uniti dopo la
sconfitta in Vietnam e durante la presidenza
di Jimmy Carter. Leonid Brežnev diede dunque all’azione dell’Unione Sovietica un’impronta decisamente interventista, muovendosi soprattutto su tre linee.
1)Appoggiò con rilevanti finanziamenti e
aiuti militari tutti i regimi o movimenti di
guerriglia che nel Terzo Mondo lottavano
per affermare il comunismo: da Cuba in
America centrale al Vietnam in Asia, dal
Mozambico all’Angola e all’Etiopia in
Africa.
Mujaheddin al confine del Pakistan, 1985.
Veduta della città di Kabul, Afghanistan.
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1945
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1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
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3
13
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
jihad: in arabo
significa «combattere».
Quando il combattimento
è spirituale conduce il
musulmano alla fede
pura. Quando è materiale
esso diventa invece una
«guerra santa» contro
i nemici della religione
islamica.
mujaheddin:
i «combattenti» per
la patria e per l’Islam.
Resistono con le
armi allo straniero
invasore, considerato
un «infedele».
si trovò subito in difficoltà a contrastare la
guerriglia sul territorio desolato e montagnoso dell’Afghanistan. I guerriglieri islamici non solo non vennero sconfitti; anzi,
crebbero di numero grazie all’arrivo dai paesi musulmani di migliaia di volontari chiamati alla jihad in difesa dell’Islam. I mujaheddin – i combattenti afghani – furono
sostenuti con armi e denaro dagli Stati Uniti
e da altri governi e l’intervento si trasformò
per l’Unione Sovietica in un autentico fallimento. Quando l’ultimo soldato di Mosca
si ritirò, dopo ben dieci anni di guerra, nel
1989, l’Afghanistan non era stato domato:
il paese era stremato ma indipendente. I
morti dell’Armata Rossa furono ben 27.000
e l’Unione Sovietica subì una perdita di prestigio internazionale analoga a quella degli
Stati Uniti dopo la sconfitta in Vietnam.
integralismo:
la tendenza ad applicare
in modo intransigente i
principi di una dottrina.
La nuova politica estera
degli Stati Uniti
ayatollah: sono i capi
religiosi dei musulmani
sciiti. Nel 1979 l’ayatollah
Khomeini aveva guidato
la rivoluzione contro il
regime dispotico di Reza
Pahlavi.
La risposta degli Stati Uniti alle iniziative sovietiche non si fece attendere. Nel 1980, il democratico Carter venne sostituito alla presidenza dal repubblicano Ronald Reagan, che
impostò la politica estera del proprio paese
su principi molto semplici: riportare in alto
il prestigio americano e ribattere colpo su
colpo all’aggressività dell’Unione Sovietica.
Missili Pershing 2.
13.2 La rinascita
dell’economia occidentale
L’economia occidentale
rilanciata dal neoliberismo
L'ayatollah Ruhollah Khomeini salutato
dai suoi sostenitori a Tehrān, 1979.
Reagan convinse i governi di Regno Unito, Italia e Repubblica Federale Tedesca
a schierare missili nucleari superiori alle
armi atomiche di Mosca: i Pershing 2 e i
Cruise, che rispondevano così agli SS20 del
Patto di Varsavia. Finanziò inoltre la guerriglia che si opponeva al regime filosovietico
del Nicaragua e inviò i soldati americani a
rovesciare il governo socialista dell’isola caraibica di Grenada. Fu il principale sostenitore dei mujaheddin afghani, ma si oppose
in politica estera ai regimi che sostenevano
l’integralismo religioso islamico. Per questo fece bombardare nel 1986 la Libia, il cui
capo Muhammar Gheddafi (autore di un
colpo di stato nel 1969) era considerato responsabile di numerosi attentati terroristici
internazionali. E, sempre per questo motivo, aiutò l’Iraq nella guerra di aggressione
scatenata nel 1980 contro l’Iran, governato
dal regime degli ayatollah .
Le iniziative di Reagan ebbero successo: gli Stati Uniti assunsero nuovamente il
ruolo guida del mondo democratico nel
rintuzzare gli attacchi del comunismo. Ma
tutti questi avvenimenti riportarono alla
moda l’espressione «Guerra fredda». Alla
metà degli anni Ottanta, Unione Sovietica
e Stati Uniti erano di nuovo avversari e una
profonda tensione si diffondeva in tutto il
pianeta. Di lì a poco lo scontro si sarebbe risolto nella maniera più inaspettata: il crollo
del Muro di Berlino decretò la conclusione
della Guerra fredda con la vittoria delle democrazie occidentali.
Gli anni Ottanta segnarono nel mondo occidentale il superamento della crisi del decennio precedente e l’avvio di una nuova e
lunga fase di sviluppo economico. I governi
decisero di abbandonare le vecchie politiche economiche limitando gli interventi
statali in modo da lasciare alle imprese la
libertà di prosperare senza troppi vincoli e
interventi dall’alto. Fu stabilito il principio:
meno Stato nell’economia.
