2)Decise poi di riprendere la corsa agli armamenti. Rafforzò i già potenti eserciti schierati alle frontiere tra Patto di Varsavia ed Europa occidentale e ordinò l’installazione di nuovi missili nucleari, più potenti, precisi e di maggiore gittata rispetto a quelli esistenti. Misura, quest’ultima, che contraddiceva gli sforzi diplomatici operati negli anni precedenti per la limitazione degli arsenali atomici. La caduta del Muro di Berlino NORVEGIA 25 marzo, 8 aprile 1990 SV E Z I A Data delle prime elezioni democratiche Mosca DANIMARCA Copenaghen R E G NO U N I TO PA E S I BASSI 18 marzo 1990 BELGIO GERMANIA EST Bonn U 4-18 giugno 1989 Berlino GERMANIA OVEST R S S L’invasione sovietica dell’Afghanistan Varsavia P O LO N I A Praga LUSSEMBURGO C ECOSL 8-9 giugno 1990 FRANCIA OV AC C H IA Vienna Budapest UNGHERIA AUSTRIA SVIZZERA 25 marzo, 8 aprile 1990 ROMANIA 20 maggio 1990 I U G O S L AV I A Bucarest B U LG A R I A I TA L I A Sofia 17 giugno 1990 Roma 3)Da ultimo ordinò l’invasione dell’Afghanistan per sostenere il vacillante regime marxista che si era impadronito del governo del paese: era il 1979 e l’ingresso dell’Armata Rossa nel paese islamico segnò la fine della «coesistenza pacifica» tra superpotenze. TURCHIA ALBANIA GRECIA L’Afghanistan, paese orgogliosamente indipendente, aveva respinto anche in epoca coloniale tutti i tentativi di assoggettamento da parte degli inglesi, riuscendo a mantenere la propria autonomia. Nel 1973, la monarchia che governava il paese dal 1919 venne abbattuta da un colpo di Stato, e la dittatura che ne seguì fu a sua volta rovesciata nel 1978, quando si affermò un regime marxista legato all’Unione Sovietica. I tentativi di imporre il comunismo agli afghani fallirono però miseramente. La popolazione era divisa in numerose etnie e clan, che detenevano il governo effettivo del territorio e riva- Un veicolo cingolato BMD-1 delle truppe sovietiche in Afghanistan, 1979. leggiavano tra loro: dai pashtun ai tagiki, dai turkmeni ai kirghisi. Nessuna etnia accettava le misure sociali ed economiche imposte dai nuovi governanti: l’emancipazione della donna, la rottura dei vincoli tribali a favore di obiettivi politici «nazionali», la redistribuzione delle terre e, soprattutto, la modernizzazione e laicizzazione di un paese in cui il credo islamico giocava ancora un ruolo ordinatore fondamentale. Contro le autorità comuniste della capitale Kabul si scatenò in breve tempo una fortissima guerriglia. La decisione di salvare ad ogni costo il regime alleato spinse l’Unione Sovietica a intervenire e il 24 dicembre 1979 i carri armati sovietici varcarono la frontiera tra i due paesi. Il coinvolgimento diretto causò presto a Mosca gravi problemi. L’Armata Rossa, equipaggiata con armamenti pesanti e addestrata per il combattimento in campo aperto, L’Europa all’indomani della caduta del Muro di Berlino 13.1 La ripresa della Guerra fredda Il peggioramento delle relazioni internazionali al principio degli anni Ottanta Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, le relazioni internazionali e in particolare i rapporti tra le due superpotenze subirono un improvviso peggioramento. Principale responsabile fu la rinnovata aggressività dell’Unione Sovietica in politica estera. La causa di tale svolta era imputabile forse al desiderio di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica interna dalle sempre più difficili condizioni economiche del paese o alla tentazione di approfittare della crisi di credibilità in cui precipitarono – presso alleati e avversari – gli Stati Uniti dopo la sconfitta in Vietnam e durante la presidenza di Jimmy Carter. Leonid Brežnev diede dunque all’azione dell’Unione Sovietica un’impronta decisamente interventista, muovendosi soprattutto su tre linee. 1)Appoggiò con rilevanti finanziamenti e aiuti militari tutti i regimi o movimenti di guerriglia che nel Terzo Mondo lottavano per affermare il comunismo: da Cuba in America centrale al Vietnam in Asia, dal Mozambico all’Angola e all’Etiopia in Africa. Mujaheddin al confine del Pakistan, 1985. Veduta della città di Kabul, Afghanistan. © Loescher Editore – Torino 258 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 259 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda jihad: in arabo significa «combattere». Quando il combattimento è spirituale conduce il musulmano alla fede pura. Quando è materiale esso diventa invece una «guerra santa» contro i nemici della religione islamica. mujaheddin: i «combattenti» per la patria e per l’Islam. Resistono con le armi allo straniero invasore, considerato un «infedele». si trovò subito in difficoltà a contrastare la guerriglia sul territorio desolato e montagnoso dell’Afghanistan. I guerriglieri islamici non solo non vennero sconfitti; anzi, crebbero di numero grazie all’arrivo dai paesi musulmani di migliaia di volontari chiamati alla jihad in difesa dell’Islam. I mujaheddin – i combattenti afghani – furono sostenuti con armi e denaro dagli Stati Uniti e da altri governi e l’intervento si trasformò per l’Unione Sovietica in un autentico fallimento. Quando l’ultimo soldato di Mosca si ritirò, dopo ben dieci anni di guerra, nel 1989, l’Afghanistan non era stato domato: il paese era stremato ma indipendente. I morti dell’Armata Rossa furono ben 27.000 e l’Unione Sovietica subì una perdita di prestigio internazionale analoga a quella degli Stati Uniti dopo la sconfitta in Vietnam. integralismo: la tendenza ad applicare in modo intransigente i principi di una dottrina. La nuova politica estera degli Stati Uniti ayatollah: sono i capi religiosi dei musulmani sciiti. Nel 1979 l’ayatollah Khomeini aveva guidato la rivoluzione contro il regime dispotico di Reza Pahlavi. La risposta degli Stati Uniti alle iniziative sovietiche non si fece attendere. Nel 1980, il democratico Carter venne sostituito alla presidenza dal repubblicano Ronald Reagan, che impostò la politica estera del proprio paese su principi molto semplici: riportare in alto il prestigio americano e ribattere colpo su colpo all’aggressività dell’Unione Sovietica. Missili Pershing 2. 