Anche l’istituto del Welfare State fu ampiamente riformato. Con la crisi dagli anni
Settanta per l’improvvisa carenza delle risorse necessarie a sostenerlo e la diffusa
insoddisfazione per l’alta pressione fiscale
necessaria al suo mantenimento, esso venne snellito: si ebbe così meno assistenza per
le fasce bisognose della popolazione ma i
governi furono in grado di investire, per
esempio, nelle infrastrutture necessarie a
sostenere lo sviluppo economico. Il prelievo
fiscale fu alleviato e ciò consentì anche agli
imprenditori di dirottare maggiori risorse
sugli investimenti di fabbrica e sulla qualità
della produzione. Notevole impulso ricevettero inoltre la ricerca e l’innovazione scientifica. La grande fabbrica, che proprio negli
anni Settanta aveva celebrato il suo apogeo,
declinò e negli stabilimenti la catena di
montaggio cominciò a lasciare il posto alla
robotizzazione. Questa evoluzione prese il
nome di «post-fordismo» ed ebbe in particolare due conseguenze importanti: rese i
processi produttivi più flessibili e pronti nel
seguire l’andamento della domanda e abbassò il costo del lavoro, ridando competitività ai prodotti occidentali sui mercati internazionali. Negli Stati Uniti, infine, cominciò
a diffondersi l’uso del personal computer e,
in generale, dell’informatica applicata ai lavori d’ufficio. D12
Allo stesso tempo il mondo del lavoro in
Europa, USA e Giappone vide il completamento di un processo in atto già dal dopoguerra: gli addetti all’agricoltura continuarono a calare di numero, perdendo quasi
tutto il loro peso sociale; il ceto operaio,
dopo le grandi lotte degli anni Cinquanta e
La caduta del Muro di Berlino
Sessanta, visse un momento di riflusso e, a
causa della ristrutturazione delle industrie,
smise di espandersi quantitativamente. A
crescere a dismisura furono i lavoratori del
settore terziario. Gli occupati nel commercio, nella sanità, nella scuola, nei trasporti,
nelle comunicazioni, negli uffici pubblici
divennero la stragrande maggioranza in tutto l’Occidente: era il trionfo del ceto medio,
che modellò ovunque la società in base ai
suoi bisogni e ai suoi gusti.
Nel complesso, il risultato più importante dell’impetuoso sviluppo
dell’Ovest non fu però tanto di natura strettamente economica quanto
politica. Negli anni Ottanta, l’economia pianificata sovietica entrò infatti
in una crisi senza ritorno, e il sistema
capitalista rimase l’unico e solido
punto di riferimento per i governi di
tutto il pianeta. Era la vittoria sul comunismo, ottenuta non con le armi
ma con la maggiore efficienza della
libera economia di mercato.
La presidenza di Ronald
Reagan
Dal punto di vista politico, la «dottrina» neoliberista ebbe i suoi più importanti esponenti nel presidente statunitense Ronald
Reagan e nel primo ministro britannico
Margaret Thatcher.
L’ascesa di Reagan alla presidenza, nel
1980, fu accolta nel mondo e negli stessi Stati
Uniti da notevole perplessità: sembrava impossibile che un ex attore di Hollywood – e
per di più di secondo piano – possedesse le
qualità necessarie a guidare la superpotenza
americana. Reagan dimostrò invece di possedere eccezionali capacità comunicative,
riuscendo a legare a sé il suo popolo e a ridare lustro al «sogno americano», il sogno di
una società in cui chiunque può farsi strada
purché dotato di talento e perseveranza.
Reagan riaffermò energicamente il ruolo
degli Stati Uniti in politica internazionale. E
non esitò a impegnare il Congresso in imponenti spese militari, lanciando la progettazione dello «scudo spaziale», un avveniristico sistema di intercettazione basato su armi
a raggi laser che avrebbe dovuto difendere il
paese da ogni attacco missilistico. Quando
passò la mano al successore George Bush,
nel 1988, gli USA erano pronti a sfruttare
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Uno dei primi esemplari di
personal computer, Cromemco
System Three, 1978.
Dossier 12 p. 414
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1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
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Il mondo diviso dalla Guerra fredda
appieno la crisi dell’Unione Sovietica e proporsi come unica superpotenza mondiale.
Sul piano interno, il presidente impose
la deregulation, ovvero la liberalizzazione
di ogni ambito della vita economica dall’intervento regolatore dello Stato, e decise forti tagli alle tasse e all’assistenza pubblica.
Queste misure consentirono all’economia
americana di riprendersi dal forte calo produttivo degli anni Settanta; la disoccupazione e l’inflazione scesero, e il dollaro tornò
a imporsi come valuta pregiata sui mercati
internazionali. Cominciò allora, proprio a
partire dagli Stati Uniti, la grande espansione dei servizi del terziario, soprattutto nel
campo della finanza, delle comunicazioni
e dell’informazione, che tanta parte hanno
nella società globalizzata di oggi.
Il totale disimpegno governativo nel Welfare State causò una crescita del divario tra
ricchi e poveri. Inoltre il taglio delle tasse e
l’aumento vertiginoso delle spese militari
portarono a una enorme crescita del debito
pubblico che non poteva essere compensata dal taglio della spesa. Tuttavia, questo
problema sarebbe diventato evidente solo
negli anni Novanta.
L’ex attore Reagan divenne così uno dei
La caduta del Muro di Berlino
presidenti più amati nella storia degli Stati
Uniti e nel 1984 ottenne senza difficoltà la
rielezione. Solo molti anni dopo le sue teorie ultraliberiste avrebbero mostrato i loro
pericoli e i loro pesanti costi sociali.
Il Regno Unito e i governi
di Margaret Thatcher
Politiche analoghe a quelle reaganiane furono applicate nel Regno Unito da Margaret
Thatcher. Capo dei conservatori, la «lady di
ferro» – come venne soprannominata – divenne primo ministro nel 1979 e conservò la
carica fino al 1990. Nel corso degli anni Ottanta favorì in ogni modo la libera iniziativa,
per esempio privatizzando molte industrie di
Stato, come quelle del settore dei trasporti.
Buona parte della forza e dell’autorità di
cui poté avvalersi nei suoi mandati governativi le derivò tuttavia dall’eccellente gestione della crisi delle Isole Falkland. Nel 1982,
la dittatura militare argentina, in un tentativo estremo di riguadagnare l’appoggio del
proprio paese, aveva cercato di strappare
a Londra le isole Falkland nell’Atlantico
meridionale. Le Falkland, piccole isole al
largo della costa argentina, dai primi de-
Helmut Kohl in Parlamento nel 1994.
cenni dell’Ottocento erano sotto la corona
britannica e erano abitate prevalentemente da una popolazione di origine scozzese.
Margaret Thatcher non esitò a reagire militarmente dimostrando la netta superiorità dei mezzi navali inglesi rispetto a quelli
argentini. La vittoria militare sull’Argentina
diede a Thatcher un prestigio popolare che
nessun premier britannico dopo Churchill
aveva ottenuto. Ciò le consentì di imporre la
sua politica, sconfiggendo anche la fortissima opposizione dei sindacati britannici: il
fallimento dello sciopero dei minatori (contrari a un piano di licenziamenti voluto dal
governo nel settore estrattivo), durato dalla
primavera del 1984 alla primavera del 1985,
sancì il definitivo trionfo della Thatcher. Da
allora il premier poté prendere significative
misure di smantellamento del Welfare State e imporre indisturbata la propria politica
economica. Grazie a tale ricetta l’economia
inglese, che dopo la Seconda guerra mondiale aveva conosciuto lunghi periodi di
stagnazione, divenne alla fine degli anni Ottanta una delle più forti d’Europa, con bassa
disoccupazione, bassissima inflazione e alti
tassi di crescita annua del Pil.
Il resto dell’Europa occidentale
Manifestazione nella Plaza de Mayo di Buenos Aires a favore della
proclamazione della guerra contro l'Inghilterra per le isole Falkland, 1982.
Il primo ministro inglese Margaret Thatcher con il
presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1981.
All’approccio neoliberista non poterono
sottrarsi gli altri governi democratici del
continente: esso appariva l’unico capace di
salvare dalla crisi le economie nazionali, e
fu applicato, con aggiustamenti più o meno
rilevanti, ovunque.
Nella Repubblica Federale Tedesca venne messo in pratica dai democristiani del
cancelliere Helmut Kohl, subentrati ai socialdemocratici nel 1982. Essi inaugurarono una politica economica impostata su
misure simili a quelle praticate dal Regno
Unito, ma riuscirono a salvare il cuore della politica sociale tedesca: la concertazione
tra le parti sociali, che favoriva la ricerca di
soluzioni condivise e adeguate ai problemi
del paese. In politica estera, dato il nuovo
acuirsi delle tensioni tra i blocchi, Kohl dovette rinunciare a espandere la Ostpolitik,
cioè la politica della mano tesa verso i vicini
tedeschi comunisti che aveva caratterizzato
i governi socialdemocratici.
Il neoliberismo fu abbracciato anche dai
paesi guidati da governi di sinistra o centrosinistra. Notevole fu in Francia la politica del
socialista François Mitterrand, presidente
per un quindicennio dal 1981, che pur aveva
avviato il suo mandato con un ampio piano di nazionalizzazioni e aumenti salariali:
pressato da una maggioranza parlamentare
avversa e soprattutto dalle difficoltà dell’economia, fu costretto a praticare una profonda
revisione dello Stato sociale. In Spagna, una
politica simile fu attuata da un altro socialista, Felipe Gonzales, primo ministro dal
1982 al 1996. Gonzales accompagnò lo straordinario sviluppo economico della Spagna
dell’epoca e il suo ingresso nella Comunità
Economica Europea, avvenuto nel 1986.
Infine, non va dimenticato che proprio
con politiche neoliberiste venne preparata la
nascita dell’Unione Europea.
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1945
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1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
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Il mondo diviso dalla Guerra fredda
13.3 L’Europa orientale
da Brežnev a Gorbacev
La nascita di Solidarność
in Polonia
Papa Giovanni Paolo II.
Solidarność:
in polacco significa
«solidarietà». Il nome
completo della nuova
organizzazione era
«Sindacato autonomo dei
Lavoratori Solidarietà».
Esso divenne il simbolo
della lotta contro il
comunismo per tutta
l’Europa dell’Est.
Nell’Europa orientale, i regimi comunisti
sottomessi a Mosca incontravano sempre
maggiori difficoltà a controllare le tensioni sociali e politiche interne. Nuovo centro
della ribellione al sistema comunista fu la
Polonia e la scintilla venne nell’estate del
1980 da un’impennata dei prezzi di generi
alimentari di prima necessità. Le strade si
riempirono di operai che chiedevano aumenti salariali, e proprio un operaio fu il
portavoce della protesta: Lech Walesa, elettricista nei cantieri navali di Danzica. A sostenere apertamente le manifestazioni, che
assunsero presto un carattere politico, c’era
la Chiesa cattolica. Per di più, nel 1978 un
polacco, Karol Wojtyla, era diventato papa
con il nome di Giovanni Paolo II: il nuovo
pontefice era un nemico dichiarato del comunismo, e ciò non fece che sollecitare lo
spirito nazionalistico dei suoi compatrioti.
I dirigenti al potere a Varsavia cercarono
di tenersi in equilibrio tra le richieste degli
operai, che si erano uniti nel grande sindacato indipendente Solidarność , e le pressioni di Mosca, che minacciava l’intervento
armato. Venne ripristinata in Polonia la libertà d’espressione, ma il regime non poté
spingersi oltre.
Dopo più di un anno di inutili trattative, il
Lech Walesa festeggia dopo aver ottenuto la firma del governo per un accordo che
permette la nascita dell'organizzazione Solidarność, 24 settembre 1980, Varsavia.
La caduta del Muro di Berlino
generale Wojciech Jaruzelski, uomo di fiducia dell’Unione Sovietica, assunse il potere
con un colpo di Stato e proclamò la legge
marziale: era il 13 dicembre 1981. I diritti
dei cittadini vennero sospesi e gli oppositori politici, compreso Walesa, incarcerati.
L’intervento dell’Armata Rossa fu scongiurato, ma la situazione sociale ed economica
rimaneva drammatica, tanto che Jaruzelski
non poté fare a meno di tornare al dialogo
con Solidarność e con la stessa Chiesa. Per
tutti gli anni Ottanta la Polonia si mantenne
così in bilico tra obbedienza di facciata e rivolta aperta al comunismo.