13.2 La rinascita dell’economia occidentale L’economia occidentale rilanciata dal neoliberismo L'ayatollah Ruhollah Khomeini salutato dai suoi sostenitori a Tehrān, 1979. Reagan convinse i governi di Regno Unito, Italia e Repubblica Federale Tedesca a schierare missili nucleari superiori alle armi atomiche di Mosca: i Pershing 2 e i Cruise, che rispondevano così agli SS20 del Patto di Varsavia. Finanziò inoltre la guerriglia che si opponeva al regime filosovietico del Nicaragua e inviò i soldati americani a rovesciare il governo socialista dell’isola caraibica di Grenada. Fu il principale sostenitore dei mujaheddin afghani, ma si oppose in politica estera ai regimi che sostenevano l’integralismo religioso islamico. Per questo fece bombardare nel 1986 la Libia, il cui capo Muhammar Gheddafi (autore di un colpo di stato nel 1969) era considerato responsabile di numerosi attentati terroristici internazionali. E, sempre per questo motivo, aiutò l’Iraq nella guerra di aggressione scatenata nel 1980 contro l’Iran, governato dal regime degli ayatollah . Le iniziative di Reagan ebbero successo: gli Stati Uniti assunsero nuovamente il ruolo guida del mondo democratico nel rintuzzare gli attacchi del comunismo. Ma tutti questi avvenimenti riportarono alla moda l’espressione «Guerra fredda». Alla metà degli anni Ottanta, Unione Sovietica e Stati Uniti erano di nuovo avversari e una profonda tensione si diffondeva in tutto il pianeta. Di lì a poco lo scontro si sarebbe risolto nella maniera più inaspettata: il crollo del Muro di Berlino decretò la conclusione della Guerra fredda con la vittoria delle democrazie occidentali. Gli anni Ottanta segnarono nel mondo occidentale il superamento della crisi del decennio precedente e l’avvio di una nuova e lunga fase di sviluppo economico. I governi decisero di abbandonare le vecchie politiche economiche limitando gli interventi statali in modo da lasciare alle imprese la libertà di prosperare senza troppi vincoli e interventi dall’alto. Fu stabilito il principio: meno Stato nell’economia. Anche l’istituto del Welfare State fu ampiamente riformato. Con la crisi dagli anni Settanta per l’improvvisa carenza delle risorse necessarie a sostenerlo e la diffusa insoddisfazione per l’alta pressione fiscale necessaria al suo mantenimento, esso venne snellito: si ebbe così meno assistenza per le fasce bisognose della popolazione ma i governi furono in grado di investire, per esempio, nelle infrastrutture necessarie a sostenere lo sviluppo economico. Il prelievo fiscale fu alleviato e ciò consentì anche agli imprenditori di dirottare maggiori risorse sugli investimenti di fabbrica e sulla qualità della produzione. Notevole impulso ricevettero inoltre la ricerca e l’innovazione scientifica. La grande fabbrica, che proprio negli anni Settanta aveva celebrato il suo apogeo, declinò e negli stabilimenti la catena di montaggio cominciò a lasciare il posto alla robotizzazione. Questa evoluzione prese il nome di «post-fordismo» ed ebbe in particolare due conseguenze importanti: rese i processi produttivi più flessibili e pronti nel seguire l’andamento della domanda e abbassò il costo del lavoro, ridando competitività ai prodotti occidentali sui mercati internazionali. Negli Stati Uniti, infine, cominciò a diffondersi l’uso del personal computer e, in generale, dell’informatica applicata ai lavori d’ufficio. D12 Allo stesso tempo il mondo del lavoro in Europa, USA e Giappone vide il completamento di un processo in atto già dal dopoguerra: gli addetti all’agricoltura continuarono a calare di numero, perdendo quasi tutto il loro peso sociale; il ceto operaio, dopo le grandi lotte degli anni Cinquanta e La caduta del Muro di Berlino Sessanta, visse un momento di riflusso e, a causa della ristrutturazione delle industrie, smise di espandersi quantitativamente. A crescere a dismisura furono i lavoratori del settore terziario. Gli occupati nel commercio, nella sanità, nella scuola, nei trasporti, nelle comunicazioni, negli uffici pubblici divennero la stragrande maggioranza in tutto l’Occidente: era il trionfo del ceto medio, che modellò ovunque la società in base ai suoi bisogni e ai suoi gusti. Nel complesso, il risultato più importante dell’impetuoso sviluppo dell’Ovest non fu però tanto di natura strettamente economica quanto politica. Negli anni Ottanta, l’economia pianificata sovietica entrò infatti in una crisi senza ritorno, e il sistema capitalista rimase l’unico e solido punto di riferimento per i governi di tutto il pianeta. Era la vittoria sul comunismo, ottenuta non con le armi ma con la maggiore efficienza della libera economia di mercato. La presidenza di Ronald Reagan Dal punto di vista politico, la «dottrina» neoliberista ebbe i suoi più importanti esponenti nel presidente statunitense Ronald Reagan e nel primo ministro britannico Margaret Thatcher. L’ascesa di Reagan alla presidenza, nel 1980, fu accolta nel mondo e negli stessi Stati Uniti da notevole perplessità: sembrava impossibile che un ex attore di Hollywood – e per di più di secondo piano – possedesse le qualità necessarie a guidare la superpotenza americana. Reagan dimostrò invece di possedere eccezionali capacità comunicative, riuscendo a legare a sé il suo popolo e a ridare lustro al «sogno americano», il sogno di una società in cui chiunque può farsi strada purché dotato di talento e perseveranza. Reagan riaffermò energicamente il ruolo degli Stati Uniti in politica internazionale. E non esitò a impegnare il Congresso in imponenti spese militari, lanciando la progettazione dello «scudo spaziale», un avveniristico sistema di intercettazione basato su armi a raggi laser che avrebbe dovuto difendere il paese da ogni attacco missilistico. Quando passò la mano al successore George Bush, nel 1988, gli USA erano pronti a