Mikhail Gorbacev tenta
di rinnovare l’URSS
L’immobilismo politico che affliggeva l’Unione Sovietica era al principio degli anni Ottanta sotto gli occhi del mondo. Leonid Brežnev,
morto nel 1982, venne sostituito da Jurj Andropov, che a sua volta scomparve nel 1984.
Ma pure il nuovo successore, Konstantin
Černenko, era vecchio e malato: uscì infatti
di scena nel 1985. A quel punto, finalmente,
i dirigenti del Partito comunista sovietico
diedero il potere a Mikhail Gorbacev, un
cinquantenne dinamico e carismatico che
sembrava in grado di tenere con mano sicura le redini della superpotenza e ridare prestigio e credibilità al proprio paese.
Le due parole chiave del suo governo furono perestrojka, ossia «riforma» o «ristrutturazione», e glasnost, ossia «trasparenza».
Lanciando la perestrojka, Gorbacev indicava
la sua intenzione di ristrutturare la società
e soprattutto l’economia sovietiche. Quanto alla glasnost, il progetto del nuovo capo
dell’Unione Sovietica era chiaro: rendere
pubblico il dibattito interno alla dirigenza
comunista e rendere così trasparente la vita
politica della patria della rivoluzione. Ma le
misure adottate da Gorbacev nel segno del
rinnovamento furono troppo deboli per la
gravità della situazione politica, sociale ed
economica che doveva affrontare.
Il Pil del paese stagnava o addirittura
regrediva. Decenni di pianificazione economica avevano cancellato nei cittadini
dell’Unione Sovietica la capacità di sfruttare
la libera iniziativa e vano fu il tentativo di
concedere alle aziende una maggiore autonomia in campo finanziario e gestionale.
Il terribile incidente alla centrale nucleare
Il segretario del PCUS M. Gorbacev in un confronto al Parlamento con B. Eltsin.
Uomini dotati di tute e maschere protettive si
accingono a ripulire il reattore della centrale di
Chernobyl dopo l'esplosione nel 1986.
di Chernobyl, che provocò nell’aprile 1986
enormi danni alle persone e all’ambiente,
rivelò poi al mondo quanto fosse arretrata
la tecnologia industriale sovietica. D6
Gorbacev mantenne anche l’agricoltura
collettivizzata, nonostante la sua scarsissima efficienza e produttività si manifestasse nella penuria cronica di beni di prima
necessità, come la carne o il pane, e nelle
lunghissime file davanti alle vetrine dei negozi. Represse inoltre l’aspirazione all’indipendenza delle nazionalità sovietiche sul
Mar Baltico, nel Caucaso e nell’Asia centrale. Grazie a Gorbacev fu di nuovo possibile
esprimere liberamente la propria opinione –
e il premio Nobel Andrej Sakharov fu richiamato dall’esilio – ma non venne concesso
spazio al pluripartitismo o a libere elezioni.
Nel complesso, le riforme di Gorbacev, pur
importanti, non furono sufficienti a rilanciare l’economia e, in generale, a ridare vitalità al sistema sovietico.
La politica estera di Gorbacev
Del tutto diversi furono i risultati ottenuti da Gorbacev in politica estera. L’Unione
Sovietica aveva bisogno di molto denaro per
rimettere in movimento il suo sistema economico, e c’era un solo modo per trovarlo:
abbattere le spese per gli armamenti.
Gorbacev impresse dunque una svolta
profonda alle relazioni internazionali del
suo paese, rinunciando a sostenere i regimi
e le guerriglie filocomuniste nel Terzo Mondo e ritirando l’Armata Rossa dall’Afghanistan. Ma soprattutto cercò tenacemente un
accordo con gli Stati Uniti che gli avrebbe
assicurato la pace e la libertà necessarie a
dedicarsi ai problemi interni dell’Unione
Sovietica. Si arrivò così nel dicembre 1987,
a Washington, alla firma di un trattato per
la eliminazione dei missili nucleari dislocati in Europa dalle due superpotenze. D6
Dal 1945 in poi la diplomazia aveva sempre
pensato a come bloccare la moltiplicazione
delle armi atomiche. Ora, per la prima volta,
i governi decidevano di distruggerle: l’accordo venne perciò salutato con entusiasmo
dalle popolazioni dei due blocchi.
Anzi, queste iniziative e la simpatia personale che Gorbacev suscitava nell’opinione pubblica dei paesi democratici scatenarono in Occidente una vera e propria
ondata di «gorbymania». La passione per il
capo dell’Unione Sovietica, che aveva posto
fine allo scontro frontale tipico della Guerra fredda, era giustificata. Ma nessuno ad
Ovest sospettava l’ampiezza della crisi del
mondo comunista e nessuno conosceva
dunque davvero quali bisogni lo avessero
spinto a una politica estera così aperta. Tutto ciò si sarebbe chiarito nel breve spazio di
un paio d’anni.
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Dossier 6 p. 402
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13.4 La caduta del Muro e
La Germania riunificata
la fine della Guerra fredda
DA N I M A R C A
Un uomo ha caricato su un carretto i resti di una statua dedicata a Stalin:
è la fine del mondo comunista di stampo sovietico, 1990, Budapest.
Mar Baltico
Mare del Nord
La Polonia
PAE S I
BASSI
R E G NO
U N I TO
Amsterdam
Amburgo
Brema
Berlino
Hannover
Varsavia
E l ba
Dusseldorf
Bruxelles
B E LG IO
Vaclav Havel ritratto mentre si affaccia al balcone
del Parlamento di Praga, 26 gennaio 1993.