sfruttare © Loescher Editore – Torino 260 1945 Uno dei primi esemplari di personal computer, Cromemco System Three, 1978. Dossier 12 p. 414 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 261 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda appieno la crisi dell’Unione Sovietica e proporsi come unica superpotenza mondiale. Sul piano interno, il presidente impose la deregulation, ovvero la liberalizzazione di ogni ambito della vita economica dall’intervento regolatore dello Stato, e decise forti tagli alle tasse e all’assistenza pubblica. Queste misure consentirono all’economia americana di riprendersi dal forte calo produttivo degli anni Settanta; la disoccupazione e l’inflazione scesero, e il dollaro tornò a imporsi come valuta pregiata sui mercati internazionali. Cominciò allora, proprio a partire dagli Stati Uniti, la grande espansione dei servizi del terziario, soprattutto nel campo della finanza, delle comunicazioni e dell’informazione, che tanta parte hanno nella società globalizzata di oggi. Il totale disimpegno governativo nel Welfare State causò una crescita del divario tra ricchi e poveri. Inoltre il taglio delle tasse e l’aumento vertiginoso delle spese militari portarono a una enorme crescita del debito pubblico che non poteva essere compensata dal taglio della spesa. Tuttavia, questo problema sarebbe diventato evidente solo negli anni Novanta. L’ex attore Reagan divenne così uno dei La caduta del Muro di Berlino presidenti più amati nella storia degli Stati Uniti e nel 1984 ottenne senza difficoltà la rielezione. Solo molti anni dopo le sue teorie ultraliberiste avrebbero mostrato i loro pericoli e i loro pesanti costi sociali. Il Regno Unito e i governi di Margaret Thatcher Politiche analoghe a quelle reaganiane furono applicate nel Regno Unito da Margaret Thatcher. Capo dei conservatori, la «lady di ferro» – come venne soprannominata – divenne primo ministro nel 1979 e conservò la carica fino al 1990. Nel corso degli anni Ottanta favorì in ogni modo la libera iniziativa, per esempio privatizzando molte industrie di Stato, come quelle del settore dei trasporti. Buona parte della forza e dell’autorità di cui poté avvalersi nei suoi mandati governativi le derivò tuttavia dall’eccellente gestione della crisi delle Isole Falkland. Nel 1982, la dittatura militare argentina, in un tentativo estremo di riguadagnare l’appoggio del proprio paese, aveva cercato di strappare a Londra le isole Falkland nell’Atlantico meridionale. Le Falkland, piccole isole al largo della costa argentina, dai primi de- Helmut Kohl in Parlamento nel 1994. cenni dell’Ottocento erano sotto la corona britannica e erano abitate prevalentemente da una popolazione di origine scozzese. Margaret Thatcher non esitò a reagire militarmente dimostrando la netta superiorità dei mezzi navali inglesi rispetto a quelli argentini. La vittoria militare sull’Argentina diede a Thatcher un prestigio popolare che nessun premier britannico dopo Churchill aveva ottenuto. Ciò le consentì di imporre la sua politica, sconfiggendo anche la fortissima opposizione dei sindacati britannici: il fallimento dello sciopero dei minatori (contrari a un piano di licenziamenti voluto dal governo nel settore estrattivo), durato dalla primavera del 1984 alla primavera del 1985, sancì il definitivo trionfo della Thatcher. Da allora il premier poté prendere significative misure di smantellamento del Welfare State e imporre indisturbata la propria politica economica. Grazie a tale ricetta l’economia inglese, che dopo la Seconda guerra mondiale aveva conosciuto lunghi periodi di stagnazione, divenne alla fine degli anni Ottanta una delle più forti d’Europa, con bassa disoccupazione, bassissima inflazione e alti tassi di crescita annua del Pil. Il resto dell’Europa occidentale Manifestazione nella Plaza de Mayo di Buenos Aires a favore della proclamazione della guerra contro l'Inghilterra per le isole Falkland, 1982. Il primo ministro inglese Margaret Thatcher con il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1981. All’approccio neoliberista non poterono sottrarsi gli altri governi democratici del continente: esso appariva l’unico capace di salvare dalla crisi le economie nazionali, e fu applicato, con aggiustamenti più o meno rilevanti, ovunque. Nella Repubblica Federale Tedesca venne messo in pratica dai democristiani del cancelliere Helmut Kohl, subentrati ai socialdemocratici nel 1982. Essi inaugurarono una politica economica impostata su misure simili a quelle praticate dal Regno Unito, ma riuscirono a salvare il cuore della politica sociale tedesca: la concertazione tra le parti sociali, che favoriva la ricerca di soluzioni condivise e adeguate ai problemi del paese. In politica estera, dato il nuovo acuirsi delle tensioni tra i blocchi, Kohl dovette rinunciare a espandere la Ostpolitik, cioè la politica della mano tesa verso i vicini tedeschi comunisti che aveva caratterizzato i governi socialdemocratici. Il neoliberismo fu abbracciato anche dai paesi guidati da governi di sinistra o centrosinistra. Notevole fu in Francia la politica del socialista François Mitterrand, presidente per un quindicennio dal 1981, che pur aveva avviato il suo mandato con un ampio piano di nazionalizzazioni e aumenti salariali: pressato da una maggioranza parlamentare avversa e soprattutto dalle difficoltà dell’economia, fu costretto a praticare una profonda revisione dello Stato sociale. In Spagna, una politica simile fu attuata da un altro socialista, Felipe Gonzales, primo ministro dal 1982 al 1996. Gonzales accompagnò lo straordinario sviluppo economico della Spagna dell’epoca e il suo ingresso nella Comunità Economica Europea, avvenuto nel 1986. Infine, non va dimenticato che proprio con politiche neoliberiste venne preparata la nascita dell’Unione Europea. © Loescher Editore – Torino 262 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 263 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 