G E R M A N I A
LUSSEMBURGO Magonza Francoforte
F RA N CIA
Da
nu
L’Ungheria e la Cecoslovacchia
SVIZZERA
La caduta del Muro di Berlino
e la rivolta della Romania
L’evento simbolo di questa straordinaria
fase di trapasso si svolse nella Repubblica Democratica Tedesca. Dopo l’apertura
del confine tra Budapest e Vienna, decine
di migliaia di tedeschi orientali scelsero la
libertà, passando per Cecoslovacchia, Ungheria e Austria. Il regime comunista reagì
con arresti indiscriminati, ma fu costretto
ad arretrare davanti alle piazze del paese,
che si riempivano di manifestanti in corteo. La decisione di autorizzare gli espatri,
a quel punto, non bastò più. Il 9 novembre
1989 la polizia ebbe ordine di aprire i passaggi nel Muro di Berlino: tutti erano liberi
di transitare da Est a Ovest, e viceversa. Le
popolazioni delle due Germanie si ricongiunsero in un entusiasmo irrefrenabile e la
dirigenza comunista abbandonò il potere.
[Testimonianze  documento 6, p. 318] A
Le prime elezioni pluripartitiche nella Repubblica Democratica Tedesca furono vinte,
nel marzo 1990, dai democristiani, al governo all’Ovest con Helmut Kohl. Si ponevano
così le basi per la riunificazione della Germania, che sarebbe avvenuta nel 1990.
Differente fu invece il caso della Romania, l’unico paese del blocco orientale in cui
la caduta del comunismo fu accompagnata
da un grave spargimento di sangue. A Buca-
Dresda
Praga
Norimberga
Stoccarda
C E C O S LOVACC H I A
bio
Monaco
In Ungheria furono i riformisti del Partito comunista ad avviare il cambiamento e
accettare il ritorno al pluripartitismo. Il 2
maggio 1989, Budapest prese una decisione
storica: abbattere le centinaia di chilometri
di filo spinato della «cortina di ferro», nel
tratto che separava l’Ungheria dall’Austria.
Furono poi celebrati pubblicamente con
grande commozione i funerali di Imre Nagy,
guida della rivolta stroncata dai sovietici nel
1956. In ottobre, l’Ungheria smise di essere
una «Repubblica popolare e socialista» per
diventare una «Repubblica indipendente,
democratica e costituzionale». Il Partito comunista si sciolse e nella primavera del 1990
si tennero elezioni libere, vinte dalle formazioni di centro.
Percorso simile sperimentò la Cecoslovacchia. I vecchi dirigenti del Partito comunista furono estromessi sull’onda delle
riforme attuate da Gorbacev in Unione Sovietica, ma i tentativi di rinnovare il socialismo dall’interno vennero rapidamente
superati dagli eventi. Imponenti e pacifiche
manifestazioni popolari si susseguirono a
Praga e nelle altre città del paese dall’agosto
1989, fino a quando in novembre fu reintrodotto il pluripartitismo. Presidente della repubblica diventò lo scrittore e intellettuale
Vaclav Havel. Sotto i colpi di quella che fu
chiamata «rivoluzione di velluto», il potere
comunista cessò semplicemente di esistere. Anche la Cecoslovacchia ebbe infine, nel
giugno 1990, le sue prime libere elezioni.
POLONIA
Lipsia
o
Parigi
Colonia
Bonn
Ren
Le aperture operate da Gorbacev in politica
estera produssero conseguenze fortissime
in Europa orientale. Ovunque, le forze di
opposizione ai regimi comunisti percepirono che la presa di Mosca sugli alleati stava
venendo meno e che tramontava per sempre il tempo dell’intervento armato contro
i paesi ribelli.
Ancora una volta la strada fu aperta dalla Polonia. Qui, nel giugno 1989, il generale
Jaruzelski fu costretto a concedere elezioni
libere, che videro la vittoria schiacciante di
Solidarność: la formazione di Lech Walesa
conquistò nei due rami del Parlamento 252
seggi, lasciandone appena nove al partito
comunista. Jaruzelski ricevette allora la carica di capo dello Stato, ma la presidenza
del Consiglio andò a Tadeusz Mazowiecki,
un intellettuale cattolico anticomunista e
membro di Solidarność.
La notizia che per la prima volta in quarant’anni un paese dell’Est aveva un governo non marxista fece il giro del mondo
e accese speranze straordinarie nell’intero
blocco sovietico. Lo stesso Partito comunista polacco fu costretto a sciogliersi, mentre
a Varsavia venivano reintrodotte le piene
libertà politiche. Tutto questo accadde pacificamente e senza vendette o spargimenti
di sangue.
La caduta del Muro di Berlino
Bratislava
Vienna
AUSTRIA
U N G H E R IA
rest, infatti, il potere era da oltre vent’anni
nelle mani di Nicolae Ceausescu, che aveva
costruito un regime formalmente marxista
in realtà basato sul dominio del dittatore
e della sua famiglia. I tumulti popolari del
1989 furono duramente repressi da esercito
e polizia segreta. Solo l’assalto dei rivoltosi
alla sede del Partito comunista rumeno costrinse alla fuga Ceausescu, che fu poi giustiziato dagli stessi militari il 25 dicembre.
Avvenimenti tanto tragici ebbero almeno il
merito di aprire alla democrazia il paese più
povero dell’area sovietica.
Soldati della Germania dell'Est, in mezzo alla folla di Berlino
Ovest, hanno abbattuto un pezzo del muro, 11 novembre 1989.
© Loescher Editore – Torino
266
1945
Album p. 270
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
267
3
13
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
La caduta della
«cortina di ferro»
Gli storici oggi indicano nella caduta del
Muro di Berlino l’evento che pose concretamente termine alla Guerra fredda.
Folla di persone sopra il Muro dopo la sua caduta, nei
pressi della porta di Brandeburgo, 10 Novembre 1989.
Il 1989 privò infatti l’Unione Sovietica dei
suoi alleati in Europa orientale. Veniva così
meno la «cortina di ferro», la frattura che
aveva diviso il continente in due a partire
dagli anni Quaranta. Cessava la contrapposizione tra blocchi potentemente armati.
Cadeva la tensione politica e ideologica che
per lunghe decadi aveva oppresso i popoli
d’Europa. L’opinione pubblica, a Est e ad
Ovest, percepì questi fatti come straordinari, frutto di una improvvisa accelerazione della storia. Da un giorno all’altro tutto
sembrò possibile, qualsiasi speranza realizzabile, vicina la nascita di un nuovo ordine
mondiale.
Era vero che il comunismo rimaneva in
piedi, apparentemente forte, in Unione Sovietica. Gli eventi del 1989 preannunciavano però a loro volta un mutamento ancora più profondo, destinato a realizzarsi in
breve proprio nella patria della rivoluzione
bolscevica. Nel 1991 anche in Unione Sovietica sarebbe crollato il sistema comunista.
[ I NODI DELLA STORIA p. 268]
1979
L’URSS invade l’Afghanistan
1979-1990
Thatcher primo ministro del
Regno Unito
1980-1989
Reagan presidente degli USA
1980-1981
Protesta di Solidarność
in Polonia
1985
Gorbacev lancia la perestrojka
I NODI DELLA STORIA
Perchè il blocco comunista entrò in crisi?
Quasi tutti gli osservatori concordano nell’affermare che la
percezione in Occidente della potenza dell’Unione Sovietica
e dei paesi dell’Europa orientale sia stata a lungo esagerata.
La profonda preoccupazione nasceva dall’indiscutibile abilità propagandistica dei sovietici, dalla loro capacità di inserirsi
abilmente nelle contraddizioni dell’Occidente. Le quali erano,
peraltro, tutt’altro che irreali. La potenza militare dell’Unione
Sovietica, pur se massiccia e soprattutto dotata di tecnologia
nucleare, fu probabilmente un po’ sovrastimata. In realtà una
più attenta e meno ansiosa analisi dei fatti avrebbe aiutato a
capire che il mondo sovietico poggiava su gambe molto fragili.
L’incredibile avanzata economica coincidente con i primi piani
quinquennali, avanzata che, lo ricordiamo, aveva conosciuto
costi umani giganteschi, era stata effettivamente un fattore di
controtendenza se paragonato alla depressione degli anni Trenta. Ma una volta colmato il «gap» sul piano delle infrastrutture
di base e realizzata in tempi rapidissimi quell’industrializzazione
che la Russia non aveva conosciuto nel secolo XIX, molti nodi
erano destinati a venire al pettine.
Il modello di società chiusa scoraggiava la competizione intellettuale e il pur ottimo sistema d’istruzione e di ricerca sovietico
faticava a tenere quel passo che il suo ruolo di grande potenza
le richiedeva. La scarsa produttività delle sue aziende rendeva
fallimentari i tentativi di diversificare la produzione. Quest’ulti-
268
© Loescher Editore – Torino
ma, rigidamente pianificata, faticava a soddisfare le esigenze
minime della popolazione. Si assisteva così a un incredibile paradosso: un paese capace di costruire armi nucleari, di essere
competitivo nella corsa verso lo spazio, faticava a garantire nei
negozi prodotti di accettabile qualità e in quantità sufficiente a
soddisfare le esigenze della popolazione. La quale si trovava
nella curiosa situazione di avere non tanto salari bassi, quanto
pochissimi prodotti da comprare.
Nel 1979 l’URSS, guidata da anni da un gruppo dirigente anziano e scarsamente competente, si impelagò in una disastrosa
guerra in Afghanistan. L’incapacità di venirne a capo, come
pochi anni prima era accaduto agli Stati Uniti in Vietnam, accelerò le voci interne che chiedevono riforme. L’elezione come
segretario del partito di Gorbacev si muoveva appunto nella
direzione di una seria autoriforma del sistema. Tutti gli storici, e
lo stesso protagonista degli eventi, sottolineano che questo era
il suo intento: riformare il sistema (ristrutturarlo, in russo perestrojka) senza abbatterlo. Le cose andarono, però, in modo diverso. Le riforme Gorbaceviane si rivelarono determinanti a fare
implodere il sistema. L’implosione pacifica non scongiurò solo
l’esplosione violenta: generò un clima di grande ottimismo, di
vera e propria euforia sulle prospettive positive del nuovo ordine
mondiale. Non sarebbe passato molto tempo e quelle speranze,
in parte, si sarebbero decisamente ridimensionate.
1987
Trattato per l’eliminazione
dei missili in Europa
1989
Crollo del Muro di Berlino
La caduta del Muro di Berlino
1 Sotto la guida rispettivamente di Leonid Brežnev e Ronald Reagan, Unione
Sovietica e Stati Uniti si affrontano negli anni Ottanta in una nuova Guerra
fredda. Tra anni Settanta e Ottanta le relazioni tra URSS e USA peggiorarono, e si
ritornò a parlare di Guerra fredda. A porre fine alla «coesistenza pacifica» fu Mosca, con una aggressiva politica estera, cui Washington ribatté fermamente. Nuovi
missili nucleari, sempre più potenti, furono dislocati dalle superpotenze in Europa.
L’Afghanistan, invaso dall’Armata Rossa, resistette con tenacia e fu sostenuto da
armi e denaro statunitensi. Tornò alta la tensione ideologica e propagandistica che
divideva i due blocchi; a guidare lo scontro furono il leader sovietico Leonid Brežnev
e il presidente americano Ronald Reagan.
2 Il ridimensionamento del Welfare State e l’adozione di politiche neoliberiste consentono all’Occidente di superare la crisi degli anni Settanta.