13.3 L’Europa orientale da Brežnev a Gorbacev La nascita di Solidarność in Polonia Papa Giovanni Paolo II. Solidarność: in polacco significa «solidarietà». Il nome completo della nuova organizzazione era «Sindacato autonomo dei Lavoratori Solidarietà». Esso divenne il simbolo della lotta contro il comunismo per tutta l’Europa dell’Est. Nell’Europa orientale, i regimi comunisti sottomessi a Mosca incontravano sempre maggiori difficoltà a controllare le tensioni sociali e politiche interne. Nuovo centro della ribellione al sistema comunista fu la Polonia e la scintilla venne nell’estate del 1980 da un’impennata dei prezzi di generi alimentari di prima necessità. Le strade si riempirono di operai che chiedevano aumenti salariali, e proprio un operaio fu il portavoce della protesta: Lech Walesa, elettricista nei cantieri navali di Danzica. A sostenere apertamente le manifestazioni, che assunsero presto un carattere politico, c’era la Chiesa cattolica. Per di più, nel 1978 un polacco, Karol Wojtyla, era diventato papa con il nome di Giovanni Paolo II: il nuovo pontefice era un nemico dichiarato del comunismo, e ciò non fece che sollecitare lo spirito nazionalistico dei suoi compatrioti. I dirigenti al potere a Varsavia cercarono di tenersi in equilibrio tra le richieste degli operai, che si erano uniti nel grande sindacato indipendente Solidarność , e le pressioni di Mosca, che minacciava l’intervento armato. Venne ripristinata in Polonia la libertà d’espressione, ma il regime non poté spingersi oltre. Dopo più di un anno di inutili trattative, il Lech Walesa festeggia dopo aver ottenuto la firma del governo per un accordo che permette la nascita dell'organizzazione Solidarność, 24 settembre 1980, Varsavia. La caduta del Muro di Berlino generale Wojciech Jaruzelski, uomo di fiducia dell’Unione Sovietica, assunse il potere con un colpo di Stato e proclamò la legge marziale: era il 13 dicembre 1981. I diritti dei cittadini vennero sospesi e gli oppositori politici, compreso Walesa, incarcerati. L’intervento dell’Armata Rossa fu scongiurato, ma la situazione sociale ed economica rimaneva drammatica, tanto che Jaruzelski non poté fare a meno di tornare al dialogo con Solidarność e con la stessa Chiesa. Per tutti gli anni Ottanta la Polonia si mantenne così in bilico tra obbedienza di facciata e rivolta aperta al comunismo. Mikhail Gorbacev tenta di rinnovare l’URSS L’immobilismo politico che affliggeva l’Unione Sovietica era al principio degli anni Ottanta sotto gli occhi del mondo. Leonid Brežnev, morto nel 1982, venne sostituito da Jurj Andropov, che a sua volta scomparve nel 1984. Ma pure il nuovo successore, Konstantin Černenko, era vecchio e malato: uscì infatti di scena nel 1985. A quel punto, finalmente, i dirigenti del Partito comunista sovietico diedero il potere a Mikhail Gorbacev, un cinquantenne dinamico e carismatico che sembrava in grado di tenere con mano sicura le redini della superpotenza e ridare prestigio e credibilità al proprio paese. Le due parole chiave del suo governo furono perestrojka, ossia «riforma» o «ristrutturazione», e glasnost, ossia «trasparenza». Lanciando la perestrojka, Gorbacev indicava la sua intenzione di ristrutturare la società e soprattutto l’economia sovietiche. Quanto alla glasnost, il progetto del nuovo capo dell’Unione Sovietica era chiaro: rendere pubblico il dibattito interno alla dirigenza comunista e rendere così trasparente la vita politica della patria della rivoluzione. Ma le misure adottate da Gorbacev nel segno del rinnovamento furono troppo deboli per la gravità della situazione politica, sociale ed economica che doveva affrontare. Il Pil del paese stagnava o addirittura regrediva. Decenni di pianificazione economica avevano cancellato nei cittadini dell’Unione Sovietica la capacità di sfruttare la libera iniziativa e vano fu il tentativo di concedere alle aziende una maggiore autonomia in campo finanziario e gestionale. Il terribile incidente alla centrale nucleare Il segretario del PCUS M. Gorbacev in un confronto al Parlamento con B. Eltsin. Uomini dotati di tute e maschere protettive si accingono a ripulire il reattore della centrale di Chernobyl dopo l'esplosione nel 1986. di Chernobyl, che provocò nell’aprile 1986 enormi danni alle persone e all’ambiente, rivelò poi al mondo quanto fosse arretrata la tecnologia industriale sovietica. D6 Gorbacev mantenne anche l’agricoltura collettivizzata, nonostante la sua scarsissima efficienza e produttività si manifestasse nella penuria cronica di beni di prima necessità, come la carne o il pane, e nelle lunghissime file davanti alle vetrine dei negozi. Represse inoltre l’aspirazione all’indipendenza delle nazionalità sovietiche sul Mar Baltico, nel Caucaso e nell’Asia centrale. Grazie a Gorbacev fu di nuovo possibile esprimere liberamente la propria opinione – e il premio Nobel Andrej Sakharov fu richiamato dall’esilio – ma non venne concesso spazio al pluripartitismo o a libere elezioni. Nel complesso, le riforme di Gorbacev, pur importanti, non furono sufficienti a rilanciare l’economia e, in generale, a ridare vitalità al sistema sovietico. La politica estera di Gorbacev Del tutto diversi furono i risultati ottenuti da Gorbacev in politica estera. L’Unione Sovietica aveva bisogno di molto denaro per rimettere in movimento il suo sistema economico, e c’era un solo modo per trovarlo: abbattere le spese per gli armamenti. Gorbacev impresse dunque una svolta profonda alle relazioni internazionali del suo paese, rinunciando a sostenere i regimi e le guerriglie filocomuniste nel Terzo Mondo e ritirando l’Armata Rossa dall’Afghanistan. Ma soprattutto cercò tenacemente un accordo con gli Stati Uniti che gli avrebbe assicurato la pace e la libertà necessarie a dedicarsi ai problemi interni dell’Unione Sovietica. Si arrivò così nel dicembre 1987, a Washington, alla firma di un trattato per la eliminazione dei missili nucleari dislocati in