I paesi occidentali conobbero negli anni Ottanta una forte ripresa economica, dovuta all’affermazione di politiche neoliberiste: liberalizzazione dei mercati, svincolati da pastoie burocratiche e legislative, abbassamento della pressione fiscale
e ridimensionamento del Welfare State. Notevole fu anche l’impulso dato a ricerca
e innovazione tecnologica, che si tradusse nella prima robotizzazione dei processi di fabbrica e nel passaggio da fordismo a post-fordismo. Crebbero ovunque in
Occidente i livelli di produzione, occupazione e reddito, l’inflazione si ridusse e le
monete riacquistarono stabilità. Campioni del neoliberismo furono Ronald Reagan e
il premier inglese Margaret Thatcher, ma politiche analoghe vennero adottate, con
successo e nonostante forti tensioni sociali, anche nei maggiori paesi dell’Europa
continentale: Repubblica Federale Tedesca, Francia e Spagna.
3 Il blocco comunista attraversa una grave crisi economica e sociale e a
nulla valgono gli sforzi del nuovo leader Mikhail Gorbacev per risollevare le sorti dell’Unione Sovietica. Il mondo comunista viveva una profonda crisi.
L’ennesima ribellione al sistema imposto da Mosca si verificò in Polonia ed ebbe
per protagonista il sindacato libero Solidarność. Esso sfidò il regime nel 1980 e
solo un colpo di Stato militare ristabilì l’ordine. L’Unione Sovietica si trovava in gravi
difficoltà. Tra 1982 e 1985 si susseguirono ben quattro leader: Brežnev, Andropov,
Černenko e finalmente Mikhail Gorbacev, il più giovane e capace. I suoi cauti tentativi di riformare la società e l’economia, lanciati dalle parole d’ordine perestrojka
e glasnost, si scontrarono però con la crisi ormai irreversibile del sistema produttivo
e con l’apatia della società sovietica, incapace di sostenere un rinnovamento troppo
improvviso e imposto dall’alto. Notevoli risultati raggiunse invece Gorbacev in politica
estera. Spinto dalla necessità di abbattere le spese militari per finanziare l’ammodernamento dell’economia del suo paese, cercò tenacemente e trovò il dialogo con
Washington, sino alla firma nel 1987 di un trattato per la eliminazione dei missili
nucleari dislocati in Europa.
4 1989
Abbattimento violento del
comunismo in Romania
1990
Riunificazione della Germania
Nel 1989 i regimi comunisti cadono in tutti i paesi dell’Est europeo e il
crollo del Muro di Berlino segna la fine della Guerra fredda. Entro la fine
degli anni Ottanta, i fattori di crisi interni e nascosti del sistema comunista portarono
a un esito imprevedibile e improvviso: nel 1989, il comunismo crollò in tutti i paesi
dell’Europa orientale sottomessi a Mosca. Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Repubblica Democratica Tedesca e Bulgaria si liberarono pacificamente dei loro regimi
autoritari e approdarono al pluripartitismo, alle libere elezioni e alla democrazia. Solo
in Romania questo straordinario rivolgimento si svolse con gravi disordini e spargimento di sangue. Il 9 novembre 1989 l’apertura di numerosi varchi nel Muro di
Berlino permise il libero passaggio tra le due Germanie e segnò la fine di un’epoca:
la Guerra fredda si era conclusa e l’Europa tornava a respirare un clima di pace.
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3
13
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
La caduta del comunismo e dei suoi simboli
Con la caduta dei regimi comunisti, improvvisa quanto imprevista nell’autunno del 1989, a mutare non
furono soltanto i sistemi politici dell’Europa centro-orientale, ma anche i loro simboli, che popolarono le vie
e le piazze cittadine fino alla fine degli anni Ottanta. Infatti, come tutti i regimi politici autoritari e totalitari,
le «democrazie popolari» avevano cercato di conquistarsi la popolarità attraverso una simbologia e una
coreografia che mobilitassero le masse sul piano emotivo e che si richiamassero all’idea di progresso
collettivo.
La caduta del Muro di Berlino
Il crollo del Muro
Il 9 novembre 1989, con l’apertura del Muro di
Berlino, cominciò non solo la fine della Repubblica
Democratica Tedesca, ma anche lo smantellamento
di quel simbolo della divisione dell’Europa e della Germania che era stato eretto nell’agosto 1961.
Dopo l’annuncio del portavoce del governo comunista, che autorizzava di fatto a passare il confine
tra Est e Ovest senza il visto, una massa imponente
e pacifica si riversò nelle strade per abbattere quel
segno di oppressione, per ricongiungersi con i familiari dell’altra parte, per festeggiare quella svolta
imprevista. Oggi che Berlino ha riacquistato la sua
fisionomia e la sua identità unitarie, il Muro è un
pezzo da museo, o un souvenir per turisti.
Le statue di Lenin
Il principale di questi simboli, che caratterizzavano le città comuniste da Varsavia a Vladivostok, da Berlino Est a Mosca, era la statua di Lenin in varie pose e atteggiamenti,
prevalentemente tesi a rivolgersi al «popolo»,
con il palmo aperto della mano verso il basso, oppure a mostrare, con lo sguardo e il
dito verso l’orizzonte, «la via dell’avvenire».
Meno frequenti erano le statue di Marx;
quelle di Stalin invece erano state rimosse
dopo il 1956, ossia dopo l’avvio del processo di «destalinizzazione» con il XX Congresso
del Partito comunista sovietico.
La distruzione del Muro di Berlino: un bambino usa martello e
scalpello per abbattere un tratto del muro, 9 novembre 1989.
Inaugurazione di una statua di Lenin a Leningrado, 1926.
La rimozione dei
simboli comunisti
Nei mesi seguenti alla caduta delle «democrazie popolari» nell’Est
Europa, le statue di Lenin furono
assaltate dalla folla e abbattute, oppure più sommessamente
rimosse per scelta delle nuove
autorità come segno tangibile della fine degli antichi regimi e della
transizione a un diverso sistema
politico: alcune di queste furono
depositate in un vero e proprio cimitero alla periferia di Budapest.
Statua di Lenin abbattuta in Lituania, 1991.