Europa dalle due superpotenze. D6 Dal 1945 in poi la diplomazia aveva sempre pensato a come bloccare la moltiplicazione delle armi atomiche. Ora, per la prima volta, i governi decidevano di distruggerle: l’accordo venne perciò salutato con entusiasmo dalle popolazioni dei due blocchi. Anzi, queste iniziative e la simpatia personale che Gorbacev suscitava nell’opinione pubblica dei paesi democratici scatenarono in Occidente una vera e propria ondata di «gorbymania». La passione per il capo dell’Unione Sovietica, che aveva posto fine allo scontro frontale tipico della Guerra fredda, era giustificata. Ma nessuno ad Ovest sospettava l’ampiezza della crisi del mondo comunista e nessuno conosceva dunque davvero quali bisogni lo avessero spinto a una politica estera così aperta. Tutto ciò si sarebbe chiarito nel breve spazio di un paio d’anni. © Loescher Editore – Torino 264 1945 Dossier 6 p. 402 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 265 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 13.4 La caduta del Muro e La Germania riunificata la fine della Guerra fredda DA N I M A R C A Un uomo ha caricato su un carretto i resti di una statua dedicata a Stalin: è la fine del mondo comunista di stampo sovietico, 1990, Budapest. Mar Baltico Mare del Nord La Polonia PAE S I BASSI R E G NO U N I TO Amsterdam Amburgo Brema Berlino Hannover Varsavia E l ba Dusseldorf Bruxelles B E LG IO Vaclav Havel ritratto mentre si affaccia al balcone del Parlamento di Praga, 26 gennaio 1993. G E R M A N I A LUSSEMBURGO Magonza Francoforte F RA N CIA Da nu L’Ungheria e la Cecoslovacchia SVIZZERA La caduta del Muro di Berlino e la rivolta della Romania L’evento simbolo di questa straordinaria fase di trapasso si svolse nella Repubblica Democratica Tedesca. Dopo l’apertura del confine tra Budapest e Vienna, decine di migliaia di tedeschi orientali scelsero la libertà, passando per Cecoslovacchia, Ungheria e Austria. Il regime comunista reagì con arresti indiscriminati, ma fu costretto ad arretrare davanti alle piazze del paese, che si riempivano di manifestanti in corteo. La decisione di autorizzare gli espatri, a quel punto, non bastò più. Il 9 novembre 1989 la polizia ebbe ordine di aprire i passaggi nel Muro di Berlino: tutti erano liberi di transitare da Est a Ovest, e viceversa. Le popolazioni delle due Germanie si ricongiunsero in un entusiasmo irrefrenabile e la dirigenza comunista abbandonò il potere. [Testimonianze documento 6, p. 318] A Le prime elezioni pluripartitiche nella Repubblica Democratica Tedesca furono vinte, nel marzo 1990, dai democristiani, al governo all’Ovest con Helmut Kohl. Si ponevano così le basi per la riunificazione della Germania, che sarebbe avvenuta nel 1990. Differente fu invece il caso della Romania, l’unico paese del blocco orientale in cui la caduta del comunismo fu accompagnata da un grave spargimento di sangue. A Buca- Dresda Praga Norimberga Stoccarda C E C O S LOVACC H I A bio Monaco In Ungheria furono i riformisti del Partito comunista ad avviare il cambiamento e accettare il ritorno al pluripartitismo. Il 2 maggio 1989, Budapest prese una decisione storica: abbattere le centinaia di chilometri di filo spinato della «cortina di ferro», nel tratto che separava l’Ungheria dall’Austria. Furono poi celebrati pubblicamente con grande commozione i funerali di Imre Nagy, guida della rivolta stroncata dai sovietici nel 1956. In ottobre, l’Ungheria smise di essere una «Repubblica popolare e socialista» per diventare una «Repubblica indipendente, democratica e costituzionale». Il Partito comunista si sciolse e nella primavera del 1990 si tennero elezioni libere, vinte dalle formazioni di centro. Percorso simile sperimentò la Cecoslovacchia. I vecchi dirigenti del Partito comunista furono estromessi sull’onda delle riforme attuate da Gorbacev in Unione Sovietica, ma i tentativi di rinnovare il socialismo dall’interno vennero rapidamente superati dagli eventi. Imponenti e pacifiche manifestazioni popolari si susseguirono a Praga e nelle altre città del paese dall’agosto 1989, fino a quando in novembre fu reintrodotto il pluripartitismo. Presidente della repubblica diventò lo scrittore e intellettuale Vaclav Havel. Sotto i colpi di quella che fu chiamata «rivoluzione di velluto», il potere comunista cessò semplicemente di esistere. Anche la Cecoslovacchia ebbe infine, nel giugno 1990, le sue prime libere elezioni. POLONIA Lipsia o Parigi Colonia Bonn Ren Le aperture operate da Gorbacev in politica estera produssero conseguenze fortissime in Europa orientale. Ovunque, le forze di opposizione ai regimi comunisti percepirono che la presa di Mosca sugli alleati stava venendo meno e che tramontava per sempre il tempo dell’intervento armato contro i paesi ribelli. Ancora una volta la strada fu aperta dalla Polonia. Qui, nel giugno 1989, il generale Jaruzelski fu costretto a concedere elezioni libere, che videro la vittoria schiacciante di Solidarność: la formazione di Lech Walesa conquistò nei due rami del Parlamento 252 seggi, lasciandone appena nove al partito comunista. Jaruzelski ricevette allora la carica di capo dello Stato, ma la presidenza del Consiglio andò a Tadeusz Mazowiecki, un intellettuale cattolico anticomunista e membro di Solidarność. La notizia che per la prima volta in quarant’anni un paese dell’Est aveva un governo non marxista fece il giro del mondo e accese speranze straordinarie nell’intero blocco sovietico. Lo stesso Partito comunista polacco fu costretto a sciogliersi, mentre a Varsavia venivano reintrodotte le piene libertà politiche. Tutto questo accadde pacificamente e senza vendette o spargimenti di sangue. La caduta del Muro di Berlino Bratislava Vienna AUSTRIA U N G H E R IA rest, infatti, il potere era da oltre vent’anni nelle mani di Nicolae Ceausescu, che aveva costruito un regime formalmente marxista in realtà basato sul dominio del dittatore e della sua famiglia. I tumulti popolari del 1989 furono duramente repressi da esercito e polizia segreta. Solo l’assalto dei rivoltosi alla sede del Partito comunista rumeno costrinse alla fuga Ceausescu, che fu poi giustiziato dagli stessi militari il 25 dicembre. Avvenimenti tanto tragici ebbero almeno il merito di aprire alla democrazia il paese più povero dell’area sovietica. Soldati della Germania dell'Est, in mezzo alla folla di Berlino Ovest, hanno abbattuto un pezzo del muro, 11 novembre 1989. © Loescher Editore – Torino 266 1945 Album p. 270 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 267 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda La caduta della «cortina di ferro» Gli storici oggi indicano nella caduta del Muro di Berlino l’evento che pose concretamente termine alla Guerra fredda. Folla di persone sopra il Muro dopo la sua caduta, nei pressi della porta di Brandeburgo, 10 Novembre 1989. Il 1989 privò infatti l’Unione Sovietica dei suoi alleati in Europa orientale. Veniva così meno la «cortina di ferro», la frattura che aveva diviso il continente in due a partire dagli anni Quaranta. Cessava la contrapposizione tra blocchi potentemente armati. Cadeva la tensione politica e ideologica che per lunghe decadi aveva oppresso i popoli d’Europa. L’opinione pubblica, a Est e ad Ovest, percepì questi fatti come straordinari, frutto di una improvvisa accelerazione della storia. Da un giorno all’altro tutto sembrò possibile, qualsiasi speranza realizzabile, vicina la nascita di un nuovo ordine mondiale. Era vero che il comunismo rimaneva in piedi, apparentemente forte, in Unione Sovietica. Gli eventi del 1989 preannunciavano però a loro volta un mutamento ancora più profondo, destinato a realizzarsi in breve proprio nella patria della rivoluzione bolscevica. Nel 1991 anche in Unione Sovietica sarebbe crollato il sistema comunista. [ I NODI DELLA STORIA p. 268] 1979 L’URSS invade l’Afghanistan 1979-1990 Thatcher primo ministro del Regno Unito 1980-1989 Reagan presidente degli USA 1980-1981 Protesta di Solidarność in Polonia 1985 Gorbacev lancia la perestrojka I NODI DELLA STORIA Perchè il blocco comunista entrò in crisi? Quasi tutti gli osservatori concordano nell’affermare che la percezione in Occidente della potenza dell’Unione Sovietica e dei paesi dell’Europa orientale sia stata a lungo esagerata. La profonda preoccupazione nasceva dall’indiscutibile abilità propagandistica dei sovietici, dalla loro capacità di inserirsi abilmente nelle contraddizioni dell’Occidente. Le quali erano, peraltro, tutt’altro che irreali. La potenza militare dell’Unione Sovietica, pur se massiccia e soprattutto dotata di tecnologia nucleare, fu probabilmente un po’ sovrastimata. In realtà una più attenta e meno ansiosa analisi dei fatti avrebbe aiutato a capire che il mondo sovietico poggiava su gambe molto fragili. L’incredibile avanzata economica coincidente con i primi piani quinquennali, avanzata che, lo ricordiamo, aveva conosciuto costi umani giganteschi, era stata effettivamente un fattore di controtendenza se paragonato alla depressione degli anni Trenta. Ma una volta colmato il «gap» sul piano delle infrastrutture di base e realizzata in tempi rapidissimi quell’industrializzazione che la Russia non aveva conosciuto nel secolo XIX, molti nodi erano destinati a venire al pettine. Il modello di società chiusa scoraggiava la competizione intellettuale e il pur ottimo sistema d’istruzione e di ricerca sovietico faticava a tenere quel passo che il suo ruolo di grande potenza le richiedeva. La scarsa produttività delle sue aziende rendeva fallimentari i tentativi di diversificare la produzione. Quest’ulti- 268 © Loescher Editore – Torino ma, rigidamente pianificata, faticava a soddisfare le esigenze minime della popolazione. Si assisteva così a un incredibile paradosso: un paese capace di costruire armi nucleari, di essere competitivo nella corsa verso lo spazio, faticava a garantire nei negozi prodotti di accettabile qualità e in quantità sufficiente a soddisfare le esigenze della popolazione. La quale si trovava nella curiosa situazione di avere non tanto salari bassi, quanto pochissimi prodotti da comprare. Nel 1979 l’URSS, guidata da anni da un gruppo dirigente anziano e scarsamente competente, si impelagò in una disastrosa guerra in Afghanistan. L’incapacità di venirne a capo, come pochi anni prima era accaduto agli Stati Uniti in Vietnam, accelerò le voci interne che chiedevono riforme. L’elezione come segretario del partito di Gorbacev si muoveva appunto nella direzione di una seria autoriforma del sistema. Tutti gli storici, e lo stesso protagonista degli eventi, sottolineano che questo era il suo intento: riformare il sistema (ristrutturarlo, in russo perestrojka) senza abbatterlo. Le cose andarono, però, in modo diverso. Le riforme Gorbaceviane si rivelarono determinanti a fare implodere il sistema. L’implosione pacifica non scongiurò solo l’esplosione violenta: generò un clima di grande ottimismo, di vera e propria euforia sulle prospettive positive del nuovo ordine mondiale. Non sarebbe passato molto tempo e quelle speranze, in parte, si sarebbero decisamente ridimensionate. 1987 Trattato per l’eliminazione dei missili in Europa 1989 Crollo del Muro di Berlino La caduta del Muro di Berlino 1 Sotto la guida rispettivamente di Leonid Brežnev e Ronald Reagan, Unione Sovietica e Stati Uniti si affrontano negli anni Ottanta in una nuova Guerra fredda. Tra anni Settanta e Ottanta le relazioni tra URSS e USA peggiorarono, e si ritornò a parlare di Guerra fredda. A porre fine alla «coesistenza pacifica» fu Mosca, con una aggressiva politica estera, cui Washington ribatté fermamente. Nuovi missili nucleari, sempre più potenti, furono dislocati dalle superpotenze in Europa. L’Afghanistan, invaso dall’Armata Rossa, resistette con tenacia e fu sostenuto da armi e denaro statunitensi. Tornò alta la tensione ideologica e propagandistica che divideva i due blocchi; a guidare lo scontro furono il leader sovietico Leonid Brežnev e il presidente americano Ronald Reagan. 