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© Loescher Editore – Torino
La festa per la caduta del Muro di Berlino, 1989.
La «bandiera rossa»
Nell’aprile del 1945, con la conquista di Berlino, le truppe dell’Armata
Rossa avevano issato il loro simbolo, la bandiera rossa con stella, falce e martello, sulla cima del Reichstag: il comunismo sovietico aveva
raggiunto il punto massimo della sua espansione in Europa. Nel dicembre del 1991, a Mosca, quello stesso simbolo divenne l’emblema della
fine dell’Unione Sovietica, quando fu ammainato dal Cremlino su ordine
di Gorbacev: il comunismo sovietico aveva chiuso la sua esperienza
dopo oltre 70 anni al potere.
La bandiera sovietica viene issata sul Reichstag, 30 aprile 1945.
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13
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
ATTIVITÀ
3
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
2
Osserva la cartina a p. 258 e ricavane la cronologia della caduta del controllo sovietico sugli Stati dell’Europa
orientale; poi aiutandoti con le informazioni fornite nel capitolo scrivi anche se si tratta di un cambiamento
pacifico o violento e quale tipo di governo e quale leader sostituisce i capi di Stato precedenti.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
Nel
Brežnev invia l’Armata Rossa in Afghanistan a sostegno del locale regime marxista
Nel
il polacco Karol Wojtyla è eletto papa con il nome di Giovanni Paolo II
Nel
Mikail Gorbacev diventa il nuovo segretario del Partito comunista sovietico
Dal
al
il socialista Felipe Gonzales è alla guida del governo spagnolo
Dal
al
nel Regno Unito rimane al potere la conservatrice Margaret Thatcher
Nel
, si verifica un terribile incidente nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina
Il 13 dicembre
il generale Wojciech Jaruzelski, uomo di fiducia dell’Unione Sovietica, assume il potere
in Polonia con un colpo di Stato e proclama la legge marziale
Nel
viene eletto presidente il socialista François Mitterrand
Nel
le due superpotenze firmano a Washington un trattato per l’eliminazione dei missili nucleari dislocati
in Europa; l’accordo viene salutato con entusiasmo dalle popolazioni dei due blocchi
Il 9 novembre
migliaia di berlinesi, dell’Est e dell’Ovest, abbattono il Muro di Berlino
Nel
il regime di Nicolae Ceausescu viene rovesciato in seguito a violenti tumulti popolari; la Romania è
l’unico paese del blocco orientale in cui la caduta del comunismo è accompagnata da un grave spargimento di sangue
Nel
, in Iran, l’ayatollah Khomeini guida la rivoluzione contro il regime dispotico di Reza Pahlavi, salito
al potere nel
con l’aiuto degli Stati Uniti
Il 2 maggio
l’Ungheria decide di abbattere la «cortina di ferro» che la separa dall’Austria e nel mese
di ottobre diventa una «Repubblica indipendente, democratica e costituzionale»
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo del crollo del blocco sovietico.
1
2
3
4
5
6
7
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi individua gli eventi che preannunciano la
caduta del comunismo.
5
La caduta del muro di Berlino
Crisi di credibilità
Legge marziale
Pianificazione economica
Libertà politiche
Cortina
Laicizzazione del paese
Robotizzazione
Prova a riflettere sul significato di «deregolamentare» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega se
nell’ambito dell’economia liberista ha una valenza positiva o negativa e scrivi il motivo della tua risposta.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa alla dissoluzione del blocco sovietico. Poi rispondi alle domande.
I fattori della dissoluzione del blocco sovietico
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
Gli anni Ottanta segnano nel mondo occidentale il superamento della crisi che perdura dallo «shock
(1)
» del 1973 e l’avvio di una nuova e lunga fase di sviluppo economico; tale svolta è
possibile grazie all’applicazione di misure che nel loro insieme prendono il nome di «neoliberismo».
Negli Stati Uniti la presidenza di Ronald Reagan imprime una svolta storica alla politica americana
con l’applicazione di una rigorosa politica (2)
, all’insegna della deregulation e
della drastica riduzione del Welfare State; similmente, nel (3)
Margaret Thatcher
favorisce la libera iniziativa e attua uno smantellamento dello Stato (4)
per
ridare vitalità all’economia e risanare la finanza pubblica. Il neoliberismo è abbracciato anche dai
paesi guidati da governi di sinistra o centrosinistra: in Francia è notevole la politica del socialista
(5)
, mentre in Spagna una politica simile è attuata da un altro socialista, Felipe Gonzales.
Il blocco sovietico, al contrario, è preda di una devastante crisi economica e di un grave immobilismo
(6)
. Neanche le riforme di Mikhail Gorbacev (la cosiddetta perestrojka) sono sufficienti
a rilanciare l’economia del sistema sovietico: decenni di pianificazione economica, infatti, hanno
cancellato la capacità di sfruttare la (7)
iniziativa. Tuttavia le aperture operate da
Gorbacev in politica estera producono conseguenze dirompenti in Europa orientale fino allo sfaldamento
del blocco socialista, simbolicamente rappresentato dall’abbattimento del (8)
.
Nel complesso, il risultato più importante dell’impetuoso sviluppo dell’Ovest non è tanto di natura
strettamente economica quanto politica: il sistema capitalista rimane l’unico e solido punto di
riferimento per i governi di tutto il pianeta. È la vittoria sul (9)
, ottenuta non con le
armi ma con la maggiore efficienza della libera economia di mercato.
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1 Quale ideologia economica si
impone negli anni Ottanta?
2 Quali effetti ha sui paesi
comunisti?
3 Quali fattori contribuiscono alla
dissoluzione dell’URSS?
Mostra quello che sai
7
Osserva l’immagine a p. 267 e contestualizza la foto, spiegandone il valore simbolico; poi ricostruisci, con l’aiuto del
testo, la storia del Muro di Berlino.
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