2 Il ridimensionamento del Welfare State e l’adozione di politiche neoliberiste consentono all’Occidente di superare la crisi degli anni Settanta. I paesi occidentali conobbero negli anni Ottanta una forte ripresa economica, dovuta all’affermazione di politiche neoliberiste: liberalizzazione dei mercati, svincolati da pastoie burocratiche e legislative, abbassamento della pressione fiscale e ridimensionamento del Welfare State. Notevole fu anche l’impulso dato a ricerca e innovazione tecnologica, che si tradusse nella prima robotizzazione dei processi di fabbrica e nel passaggio da fordismo a post-fordismo. Crebbero ovunque in Occidente i livelli di produzione, occupazione e reddito, l’inflazione si ridusse e le monete riacquistarono stabilità. Campioni del neoliberismo furono Ronald Reagan e il premier inglese Margaret Thatcher, ma politiche analoghe vennero adottate, con successo e nonostante forti tensioni sociali, anche nei maggiori paesi dell’Europa continentale: Repubblica Federale Tedesca, Francia e Spagna. 3 Il blocco comunista attraversa una grave crisi economica e sociale e a nulla valgono gli sforzi del nuovo leader Mikhail Gorbacev per risollevare le sorti dell’Unione Sovietica. Il mondo comunista viveva una profonda crisi. L’ennesima ribellione al sistema imposto da Mosca si verificò in Polonia ed ebbe per protagonista il sindacato libero Solidarność. Esso sfidò il regime nel 1980 e solo un colpo di Stato militare ristabilì l’ordine. L’Unione Sovietica si trovava in gravi difficoltà. Tra 1982 e 1985 si susseguirono ben quattro leader: Brežnev, Andropov, Černenko e finalmente Mikhail Gorbacev, il più giovane e capace. I suoi cauti tentativi di riformare la società e l’economia, lanciati dalle parole d’ordine perestrojka e glasnost, si scontrarono però con la crisi ormai irreversibile del sistema produttivo e con l’apatia della società sovietica, incapace di sostenere un rinnovamento troppo improvviso e imposto dall’alto. Notevoli risultati raggiunse invece Gorbacev in politica estera. Spinto dalla necessità di abbattere le spese militari per finanziare l’ammodernamento dell’economia del suo paese, cercò tenacemente e trovò il dialogo con Washington, sino alla firma nel 1987 di un trattato per la eliminazione dei missili nucleari dislocati in Europa. 4 1989 Abbattimento violento del comunismo in Romania 1990 Riunificazione della Germania Nel 1989 i regimi comunisti cadono in tutti i paesi dell’Est europeo e il crollo del Muro di Berlino segna la fine della Guerra fredda. Entro la fine degli anni Ottanta, i fattori di crisi interni e nascosti del sistema comunista portarono a un esito imprevedibile e improvviso: nel 1989, il comunismo crollò in tutti i paesi dell’Europa orientale sottomessi a Mosca. Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Repubblica Democratica Tedesca e Bulgaria si liberarono pacificamente dei loro regimi autoritari e approdarono al pluripartitismo, alle libere elezioni e alla democrazia. Solo in Romania questo straordinario rivolgimento si svolse con gravi disordini e spargimento di sangue. Il 9 novembre 1989 l’apertura di numerosi varchi nel Muro di Berlino permise il libero passaggio tra le due Germanie e segnò la fine di un’epoca: la Guerra fredda si era conclusa e l’Europa tornava a respirare un clima di pace. © Loescher Editore – Torino 269 3 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda La caduta del comunismo e dei suoi simboli Con la caduta dei regimi comunisti, improvvisa quanto imprevista nell’autunno del 1989, a mutare non furono soltanto i sistemi politici dell’Europa centro-orientale, ma anche i loro simboli, che popolarono le vie e le piazze cittadine fino alla fine degli anni Ottanta. Infatti, come tutti i regimi politici autoritari e totalitari, le «democrazie popolari» avevano cercato di conquistarsi la popolarità attraverso una simbologia e una coreografia che mobilitassero le masse sul piano emotivo e che si richiamassero all’idea di progresso collettivo. La caduta del Muro di Berlino Il crollo del Muro Il 9 novembre 1989, con l’apertura del Muro di Berlino, cominciò non solo la fine della Repubblica Democratica Tedesca, ma anche lo smantellamento di quel simbolo della divisione dell’Europa e della Germania che era stato eretto nell’agosto 1961. Dopo l’annuncio del portavoce del governo comunista, che autorizzava di fatto a passare il confine tra Est e Ovest senza il visto, una massa imponente e pacifica si riversò nelle strade per abbattere quel segno di oppressione, per ricongiungersi con i familiari dell’altra parte, per festeggiare quella svolta imprevista. Oggi che Berlino ha riacquistato la sua fisionomia e la sua identità unitarie, il Muro è un pezzo da museo, o un souvenir per turisti. Le statue di Lenin Il principale di questi simboli, che caratterizzavano le città comuniste da Varsavia a Vladivostok, da Berlino Est a Mosca, era la statua di Lenin in varie pose e atteggiamenti, prevalentemente tesi a rivolgersi al «popolo», con il palmo aperto della mano verso il basso, oppure a mostrare, con lo sguardo e il dito verso l’orizzonte, «la via dell’avvenire». Meno frequenti erano le statue di Marx; quelle di Stalin invece erano state rimosse dopo il 1956, ossia dopo l’avvio del processo di «destalinizzazione» con il XX Congresso del Partito comunista sovietico. La distruzione del Muro di Berlino: un bambino usa martello e scalpello per abbattere un tratto del muro, 9 novembre 1989. Inaugurazione di una statua di Lenin a Leningrado, 1926. La rimozione dei simboli comunisti Nei mesi seguenti alla caduta delle «democrazie popolari» nell’Est Europa, le statue di Lenin furono assaltate dalla folla e abbattute, oppure più sommessamente rimosse per scelta delle nuove autorità come segno tangibile della fine degli antichi regimi e della transizione a un diverso sistema politico: alcune di queste furono depositate in un vero e proprio cimitero alla periferia di Budapest. Statua di Lenin abbattuta in Lituania, 1991. 270 © Loescher Editore – Torino La festa per la caduta del Muro di Berlino, 1989. La «bandiera rossa» Nell’aprile del 1945, con la conquista di Berlino, le truppe dell’Armata Rossa avevano issato il loro simbolo, la bandiera rossa con stella, falce e martello, sulla cima del Reichstag: il comunismo sovietico aveva raggiunto il punto massimo della sua espansione in Europa. Nel dicembre del 1991, a Mosca, quello stesso simbolo divenne l’emblema della fine dell’Unione Sovietica, quando fu ammainato dal Cremlino su ordine di Gorbacev: il comunismo sovietico aveva chiuso la sua esperienza dopo oltre 70 anni al potere. La bandiera sovietica viene issata sul Reichstag, 30 aprile 1945. © Loescher Editore – Torino 271 13 Il mondo diviso dalla Guerra fredda ATTIVITÀ 3 Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 2 Osserva la cartina a p. 258 e ricavane la cronologia della caduta del controllo sovietico sugli Stati dell’Europa orientale; poi aiutandoti con le informazioni fornite nel capitolo scrivi anche se si tratta di un cambiamento pacifico o violento e quale tipo di governo e quale leader sostituisce i capi di Stato precedenti. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Nel Brežnev invia l’Armata Rossa in Afghanistan a sostegno del locale regime marxista Nel il polacco Karol Wojtyla è eletto papa con il nome di Giovanni Paolo II Nel Mikail Gorbacev diventa il nuovo segretario del Partito comunista sovietico Dal al il socialista Felipe Gonzales è alla guida del governo spagnolo Dal al nel Regno Unito rimane al potere la conservatrice Margaret Thatcher Nel , si verifica un terribile incidente nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina Il 13 dicembre il generale Wojciech Jaruzelski, uomo di fiducia dell’Unione Sovietica, assume il potere in Polonia con un colpo di Stato e proclama la legge marziale Nel viene eletto presidente il socialista François Mitterrand Nel le due superpotenze firmano a Washington un trattato per l’eliminazione dei missili nucleari dislocati in Europa; l’accordo viene salutato con entusiasmo dalle popolazioni dei due blocchi Il 9 novembre migliaia di berlinesi, dell’Est e dell’Ovest, abbattono il Muro di Berlino Nel il regime di Nicolae Ceausescu viene rovesciato in seguito a violenti tumulti popolari; la Romania è l’unico paese del blocco orientale in cui la caduta del comunismo è accompagnata da un grave spargimento di sangue Nel , in Iran, l’ayatollah Khomeini guida la rivoluzione contro il regime dispotico di Reza Pahlavi, salito al potere nel con l’aiuto degli Stati Uniti Il 2 maggio l’Ungheria decide di abbattere la «cortina di ferro» che la separa dall’Austria e nel mese di ottobre diventa una «Repubblica indipendente, democratica e costituzionale» Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo del crollo del blocco sovietico. 1 2 3 4 5 6 7 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi individua gli eventi che preannunciano la caduta del comunismo. 5 La caduta del muro di Berlino Crisi di credibilità Legge marziale Pianificazione economica Libertà politiche Cortina Laicizzazione del paese Robotizzazione Prova a riflettere sul significato di «deregolamentare» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega se nell’ambito dell’economia liberista ha una valenza positiva o negativa e scrivi il motivo della tua risposta. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla dissoluzione del blocco sovietico. Poi rispondi alle domande. I fattori della dissoluzione del blocco sovietico Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Gli anni Ottanta segnano nel mondo occidentale il superamento della crisi che perdura dallo «shock (1) » del 1973 e l’avvio di una nuova e lunga fase di sviluppo economico; tale svolta è possibile grazie all’applicazione di misure che nel loro insieme prendono il nome di «neoliberismo». Negli Stati Uniti la presidenza di Ronald Reagan imprime una svolta storica alla politica americana con l’applicazione di una rigorosa politica (2) , all’insegna della deregulation e della drastica riduzione del Welfare State; similmente, nel (3) Margaret Thatcher favorisce la libera iniziativa e attua uno smantellamento dello Stato (4) per ridare vitalità all’economia e risanare la finanza pubblica. Il neoliberismo è abbracciato anche dai paesi guidati da governi di sinistra o centrosinistra: in Francia è notevole la politica del socialista (5) , mentre in Spagna una politica simile è attuata da un altro socialista, Felipe Gonzales. Il blocco sovietico, al contrario, è preda di una devastante crisi economica e di un grave immobilismo (6) . Neanche le riforme di Mikhail Gorbacev (la cosiddetta perestrojka) sono sufficienti a rilanciare l’economia del sistema sovietico: decenni di pianificazione economica, infatti, hanno cancellato la capacità di sfruttare la (7) iniziativa. Tuttavia le aperture operate da Gorbacev in politica estera producono conseguenze dirompenti in Europa orientale fino allo sfaldamento del blocco socialista, simbolicamente rappresentato dall’abbattimento del (8) . Nel complesso, il risultato più importante dell’impetuoso sviluppo dell’Ovest non è tanto di natura strettamente economica quanto politica: il sistema capitalista rimane l’unico e solido punto di riferimento per i governi di tutto il pianeta. È la vittoria sul (9) , ottenuta non con le armi ma con la maggiore efficienza della libera economia di mercato. 272 © Loescher Editore – Torino 1 Quale ideologia economica si impone negli anni Ottanta? 2 Quali effetti ha sui paesi comunisti? 3 Quali fattori contribuiscono alla dissoluzione dell’URSS? Mostra quello che sai 7 Osserva l’immagine a p. 267 e contestualizza la foto, spiegandone il valore simbolico; poi ricostruisci, con l’aiuto del testo, la storia del Muro di Berlino. © Loescher Editore – Torino 273